Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
POCHE ORE FA IL DEPUTATO HA CONSEGNATO LE DIMISSIONI: PASSA AL GRUPPO MISTO…”SONO ABITUATO A LAVORARE, NEL PDL NON HANNO BISOGNO DI UNO CHE LAVORA”
«Stamattina ho lasciato il Pdl, è il mio regalo per Berlusconi»: con queste parole oggi Santo Versace ha annunciato al programma di Radio2 “Un Giorno da Pecora”, le sue dimissioni dal Pdl e l’ingresso nel Gruppo Misto.
«È una decisione che è arrivata oggi ma che maturavo da tempo», spiega. «A me piace lavorare, e nel Pdl non hanno bisogno di uno che lavora. D’altra parte io ho cominciato a lavorare solo nel 1950, si vede che ho poca esperienza rispetto a loro …».
«L’ultimo regalo che ho fatto al Pdl ieri è non andare, perchè non volevo votare la fiducia», aggiunge Versace che, parlando di Saverio Romano sostiene: «Non voglio accusare nessuno e spero venga assolto. Però i miei amici siciliani mi hanno detto: fai quello che faremmo noi, vota la sfiducia».
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Ai microfoni del programma di Radio2, “Un giorno da pecora”, Versace ha precisato che «se alle parole seguissero i fatti ci sarebbero almeno quindici persone che verrebbero con me nel Gruppo Misto lasciando il Pdl».
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
SPUNTA IL “TERZO UOMO” PER DISARMARE TREMONTI… NAPOLITANO ATTENDE UNA DECISIONE PER LA SUCCESSIONE AL VERTICE DELLA BANCA D’ITALIA
Silvio Berlusconi, salutando l`ospite, conferma il suo sostegno al candidato “interno”,
Fabrizio Saccomanni, direttore generale dell`Istituto.
E tuttavia ammette tutta la sua impotenza: «quello», Giulio Tremonti, non solo insiste sul nome di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, ma minaccia di gettare la spugna se non passa il suo uomo, trascinandosi appresso l`intero governo.
Bisogna trovare una scappatoia: un terzo nome? Una forzatura procedurale?
Di sicuro conviene prendere tempo.
La tattica attendista serve anche a trattare con Tremonti i contenuti del decreto-sviluppo avendo una merce di scambio preziosa.
Va bloccata la successione fino alla firma del provvedimento.
Oltretutto c`è anche la novità della sponda offerta da Bossi con il pubblico sostegno al «milanese» Grilli (anche se da via Nazionale ricordano che pure Saccomanni, da bocconiano, ha un`impronta lombarda).
Ma è stallo, la procedura di nomina non è stata neppure avviata: il consiglio superiore della banca, in assenza di una candidatura, si è chiuso con un nulla di fatto.
Il tempo stringe e anche il presidente Napolitano, che ha ricevuto di nuovo lo stesso Draghi, attende con impazienza una scelta che, per legge, spetta appunto al premier.
Stretto fra le insistenze di Tremonti e le pressioni di Draghi, Berlusconi si ritrova con le spalle al muro.
Tanto da aver escogitato una soluzione giudicata dagli stessi ministri Pdl «al limite del legalmente possibile»: presentare alla Banca d`Italia entrambi i nomi dei contendenti, scaricando su palazzo Koch l`onere della scelta di Saccomanni e quindi la responsabilità di scontentare il ministro dell`Economia.
Ma Berlusconi, temendo l`ipotesi delle dimissioni di Tremonti più di qualsiasi altra cosa, sta anche lavorando su un`idea del tutto opposta, a riprova della confusione che regna a palazzo Chigi.
Si parla di una forzatura della procedura di nomina per costringere la Banca d`Italia a “digerire” il candidato di Tremonti.
In pratica, il Cavaliere chiederebbe al consiglio dei ministri un pronunciamento politico sul nome di Grilli per mettere palazzo Koch di fronte al fatto compiuto.
Solo dopo passerebbe la “pratica” al consiglio superiore della Banca, che deve esprimere un parere, motivandolo.
