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ANDREA NUCERA, CON ATTACCHI INFAMANTI, CERCA DI FERMARE LA PROCURA DI SAVONA

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

DALLA CASA DELLA LEGALITA’ PIENA SOLIDARIETA’ AL PROCURATORE GRANERO

Non solo ha costruito un impero dai “piedi di argilla”, come sta evidenziando l’azione di indagine della Procura della Repubblica, devastando il territorio, in sfregio alle norme e con la compiacenza bipartisan delle Amministrazioni pubbliche.
Non solo si è reso protagonista di abusi plateali e pesanti lottizzazioni abusive e falsi documentali finalizzati ad ottenere i permessi a costruire, come nel caso della T1 di Ceriale, su cui (dopo Riesame e Appello) è stato confermato il sequestro giudiziario.
Non solo ha compiuto scelte poco “opportune” come quella di assumere, presso i suoi Uffici della Geo, a Cairo Montenotte, una signorina molto molto amica di pm savonese allontanatosi da quella sede dopo l’arrivo del Procuratore Granero.
Non soltanto ha rifugiato la “cassa” del suo impero in una società  anonima lussemburghese, ma ha continuato, da quella particolare situazione – e forse grazie all’“eredità  politica” del teardiano padre Giovanni Nucera – ad avere ottimi rapporti con l’Arte, ex Iacp, con cui è divenuto anche socio (nella “Progetto Ponente”, con alla guida dell’Arte — come ci ricordavano Marco Preve e Ferruccio Sansa ne “Il Partito del Cemento” – un altro ex socialista teardiano, come il Giovanni, ovvero Mauro Testa).
Non solo ha saputo costruirsi “curiosi” e consolidati appoggi politici sia nel centrosinistra che nel centrodestra (che, anche con l’emergenza profughi, gli hanno portato utili), ma ancora recentemente ha cercato di rafforzare la schiera dei Partiti “amici”, attraverso un “comodato d’uso gratuito” dei locali di Fiumara – a Genova – con cui ha fornito la sede al movimento “Futuro e Libertà “, fondato dal Presidente della Camera dei Deputati e che vede come coordinatore regionale in Liguria proprio l’avvocato principale (e già  socio in affari) di Andrea Nucera, ovvero Enrico Nan.
Adesso Andrea Nucera si fa promotore di un attacco infamante (quanto infondato) nei confronti del Procuratore Capo di Savona, dott. Granero.
Il Procuratore Granero è persona scomoda per certi ambienti e certe “abitudini” da lungo tempo.
Prima di tutto non chiude gli occhi davanti agli illeciti, chiunque li compia. Secondo, ha dimostrato un’assoluta capacità  di impedire ogni sorta di condizionamento o limitazione all’autonomia e indipendenza delle proprie funzioni e del proprio Ufficio, già  da quando, con Del Gaudio, si occupò di processare e far condannare il potente Alberto Teardo (allora esponente del PSI e Presidente della Regione Liguria, nonchè piduista con pesantissime contiguità  con gli ambienti ‘ndranghetisti, come i Marcianò).
Terzo, nel suo lavoro, alla guida della Procura di Savona, ha dimostrato di svolgere l’azione penale ogni qualvolta fosse necessario e senza farsi condizionare dalle attività  lavorative dei propri figli.
Se prima del suo insediamento qualcuno poteva avere dei dubbi, i fatti li hanno smentiti sistematicamente.
Basti ricordare che uno dei cantieri più controllati e su cui la Procura ha svolto la propria attività  inquirente è il cantiere dell’Unieco (della LegaCoop) di via Stalingrado.
Possiamo poi indicare, sempre per rimanere in tema, che con il Procuratore Granero a capo della Procura savonese, si è posta attenzione massima – con anche l’adozione da parte del Gip di Savona di provvedimenti cautelari in carcere – alle attività  della famiglia Fotia, fortemente legata al mondo delle cooperative rosse, come Unieco e Abitcoop (colosso ligure della LegaCoop), nonchè alla classe dirigente di centrosinistra savonese!
