TRUMP, UNA PRESIDENZA PER ARRICCHIRE SE’ E LA FAMIGLIA: IN SETTE MESI PATRIMONIO RADDOPPIATO
TUTTI GLI AFFARI E I CONFLITTI DI INTERESSE
Il presidente Donald Trump, alla vigilia della visita di Stato in Gran Bretagna, ha mostrato ancora una volta il suo nervo scoperto: la commistione tra potere politico e affari privati. Il giornalista australiano John Lyons ha osato la domanda che pesa come un macigno: è appropriato che un presidente in carica si arricchisca durante il mandato? Trump sorride appena, ma la risposta non è un chiarimento: è una minaccia. Prima si schermisce, scaricando sugli affari dei figli. Poi, con una torsione che tradisce l’irritazione, passa al contrattacco: l’Australia, dice, “sta andando male” e il suo leader “verrà presto da me”. Sottinteso: ne parleremo, e il prezzo lo pagherete voi.
Non è più un dialogo tra presidente e stampa, ma un avvertimento geopolitico, una ritorsione diplomatica a partire da una domanda di cronaca. È qui che si rivela la fragilità del sistema: quando l’interesse personale si intreccia con la politica estera, e il dissenso di un cronista diventa ostaggio di rapporti tra Stati. La domanda di Lyons resta senza risposta. Eppure, proprio nel silenzio imposto, si legge il pericolo.
I conflitti di interesse dei Trump
A meno di un anno dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la questione dei conflitti d’interesse sembra non essere più un incidente di percorso della sua presidenza, ma l’ossatura stessa del sistema politico che lo sostiene. Lungi dal tentare di separare gli affari privati dalla funzione pubblica, Trump, in base ai fatti documentati dai media americani e organizzazioni no profit, ha trasformato la presidenza in una piattaforma per arricchire sé stesso, la sua famiglia e i suoi partner economici. Il suo patrimonio è raddoppiato. E qui ricostruiamo gli affari del presidente. In un’epoca in cui trasparenza e responsabilità dovrebbero essere valori imprescindibili, la presidenza Trump sembra funzionare come un’estensione diretta del patrimonio personale della famiglia.
Secondo Forbes (9 settembre 2025), durante la presidenza Trump la ricchezza della sua famiglia è aumentata di oltre 3 miliardi di dollari, con ulteriori benefici provenienti da investimenti in criptovalute e nuovi progetti immobiliari a marchio Trump. Ex consiglieri etici e diplomatici hanno accusato il presidente americano di avere trasformato la politica estera statunitense in un pay-for-access system (pagamento in cambio di accesso).
Criptovaluta: la miniera di famiglia
La vera rivoluzione del secondo mandato Trump è digitale. Un’inchiesta del New York Times (16 settembre 2025) ha svelato un intreccio tra affari privati e politica estera: la famiglia Trump e l’uomo d’affari americano Zach Witkoff hanno fondato World Liberty Financial, una società di criptovalute. Contemporaneamente, la Casa Bianca negoziava con gli Emirati la vendita di centinaia di migliaia di chip avanzati per l’intelligenza artificiale, nonostante forti preoccupazioni di sicurezza nazionale. Gli Emirati hanno investito 2 miliardi di dollari in World Liberty attraverso lo sceicco Sheikh Tahnoon bin Zayed al-Nahyan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Emirati Arabi Uniti.
Questi due accordi, pur non formalmente collegati, «hanno
offuscato i confini tra affari personali e governativi e sollevato dubbi sul fatto che gli interessi americani fossero davvero tutelati» (Nyt). Come riportato dalla Bbc, il presidente detiene 15,75 miliardi di token, valutati oltre 3,4 miliardi di dollari, mentre l’intera famiglia controlla quasi un quarto della moneta per un valore complessivo di circa 5 miliardi. Eric Trump ha salutato l’iniziativa come «un enorme passo per il futuro del denaro» e ha dichiarato su X che Wlfi, la cripto di famiglia, è «costruita sulla fiducia, la velocità e i valori americani».
