TRUMP E PUTIN VOGLIONO LA STESSA COSA: LA DISTRUZIONE DELL’EUROPA. E INFATTI “THE DONALD” NON HA DATO IL VIA LIBERA AL COMUNICATO DEI PAESI DEL G7 CHE CONDANNA L’AGGRESSIONE DI MOSCA ALLA POLONIA
IL TYCOON METTE IN IMBARAZZO GIORGIA MELONI CON GLI ALTRI LEADER EUROPEI CHE CHIEDONO UN INTERVENTO DI WASHINGTON
Si parlano. Si messaggiano. Prima nel corso di colloqui bilaterali, poi attraverso una video call di massimo livello. Tocca soprattutto a Donald Tusk aggiornare gli altri leader europei, mostrando a tutti la gravità del momento.
Ci sono Giorgia Meloni, Keir Starmer, Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Volodymyr Zelensky e il segretario generale della Nato Mark Rutte. I presenti promettono sforzi di difesa comune, perché è l’Europa ad essere minacciata e bisogna sostenere la causa di Kiev. Manca però un dettaglio: Donald Trump.
Quando in Europa sono già le 21 (le 15 negli Stati Uniti), la Casa Bianca non ha ancora inviato segnali chiari agli alleati, ad eccezione di uno: non è in agenda alcun tipo di reazione militare. E dunque, cosa fare e come replicare? È da sempre il grande
timore riportato in molti dei report riservati dei partner dell’alleanza atlantica e dei rispettivi servizi di intelligence, soprattutto negli ultimi mesi: se Putin sonda gli europei con una provocazione, la reazione della Nato sarà ferma, credibile, compatta? È impossibile che ciò avvenga, senza Washington realmente a bordo. E poi pesano i dettagli, che peggiorano l’umore degli europei presenti. Uno su tutti: a sera, fatica ad essere completato anche il comunicato di condanna del G7. La ragione? Manca il via libera dell’amministrazione statunitense.
I big continentali attendono per ore che il presidente Usa spinga almeno sull’acceleratore delle sanzioni. Che batta un colpo. Nella video call i leader concordano su un punto: «Bisogna verificare il grado reale di coinvolgimento di Trump». Si organizzano dunque per contattarlo, appena possibile, con telefonate individuali. Dovrebbe farlo anche la premier italiana, di certo lo faranno Macron e Starmer in queste ore. Forse si ritroveranno poi insieme in una chiamata aperta solo ai membri del G7.
Intendono pregarlo di muovere un passo: «Serve un segnale politico — è il messaggio che concordano di consegnare al presidente Usa — occorre una condanna netta». La prima idea è quella delle ultime settimane: sanzioni economiche più stringenti, colpi duri al sistema economico russo che solo Washington può assestare. Le lunghe ore di silenzio, però, alimentano sospetti. La speranza è che Trump si faccia sentire quando in Europa sarà notte.Almeno il muro delle condanne verbali europee, invece, regge. E dimostra che lo spettro russo è incombente. Parla Meloni, esprimendo «solidarietà piena» alla Polonia. Promette sostegno a Varsavia e Kiev, i due terreni su
cui si gioca la resistenza alla minaccia di Mosca. Nel comunicato esprime la vicinanza ai polacchi «per la grave e inaccettabile violazione dello spazio aereo e dell’Alleanza Atlantica». Ma non basta.
Unità, dunque. E però Roma, almeno sul piano delle dichiarazioni pubbliche, non riesce ad assicurare la compattezza della maggioranza di governo. È Matteo Salvini a rompere il fronte. Gli chiedono delle parole dell’eurodeputato Roberto Vannacci, che poche ore prima aveva giurato di preferire Putin a Zelensky.
(da La Repubblica)
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