Famiglia Fotia che, con la propria società , è opportuno ricordarlo, era anche uno degli inserzionisti affezionati de Il Secolo XIX… nei tempi in cui la vecchia redazione savonese del quotidiano era molto “distratta” su certe “vicende” e personaggi.
Appare quindi gravissimo ed inaccettabile quanto dichiarato da Andrea Nucera nel proprio comunicato, con accuse inventate, prive di qualsiasi fondamento.
Questo attacco calunnioso avviene oggi, con chiaro intento di delegittimare sia il Procuratore Capo Granero sia le inchieste che stanno scoperchiando quell’illegalità  che si era incancrenita e fatta “sistema” nel savonese, grazie a magistrati “ciechi” che lì operavano prima dell’arrivo del Procuratore Granero.
Ora che l’azione penale viene esercitata ogni volta che è necessario, senza favori verso nessuno, ed anche contro i “potenti”, e dopo che l’azione da parte della Procura guidata dal dott. Granero – sempre vagliata da Giudici terzi (!) – ha reso anche evidenti e contestato gli illeciti del gruppo Nucera (ivi compresi anche i filoni relativi alle imprese del cugino, Massimiliano), arriva l’attacco infamante del Nucera.
Certo che ad Andrea Nucera, così come ai vecchi inserzionisti de Il Secolo XIX, i Fotia, (oggi rifiutati dalla nuova Direzione del quotidiano), veniva meglio quando in quella Procura c’era chi non voleva disturbare e non vedeva gli illeciti, anche quando erano abnormi ed eclatanti (vogliamo ricordarci il “fallimento perfetto”?).
Proprio come gli veniva meglio, probabilmente, anche la precedente linea e redazione savonese de Il Secolo XIX che, come l’ex Procuratore ed il suo braccio destro, non vedeva praticamente nulla di certe “vicende” e certi personaggi!
Inoltre l’Andrea Nucera, con il suo lungo infamante comunicato, palesa una capacità  di distorsione dei fatti e della realtà  assolutamente sistematica. Esempio ulteriore in merito è proprio sulla questione della redazione savonese de “Il Secolo XIX”.
Non si è accorto infatti che il Procuratore Granero non rilascia interviste manco a quella redazione… tanto è vero che l’unica intervista rilasciata la diede, per annunciare la creazione del Pool interforze contro la criminalità  organizzata, all’allora inviato (da Genova) del quotidiano, Marco Menduni.
E non si è accorto nemmeno che i giornalisti savonesi, con tanto di articolo proprio su Il Secolo XIX, hanno criticato duramente il Procuratore Granero perchè non consegnava (giustamente!) le carte relative alle inchieste del suo Ufficio!
Come Casa della Legalità  non soltanto esprimiamo la nostra piena solidarietà  e stima al Procuratore Granero, così come ai Pm ed alla Polizia Giudiziaria che lo hanno affiancato e lo affiancano nelle indagini, ma condanniamo, in modo netto, il comportamento e le dichiarazioni di Andrea Nucera, invitando quella classe politica, imprenditoriale e finanziaria che in questi anni gli è stata “amica” a prendere inequivocabili distanze dall’imprenditore albenganese.
La gravità  delle affermazioni del Nucera non permettono scusanti o tentennamenti… la violenza ed aggressività  di cui si è reso protagonista dimostrano, senza margine di dubbio, il disprezzo che questi nutre per la Legalità , il Diritto e la Magistratura.
A tutto ciò aggiungiamo poi una considerazione più “tecnica”.
Probabilmente Andrea Nucera sa che c’è ben poco da fare davanti ai reati contestati dalla Procura della Repubblica, con gli elementi da questa raccolti a riscontro delle accuse ed imputazioni formulate… ed allora imbocca la strada per cercare di delegittimare e infangare il Procuratore, sperando in una sua reazione e così dal poter “invocare” il trasferimento delle inchieste ad altra sede, “guadagnando” un allungamento dei tempi delle inchieste e quindi dei procedimenti.
Gli si spieghi, se questo è l’intento, che il “legittimo sospetto” non vale quando le accuse che si muovono ad un Magistrato sono false e infondate, come sono platealmente nel caso in questione.

