SOLO UN GOVERNO VASSALLO E’ CONTRO LO STATO PALESTINESE
SE IL CANCELLIERE MERZ SENTE IL PESO DEL PASSATO LE MOTIVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO APPAIONO FRAGILI E OPPORTUNISTICHE
Giorno dopo giorno Gaza diventa il condensato dei drammi e delle contraddizioni del conflitto in Medio Oriente e delle incapacità, delle inadeguatezze e dei neppure molto oscuri disegni di alcuni protagonisti.
In primis non possono che stare le tremende condizioni in cui Netanyahu ha ridotto i gazawi. Non basta dire che tutto finirebbe se Hamas liberasse gli ostaggi anche se le pressioni sui capi di quell’organizzazione debbono essere intensificate da tutti e l’eventuale bluff merita di essere chiamato con un cessate il
fuoco temporaneo.
I dirigenti israeliani e i loro sostenitori non possono avere dimenticato in che modo furono trattati gli ebrei nell’Europa dell’Olocausto. Oramai raggiunti dall’accusa di genocidio e con Netanyahu criminale di guerra dovrebbero porre un limite alle loro efferate azioni a Gaza. Questo esito sarebbe più probabile se il presidente Trump smettesse di inviare armi ad Israele. Non verrà avvicinato dalla sequenza di riconoscimenti dello Stato della Palestina.
Oggettivamente, quello Stato non esiste e la sua costruzione richiederà tempo e impegno. Legittimo è anche pensare che l’attuale Autorità nazionale palestinese non abbia né l’autorevolezza politica né la credibilità e la competenza per procedervi in maniera efficace. È altresì possibile dubitare che Abu Mazen riesca a controllare, disarmare, escludere i dirigenti di Hamas, ma molto difficile sarà comunque evitare che le migliaia di palestinesi che anni fa votarono Hamas e che lo hanno a lungo sostenuto non intendano avere un ruolo politico nel nuovo stato. Se il riconoscimento è un gesto politico inteso a mandare soprattutto, credo, un messaggio di profonda riprovazione al governo Netanyahu e in subordine di sostegno alle aspirazioni di molti palestinesi, anche il non riconoscimento è un gesto politico. Se il cancelliere tedesco Merz sente giustamente il peso di un passato indimenticabile, le motivazioni del governo italiano appaiono fragili e sono forse opportunistiche
Non compiere un gesto simbolico, ma tutt’altro che ininfluente soprattutto perché risulterebbe sgradito al presidente degli Usa, è una posizione molto criticabile che segnala subordinazione, mancanza di autonomia, forse persino rinuncia all’esercizio della sovranità nazionale da parte del governo italiano. Ancora più triste sarà il giorno in cui il riconoscimento dello Stato palestinese da parte del governo italiano dovesse arrivare a ruota di quello di Trump. Peggio ancora se quel riconoscimento fosse rivendicato come contributo alla posizione comune e condivisa dell’Occidente.
Quello che sappiamo delle opinioni pubbliche nelle democrazie europee e occidentali nelle quali hanno la possibilità di esprimersi liberamente è che il governo israeliano ha bruciato gran parte del capitale di sostegno di cui ha a lungo goduto. Dappertutto le opinioni pubbliche occidentali hanno, per così dire, svoltato.
Le immagini di repressione e di oppressione ad opera del governo israeliano assolutamente e inequivocabilmente sproporzionate rispetto a qualsiasi comprensibile rappresaglia per le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre 2023, soprattutto l’agonia e la morte di un numero elevatissimo di bambini, hanno giustamente contribuito alla crescita di sostegno per i palestinesi. Quel sostegno non può essere intaccato neppure dalle deprecabili manifestazioni di dissennata violenza dei finti pro-Pal di Milano. Al tempo stesso, quel sostegno è tuttora privo di uno sbocco politico in direzione di un reale sollievo per i palestinesi di Gaza
Resta da vedere se l’operazione della Global Sumud Flotilla riuscirà a conseguire i suoi obiettivi, a cominciare dalla rottura pacifica del blocco navale imposto da Israele. Da un lato, rinunciando a scorte armate, i partecipanti dimostrerebbero che mezzi non violenti possono conseguire obiettivi di notevole importanza, non tanto contro Israele, ma soprattutto a favore della popolazione di Gaza. Dall’altro lato, al governo israeliano si offre la grande opportunità di dimostrare che “pietà non l’è morta”.
(da editorialedomani.it)
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