Un`opzione del genere viene stoppata come «irricevibile» dal consigliere anziano, Paolo Blasi. E con ogni probabilità susciterebbe anche le resistenze del Colle che continua a chiedere a palazzo Chigi «il rispetto rigoroso delle procedure».
Di fronte a questi bizantinismi, nella maggioranza si sta facendo strada l`ipotesi di un candidato di mediazione, un uomo nuovo.
La “rosa” di cui si parlava ieri in Transatlantico ha quattro petali: l`interno Ignazio Visco, per cominciare, che è oggi il vice di Saccomanni.
Un precedente simile si è gàà verificato nella storia centenaria dell`Istituto con Antonio Fazìo, nominato da Ciampi governatore, dopo aver scavalcato l` allora direttore generale, Lamberto Dini.
E ancora: Domenico Siniscalco, ex ministro del Tesoro, oggi a Londra.
«Ma con lo stipendio che gli danno a Morgan Stanley», osserva malizioso un esponente del governo «lo voglio vedere che torna in Italia».
C`è poi Guido Tabellini, rettore della Bocconi, di cui si è parlato anche come possibile sostituto di Tremonti, nei giorni del grande gelo con il premier.
E per finire, l`economista Mario Monti, che ha già smentito.
Ma agli occhi del premier ha un vantaggio su tutti gli altri: eliminerebbe un pericoloso candidato per guidare un governo tecnico.
Federico Bei e Elena Polidori
(da “La Repubblica“)
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
PALAZZO MADAMA HA RINVIATO A NOVEMBRE L’ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE CHE DOVREBBE RIFORMARE L’ART 81 DELLA COSTITUZIONE PER IL PAREGGIO DI BILANCIO E L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE…LEGA E PD SI METTONO DI TRAVERSO, IL TERZO POLO NON PARTECIPA AL VOTO
La riduzione dei parlamentari? Non è urgente.
L’istituzione di una Commissione speciale con il compito di elaborare testi di riforma costituzionale che prevedano, tra le altre cose, la riformulazione dell’articolo 81 della Costituzione ai fini del perseguimento del pareggio di bilancio e l’abolizione delle Province? Rimandata a novembre.
A decidere, l’aula del Senato.
E così la Casta ha perso l’ennesima occasione per dimostrare di voler davvero diminuire i costi della politica.
Ieri a Palazzo Madama si è discusso di questo, in una seduta fiume, con dichiarazioni surreali, evidentemente tese più ad ottenere il mantenimento dello status quo, salvando la faccia, che ad avanzare di qualche millimetro sull’abbattimento dei costi della politica.
È il vicepresidente vicario del gruppo Pd, Luigi Zanda, a illustrare la mozione con cui si chiedeva la costituzione di una Commissione, chiarendo anche che questa non doveva interferire con l’esame dei disegni di legge riguardanti la riduzione del numero dei parlamentari.
Tutti d’accordo sulla carta.
Ma tanto per cominciare il ministro Calderoli mette altra carne al fuoco, annunciando un disegno di legge di riforme costituzionali che arriverà in aula la prossima settimana.
Non senza dichiarare di non essere d’accordo con nessuna delle mozioni presentate dall’opposizione.
Commenta Zanda: “L’iniziativa del ministro Calderoli di presentare una vasta proposta di revisione della Costituzione ha tutta l’aria del tentativo sterile di restituire un senso politico a un governo in agonia”.
È Rutelli, che parla a nome del Terzo Polo, a trovare l’escamotage: nessun voto sulla Commissione, ma prendere tempo per valutare esattamente il progresso delle modifiche costituzionali.
Prende la palla al balzo Gaetano Quagliariello, capogruppo del Pdl: per non bocciare la Commissione, chiede una sospensione di 40 giorni per verificarne utilità e competenze.
E così è, Commissione rimandata.
Allora è il capogruppo dell’Idv, Felice Belisario a lanciare un altro sasso nello stagno, chiedendo la procedura d’urgenza per l’esame dei disegni di legge atti a ridurre il numero dei parlamentari.