CASA DELLA LEGALITA’ E DELLA CULTURA – Onlus
Osservatorio sulla criminalità  e le mafie
Osservatorio sui reati ambientali
Osservatorio sulla trasparenza e correttezza della P.A.
L’Ufficio di Presidenza
C.Abbondanza, S.Castiglion, E.D’Agostino

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I GOLPISTI LIGURI DI FLI APRONO UNA SETTA “AS-SATANICA”: SULLA PAGINA DI FACEBOOK, DIVENTATA “SEGRETA”, ELIMINATI TUTTI COLORO CHE RECLAMAVANO LEGALITA’

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

SULLA PAGINA DI “FUTURO E LIBERTA’ PROVINCIA DI GENOVA” I SEGUACI DEL COORDINATORE REGIONALE NAN AVEVANO PAURA CHE GLI ISCRITTI LEGGESSERO I NOSTRI ARTICOLI DI DENUNCIA….PRIMA GLI INSULTI, POI LE MINACCE E ALLA FINE IL GOLPE: CACCIATI GLI AMMINISTRATORI CHE AVEVANO CREATO LA PAGINA E DIVERSI ISCRITTI…IL GRUPPO DIVENTA “SEGRETO” COME LA LOGGIA DI MAMONE? ORA COSI’ GLI ASSATANATI SI PARLANO TRA DI LORO

Se le vie del Signore sono infinite, quelle del coordinatore regionale per la Liguria, Enrico Nan e corte al seguito, sia nella versione bulletti da spiaggia che in quella di attempate aspirante miss Muretto, sono più circoscritte: farci tacere.
Essendo a pieno titolo partecipi del dibattito politico interno a Fli e rappresentando la vera anima del partito, quella della legalità  e della meritocrazia, della libertà  di denunciare i “fatti provati” e di pretendere coerenza comportamentale, molti di coloro che hanno rassegnato le dimissioni da Fli Liguria non hanno certo abbandonato le pagine di Facebook che fanno riferimento al partito.
Per un motivo evidente: sono altri che dovrebbero fare le valigie.
Ciò ha creato ulteriori problemi al sistema nervoso di qualche cagnaccio da guardia, impossibilitato a difendere l’indifendibile e a sostenere un confronto sui fatti.
Incapaci e indifferenti per mesi a propagandare le tesi di Fli all’esterno, presi solo da interesse alla spartizione di cariche interne, qualcuno di loro ha pensato bene di seguire una doppia strategia sulle pagine di Facebook: da una parte la santificazione di Mamone, Nucera e Nan senza passare neanche dalla fase di beatificazione, dall’altra diffamare, insultare e minacciare fisicamente chi poneva la questione etica all’interno di Fli Liguria ( di cui risponderanno in tutte le sedi competenti).
Essendo notoriamente maldestri, ieri sera ne hanno fatta una delle loro: per evitare il confronto, i golpisti hanno pensato bene, nella pagina di “Futuro e Libertà  della Provincia di Genova” di impossessarsi dell’amministrazione della stessa e cancellare gli iscritti che non appartengono alla loro “setta assatanica”, in modo da garantirsi un monologo a vita.
Non solo: hanno trasformato un “gruppo chiuso” in un “gruppo segreto”, seguendo forse le orme tracciate dal quel Mamone, attenzionato dalla Dia, che qualcuno ha ricevuto nella sede di Fli (e alla presenza di altre quattro persone, oltre a Nan).
Mamone è esperto in logge massoniche segrete?
Per non sfigurare qualcuno risponde con il gruppo segreto, così se la cantano e se la suonano come vogliono.
Ai poveri golpisti dalla penna rossa è andata male: i veri portatori delle tesi di Futuro e Libertà  hanno subito creato un nuovo gruppo, “Futuro e Libertà  contro la mafia” e in poche ore hanno raccolto 100 adesioni.
E non hanno segretato il gruppo, non avendo nulla da nascondere.

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PER SOLI DUE ANNI IN SENATO 2.000 EURO DI PENSIONE AL MESE.

