RICORSO A STRASBURGO BERLUSCONI GIOCA UN’ALTRA CARTA, MA SE IL PD TIENE DURO E’ FINITA
OGGI LA RIUNIONE DELLA GIUNTA. CRESCE IL FRONTE DEL RINVIO A OTTOBRE, MA I NUMERI SONO SFAVOREVOLI AL CAVALIERE
Il Colle, Mediaset e le colombe berlusconiane e democratiche possono trattare e promettersi garanzie all’infinito, ma se domani — nella Giunta delle Elezioni del Senato — i commissari del Pd non sentiranno ragione e velocizzeranno al massimo il percorso della decadenza di Silvio Berlusconi, tutto sarà stato inutile.
I numeri in campo sono gli stessi da settimane: il Cavaliere ha nove voti a favore e 14 contro.
Rinvii alla Consulta e a Strasburgo sono improbabili, dunque, ma il nostro ci prova: ieri, come annunciato qualche settimana fa, è stato depositato il ricorso presentato dai legali del Cavaliere alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Berlusconi contro l’Italia”. Vi si sostiene che la legge Severino sulla incandidabilità sia da bocciare perchè applicabile anche retroattivamente e questo comporta anche la violazione del “diritto a libere elezioni” e del “divieto di discriminazione” (“L’espulsione” di Berlusconi dalla politica “avrebbe l’effetto di avvantaggiare i partiti avversari”), come pure del diritto “a un ricorso interno effettivo” (vale a dire che Berlusconi sostiene che in Italia non ha la possibilità di accedere a un tribunale davanti al quale rivendicare i diritti di cui sopra).
“Niente di nuovo, non sono impressionato”, manda a dire il democratico Felice Casson.
D’accordo il presidente Dario Stefà no (Sel): “Da un punto di vista procedurale non cambia nulla. Si tratta di un evento esogeno che non incide sulle procedure della Giunta”.
“Un ricorso corposo e importante che pone elementi di ulteriore approfondimento”, sostiene invece il socialista Enrico Buemi. Anche la revisione del processo o il tentativo di coinvolgere in un ricorso alla Consulta il giudice di esecuzione della pena — l’ultimo magistrato che separa il capo del Pdl dall’applicazione della condanna — sono tentativi di condizionare o congelare il dibattito che comincia domani, 9 settembre, alle 15 in Giunta.
Difficilmente, però, questi stratagemmi avranno effetto: a Palazzo Madama la partita non si gioca sulla decisione finale che — vista pure l’imminente condanna all’interdizione dai pubblici uffici — è scontata, ma sui tempi, sul calendario, sul modo più soft possibile di arrivare alla cacciata di B.
Quel che succederà domani
Quasi niente, in sè. L’unica cosa certa è che domani pomeriggio il relatore del caso Berlusconi, Andrea Augello, senatore del Pdl, riassumerà i termini della questione davanti ai suoi colleghi: pare che anche lui punterà — oltre che sui dubbi costituzionali presentati dalla difesa attraverso sei pareri pro veritate — anche sulla presunta incompatibilità della legge Severino col diritto comunitario.
Invito finale: meglio chiedere a Consulta o Corte Ue lumi sulla decadenza del Cavaliere prima di decidere.
Qui finiscono i fatti sicuri. L’accordo sul calendario in vigore prevede che, chi vuole e si sente pronto, possa prendere la parola già domani per aprire la discussione generale: il regolamento del Senato prevede che in questa fase si possa parlare al massimo per un’ora a gruppo.
Il Pdl chiede che sia così e probabilmente sarà accontentato: la scelta tocca al presidente della Giunta, Dario Stefà no di Sel.
Alla fine di questa prima tornata di interventi, dovrà riunirsi di nuovo l’Ufficio di presidenza per decidere il calendario dei lavori.
Elogio della lentezza
Dentro lo schieramento anti-B. in Giunta ha cominciato a diffondersi l’opinione che sarebbe preferibile concedere qualcosa in termini di tempi per non dare la scusa a Berlusconi di suonare la grancassa del “processo politico” (tanto più che il Colle è della partita).
Tradotto: potrebbe passare la richiesta del Pdl di aggiornare la discussione generale al lunedì successivo, 16 settembre.
Calcolando un’ora di interventi a gruppo, poi, difficilmente si potrà concludere il tutto in una seduta.
Il centrodestra, peraltro, potrebbe chiedere delle audizioni e non è escluso che gli saranno concesse, ma è verosimile che nell’arco di quella settimana o all’inizio di quella successiva si giunga al voto: la relazione Augello sarà bocciata.
Nella nostra simulazione siamo alla settimana che parte lunedì 23 e finisce il 30 settembre.
A quel punto, il presidente Stefà no dovrà nominare un nuovo relatore tra quanti hanno votato “no” e riaprire i termini temporali del processo: la difesa può presentare nuovi documenti e chiedere di essere audita.
La nuova seduta pubblica per discutere il caso, da regolamento, non può essere fissata prima di dieci giorni dall’incarico, il che significa però che può essere fissata anche dopo. E siamo, senza forzare, a metà ottobre: il centro di tutto, quando Berlusconi dovrà cominciare a scontare la sentenza.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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