PUBBLICO IMPIEGO, LA FUGA DAL NORD
ECCO COME IL CAROVITA SI MANGIA TUTTO LO STIPENDIO
Ogni anno 121 mila persone lasciano il Sud per andare a lavorare al Nord. Però ogni anno in 63 mila lasciano il Centro-Nord per
tornare a lavorare nel Meridione. In larga parte si tratta di dipendenti pubblici che – trascorsi da 2 a 5 anni dal concorso – possono chiedere il trasferimento (art. 30 – 35 d.lgs.165 del 2001) attraverso una mobilità interna che in genere dà priorità al ricongiungimento e all’assistenza familiare, a motivi di salute e, in alcuni casi, tiene conto di altri fattori come l’anzianità di servizio.
Ma spesso, la vera «spinta» a cambiare, è il costo della vita. Prendiamo quattro professioni che ben rappresentano i principali settori nei quali si muove chi lavora per lo Stato: forze dell’ordine, scuola, Uffici postali e Inps. Sono strutture pubbliche alle quali si accede per concorso, e la destinazione dipende dai posti disponibili. In Lombardia ci sono più concorsi per insegnanti rispetto alla Campania o alla Sicilia perché ci sono più cattedre vacanti. E quindi i partecipanti spesso arrivano dal Sud. Il poliziotto di Napoli invece può doversi trasferire a Bolzano perché lì c’è carenza di organico. Per legge (art. 45 d.lgs.165 del 2001) a parità di mansioni gli stipendi sono uguali per tutti: un portalettere a Siracusa ha lo stesso stipendio del portalettere di Milano. Veniamo ai numeri
I trasferimenti
Nel 2024 i poliziotti che hanno chiesto di essere trasferiti al Sud sono stati 9.387 (fonte: ministero dell’Interno), col record di destinazione a Napoli (1.585) e Palermo (806). A chiedere di finire nelle questure del Nord, invece, appena 2.441.
Tra gli insegnanti le domande di lasciare le scuole del Nord e del
Centro per trasferirsi al Sud sono state oltre 10mila, quelle accettate 4.875 (fonte: Cisl Scuola), col record per i docenti di elementari e superiori. Solo 250 i trasferimenti dal Sud al Nord.
I postini che hanno chiesto di cambiare sede sono stati 3.782, di cui 2.533 (il 67%) puntano al Meridione (fonte: Poste Italiane): in testa la Sicilia, seguita da Campania, Puglia e Calabria.
Inversione di marcia invece all’Inps, dove i trasferimenti sono dimezzati. Nel 2022, 672 impiegati Inps avevano ottenuto di lavorare al Sud. Poi l’istituto ha cambiato le regole e ora sono 338, perché si accettano solo le domande di disabili e genitori di bimbi piccoli, e solo per periodi limitati (fonte: Inps). Per tutti, però, c’è la possibilità di fare fino a 16 giorni al mese di smart working.
Il costo della vita
Premesso che in tutte le Regioni vivere in città costa di più che vivere in periferia, le rilevazioni Istat ci dicono che in Italia mediamente una persona che vive da sola spende, tutto compreso, 1.972 euro al mese. In coppia – effetto dell’economia di scala – se ne spendono 2.816; che salgono a 3.291 nelle famiglie composte da tre persone; e a 3.659 euro in quattro.
Consideriamo chi, per scelta o necessità, deve arrangiarsi da solo. Al Nord spende mediamente 2.111 euro al mese, più o meno la stessa cifra se abita al Centro (2.190 euro di media mensile). Al Sud, invece, l’Istat ci dice che la spesa media scende a 1.580 euro mensili.
Cosa fa la differenza
Prendiamo le regioni più «gettonate» da chi chiede un trasferimento. Dai dati Istat, in Campania un single spende 1.598 euro al mese, in Sicilia 1682. Un quarto in meno dei 2.194 euro che servono nella regione del Nord con più abitanti, la Lombardia. Anche se le abitudini alimentari cambiano da Regione a Regione, non è tanto il cibo a fare la differenza: al contrario di quanto si potrebbe pensare, fare la spesa in un supermercato di Casoria o di Bagheria non è più conveniente che a Cinisello Balsamo. L’Osservatorio Prezzi del Mise, che tutti i mesi rileva il costo medio di decine di prodotti in giro per l’Italia, conferma che non esiste un trend geografico: ad agosto un litro di latte intero di alta qualità costava di più in provincia di Palermo (2,13 euro) che a Napoli (1,47) o nel Milanese (1,36). Ma un siciliano risparmiava, ad esempio, sul tonno in scatola: 12,2 euro al chilo, rispetto ai 16 che lo paga un napoletano e ai 15,6 che servono a Milano.