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

INDENNITA’, VITALIZI E SPICCIOLI: I PROFESSIONISTI DELLA POLITICA “ACCHIAPPATUTTO”… RINUNCIARE? E’ VIETATO

Diritti, o forse meglio, privilegi, per molti.
Sono ben 2308 gli ex deputati ed ex senatori che prendono il vitalizio, e ogni mese incassano una cifra variabile tra i 1.700 e i 7.000 euro netti, a seconda del tempo trascorso in Parlamento (e del regolamento, che negli anni è cambiato più volte). L’Espresso pubblica la lunghissima lista di tutti coloro che prendono il vitalizio.
Un elenco che comprende ex leader precocemente bruciati e industriali, mostri sacri della politica e professionisti prestati al Parlamento.
E così c’è Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi che con 5 legislature prende 5.802 euro netti al mese da quando aveva 49 anni o Oliviero Diliberto, segretario Pdci che con 4 legislature a 55 anni si porta a casa 5.303 euro netti.
Per soli 2 anni passati in Senato un capitano d’industria come Luciano Benetton prende 2.199 euro netti.
Idem per un noto principe del foro come Carlo Taormina.
Cinque anni e 2.238 euro per Alberto Asor Rosa e Alberto Arbasino e pure Gino Paoli, 2.384 per Eugenio Scalfari.
Vittorio Sgarbi invece di euro ne prende 5.305.
Con il nuovo regolamento varato durante il governo Prodi oggi per arrivare al vitalizio ci vogliono 5 anni in Parlamento e 65 anni di età , limite che diminuisce fino ai 60, a seconda degli anni di mandato svolti.
E a loro volta i vitalizi aumentano a seconda degli anni passati in Parlamento: da un minimo di 2.340 euro lordi per i deputati (2.401 per i senatori) a un massimo di 7.022 euro dai 15 anni in su (7.203 per i senatori).
I regolamenti precedenti erano addirittura più larghi di maniche.
Tanto da dar vita a dei casi che hanno dell’incredibile: per alcuni un giorno in Parlamento può valere 1.733 euro di pensione.
Così è per l’avvocato radicale Luca Boneschi, che arrivò in Parlamento il 12 maggio 1982, solo per dimettersi il 13 maggio.
Lo stesso vale per Angelo Pezzana (attivista omosessuale), a Montecitorio dal 6 al 14 febbraio del ’79 e per lo storico Pietro Craveri, sul suo scranno dal 2 al 9 luglio del 1987.
Davanti a situazioni come queste fa ancora più effetto sapere che la macchina dei vitalizi costa all’anno 138 milioni e 200 mila euro alla Camera e 81 milioni 250 mila al Senato.
E se ogni tanto qualcuno prova ad abolirli per legge, è destinato alla sconfitta. È successo così anche quest’anno dopo mirabolanti dichiarazioni d’intenti.
L’odg dell’Idv in tal senso è stato dichiarato inammissibile sia a Montecitorio che a Palazzo Madama.
E allora, la rinuncia alla pensione?
Gli uffici della Camera dichiarano che è vietato per legge.
Perchè il vitalizio è tecnicamente un diritto: si può dare casomai in beneficenza.
In realtà  però non è chiaro quanti ci abbiano provato davvero.
Passati alla storia un paio di casi.
Nel 2007 Walter Veltroni, da sindaco di Roma era pure un deputato pensionato (ora non è possibile): all’epoca disse di aver provato a rinunciare e di non esser riuscito a devolvere i suoi 9.014 euro mensili alle popolazioni africane.
Stessa impotenza ha confessato Scalfari all’inizio di luglio in un pezzo su Repubblica: “Cinque anni fa inviai una lettera ai questori della Camera chiedendo che mi fosse annullato il vitalizio. La risposta fu che ci voleva una legge, in mancanza della quale l’assegno mi sarebbe stato comunque accreditato”.
A proposito di sprechi, Panorama la scorsa settimana ha fatto un giochino, simulando quanto si risparmierebbe parametrando gli stipendi dei parlamentari alle loro presenze in aula.
Ognuno di loro tra quota fissa e diaria si porta a casa circa 12 mila euro.
Secondo Panorama dall’inizio della legislatura, l’indennità  per singolo deputato è di 444.638 euro corrispondenti a 8677 votazioni.
Ciò vuol dire, per esempio, che Antonio Gaglione, il deputato pidino assente al 93%, avrebbe dovuto ricevere 31.124, 66 euro, o Niccolo Ghedini con il 76% delle assenze 106.713, 12 euro, Mirko Tremaglia con il 75%, 111.159, 60.
Così come Antonio Angelucci.
E via di questo passo.
Con un risparmio complessivo di 12,5 milioni di euro.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CASTA DA BAGNO: STREMATI, GLI ONOREVOLI LAVORANO UN GIORNO SU TRE, FA TUTTO IL GOVERNO

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

QUADRUPLICATO IL TEMPO PER LEGIFERARE, PARLAMENTO UMILIATO…SEDUTE CHE DURANO 10 MINUTI, 452 GIORNI IN MEDIA PER FAR APPROVARE UNA PROPOSTA

