ZAIA SUPPONE CHE UNA LISTA A SUO NOME DAREBBE PIÙ VIGORE ALLA COALIZIONE, SAREBBE LA DIMOSTRAZIONE CHE LE CARTE IN VENETO LE PUÒ DARE ANCORA LUI: INDEBOLENDO SIA SALVINI SIA LA MELONI E COSTRINGENDO ENTRAMBI A VENIRE A PATTI
L’IRRITAZIONE DELLA BASE LEGHISTA PER VANNACCI E IL PONTE: “SALVINI HA CAPITO CHE UN ZAIA AMICO È LA SOLUZIONE PREFERIBILE…” (TANTO NON HA IL CORAGGIO DI SFIDARLO A LIVELLO NAZIONALE)
Il destino politico di Luca Zaia, presidente uscente del Veneto, uno di quei temi che interessano quasi solo coloro che si definiscono “addetti ai lavori”, appassionati delle manovre tattiche inevitabili prima delle elezioni a ogni latitudine, ma di solito ristrette alle cucine dei partiti.
Cosa attrae allora nella vicenda Zaia? Il fatto che il protagonista sia stato visto a lungo come un’alternativa a Salvini in quanto leader della Lega.
Per la verità il presidente veneto ha fatto poco o nulla per accreditare tale ipotesi. Ha badato a consolidare il suo consenso regionale, di cui è nota l’ampiezza, inseguendo l’obiettivo fallito di ottenere un quarto mandato.
Adesso si tiene nella manica la sua idea di Lega, ben diversa da quella di Salvini, ma intende dimostrare che la forza regionale da lui modellata non si è dissolta. Ritiene di controllarla ancora e la metterà sul tavolo, all’occasione, quando si tratterà di decidere il prossimo sindaco di Venezia o un ministro di peso. Prima ipotesi assai più verosimile della seconda.
Ma quel che preme a Zaia è dimostrare di avere tuttora un peso politico. Rispetto sia a Salvini sia a Giorgia Meloni. È quest’ultima che ha chiesto un ricambio al vertice della regione per vedersi riconosciuto il diritto di Fratelli d’Italia a governare uno dei territori simbolo del Carroccio. Veneto, Friuli, Lombardia: il fortino del Nord-Nordest è tutto leghista e alla premier sembra o sembrava un po’ troppo.
Logica vorrebbe che un gesto di generosità fosse auspicabile da parte di chi guida il governo alla testa di FdI partito di maggioranza. In ogni caso, l’ex presidente (Zaia, appunto) suppone, forse a ragione, che una lista a suo nome darebbe più vigore alla coalizione.
Di sicuro, sarebbe la dimostrazione che le carte in Veneto le può dare ancora lui: indebolendo un po’ sia Salvini sia la Meloni, soprattutto costringendo entrambi a venire a patti con il “doge”.
Un conto è vincere ugualmente il voto regionale, magari in modo risicato, nonostante lo strappo con il leader storico di quella parte
d’Italia. Altro conto invece sarebbe confermare le cifre trionfali del recente passato, pur riconoscendo a Zaia un ruolo anche nella nuova stagione.
In fondo Salvini, che sembra accettare adesso la lista personale, ha capito che un Zaia amico, o comunque non avversario frustrato, è la soluzione preferibile. E si capisce. Tante iniziative del leghismo salviniano non sono state comprese al Nord. A cominciare dallo spazio offerto al generale Vannacci
Certo, adesso c’è il tema del ponte di Messina che travolge ogni cosa. Ma è evidente che non tutti nel partito condividono l’entusiasmo del capo. Accettano il fatto che la nave siciliana sia ormai salpata, ma credono che la Lega sia composta di molti altri tasselli.
In definitiva, tutto lascia pensare che Giorgia Meloni debba accettare la complessità della carta geografica della penisola. Non tutto può essere deciso da Roma, muovendo le pedine opportune. Esistono soggetti, come Zaia o Fedriga, che non sfidano il quartier generale ma desiderano che sia loro riconosciuta una quota non secondaria di potere locale. Ed è un punto che lo stesso Salvini è chiamato a comprendere, una volta passata l’ubriacatura del ponte.
(da la Repubblica)
Leave a Reply