PRIMA FUGA DA GRILLO, L’ADDIO DI MANDARÀ’: “QUALCOSA SI È ROTTOâ€
PER SEGUIRE IL TOUR SI ERA PRESO L’ASPETTATIVA. ORA MOLLA TUTTO
“Ho deciso che quella di oggi sarà l’ultima puntata di Mi scappa la diretta. E ho deciso di lasciare questo Paese. Sono un vigliacco, non ho intenzione di continuare a lottare. Non ce la faccio più. Il risultato elettorale di ieri è l’ultima goccia. Basta”. Salvo Mandarà si è svegliato da poco, nel suo appartamento di Abbiategrasso.
E come ogni mattina, si mette davanti alla telecamera e registra la puntata del suo canale casalingo: 15 minuti di analisi del mondo, rigorosamente a 5 Stelle.
Ieri, però, è l’ultima. Ventiquattro ore dopo aver assistito al tracollo elettorale del Movimento che era diventato quasi la sua ragione di vita, decide che ne ha abbastanza.
Prende le valigie e se ne va. Sei mesi fa, era dicembre, si era addirittura preso l’aspettativa dal lavoro per dedicarsi anima e corpo alla campagna di Grillo.
Lui, ingegnere elettronico, siciliano trapiantato al Nord, si era inventato l’hang out, una versione riveduta e corretta della video chat, una sorta di comunità virtuale in cui si poteva mandare in diretta un comizio in corso a Treviso, commentarlo da Tokyo e corredarlo con immagini in arrivo da Londra.
“Rimarrà nei libri di storia” dicevano di lui gli attivisti che lo ammiravano sotto al palco di piazza San Giovanni, a febbraio.
Sempre lì, a un passo da Beppe a riprendere con quello strano aggeggio ogni frammento dello Tsunami Tour, su e giù dal camper dove, suo malgrado, gli avevano affibbiato l’ingrato compito di lavare i piatti.
E adesso basta. “Viviamo in un Paese in cui 8 milioni e 700 mila persone votano M5S e danno l’illusione a un coglione come me che gli italiani si siano svegliati — dice Mandarà nel video d’addio -. Invece non è così, forse solo un milione o due di quelli si è svegliato davvero, gli altri si sono girati dall’altra parte e hanno ricominciato a dormire. Io non voglio più vivere in uno Stato di merda come questo perchè c’è un popolo di merda. Sono un vigliacco, avete ragione a pensarlo. Ma io qui non resto”.
Non tutti la prendono bene. C’è chi gli rimprovera di mollare tutto alla prima sconfitta.
Il deputato Ferdinando Aliberti scrive su Facebook: “Sto piangendo. Piango perchè se Salvo scrive questo vuol dire che qualcosa s’è rotto. Non l’Italia, quella è rotta da decenni, ma nella lotta che abbiamo iniziato insieme. Sì, sono triste e delle elezioni non me ne fotte un cazzo”.
Lo sconforto è tale che Mandarà è costretto a replicare, a spiegare in un post che la disfatta elettorale non è l’unica ragione, che ha problemi a casa, che vuol far crescere suo figlio in un altro posto.
“Se fossi single e senza figli, rimarrei qui in trincea…” prova a convincerli Salvo.
Ma la verità è che qui la guerra ha preso un’altra piega. E si è costretti a imbracciare nuove armi.
Mentre il simbolo dell’autarchia informativa fa i bagagli, quindici parlamentari sono in partenza per Milano.
Venerdì comincia il primo turno di corso di comunicazione televisiva. Lezioni di piccolo schermo tenute da esperti scelti da Grillo e Casaleggio che prima o poi toccheranno a tutti i deputati e senatori.
Hanno capito che la Rete non basta, ma non vogliono farsi schiacciare dal mezzo.
Conoscere le regole è indispensabile per non farsi manovrare. E poi, da questa batosta elettorale, alcuni Cinque Stelle hanno cominciato anche a capire quanto è importante il rapporto con il territorio.
Fa tanto di vecchia politica, così come la condizione necessaria per mantenerlo: la settimana corta.
Dopo tre mesi in Parlamento deputati e senatori si stanno liberando della retorica del lavoro dal lunedì al venerdì.
Se si sta sempre nei palazzi, è difficile spiegare fuori quello che si sta facendo. Così, tra una proposta e l’altra, si insinua anche quella di dedicare l’inizio e il fine settimana alle attività nei dintorni di casa.
Sarà uno degli argomenti di cui discuteranno probabilmente anche nell’assemblea congiunta di domani, la prima dopo il flop delle amministrative.
Per i malpancisti, i risultati delle urne rappresentano un ulteriore prova del fatto che il Movimento sta sbagliando.
“Caporetto era niente”, fulmina il deputato friulano Aris Prodani.
“Non si può incolpare chi non ci ha votato. Bisogna ritornare a sentire la base, i simpatizzanti e gli elettori, per capire se si aspettavano altro, se sono delusi”, dice il deputato Walter Rizzetto. Si sarebbe “giocato la partita in altro modo”, il senatore Lorenzo Battista .
E Mara Mucci da Imola dice: “È arrivato il momento di iniziare a parlare di politica”.
Presto, visto che i ballottaggi sono tra poco più di una settimana e i Cinque Stelle possono muovere la bilancia in molte città . A Roma per esempio.
La sfida tra Ignazio Marino e Gianni Alemanno è considerata alla stregua di un nuovo caso Grasso. Astenersi e rischiare di far vincere un nemico o scegliere il “meno peggio”?
Marino è molto apprezzato dai grillini, che hanno sottoscritto molte delle sue proposte di legge da senatore.
Marcello De Vito, il candidato sconfitto, per evitare di caricarsi di una responsabilità eccessiva aveva parlato dell’ipotesi di una consultazione on line tra gli attivisti.
Ieri sera, però, un tweet del M5S Roma lo ha anticipato: “Votare è un dovere, votare Marino o Alemanno un errore”.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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