Forse ha ragione Maurizio Lupi quando dice che le polemiche sul pellegrinaggio in Terra Santa sono “ingiuste”.
L’anno scorso, quando la Camera ha aperto i battenti dopo la pausa estiva, l’8 settembre, il ritiro spirituale dei parlamentari era ancora in corso.
E va dato atto ai 70 in vacanza in Russia che anticipare il ritorno sarebbe stata una follia: quell’8 settembre, a Montecitorio, la giornata di lavoro durò esattamente dieci minuti, dalle 17.05 alle 17.15.
Poi ci si era riaggiornati al 14 settembre. Valeva la pena tornare in anticipo?
Ma nella polemica di questi giorni sulle vacanze lunghe dei nostri rappresentanti ha ragione anche chi solleva un’obiezione: non è importante quanto tempo si sta in Parlamento, quello che conta è cosa si fa.
Ripercorrendo l’anno di lavoro appena concluso, però, è difficile sostenere perfino la teoria del “poco ma buono”.
Nei 121 giorni lavorati al Senato e nei 147 occupati alla Camera si ricordano soprattutto aule chiamate a ratificare decisioni già  prese altrove (in Consiglio dei ministri) e dibattiti snervanti su questioni non propriamente di interesse strategico nazionale.
Da settembre 2010 ai primi di agosto del 2011, i parlamentari di ogni schieramento hanno presentato 788 disegni di legge.
Soprattutto quelli del Pd, con 119 proposte depositate solo al Senato, seguito dal Pdl con 107 e la Lega ferma a 18. 57 sono diventate leggi.
Due (quella sull’abolozione delle province e sull’omofobia) sono state bocciate.
Le altre si sono arenate nelle commissioni, nella catasta di proposte (3590 alla Camera, 2145 al Senato) che si è ammucchiata dal 2008 a oggi.
È così che nella sedicesima legislatura il tempo medio di approvazione di un disegno di legge è riuscito a quadruplicare.
Si calcola considerando l’intervallo che passa tra il primo esame del ddl e la sua approvazione: alla Camera nel 2008 erano 108 giorni, nel 2009 sono diventati 146, nel 2010 raddoppiati a 247 fino a lievitare, quest’anno, a 452 giorni.
Nella maggioranza, in compenso, possono contare sull’iniziativa del governo, che in questi 11 mesi ha presentato 14 decreti e 57 disegni di legge (solo uno, da notare, sui temi dello sviluppo economico).
Non è una novità : anche il governo Prodi alla sua prima esperienza presentò, solo nel 1997, 255 disegni di leggi.
Ma il complesso delle norme approvate toccò quota 186.
Qui invece i parlamentari partono per le vacanze con un magro bottino.
Esclusi i decreti convertiti, nel settembre dello scorso anno sono diventati legge solo due provvedimenti, entrambi di bilancio.
Due anche in ottobre: il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione e le norme in materia di disturbi specifici d’apprendimento scolastico.
A novembre tre ratifiche di trattati internazionali (Malawi, Slovenia e Bielorussia) e la ormai celebre ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia su cui si è dibattuto per 22 sedute.
La “riforma” dell’Università  arriva a dicembre, assieme agli “incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia”.
Sotto l’albero di Natale anche le norme sui concorsi dei notai, sui funzionari dipendenti da organizzazioni internazionali e sui dirigenti scolastici siciliani.
Infine, la Finanziaria.
Si ricomincia a gennaio: l’unica legge portata a compimento, esclusa la conversione del decreto rifiuti, è la ratifica del “protocollo che modifica il protocollo” di un allegato del Trattato Ue.
A febbraio il Parlamento riesce ad approvare le nuove norme relative “all’Ordine della Stella della solidarietà  italiana”, converte due decreti, ratifica due trattati (Moldova e Azerbaigian), istituisce la festa nazionale del 17 marzo.
E conclude finalmente l’esame delle norme sull’etichettatura alimentare che avevano cominciato il loro percorso il 23 settembre del 2009.
Altre quattro ratifiche da firmare a marzo, tre decreti da convertire e poi la legge sulle assunzioni obbligatorie dei disabili.
Ad aprile si abroga l’equipollenza della laurea in scienze motorie a quella in fisioterapia, si legifera sulle detenute-madri, due decreti e un trattato e la composizione dei comitati dell’Inail.
A maggio diventa legge l’aumento di contributi per la biblioteca per ciechi di Monza, così come le norme sui prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.
Le solite tre conversioni di decreti, l’immancabile ratifica di trattati e infine le “prime disposizioni urgenti per l’economia” imposte dall’Europa. Giugno è di nuovo mese di accordi internazionali, questa volta con Panama, Albania, Libano e Qatar.
Poi la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo” che era stata proposta a marzo del 2010.
Si celebrerà  il 9 ottobre, anniversario della tragedia del Vajont di 48 anni prima.
Per trovare una sede a Roma per la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo sono bastati “solo” quattro mesi.
Approvata anche la convenzione che mette al bando le bombe a grappolo, convertiti altri due decreti e prorogata la delega al governo per l’attuazione del federalismo fiscale.
Dopo lunga gestazione, a luglio, via libera alle quote rosa nei cda delle aziende quotate in Borsa e alla disciplina del prezzo dei libri. Decreto rifiuti e manovra economica.
Si chiude, tre giorni fa, con la proroga delle missioni internazionali. Per tornare di tempo ce n’è.

Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PATACCA LEGHISTA CONTRO IL QUIRINALE. REGUZZONI: “QUARANTA AUTO BLU PER NAPOLITANO”, LA REPLICA: “SONO SOLO TRE”

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

SCONTRO LEGA-QUIRINALE: LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA RISPONDE ALL’INTERVENTO DEL CAPOGRUPPO DEL CARROCCIO CHE HA PRESO UNA BUFALA

La bordata era partita dalla Lega verso il Quirinale.
Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera, durante il suo intervento a Montecitorio dopo l’informativa del premier Silvio Berlusconi, aveva detto: “Basta con gli alti costi della politica. Non è possibile che il presidente della Repubblica abbia a disposizione 40 auto blu”.
E ieri è arrivata la risposta dallo staff di Napolitano, per voce del segretariato generale della presidenza della Repubblica Donato Marra.
Il parco macchine del Quirinale, si legge nella sua nota, “ammonta complessivamente a 35 autovetture e non a 40 come è stato sostenuto in Parlamento. Di queste sono a disposizione del Presidente per i suoi spostamenti solo tre Lancia Thesis blindate per ragioni di sicurezza ed usate alternativamente per esigenze di manutenzione (particolarmente frequente in tali autovetture). Altre due sono veicoli storici, come la Lancia Flaminia 335 del 1961, utilizzate in occasioni particolari”.
Altre due vetture d’epoca-si legge sempre nella nota- sono in concessione al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino e al Museo Storico della Motorizzazione militare a Roma.
“A disposizione dell’intera struttura restano 24 autovetture, di cui due sono pulmini utilizzati per abbreviare i cortei nei trasferimenti collettivi. In occasione delle sostituzioni è stata programmata l’utilizzazione di autovetture di cilindrata inferiore ancora prima delle disposizioni emanate in proposito e anche di ciò è stata data puntuale comunicazione al Ministro Brunetta che già  lo scorso anno aveva ottenuto e resi pubblici i dati richiesti”.

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IN SARDEGNA IL PDL VA IN FRANTUMI: IL GOVERNATORE CAPPELLACCI SI E’ DIMESSO DAL PDL PER I TAGLI AI FONDI E LA PRIVATIZZAZIONE DELLA TIRRENIA

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

IL PDL PERDE L’ENNESIMO PEZZO, QUELLO SARDO: IL PRESIDENTE DELLA REGIONE, D’INTESA CON BEPPE PISANU, RICONSEGNA LA TESSERA AD ALFANO

