TELEMELONI È GIÀ REALTÀ DA TEMPO: IL GOVERNO HA OCCUPATO GLI SPAZI DEI TG RAI PIU’ DEI PRECEDENTI ESECUTIVI: A OTTOBRE SI È PRESO IL 45% DEL TEMPO, MENTRE, NEL SUO PRIMO MESE, IL CONTE 2 SI ERA FERMATO AL 30% E DRAGHI ERA AL 44% (ED ERA APPENA SCOPPIATA LA GUERRA IN UCRAINA)
A NOVEMBRE LA MELONI È COMPARSA SUI TELEGIORNALI PUBBLICI PER 485 MINUTI (IL TRIPLO DI MATTARELLA), MENTRE DRAGHI SI ERA FERMATO A 313 MINUTI… I DATI DELL’OSSERVATORIO DI PAVIA
La voce del padrone. Ovvero, i telegiornali Rai nell’era di Giorgia Meloni. Diventati megafono del verbo sovranista ben prima del cambio dei vertici in Viale Mazzini. Fino a raggiungere – fra governo e maggioranza – punte di occupazione degli spazi riservati alla politica superiori al 70 per cento.
A svelarlo è l’Osservatorio di Pavia che da anni monitora i tempi dedicati alle figure istituzionali e ai leader di partito non solo nelle testate nazionali, ma pure nei programmi di approfondimento.
Basta fare un confronto fra gli ultimi tre governi, misurandone l’esposizione sui Tg del servizio pubblico. Nell’ottobre 2019, il primo mese “intero” del Conte2 nato a settembre di quell’anno, l’esecutivo giallorosso totalizza una presenza in voce pari al 30 per cento. Il partito più microfonato risulta tuttavia la Lega (13%) in virtù dello strascico polemico innescato da Salvini dopo la crisi aperta nell’estate del Papeete. Solo dopo vengono Pd e M5S (entrambi al 12) nonostante siano in maggioranza.
Draghi al suo debutto interviene molto di più, ma solo per via dello scoppio della guerra in Ucraina: nel marzo del 2021 la Rai riserva al premier delle larghe intese, ai suoi ministri e sottosegretari il 44 per cento del tempo di parola, che però poi precipita al 31 in aprile. All’incirca la media mantenuta per tutto il resto del mandato: segno che l’exploit iniziale, oltre che dettato dalla indubbia novità, era imputabile a cause contingenti e irripetibili
Quanto alle forze politiche, Pd e M5S si attestano al 10%, FdI nel ruolo di unica opposizione all’8, FI al 6, Lega al 5 e via a scendere, sempre sul filo dell’equilibrio tra centrosinistra e centrodestra.
Ciò che invece impressiona è il dato relativo all’esecutivo Meloni, in carica dal 22 ottobre scorso. A novembre la squadra che guida il Paese copre con i suoi discorsi il 45 per cento dei Tg: assai più della compagine guidata da Conte, persino oltre la soglia registrata dall’ex banchiere centrale alle prese con le bombe su Kiev.
Se a questo si aggiunge il 17 per cento totalizzato dalle forze di maggioranza, ecco che i sovranisti schizzano al 62 e lo squilibrio diventa innegabile, anche all’interno della stessa coalizione.
Va un pochino meglio a dicembre, quando la voce del governo cede due punti e scende al 43 (quello giallorosso, nell’analogo periodo, era al 29). Per risalire di nuovo al 45 di gennaio, allorché si batte ogni record grazie al maggiore spazio offerto ai partiti del centrodestra: 23 per cento.
In sintesi, le esternazioni sovraniste occupano oltre due terzi dell’informazione Rai: in testa si piazza il Tg2, seguito a stretto giro dal Tg1, mentre il Tg3 prova a rispettare la regola aurea del pluralismo informativo.
Persino più imbarazzante la sproporzione rispetto agli altri soggetti istituzionali. Sempre a novembre, Giorgia Meloni compare sulle più importanti testate tricolori per la bellezza di 485 minuti, quasi il triplo di Sergio Mattarella fermo a 185, lontana anni luce dai ministri Piantedosi (59) e Tajani, (56), per non parlare del vicepremier Salvini (44 minuti), tallonato dal leader del M5S Giuseppe Conte (37) e dal titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti (35). A paragone, nel suo primo mese, Draghi si ferma a quota 313, nonostante la guerra.
Negli ultimi tempi, le proteste della minoranza hanno imposto una piccola correzione di rotta. In aprile, il Tg1 ancora capitanato da Monica Maggioni ha riservato a governo e maggioranza il 58,5 per cento del tempo di parola –38,5 al primo, 20 all’altra – contro il 15,5 dedicato alle opposizioni. Più o meno la stessa performance del Tg2. Con la premier parlante per “appena” 372 minuti, stavolta più vicina a Mattarella (297 minuti) rispetto agli esordi.
Una fotografia più che soddisfacente per i nuovi vertici della tv pubblica: «Stiamo lavorando bene per garantire un pluralismo che spesso in passato nella Rai non c’è stato», ha affermato in Vigilanza, contro ogni evidenza numerica, il melonianissimo direttore generale Giampaolo Rossi. Un equilibrio fra le varie forze politiche che «non si ottiene per sottrazione ma per somma, con l’aumento possibile e totale del racconto delle diverse culture del Paese: questa è la sfida che raccoglieremo », prosegue.
(da la Repubblica)
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