“TI OFFRIAMO UN LAVORO”: A MILANO VINCE LA SOLIDARIETA’ PER UN CLOCHARD DELLA STAZIONE
DOPO L’APPELLO DI DOMENICO, 40 ANNI, ROVINATO DALLE SLOT, MOLTE LE OFFERTE DA FAMIGLIE E IMPRESE
La voleva nella «sua» Lambrate. Una seconda occasione, una chance per ricominciare da capo. E invece potrebbe averla in un bar no slot di viale Jenner.
Ma poco dovrebbe importare il luogo a Domenico Caffarella, il clochard 40enne che si è giocato tutto al videopoker e che da otto mesi vive alla stazione in fondo a via Pacini.
Perchè qualcuno ha letto la sua drammatica intervista pubblicata sul Corriere di lunedì scorso, il suo appello disperato.
E già tre persone si sono interessate alla sua storia. Quella di un ragazzo genovese arrivato giovanissimo a Milano dove ha lavorato come muratore, elettricista, qualsiasi cosa, prima d’infilare ogni centesimo guadagnato dentro alle slot senza ricevere nulla in ritorno.
E finendo così a dormire sul mezzanino, costretto a passare le ore connesso a Internet dalle biblioteche di Cimiano e via Valvassori Peroni per inviare in giro il curriculum.
Con la speranza di trovare un lavoro in grado di riscattarne l’esistenza.
Corsa alla solidarietà
Il primo a interessarsi ai tristi trascorsi di Domenico è stato Giuseppe Stallone, titolare del bar ristorante Persefone di viale Jenner 49, l’antesignano della guerra alla ludopatia in città , colui che con il comitato Jenner Farini ha dato il la all’iniziativa per premiare gli esercizi no slot. «Quando sento queste storie devo reagire – ha detto – soprattutto se si tratta di giovani che si sono rovinati con il gioco. Per questo sono disposto a offrirgli un colloquio»
Dopo di lui, al Corriere è arrivata una donna milanese con un’offerta. «Sono vedova, mio marito aveva la taglia 48, sono pronta a regalare gli abiti a Domenico».
Terzo, un indirizzo email giunto via posta elettronica: «Caro Domenico mandami il tuo curriculum». È una corsa alla solidarietà che però necessita di maggiori informazioni e rassicurazioni.
«Ludopatia, piaga sociale tremenda»
Perchè un datore di lavoro, per quanto sensibile, generoso e filantropo possa essere, non è uno psicologo.
«Noi, come piccoli imprenditori, siamo disponibili a dare una mano – spiega ancora Stallone -. Siamo pronti a rinunciare a dei nostri denari per dare sollievo alle persone che ne hanno bisogno. Ma, lo dico per esperienza, è necessario capire come Domenico si voglia aiutare da solo e quanta voglia abbia di cambiare davvero. Dalla ludopatia non si guarisce facilmente. È una piaga sociale tremenda».
Il titolare del Persefone è uno che di macchinette installate nel suo locale nel 2009 ne aveva due. «Per ottenere soldi facili» ammette oggi. Ma poi non ce l’ha fatta a continuare ad alimentare un circolo di «distruzione».
«Vivevo in un incubo, vedere le persone rovinarsi sotto i miei occhi. Ho preferito togliere le slot per sempre e impegnarmi con il comitato Jenner Farini per coinvolgere altre persone»
Giuseppe incontrerà Domenico quando vorrà , basterà che lo contatti.
Lo guarderà dritto negli occhi per cercare di capire quali altri sostegni abbia, quali risorse umane. La preoccupazione infatti non è quella di uno stipendio in più da pagare.
C’è in palio molto di più. «Solo una cosa voglio evitare: che i primi guadagni finiscano ancora dentro a quelle macchinette…».
Giacomo Valtolina
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