SPACCIO DI LIEVE ENTITA’, LA CONSULTA BOCCIA IL GOVERNO
INCOSTITUZIONALE NON DARE MISURE ALTERNATIVE: SOLITA BRUTTA FIGURA DEL GOVERNO
Chi è accusato del reato di spaccio di lieve entità deve potere essere ammesso all’istituto della messa alla prova. Così hanno deciso i giudici della Corte costituzionale che, con una sentenza
depositata oggi, hanno dichiarato illegittimo l’articolo 168-bis del codice penale che, con l’aumento delle pene, ha di fatto escluso questo reato dal beneficio della sospensione del procedimento. Un istituto, quello della messa alla prova, che la nostra legislazione prevede come alternativa alla pena della detenzione soprattutto per i reati più lievi per i quali è auspicabile il raggiungimento dell’obiettivo della rieducazione della pena.
Fino a due anni fa, il reato di spaccio di lieve entità, regolato dal Testo unico stupefacenti, era tra quelli per i quali la messa alla prova era applicabile e anzi assai utilizzata ritenendo che chi fosse accusato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti di lieve entità, rientrasse a pieno titolo tra coloro da rieducare più che rinchiudere in carcere. Tanto più con il tasso di sovraffollamento dei nostri istituti di pena.
Il governo inasprisce le pene
Poi, con decreto legge, nel 2023, il governo ha inasprito le pene prevedendo la reclusione da sei mesi a cinque anni invece dei quattro prima stabiliti. L’innalzamento della pena ha fatto sì che il reato di piccolo spaccio non rientrasse più nel novero di quelli a cui potere applicare l’istituto della messa alla prova, che prevede – con il consenso dell’imputato – un percorso di uno o due anni con un lavoro di pubblica utilità.
Le questioni dei tribunali di Padova e Bolzano
La pronuncia della Corte costituzionale depositata oggi arriva in risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali di Padova e Bolzano secondo i quali “l’effetto preclusivo determinato dalle norme censurate dovrebbe ritenersi illegittimo per diverse ragioni: sia perché violerebbe il finalismo rieducativo della pena, non permettendo all’imputato di riparare alla propria condotta attraverso un programma appositamente elaborato che riduca il pericolo di reiterazione dell’illecito; sia
per disparità di trattamento con il reato di “istigazione all’uso illecito di sostanze stupefacenti”. Quest’ultimo reato, nonostante sia sanzionato con una pena detentiva maggiore rispetto al piccolo spaccio nel massimo e nel minimo edittale, rientra, al contrario di questo, tra le fattispecie per cui può essere disposta la messa alla prova”.
Le motivazioni della Consulta
Osservazioni che la Corte costituzionale ha fatto proprie. “Peraltro – dicono i giudici costituzionali – l’esclusione del piccolo spaccio dall’ammissione alla messa alla prova, che coniuga in sé una funzione premiale e una forte vocazione risocializzante, frustra anche le finalità di deflazione giudiziaria che detto istituto persegue, in particolare, per i reati di minore gravità e di facile accertamento, come quello in esame”.
(da agenzie)
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