OVAZIONE E LACRIME PER BIDEN SUL PALCO DELLA CONVENTION DI CHICAGO: “TRUMP UN CRIMINALE, KAMALA LA SCELTA MIGLIORE”
KAMALA LO CELEBRA: “L’AMERICA TI E’ GRATA. QUANDO COMBATTIAMO, VINCIAMO”… BIDEN: “AMO IL MIO LAVORO, MA AMO DI PIU’ IL MIO PAESE. KAMALA E’ TOSTA, PREPARATA E HA UNA GRANDE INTEGRITA’, GARANTIRA’ LA DEMOCRAZIA NEL NOSTRO PAESE”
Prima cosa, difendere e rivendicare i risultati della sua amministrazione. Un po’ per togliersi il sassolino dalla scarpa di essere stato costretto al ritiro, quando avrebbe meritato il secondo mandato, e un po’ per sollevare dalle spalle di Kamala Harris il peso di farlo lei nel suo discorso, lasciandola libera di puntare invece sulla visione per il futuro.
Prima cosa, difendere e rivendicare i risultati della sua amministrazione. Un po’ per togliersi il sassolino dalla scarpa di essere stato costretto al ritiro, quando avrebbe meritato il secondo mandato, e un po’ per sollevare dalle spalle di Kamala Harris il peso di farlo lei nel suo discorso, lasciandola libera di puntare invece sulla visione per il futuro.
Seconda cosa, lanciare senza rancori o riserve la candidatura della vice, perché è la migliore in grado di preservare e proseguire la sua eredità politica, ma soprattutto perché è l’opzione più affidabile per “preservare la democrazia”, impedendo a Donald Trump di tornare alla Casa Bianca.
Lungo queste due direttive si è mosso il discorso che ieri sera Joe Biden ha tenuto alla Convention democratica di Chicago, un po’ testamento di una vita dedicata alla politica e all’America, e un po’ passaggio della torcia nelle mani della nuova generazione di Kamala.
La Convention gli ha lanciato un messaggio collettivo di amore, disegnando la serata inaugurale come omaggio e ringraziamento a Joe, per i risultati raggiunti e per essersi fatto da parte. L’intera arena era tappezzata dagli slogan preferiti dal capo della Casa Bianca, tipo “Spread the faith” e “History is in your hands”, ossia “la storia è nelle vostre mani, vinciamo insieme”. Ad introdurlo ci hanno pensato la moglie Jill, che fino all’ultimo aveva caparbiamente difeso il suo diritto a continuare la corsa presidenziale, e la figlia Ashley. Lui si è commosso, al punto di tirare fuori il fazzoletto per asciugare qualche lacrima.
Poi ha rivendicato i successi, che secondo lui gli avrebbero dovuto garantire il secondo mandato. Primo fra tutti il merito di aver salvato il paese dall’epidemia di Covid, così mal gestita o ignorata da Trump per salvaguardare il suo interesse personale. Poi gli stimoli economici con cui ha fatto rinascere gli Usa dalla recessione, anche se molti li accusano di essere all’origine dell’inflazione.
Quindi gli oltre 16 milioni di posti di lavoro creati, almeno 800.000 nel settore manifatturiero; leggi e regole per affrontare l’emergenza clima; le iniziative per ricostruire le infrastrutture, rilanciare la produzione dei chip in patria, abbassare i prezzi delle medicine. E ovviamente la leadership internazionale, soprattutto nel consolidare l’alleanza occidentale per fermare Putin in Ucraina, anche se 36 delegati non impegnati a sostenerlo si preparavano a contestare le sue scelte a Gaza. Ai manifestanti ha concesso che “hanno le loro ragioni per protestare”, ma ha ribadito che “lavoriamo 24 ore su 24 per un cessate il fuoco”.
Biden ha descritto il suo mandato come un successo complessivo per gli Usa, che ora però è minacciato dal pericolo posto da Trump per le basi stesse della democrazia. Perciò ha indicato in Harris la scelta più logica per proteggere la sua eredità politica e far procedere il rilancio dell’America, come paese inclusivo dove l’opportunità di realizzare i sogni viene offerta a tutti nella stessa maniera.
“Non c’è posto negli Stati Uniti per la violenza politica”, ha detto il presidente ricordando le violenze fomentate da Trump, dall’assalto al Congresso del 6 gennaio alle manifestazioni di Charlottesville. In tutti questi casi “la democrazia ha prevalso e adesso deve essere mantenuta”, eleggendo Kamala.
Biden ha stigmatizzato anche le critiche del rivale: “Non si può amare il proprio Paese solo quando si vince”. Eppure la minaccia del tycoon “è ancora viva e se perde si rischia un bagno di sangue”. Ha detto che “Trump è un bugiardo, un perdente e un criminale condannato. L’America invece è prospera e vincente. Non c’è nessun Paese al mondo che non pensi che l’America deve guidarlo”.
Quindi è passato a spiegare il motivo del suo ritiro: “Amo il mio lavoro, ma amo il mio Paese di più”. Perciò si è fatto da parte, convinto che “Kamala e Tim continueranno quel lavoro”. Perché “sceglierla come vice presidente è stata la migliore decisione della mia carriera. E’ tosta, è preparata ed ha una grande integrità”. E poi “i migliori presidenti sono stati vice presidenti”, incluso se stesso, ha detto con una battuta.
Quanto a rancori o divisioni, ha voluto rassicurare tutti: “Sarò il primo e il miglior volontario che Kamala e Tim abbiano mai avuto”. Dunque un passaggio del testimone sentito e sincero, perché ormai la priorità comune è vincere e tenere Trump fuori dalla Casa Bianca, affinché “la democrazia sia preservata”.
(da La Repubblica)
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