STATALI E PROFESSORI, ECCO CHI PAGA IL CONTO
LA MADIA SMENTISCE SE STESSA: “BLOCCO DEGLI STIPENDI PUBBLICI ANCHE NEL 2015”… E I PROF SI PAGANO IL COSTO DELLA RIFORMA DA SOLI
Anche nell’era renziana l’avvicinarsi dell’autunno impone una revisione delle promesse: “I contratti del pubblico impiego verranno sbloccati con la riforma della Pa”.
Eravamo a maggio, e Marianna Madia rassicurava i sindacati inferociti. Ironia della sorte, ieri è toccato proprio al ministro della Funzione Pubblica smentire se stessa, Matteo Renzi e il governo: il blocco ci sarà anche il prossimo anno.
“C’è la crisi”, “le risorse non ci sono”, e per questo “tutti, governo e parti sociali, devono lavorare per il Paese”, ha spiegato ieri Madia in commissione Affari Costituzionali del Senato: “Pensiamo a chi più ne ha bisogno, quindi confermiamo gli 80 euro, che vanno anche a molti dipendenti pubblici”.
I sindacati annunciano mobilitazioni. Secondo il segretario della Fiom, Maurizio Landini, un nuovo blocco vorrebbe dire che “i contratti nazionali non esistono più”. Coincidenza ha voluto che il triste annuncio per 3,3 milioni di statali — che dal 2010 aspettano di vedere rivalutato il loro stipendio — arrivasse nelle stesse ore dell’annuncio dei “150 mila precari della scuola assunti da settembre 2015”.
Tra le pieghe delle slide, però, si fa strada un sospetto.
Per gli insegnanti, infatti, è previsto il blocco degli scatti di anzianità per il periodo 2015-2018: verranno sostituiti da quelli “di competenza” basati sul merito, che però partiranno solo dal 2018“perchè così ne potranno beneficiare anche i precari neoassunti”.
E fino ad allora? Nessun aumento per tutti.
In questo modo si ricaveranno risorse per gli incentivi al merito togliendole per tre anni dagli stipendi dei docenti.
Il comngelamento dei contratti è storia che va avanti ormai da una decade — dalle manovre “lacrime e sangue” di Giulio Tremonti (anno 2010) – e ha permesso finora allo Stato di risparmiare circa 12 miliardi di euro (stime della Ragioneria) grazie alle proroghe di volta in volta approvate.
Quella annunciata ieri per il 2015 ne vale altri 2-3. A dicembre scorso, la legge di stabilità targata Letta-Saccomanni aveva confermato anche per il 2014 il blocco dei rinnovi contrattuali e degli stipendi individuali compreso il comparto sanitario.
A queste si aggiungeva un’ulteriore diluizione dei tempi per incassare le buonuscite (il Tfr), con importi erogati in più tranche e più piccole.
Cosa cambia? Che nel frattempo i soldi tenuti in caldo dallo Stato non si rivalutano, e questo comporta una perdita per il dipendente fino al 6-7 per cento del totale, e che solo la deflazione (i prezzi che scendono) può rendere meno dolorosa .
Il risparmio dello Stato fa da contraltare al salasso pagato dagli statali.
A fronte di una retribuzione pro capite di 34.576 euro, secondo la Cgil il mancato adeguamento dei contratti è costato in media ai lavoratori pubblici 4.800 euro, 600 dei quali solo per il 2015.
Calcoli generosi se si considera che la Uil e il sindacato di base stimano una perdita media di 3000 euro l’anno.
Secondo il Sole 24 Ore , gli insegnanti hanno perso 3.300 euro, i docenti universitari 9.500 (4.598 i ricercatori) e i medici 7.500.
Questo se si parla di impiegati. Ma l’austerità è costata anche ai dirigenti, da quelli di prima fascia della presidenza del Consiglio (11.661 euro) a quelli degli Enti non economici (21.203 euro).
Soldi che non torneranno mai più, e che ovviamente avranno un riflesso negativo anche sulla condizione previdenziale (con minori contributi versati e quindi, pensioni più basse).
Negli ultimi cinque anni le buste paga sono rimaste praticamente ferme grazie al congelamento delle retribuzioni individuali, con alcune eccezioni (Regioni autonome e magistratura).
Il primo campanello d’allarme per il 2015 era arrivato ad aprile: nel Documento di economia e finanza non erano previsti soldi per il rinnovo, ma veniva assicurata solo – fino al 2017 — “l’indennità di vacanza contrattuale”, basata però sui valori in vigore al 2013.
Entro la fine dell’anno potrebbe essere fissata la prima udienza della Consulta per valutare i ricorsi avanzati nell’ultimo anno dai sindacati.
Lo scenario che si aprirebbe per il governo Renzi in caso di sentenza positiva sarebbe catastrofico.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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