A fare la differenza è la casa, che da sola si prende quasi la metà del budget. Tra affitto, manutenzione e bollette, un campano spende mediamente 691 euro al mese, un siciliano 664. Un lombardo 1.019. I consumi per il riscaldamento, si sa, dove le temperature sono più miti si riducono, sia che si scelga di abitare in periferia sia che si viva in pieno centro. Tutt’altra storia quando parliamo di locazioni: nella provincia partenopea il prezzo medio degli affitti è 11,5 euro al metro quadrato, ma a Napoli città si sale fino a 18. Nel Palermitano: 8,5 al mq, 12 nel capoluogo. Nel Milanese il prezzo esplode: 21,4 al mq ma in
centro si arriva a 38,5.
Più cara al Nord anche la voce «trasporti»: per spostarsi (auto, mezzi pubblici ecc) in Lombardia servono 187 euro al mese, in Campania in media 89 euro, in Sicilia 12. A baristi e ristoratori, un lombardo lascia tutti i mesi 137 euro, il triplo di quanto spenda un campano e più del doppio di un siciliano.
Quanto incide sulla busta paga
Ma concretamente, tutto questo come incide sullo stipendio di chi vuole scegliere se chiedere o meno il trasferimento? Abbiamo chiesto a quattro dipendenti pubblici la loro busta paga: quella di un impiegato Inps con alle spalle circa 20 anni di servizio è di 1.750 euro netti; quella di un insegnante delle superiori di 1.769 euro; di un portalettere: 1.379 euro (con la paga di fine settembre Poste ha previsto un aumento di circa 50 euro lordi al mese). Un poliziotto delle Volanti con 5 anni di anzianità è di 1.931 euro netti.
L’impiegato Inps con questa paga in Sicilia copre la spesa media dei suoi corregionali (quelli che, come lui, vivono da soli) e avanza 68 euro al mese, vale a dire il 3,9% del suo stipendio. In Campania risparmia più del doppio: l’8,6%. In Lombardia, invece, la paga non gli basta: copre circa l’86% della spesa media.
Il prof siciliano invece avanza il 5%, il suo collega campano il 9,6% mentre il docente che vive in Lombardia copre l’84% della spesa.
Il poliziotto in Sicilia risparmia il 13% dello stipendio, in
Campania il 17%, ma anche lui in Lombardia fa fatica, visto che il suo stipendio copre il 92% del costo medio mensile.
Infine il portalettere: con la sua paga non copre la spesa media neppure vivendo al Sud: l’83% in Sicilia, l’87% in Campania e il 66% in Lombardia.
Quando i conti non quadrano
Pur lontani dalla soglia di povertà (a Milano è di 1.217 euro), se abitiamo in una città dove per le necessità quotidiane di base si spende di più di quanto si guadagna ci sono solo due strade: o troviamo il modo di dividere le spese con qualcuno, oppure rinunciamo a qualcosa. E quando non si riesce ad arrivare a fine mese, secondo un’indagine Assoutenti, noi italiani tendiamo a risparmiare soprattutto sul cibo, scegliendo prodotti di minore qualità.
I rischi dello squilibrio
È il caso di ricordare che un dipendente, qualunque sia la sua mansione, viene sempre formato: quindi la fuga al Sud è anche una fuga di competenze. Per tenersi stretti i propri lavoratori, specie quelli più qualificati, le aziende private del Nord pagano di media fino all’11% più che al Sud. Questo però non vale per i 3,6 milioni di dipendenti pubblici, che hanno lo stesso stipendio a prescindere dalla sede di lavoro. In sostanza, se al Nord in pochi vogliono fare il poliziotto, l’insegnante o il postino perché la paga è miserabile, e si coprono i buchi di organico attirando personale dal Sud dove la disoccupazione è cronica, quello stesso personale appena può torna da dove è venuto. Se non altro
per campare più dignitosamente.
Per queste categorie, indipendentemente dalla provenienza geografica, una soluzione andrà pur trovata, dai trasporti pubblici a prezzi agevolati, all’edilizia convenzionata, e soprattutto gli stipendi: quelli che abbiamo appena elencato non sono da Paese del G7.
Milena Gabanelli e Andrea Priante
(da corriere.it)
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