QUI PD, I RENZIANI: “ORA ROTTAMARE I QUADRI LOCALI”
VIA ALLA RIORGANIZZAZIONE DEL PARTITO SUL TERRITORIO
Quella «stanchezza» che contagia gli elettori ai ballottaggi, Matteo Renzi l’aveva prevista.
Il premier aveva messo nel conto il crollo dell’affluenza, ma certo non si aspettava che il terremoto giudiziario veneziano avrebbe avuto un tale impatto sul secondo turno, guastando con un tocco amaro il sapore della vittoria di maggio.
Da ieri notte sulla roccaforte rossa di Livorno, che fu la «culla del Pci», sventolano i vessilli del M5S. «Una ferita», titola L’Unità .
Il Pd è sconfitto a Urbino e Civitavecchia e perde due forzieri di voti come Perugia e Potenza.
L’effetto-Renzi è mancato anche a Padova, conquistata dalla rinata alleanza tra Lega e Forza Italia.
«Siamo amareggiati per Livorno – ammette a caldo il vicesegretario Lorenzo Guerini -. Le sconfitte bruciano, ma il Pd è passato da 15 a 19 capoluoghi amministrati».
Hai voglia a dire che i Comuni al ballottaggio erano pochi e che, dunque, il valore nazionale della competizione è scarso… La frenata del Pd c’è stata e le conseguenze arriveranno presto.
Quando tornerà dalla missione tra Vietnam e Cina, Renzi metterà la testa sui problemi del territorio e i suoi prevedono una rivoluzione che fa rima con rottamazione.
«Ci vuole gente nuova, anche nelle città » è il leitmotiv intonato ieri notte dai renziani del giro ristretto. «La rottamazione è solo iniziata», conferma Francesco Nicodemo.
Guerini assicura che la polemica tra vecchia e nuova guardia non ha avuto ripercussioni sulla campagna elettorale, nè effetti sul risultato: «Si sono impegnati tutti, vecchi e nuovi».
Eppure il tema aleggia. Di chi sono gli aspiranti sindaci sconfitti? «Renziani non sono», rispondono nell’entourage del leader buttando la croce sulla sinistra del Pd. L’arresto di Giorgio Orsoni a Venezia ha diviso i «dem», già provati dai fatti dell’Expo e dall’arresto del deputato siciliano Francantonio Genovese per associazione a delinquere.
Ma, anche qui, Guerini smentisce che i ballottaggi siano stati un test sulla tenuta di Renzi dopo gli scandali: «Il Mose non c’entra nulla».
Sfumato l’en plein, niente foto di gruppo al Nazareno. I dirigenti hanno atteso i risultati nei vari comitati, su e giù per l’Italia. E anche Stefano Bonaccini parla di «amarezza per le sconfitte a Perugia, Padova e Livorno».
I numeri intaccano lo straordinario risultato del 25 maggio, quando le Europee hanno consentito a Renzi di trainare il Pd anche nei comuni. Alfredo D’Attorre cerca il termine giusto: «È un cappottino… Il Pd amministrava 14 Comuni capoluogo, ora siamo a 20 su 28».
A Livorno il M5S ha giocato duro ed è riuscita a spingere i Democratici verso l’autogol, in una città simbolo per la sinistra da sempre.
Le liti fra correnti hanno indebolito il Pd locale e bruciato candidati anche validi. Renzi ha scelto di non farsi vedere al secondo turno in nessuna piazza d’Italia e così a Livorno, in rappresentanza del leader, sono andati Lotti e Nardella.
Risultato: il candidato di Grillo, in asse con la sinistra-sinistra, si è preso la città umiliando Marco Ruggeri, primo candidato sindaco nella storia della sinistra livornese ad aver subìto l’onta dello spareggio e poi della dèbà¢cle.
«Sconfitta pesante – ammette deluso – Ci saranno riflessioni e fortissimi cambiamenti da fare».
Per riorganizzare e svecchiare il partito anche sul territorio, Renzi ha affidato a Guerini il compito di avviare una ricognizione campanile per campanile, con l’obiettivo di dirimere contrasti e spazzar via correnti.
Anche a Modena il Pd ha tremato. Nella città della Ghirlandina, dove la sinistra aveva sempre vinto al primo turno, il colore rosso sembrava essersi scolorito.
Gian Carlo Muzzarelli, braccio destro del «governatore» bersaniano Vasco Errani, ha dovuto lottare fino all’ultimo per trionfare sul grillino Marco Bortolotti.
A Padova invece, dove i venti burrascosi del Mose soffiano forte, il leghista Massimo Bitonci ha avuto facile gioco nel finale di partita, potendo mettere in carico all’ex sindaco reggente Ivo Rossi i «legami del Pd con gli arrestati».
A Bergamo, per portar via la poltrona al sindaco Franco Tentorio, Giorgio Gori si è visto costretto a combattere contro i tabù della sinistra, che gli rimprovera di aver lavorato a Mediaset.
A Bari, infine, la vittoria di Antonio Decaro era già scritta nei 24 mila voti di scarto con Domenico Di Paola, il candidato del centrodestra.
«Abbiamo battuto in maniera sonora Fitto e tutto quel che rimane del centrodestra», esulta Michele Emiliano.
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)
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