SALVINI NON VOLEVA RENDERE PIU’ FACILE ANDARE IN PENSIONE? CAOS SULL’AUMENTO, TENUTO NASCOSTO AI LAVORATORI, DEI REQUISITI NECESSARI PER ANDARE IN PENSIONE: DAL 2027 SERVIRANNO TRE MESI IN PIÙ DEL PREVISTO
LA SCOPERTA DELLA CGIL ATTRAVERSO L’AGGIORNAMENTO DEL SOFTWARE DELL’INPS; LA SMENTITA TROPPO FIACCA DELL’ENTE … L’IPOTESI È CONCRETA, VISTO CHE L’AUMENTO DI TRE MESI DEI REQUISITI DAL 2027 ERA STATO IPOTIZZATO LO SCORSO OTTOBRE DAL PRESIDENTE DELL’ISTAT, FRANCESCO MARIA CHELLI
Giallo e bufera sull’aumento dei requisiti necessari per andare in pensione dal primo gennaio 2027, quando, secondo la legge, scatterà il nuovo adeguamento alla speranza di vita, che, secondo le attese, dovrebbe comportare un ritardo di tre mesi del pensionamento.
Ieri la Cgil ha denunciato di aver scoperto, attraverso la sua rete di patronati, che gli applicativi dell’Inps fanno decorrere le pensioni del 2027 con un aumento di tre mesi dei requisiti e poi di altri due mesi dal primo gennaio 2029.
In pratica ci vorrebbero 67 anni e 3 mesi di età (oltre che 20 anni di contributi) per andare in pensione di vecchiaia dal 2027 e 67 anni e 5 mesi dal 2029. E 43 anni e un mese di contributi (indipendentemente dall’età) per andare in pensione anticipata (un anno in meno per le donne) dal 2027 e 43 anni e 3 mesi dal 2029 (un anno in meno per le lavoratrici). Il governo, accusa la Cgil, avrebbe tenuto nascosta la notizia, con l’Inps che si sarebbe portata avanti pur in mancanza del decreto ministeriale richiesto dalla legge.
L’istituto di previdenza guidato da Gabriele Fava ha replicato alla Cgil con una smentita laconica e inefficace: «L’Inps smentisce l’applicazione di nuovi requisiti pensionistici. L’Istituto garantisce che le certificazioni saranno redatte in base alle tabelle attualmente pubblicate». Inefficace perché subito dopo è stato il sottosegretario al Lavoro e vicesegretario della Lega, Claudio Durigon, a intervenire prendendosela proprio con l’Inps: «L’aumento dei requisiti per andare in pensione fatto trapelare in maniera impropria e avventata dall’Inps non ci sarà. Nel momento in cui si registrasse un aumento effettivo dell’aspettativa di vita, come Lega faremo di tutto per scongiurare questa ipotesi».
In realtà, l’ipotesi è concreta. Visto che l’aumento di tre mesi dei requisiti dal 2027 era stato anticipato lo scorso ottobre dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, in un’audizione alle commissioni di Camera e Senato. E anche la Ragioneria generale dello Stato, nel suo ultimo rapporto sulle tendenze della spesa previdenziale, avvertiva che «l’incremento della speranza di vita per l’anno 2023 è risultato superiore alle previsioni», concludendo che, se il maggior aumento fosse confermato a consuntivo dall’Istat, «l’adeguamento previsto con decorrenza 2027 risulterebbe di tre mesi» e di altrettanto dal 2029.
Insomma, nonostante il clamore e il probabile pasticcio fatto dall’Inps l’aumento dei requisiti appare inevitabile a meno di una decisione contraria del governo, come quella presa con la manovra 2019 dal governo Conte 1 che bloccò fino al 31 dicembre 2026 gli adeguamenti biennali del requisito per la pensione anticipata.
La classe più penalizzata sarebbe quella dei nati nel 1960, già rimasti fuori da Quota 100. Ma c’è anche il rischio di creare nuovi «esodati», dice la Cgil: in particolare i lavoratori che hanno aderito a piani di isopensione o scivoli di accompagnamento alla pensione, che potrebbero trovarsi per alcuni mesi senza tutele.
(da Corriere della Sera)
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