RITORNA IL CONDONO PER ISCHIA MA I DISSIDENTI GRILLINI AUMENTANO E DI MAIO PREOCCUPATO FRENA SULLE ESPULSIONI
FIBRILLAZIONE DELLA NOMENKLATURA CINQUESTELLE, I DISSIDENTI SONO DIVENTATI OTTO
La vetta più alta della giornata si tocca quando prende la parola Massimo Margiotta, senatore lucano del Pd. Che declama in maniera stentorea: “Solo a parlare di condono mi viene da vomitare”.
I senatori del Movimento 5 Stelle scattano. C’è un’escalation di fischi, urla e “buhhhh”, il momento più agitato dello scontro in aula.
Ma ecco che Margiotta si calma, si guarda intorno, aspetta.
Poi con tono di voce piatto completa la frase: “Sono le parole del ministro dell’Ambiente Sergio Costa”.
Nell’altra metà dell’emiciclo cala un silenzio imbarazzato. Il tasto dolente è stato toccato. Perchè sul condono di Ischia, uno dei tanti articoli del decreto emergenze, i pentastellati faticano a esaltarsi. Quando prende la parola Vito Crimi a nome del governo, i battimani sono incerti e stentati.
C’è un problema politico, e uno molto più pratico di tenuta della maggioranza. Martedì, in commissione, il voto contrario di Gregorio De Falco e l’astensione di Paola Nugnes hanno contribuito a mandare sotto i gialloverdi.
E si teme anche per la norma che consente un aumento delle sostanze tossiche nei fanghi sversati. Il clima è elettrico. I membri dell’esecutivo eletti a Palazzo Madama precettati.
Ci sono i ministri Gian Marco Centinaio, Danilo Toninelli, Giulia Bongiorno, Barbara Lezzi e Erika Stefani. I sottosegretari Maurizio Santangelo e Andrea Cioffi. È pura psicosi.
Bongiorno, Centinaio, Lezzi, Stefani e Toninelli corrono nell’emiciclo, nonostante formalmente siano in missione (come solitamente avviene per i membri del governo)
La grande paura dei numeri si risolve in una bolla di sapone.
Gli emendamenti passano tutti congruenti al parere del governo. Ma per la prima volta nella storia della legislatura le lucine che si illuminano sui banchi della maggioranza non sono uniformi.
Ecco che De Falco e Lello Ciampolillo votano con il Pd su Ischia, ripetutamente. La Nugnes tiene convintamente le braccia conserte, Elena Fattori, insieme ad altri tre colleghi, è lontana dall’aula.
Una mano ai gialloverdi arriva anche da Forza Italia, divisa sul tema, che lascia libertà di voto ai propri senatori.
Qualche minuto dopo succede anche con i fanghi: il senatore Saverio De Bonis, sempre 5Stelle, guida una fronda, che originariamente era di undici senatori poi, nel corso delle ore, si è assottigliata. Ora ne conta cinque.
Numeri piccoli, ma complessivamente pesanti. Espellere cinque, sei, sette, forse otto senatori è un prezzo che Luigi Di Maio non può permettersi di pagare.
Quando martedì notte il capo politico del Movimento 5 stelle ha riunito una sorta di gabinetto di guerra, immediatamente dopo il pollice verso in commissione, il dato sembrava tratto: espulsione per i reietti.
Il vicepremier ha iniziato a maneggiare la questione con cura. Riunendo ministri e capigruppo per dare il segnale di una collegialità nelle decisioni, poi investendo della responsabilità il capogruppo Stefano Patuanelli.
Come a dire: sono decisioni che riguardano le dinamiche del Senato e il regolamento interno. I guanti di velluto sono stati infilati perchè la materia è delicata. Ne va dell’affidabilità del Movimento. E dei numeri della maggioranza.
E pian piano, con il passare delle ore, il motore ha iniziato a diminuire i giri.
Incrociamo Patuanelli di corsa nella splendida galleria dei busti di Palazzo Madama. Incrocia Danilo Toninelli, si stringono la mano, sorridono. Quando gli si chiede che provvedimenti verranno presi con chi ha votato in difformità è tanto laconico quanto chiaro: “Mi pare che siano stati voti senza nessuna valenza politica”.
Le porte sbattute in faccia non sono previste all’orizzonte. Ma la questione è più ampia.
Il ragionamento è chiaro: da un lato cacciare chiunque esprima un voto dissonante sarebbe una follia. Dall’altro non fare nulla darebbe la stura a qualunque tipo di fronda. Che oggi nei numeri è contenibile, domani chissà .
Il primo provvedimento, che potrebbe essere preso già nei prossimi giorni, è una sistemazione delle presenze in commissione, in modo tale da spostare i pasionari da quelle in cui i numeri sono più risicati.
Al momento, fatti salvi alcuni casi “recidivi”, non si vede all’orizzonte una fronda organizzata. Tanti mal di pancia sì, che si concretizzano in micro battaglie, punture di spillo ora innocue, ora dolorose per Di Maio e per la tenuta del governo.
Come non farlo diventare una malattia endemica sarà la grande questione dei prossimi giorni.
(da “Huffingtonpost”)
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