UN CHIARIMENTO NECESSARIO
QUEL CHE TREMONTI NON HA DETTO
I pagamenti in nero sono il male oscuro dell’economia nazionale.
Quanti italiani possono affermare di non avere mai ceduto alla tentazione, magari per spese modeste e cose di poco conto?
Quanti possono lanciare la prima pietra senza peccare d’ipocrisia?
Ma la colpa è molto più grave se attribuita a persone che hanno l’obbligo istituzionale di esigere correttezza fiscale, di fissare le regole e di punire coloro che non le osservano.
Temo che il caso del ministro dell’Economia, se i sospetti delle scorse ore sui pagamenti effettuati per l’affitto del suo appartamento romano avessero qualche fondamento, apparterrebbe a questa categoria.
Giulio Tremonti è stato in questi anni il custode dei conti pubblici, il cane mastino della finanza nazionale.
Ha esercitato le sue funzioni con un rigore e una tenacia che hanno suscitato l’approvazione di Bruxelles e contribuito alla credibilità dell’Italia nelle maggiori istituzioni internazionali.
Alcuni colleghi di governo lo accusano di averlo fatto con criteri automatici (i «tagli lineari») che non tengono alcun conto delle differenze che certamente esistono fra i diversi contribuenti e i diversi organi pubblici colpiti dalla stretta fiscale.
Ma chiunque abbia la benchè minima familiarità con le abitudini politiche nazionali sa che cosa accade quando un progetto di legge finanziaria diventa materia di negoziati estenuanti e di ritocchi progressivi.
Può darsi che Tremonti abbia messo nell’operazione alcuni tratti del suo «cattivo carattere» e una certa dose di narcisismo intellettuale.
Ma nessun osservatore in buona fede può dimenticare quali sarebbero in questo momento le condizioni della finanza italiana sui mercati internazionali se la sua volontà non avesse prevalso.
Il suo stile, tuttavia, gli ha creato nemici a cui non spiacerà sostenere, nei prossimi giorni, che anche il cerbero dei conti pubblici ha il suo tallone d’Achille.
Il caso del ministro che paga in nero per un appartamento forse addirittura al centro di un’imbrogliata vicenda di favori e appalti rischia di diventare l’arma preferita dei suoi avversari.
Qualcuno potrebbe persino sostenere che Tremonti è il nostro Murdoch.
Se il magnate della stampa anglo-americana pretende di censurare i governi dall’alto della sua cattedra, ma compra le notizie corrompendo la polizia e intercettando le telefonate della gente, che cosa dire di un ministro dell’Economia e delle Finanze che pretende di tassare i suoi connazionali, ma accorda a se stesso un trattamento di favore?
Tremonti dovrebbe rompere la spirale dei sospetti e parlare con franchezza ai suoi connazionali.
Non deve permettere che questa infelice vicenda diventi l’ennesimo scandalo della vita pubblica nazionale e contribuisca ad accrescere la sfiducia del Paese per la sua classe politica.
Ci dica che cosa è realmente accaduto e, se ha commesso un errore di giudizio o un peccato di distrazione, non tema di scusarsi pubblicamente.
Lo faccia per se stesso e nell’interesse di un Paese che, soprattutto in questo momento, ha bisogno di un ministro dell’Economia serio e credibile.
Sergio Romano
(da “Il Corriere della Sera“)
Leave a Reply