RISSE, PARTITE RINVIATE, ARBITRI PAGATI IN RITARDO E GUASTI AL VAR: LE FINALI DEL CAMPIONATO LIBICO A MILANO SONO UNA POLVERIERA
STASERA L’ULTIMO ATTO DELLA “PRIMA LEGA” LIBICA, CHE SI GIOCA IN ITALIA (A PORTE CHIUSE) IN VIRTÙ DELL’ACCORDO STRETTO DAL GOVERNO MELONI E TRIPOLI L’ANNO SCORSO, IN CAMBIO DEL LAVORO SPORCO SULL’IMMIGRAZIONE … FIN’ORA SI È VISTO POCO CALCIO, ANCHE UNA SCAZZOTTATA TRA DIRIGENTI NEGLI SPOGLIATOI
Un tale trionfo della commedia umana, questa fase finale a 6 squadre del campionato di calcio libico «espatriato» in Italia previo l’accordo tra i due Governi, fra risse di giocatori, dirigenti, allenatori, massaggiatori, e tifosi, ovvio, e con le partite a porte chiuse potendo entrare soltanto ultrà e amici degli amici e ras del petrolio, che quando (sia scritto col massimo rispetto) finalmente il torneo stava per concludersi, domenica, nello stadio di Meda, in provincia di Monza e Brianza, afa pazzesca e pazzesco servizio di sicurezza, varchi ai cancelli, artificieri, perquisizioni, ecco, nemmeno si è cominciato.
Il Var non funzionava, ed entrambe le squadre, la capolista al-Ahly di Tripoli a 10 punti e la seconda a 8 punti, l’al-Hilal di Bengasi, temevano irregolarità degli avversari non sanzionate. La Federazione calcistica libica aveva da corrispondere all’omologa italiana una somma, non bassa, per il regolare pagamento di arbitri, guardialinee, quarto uomo e personale addetto appunto al Var […] quindi senza soldi niente gare, sicché per accelerare il recupero, un funzionario libico si sarebbe presentato coi soldi in una valigetta, addirittura, e da dove venisse tutto questo (eventuale) denaro in contante, beh…
Il termine della competizione cadrà quest’oggi sempre a Meda con quelle due a sfidarsi, in un derby nazionale, la Tripoli sede del Governo a unità nazionale riconosciuto a livello internazionale del primo ministro Abdul Hamid Dbaibah, e la Bengasi nell’Est del generalissimo Khalifa Haftar, a capo dell’autoproclamato Esercito della Libia orientale.
Ma poi, si giocherà davvero? Pleonastico soffermarsi sulla permalosità dei protagonisti, costoro s’accendono per un niente, due le partite sospese in relazione a zuffe che hanno reso inevitabile la corsa in campo dei carabinieri a dividere i duellanti.
«Ormai siamo alla replica delle scene dei film di Bud Spencer e Terence Hill, avrà presente» mormorava, ma non lo trascriviamo, uno sconsolato steward sognando una vacanza di un anno. E un nostro amico libico, impeccabile nell’abito pregiato, ottimo inglese, confidava: «Il nostro calcio è questo». Ma non esagerare nel disfattismo, caro ragazzo, in fondo, come ci raccontano fonti tra tuoi connazionali, la Libia vuol sempre più far sapere all’Europa d’esistere senza essere serva né schiava nè iellato personaggio minore, e il pallone rimane uno straordinario simbolo del siamo-tutti-alla pari, una magia unica che unisce. Cioè, dovrebbe.
(da agenzie)
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