Come in una mischia dove l’obiettivo è dimostrare chi ringhia più forte e l’unica regola è quella che non ci sono regole, il Popolo delle libertà  perde l’ennesimo pezzo di casa Berlusconi, quello della Sardegna, ghiotta porzione elettorale che il premier, già  dieci anni fa, aveva ribattezzato “il laboratorio del centrodestra” e che oggi amplifica quello che avviene in tutte le sedi con toni sussurrati e che si traduce col verbo ricollocarsi prima che frani la montagna.
I protagonisti della casa del ricollocamento si chiamano Beppe Pisanu e Ugo Cappellacci, governatore della Regione, prodotto cresciuto dal nulla nelle mani del premier, meritevole, soprattutto, di essere figlio di uno dei tanti commercialisti della galassia Berlusconi.
Due protagonisti e una guerriglia che si chiama Tirrenia, l’ultima compagnia di navigazione battente bandiera statale e privatizzata da Altero Matteoli che, escludendo dal tavolo proprio la Sardegna, ha provocato — e sapeva bene che sarebbe accaduto o comunque è difficile ipotizzare il contrario — un terremoto senza precedenti.
Risultato finale è stato che Cappellacci, seguito da una ventina di consiglieri regionali, ha restituito ieri nelle mani di Angelino Alfano la tessera del Pdl (virtualmente, il partito di Berlusconi non ha mai stampato tessere) e cerca, assieme a Pisanu, di mettere in piedi qualcosa che dovrebbe portare il nome di partito dei sardi, o giù di lì, lasciando a piedi Berlusconi che della Sardegna aveva fatto la sede di un governo balneare.
Parola d’ordine: ricollocarsi.
Non è un mistero che Matteoli, orgogliosamente ex missino, in questo governo ci stia stretto da un pezzo.
Più di una volta, nei corridoi, ha sussurrato la necessità  di ripartire senza più contare su Berlusconi e il berlusconismo.
E il suo rinnovamento non passava, e non passa certo, per il partito in mano ad Angelino Alfano.
Così, alla prima occasione, Matteoli ha fatto capire di che pasta è fatto.
Un piano neppure troppo macchinoso: escludere, con un colpo di mano, la Regione Sardegna dalla cordata che si è impossessata della Tirrenia, e affidarla a un trio di armatori che si chiamano Gianluigi Aponte, Manuel Grimaldi e Vincenzo Onorato, che di sardo non hanno nulla se non già  le navi che portano su e giù i turisti dall’isola.
Lasciando spazi aperti a una battaglia, dal punto di vista legale, che si preannuncia infinita e rischia di mettere a rischio una delle ultime grandi privatizzazioni.
La Sardegna, intesa come Regione, secondo l’interpretazione della flotta di avvocati già  al lavoro, aveva pieno diritto di entrare nell’azionariato; secondo Matteoli, che a fare la guerra ha inviato l’amministratore straordinario della compagnia Giancarlo D’Andrea, assolutamente no.
Se la vedranno in tribunale e all’Antitrust dell’Ue.
Per ora la mossa ha avuto l’effetto di sgretolare il centrodestra nel laboratorio Sardegna. Cappellacci è riuscito a portare dalla sua parte un gruppo consistente di ex berlusconiani sardi, ma soprattutto si è coperto le spalle grazie a Pisanu, vecchio navigante democristiano che non ha bisogno di nessun bollettino meteorologico per capire da che parte soffierà  il vento.
“Non possiamo permettere che una parte del governo remi contro la Sardegna”, ha detto al termine di una lunga riunione col giovane Alfano il grande manovratore e alleato inaspettato di Cappellacci.
La partita Tirrenia e il tracollo del turismo sardo. Le trattative andavano avanti da mesi.
E Cappellacci, il governatore sardo, a quel tavolo c’era stato sempre a pieno titolo, anche e soprattutto in virtù delle leggi che tutelano l’autonomia e lo statuto speciale della Sardegna. La Regione aveva tutti gli interessi per entrare nell’azionariato e far sentire il suo peso. Un’esigenza dovuta alla sopravvivenza: l’unica industria rimasta è quella del turismo e quest’anno, grazie agli aumenti dei signori Grimaldi e Onorato, giustificati, la stagione chiuderà  con un meno 30 per cento.
L’obiettivo di Cappellacci (già  alle prese con l’azzeramento della giunta stabilito dal Tar per il mancato rispetto delle quote rosa) è rimanere dov’è, sulla poltrona di governatore e giocarsi la prossima partita elettorale.
Matteoli, con la mossa Tirrenia (ma ci sono altre partite aperte in Sardegna come quella delle entrate e dei fondi per le grandi opere, come l’arteria Sassari-Olbia) lo ha messo con le spalle al muro e l’unica via d’uscita era quella di mettersi contro il governo.
“Una scelta meditata e lucida”, ha detto Cappellacci nel riconsegnare (sempre virtualmente) la tessera del partito ad Alfano. “Abbiamo ricevuto rassicurazioni da lui e da Matteoli”, ha detto, ma è determinato a ottenere quello che chiede e dei tavoli, visto che la Tirrenia è ormai in mani private, se ne fa di poco.
In un’intervista due giorni fa alla Nuova Sardegna se l’è presa anche col suo diretto superiore, Berlusconi: “Se è così legato alla Sardegna come dice è arrivato il momento di dimostrarlo coi fatti. A partire da una nuova convenzione con la Tirrenia”.
Vincenzo Onorato, presidente della Moby Lines, pezzo forte della cordata che ha rilevato Tirrenia e denominata Compagnia italiana di navigazione, non è tipo da preoccuparsi di fronte a scogli difficili: “Cappellacci ha sbagliato tutto”, dice, “ma soprattutto non ha capito una cosa e cioè che la convenzione tra Stato e Cin è blindatissima, soprattutto su tariffe, rotte e frequenze. L’acquirente non può toccare nulla. Per otto anni ci sono limiti che non devono preoccupare. Abbiamo contro tutti, emigrati, camionisti, industriali, amministratori e sindacati? E’ il frutto di una campagna demagogica. Se le tariffe dei traghetti sono aumentate è perchè il prezzo dei carburanti è aumentato”.
Renato Soru: il grande assente è tornato a fare capolino.
Il predecessore di Cappellacci, proprietario di Tiscali ed editore dell’Unità , l’uomo che dovrebbe essere sulla carta il principale oppositore del governo sardo, si è rivisto adesso. Giusto in questi giorni, perchè nei mesi scorsi non ha fatto un’opposizione memorabile.
La prima cosa che ha fatto in fretta e furia e in vista delle elezioni, è stata quella di mettere in piedi un altro quotidiano regionale (sfida difficile quella al duopolio Nuova Sardegna e Unione Sarda) e affidarlo nelle mani di un solido professionista come Giovanni Maria Bellu, ex condirettore dell’Unità  firmata Concita De Gregorio.
Una manovra, quella dell’apertura di Sardegna 24, che secondo i detrattori di uno degli uomini più ricchi dell’isola, avrebbe uno scopo elettorale.
Ma soprattutto, dopo due anni di assenza, si è deciso a ristabilire buoni rapporti col Pd della Sardegna e aspettare le elezioni.
Cappellacci, nel 2009, ha vinto perchè Berlusconi gli ha tirato la volata.
Oggi, col Pdl a pezzi e il suo leader sul viale del tramonto, ha capito che, se dovesse essere lui il candidato, forse può rimediare alla batosta presa due anni e mezzo fa.