Trump e i figli, oltre alle partecipazioni, ricevono anche una quota delle commissioni di vendita, che hanno già fruttato oltre 500 milioni di dollari (Reuters). L’intreccio diventa più problematico sul piano politico. Durante la campagna, Trump aveva promesso di fare degli Stati Uniti la “capitale mondiale del crypto”, un impegno seguito da provvedimenti concreti: lo smantellamento del National Cryptocurrency Enforcement Team (Wall Street Journal), l’unità speciale del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti creata nel 2021 per combattere l’uso illecito delle criptovalute, identificando e perseguendo i criminali che sfruttano le valute digitali per attività illegali, come truffe e riciclaggio di denaro. Ex funzionari del Dipartimento di Stato e diplomatici europei hanno espresso timori sulla possibilità che fondi cripto quasi illimitati vengano usati da governi stranieri per influenzare la politica Usa, aggirando le norme sulle donazioni politiche. (The Guardian & The New York Times)
American Bitcoin Corp: l’oro digitale dei figli
I figli del presidente hanno moltiplicato gli affari nel settore. Secondo Reuters, all’inizio di settembre 2025 il debutto in borsa della American Bitcoin Corp, società di mining di criptovalute, ha più che raddoppiato il suo valore nel primo giorno di contrattazioni al Nasdaq. Eric e Donald Trump Jr possiedono circa il 20% delle azioni, una quota che vale oltre 1,5 miliardi di dollari, con punte fino a 2,6 miliardi nei momenti di picco del titolo. “Crypto è esplosiva”, ha dichiarato Eric Trump in un’intervista. “Almeno il 50% di quello che faccio oggi riguarda questo settore”.
Gli affari con l’IA degli Emirati
Lo sceicco Tahnoun bin Zayed al-Nahyan è anche presidente di G42, il motore di intelligenza artificiale da miliardi di dollari del Paese. Come scrive Time la società privata ha già costruito un portafoglio globale di supercomputer di IA attraverso partnership con realtà come Microsoft e Cerebras Systems, ma realizzare l’ambizione degli Emirati di diventare una superpotenza dell’intelligenza artificiale entro il 2031 richiederà ben più della costruzione di data center all’estero.
A marzo, dopo l’incontro di al-Nahyan con il presidente Donald Trump, la Casa Bianca ha annunciato che gli Emirati investiranno 1,4 trilioni di dollari nelle infrastrutture americane di IA e nelle tecnologie collegate nel prossimo decennio. E a maggio l’amministrazione Trump ha reso noto che il presidente avrebbe revocato importanti restrizioni commerciali verso il
Medio Oriente. Ciò ha aperto la strada a un campus di data center da 5 GW ad Abu Dhabi, presentato congiuntamente da al-Nahyan e Trump nello stesso mese, destinato a diventare il più grande progetto di infrastruttura di IA al mondo al di fuori degli Stati Uniti.
Guadagno personale: istituzioni piegate al profitto
Secondo Forbes America, tra real estate, prodotti e soprattutto criptovalute, la fortuna personale di Trump è passata da 2,3 a oltre 5 miliardi di dollari. Un risultato reso possibile anche da scelte politiche che hanno ridotto drasticamente i controlli. Con ordini esecutivi e provvedimenti rapidi, Trump ha sospeso l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act (Wall Street Journal), la legge federale promulgata nel 1977, che vieta alle aziende e agli individui americani (e, in certe circostanze, anche a soggetti esteri legati agli Stati Uniti) di offrire tangenti o qualsiasi altra forma di corruzione a funzionari stranieri al fine di ottenere o mantenere vantaggi commerciali. Inoltre ha bloccato l’implementazione del Corporate Transparency Act, che imponeva alle aziende di dichiarare i veri proprietari. A gennaio 2025 ha inoltre licenziato 17 ispettori generali responsabili della vigilanza anticorruzione (Campaign Legal Center). «Gli strumenti che normalmente utilizziamo per monitorare i conflitti non sono più efficaci», ha dichiarato Eric Petry del Brennan Center for Justice a Vox.
Big Tech: sponsor e corteggiamenti
Se Elon Musk non fa più parte della macchina amministrativa, la
direzione non è cambiata. All’insediamento, i Ceo della Silicon Valley erano tra gli ospiti più celebrati. TikTok, il cui futuro negli Stati Uniti dipende direttamente dal presidente, ha sponsorizzato eventi legati alla cerimonia, insieme a Riyadh Air e Aramco. Il Campaign Legal Center, organizzazione no profit di Washington che analizza i finanziamenti ai politici, ha messo in guardia: «Nuove opportunità per guadagnarsi il favore del presidente si moltiplicano, senza alcuna trasparenza».
