“SE DEVO CANDIDARMI, MI PERMETTETE DI FARLO DA UOMO LIBERO?”: ANTONIO DECARO, LA “MADONNA PELLEGRINA” DEI RIFORMISTI DEM, E LA BATTAGLIA PER CORRERE ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE PUGLIA SENZA AVERE TRA LE PALLE EMILIANO E VENDOLA
“IO NON SONO UNO CHE NON AMA LITIGARE. FIGURIAMOCI SE VOGLIO SCONTRARMI CON QUEI DUE…” – IL RITRATTO DELL’EUROPARLAMENTARE, LA BATTAGLIA CONTRO I CLAN
A Bari, nei giri della politica, lo chiamano “la Madonna pellegrina”. Ovunque vada, folle di devoti che lo salutano e lo abbracciano. Antonio Decaro è l’investimento sicuro del campo largo pugliese. E l’europarlamentare viene proprio da quel mondo paesano cadenzato da processioni e riti.
“Mi sono sempre sentito di Torre a Mare”, frazione costiera del capoluogo pugliese dove ha sempre vissuto, sia quando era sindaco, sia oggi che presiede la commissione ambiente a Bruxelles, dove incontra ministri e capi di Stato, tutta un’altra statura politica rispetto ai tignosi consiglieri di provincia con cui dovrà trattare ora se diventa, come il Pd ha deciso, presidente di Regione.
Nel suo libro, “Vicino”, racconta i suoi nonni pescatori, e i pomeriggi passati con loro da bambino a rammendare le reti per catturare i pesci. Poi l’adolescenza in parrocchia e gli studi che lo hanno portato a diventare ingegnere dell’Anas, esperienza di cui ha fatto tesoro da amministratore, quando andava sui cantieri,
anche di notte, a controllare l’esecuzione dei lavori, con grande ritorno di like sui suoi social.
Il meglio della sua empatia, però, la sfodera dal vivo, esercitandosi nei balli di gruppo nelle piazze dei centri storici, o mimando coloriti aneddoti nei quali la sua parte preferita è quella dell’assessore maltrattato che vuole chiudere la città al traffico ma si scontra con automobilisti feroci che rivendicano il loro diritto domenicale alla “braciola” col ragù.
S’innamora della politica sentendo i comizi del padre, ferroviere e consigliere comunale socialista. Ha 34 anni quando, nel 2004, Michele Emiliano lo nomina assessore all’urbanistica. Rivoluziona la città, introducendo i parcheggi di scambio con i bus e il bike sharing, e da allora è un successo elettorale dopo l’altro: nel 2010 diventa consigliere regionale, nel 2013 entra in Parlamento, due anni dopo è sindaco di Bari.
Nel 2016 è acclamato presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, conquistandosi i sindaci con le sue battaglie su temi come il superamento del blocco delle assunzioni nei municipi, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: piegato in due dalle risate, nel congresso del 2022 a Bergamo, quando lui dal palco racconta di essere andato a perorare la causa dei Comuni in predissesto al ministro Giancarlo Giorgetti: “Onestamente sembravamo Totò e Peppino quando dicevano “Noio vulevam savuar…”.
Poi c’è il sindaco accorato che convoca, nel 2024, una drammatica conferenza stampa per rispondere alla campagna del centrodestra all’indomani dell’invio, da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, della commissione d’accesso per le infiltrazioni criminali nelle sue municipalizzate.
Mostra gli esposti in Procura e rivendica di essere stato sempre il primo a denunciare i clan, al punto di girare sotto scorta per aver liberato Bari dalle “fornacelle”, gli abusivi che arrostivano la carne sul lungomare. Forza Italia tappezza la città di manifesti:
“Vent’anni di sinistra, scandali e mafia”. Ma le indagini non lo scalfiscono e la gente gli dà fiducia: alle ultime europee viene eletto con 509mila voti, il più suffragato dopo Giorgia Meloni.
Ma fin dall’inizio della campagna elettorale, costellata di commozioni per la fine del suo mandato, tutti sapevano che il suo destino era la candidatura a presidente della Regione.
Senonché il suo padre politico, Emiliano, non lo vuole lasciar solo e annuncia di volersi candidare in lista in suo sostegno.
Subito dopo fa lo stesso anche Nichi Vendola, oggi presidente di Sinistra italiana e fino a dodici anni fa governatore pugliese. I due sono in eterno conflitto e lui vuole sentirsi autonomo.
Così la Madonna pellegrina della politica pugliese, sente che il suo mantello, tirato da due lati opposti, rischia di farlo cadere. Scomunica entrambi, imponendosi un tono arcigno che non gli si confà. E ne soffre: “Io non sono uno che non ama litigare. Figuriamoci se voglio scontrarmi con quei due, che stimo e ai quali voglio bene. Ma se devo candidarmi, mi permettete di farlo da uomo libero?”
(da La Repubblica)
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