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CALABRIA, FRODE FISCALE SUI RIFIUTI: INDAGATO ASSESSORE PDL ALL’AMBIENTE

Agosto 5th, 2011 Riccardo Fucile

FRANCESCO PUGLIANO COINVOLTO NELL’INDAGINE SULLO SMALTIMENTO PER LA DISCARICA DI CATANZARO CHE HA PORTATO AL SEQUESTRO DI 90 MILIONI DI EURO

L’assessore regionale calabrese all’ambiente, Francesco Pugliano, è indagato nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di finanza che ha portato al sequestro di 90 milioni di euro nei confronti di imprenditori e dei vertici dell’ufficio del commissario per l’emergenza ambientale.
Nell’inchiesta oltre a Pugliano, che è indagato in qualità  di ex sub commissario delegato per l’emergenza ambientale, è coinvolto anche l’attuale commissario per l’emergenza ambientale in Calabria, Graziano Melandri
In particolare l’accusa contesta a Pugliano di aver emesso una serie di ordinanze con le quali ha liquidato alla società  Enertech, che gestisce la discarica di Alli di Catanzaro, la somma complessiva di 1 milione e 642 mila euro.
La società  avrebbe incassato i fondi pur non avendo alcuna competenza per la gestione della discarica.
La Enertech, secondo l’accusa, era una delle società  costituite per consentire evadere le imposte.
Al commissario per l’emergenza ambientale della Calabria, Graziano Melandri, viene contestato di aver emesso quattro ordinanze con le quali ha liquidato sempre alla società  Enertech la somma complessiva di 1 milione e 335 mila euro.
Nell’inchiesta è coinvolto anche un funzionario dell’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale, Domenico Richichi.
A quest’ultimo la procura contesta, nella qualità  di responsabile unico del procedimento della gestione della discarica di Alli (Catanzaro), di aver proposto l’adozione delle ordinanze firmate da Pugliano e Melandri.
I tre imprenditori coinvolti nelle indagini sono Stefano Gavioli, 64 anni, di Treviso; Loris Zerbin 50 anni, di Campolongo Maggiore (Venezia) e Giovanni Faggiano, 52 anni, di Brindisi.
L’accusa sostiene che i tre imprenditori hanno costituito una serie di società  attraverso le quali evadevano il pagamento delle imposte.

argomento: Ambiente, Costume, denuncia, emergenza, Giustizia, governo, PdL, Politica, radici e valori, Regione, Rifiuti | Commenta »

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