Medio Oriente: affari e geopolitica
La saldatura tra politica e business emerge con forza nei rapporti con i Paesi del Golfo. Subito dopo la fine del primo mandato, il genero di Trump, Jared Kushner, aveva ottenuto un investimento da due miliardi di dollari dal fondo sovrano saudita guidato da Mohammed bin Salman (dal periodico statunitense indipendente Mother Jones). I figli del presidente hanno “attraversato il Medio Oriente in lungo e in largo, gettando le basi per accordi che andranno a vantaggio dell’azienda e, in alcuni casi, dello stesso Trump”, ha scritto il Washington Post. Lo scorso maggio il presidente Trump ha visitato tre nazioni del Medio Oriente dove la sua famiglia avrebbe secondo Pbs News consolidati interessi economici. Come riportato dalla Pbs, nelle settimane precedenti il viaggio “miliardi di dollari sono confluiti nelle società di proprietà dei Trump“.
Il viaggio si è svolto in parallelo all’annuncio della costruzione di una nuova Trump Tower da 80 piani in Arabia Saudita e di un complesso residenziale in Qatar. Cbs News ha confermato che
“la Trump Organization, gestita da Donald Trump Jr. ed Eric Trump, sta espandendo le sue attività nella regione mentre il padre guida la politica estera verso quei paesi”. È un segnale evidente di un’agenda in cui diplomazia e edilizia si confondono. Il rischio è evidente: decisioni di rilievo geopolitico potrebbero essere condizionate da contratti immobiliari. Come sottolinea Eric Lipton del New York Times, “è difficile stabilire con certezza se ci sia una connessione diretta tra le scelte politiche e i vantaggi finanziari, ma il solo fatto che ci poniamo questa domanda è già allarmante”.
Air Force One targato Qatar
Più controverso ancora è il caso del Boeing 747 di lusso valutato circa 400 milioni di dollari, donato dal governo del Qatar agli Stati Uniti come futuro Air Force One. Secondo Usa Today, l’accordo potrebbe violare la clausola costituzionale sugli emolumenti. “Rischia di essere un problema etico e costituzionale di prima grandezza”, ha avvertito la senatrice repubblicana Susan Collins a Cnbc. Su questo punto Trump ha affermato: “Potrei essere uno stupido e rifiutare un aereo gratis, ma non lo sono”. Il gesto, per quanto celebrato pubblicamente, ha sollevato allarmi etici e legali.
I Democratici e i Repubblicani hanno espresso preoccupazione, dati i presunti legami del Qatar con il terrorismo e denunciano conflitti d’interesse evidenti, accusando la famiglia di trarre vantaggio da un settore che il presidente, parallelamente, sta deregolamentando. Noah Bookbinder, direttore del Citizens for
Responsibility and Ethics di Washington, ha definito il regalo “del tutto senza precedenti” e ha ricordato che “anche quando tecnicamente legale, ricevere benefici personali da governi stranieri è intrinsecamente corrotto”.
L’accordo «mi sembra pieno di spionaggio politico, problemi etici e costituzionali», ha dichiarato alla Cnbc la senatrice repubblicana Susan Collins del Maine. Eric Trump ha respinto le accuse definendole “insane”, aggiungendo che «mio padre non ha nulla a che fare con questa impresa: sta governando una nazione».
Immobiliare e merchandising: il marchio senza confini
Il mattone non è stato abbandonato. Al contrario, i nuovi progetti in Medio Oriente dimostrano che l’organizzazione continua a vendere il marchio Trump come segnale di accesso politico. “Il presidente utilizza l’ufficio come piattaforma di marketing illimitata per i propri resort e hotel”, ha denunciato Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (Crew).
Parallelamente, il merchandising politico (orologi, profumi, prodotti griffati), trasforma la fedeltà elettorale in consumo. Come sottolineato da Abc News, “l’opacità delle società licenziatarie rende impossibile sapere chi realmente finanzia il presidente e quanto egli ne ricavi”.
La nuova normalità
Dalle inchieste giornalistiche emerge dunque che la famiglia Trump ha usato criptovalute e affari immobiliari come leva economica parallela alla politica estera della Casa Bianca. Qatar
ed Emirati hanno elargito regali e investimenti miliardari (in cripto e non solo) che hanno coinciso con concessioni politiche. E numerosi esperti, ex funzionari e legislatori parlano apertamente di “tangenti incostituzionali”, di un “cartello di vendita” della politica estera americana e di rischi per la sicurezza nazionale.
Quello che un tempo avrebbe scatenato scandali oggi sembra quasi routine. “Il comportamento di Trump rende i conflitti d’interesse non un’anomalia ma il cuore stesso della sua politica”, ha scritto il periodico statunitense indipendente Mother Jones. In un sistema in cui la politica si piega al profitto personale e la famiglia presidenziale si presenta come conglomerato d’affari globale, la domanda non è più se esista un conflitto d’interessi, ma se gli Stati Uniti siano già entrati in una fase di cleptocrazia istituzionalizzata.
(da repubblica.it)
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