Il che vuol dire portare subito l’esame (che ora è nella Commissione Affari costituzionali) in aula. “Non ritengo di poter andare più veloce di così e dunque non voto la dichiarazione d’urgenza”, dice il presidente della Commissione Affari costituzionali Vizzini (lo stesso che aveva dichiarato al Fatto Quotidiano alla fine di agosto: “Questa volta se i parlamentari non li riduciamo, è meglio che emigriamo”).
E’ Rutelli a dare la linea al Terzo polo: “Non parteciperemo a una votazione che ci pare incomprensibile e totalmente priva di senso”.
Morale della favola? Pdl e Lega si astengono (in Senato vale voto contrario), il Terzo Polo non partecipa al voto.
Sintetizza Belisario: “L’intento di maggioranza e governo è quello di tenere tutto bloccato”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
CENTRODESTRA IN AFFANNO: MAGGIORANZA SCONFITTA SU UN TESTO RELATIVO ALLA QUOTA DA RISERVARE ALLA SCUOLA PUBBLICA
Il premier non c’è al seminario sulle dismissioni pubbliche al ministero del Tesoro. 
Un appuntamento economico atteso da giorni.
E il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, si giustifica.
Con tono grave: “Il Presidente del Consiglio si scusa – dice – ma è assediato da impegni vari. Sono giornate intense e per certi versi turbolente”.
“Scusatemi tanto – ha aggiunto – vi ricordo che oggi è anche il suo compleanno. Ringrazio il ministro Tremonti per questo evento. C’è qui – ha concluso Letta – la massima concentrazione di cervelli imprenditoriali, amministrativi e contabili”. All’appuntamento partecipano rappresentanti di banche, merchant bank, operatori finanziari.
Intanto il governo è stato battuto per 24 voti nell’Aula della Camera su un ordine del giorno del Pd sull’8 per mille: esattamente sulla ripartizione della quota destinata allo Stato.
Il testo, su cui c’era parere contrario del governo, è passato con 247 sì e 223 no. L’ordine del giorno – primo firmatario il deputato del Partito democratico Antonino Russo – impegna il governo a prevedere la possibilità di destinare l’otto per mille anche alle scuole pubbliche.
Nel testo si impegna il governo “a modificare la legge 20 maggio 1985, n.222, sull’otto per mille al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la ‘scuola pubblica’ come destinataria di una quota fiscale dell’otto per mille da utilizzare d’intesa con enti locali per la sicurezza e l’adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l’erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati”.
Per il governo, negli ultimi giorni, le sconfitte alla Camera stanno diventando una consuetudine.
Due giorni fa è andato sotto in un voto sulle professioni sanitarie.
Il 20 settembre è stato sconfitto 5 volte sul verde urbano.
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
ORGANIZZATA OGGI AD ARCORE LA FESTA PER IL COMPLEANNO DALLA MONTENEGRINA CHE ABITA IN VILLA… DAL PDL PROVANO A FARGLI CAMBIARE IDEA
Con chi gli si avvicinava ha provato a sfoggiare un sorriso, quello di sempre. Era stiracchiato.
Nella stretta di mano ha tentato di mettere il solito, macho vigore.
Chi l’ha agguantata ha notato un’inedita fiacca.
Eppure sono molti i parlamentari del Pdl che dopo il voto su Romano sono andati in pellegrinaggio da Silvio Berlusconi per gli auguri: oggi compie 75 anni.
Per dirgli “forza, siamo con te. Siamo sempre al tuo fianco”.
L’iniezione di affetto, fiducia e coraggio non ha prodotto alcun effetto.
Lui, laconico, ha risposto: “Non c’è niente da festeggiare mi stanno preparando un bel regalo…”.
Il riferimento è ai pm, alle inchieste. Il solito tarlo.
Eppure, in programma c’è anche dell’altro, più piacevole.
Lo ha rivelato ieri l’Unità : la bionda Katarina gli ha organizzato un party ad Arcore.Ma chi è la ragazza?
Chiunque l’abbia conosciuta offre sempre lo stesso racconto.
Anzi, rivive una scena, rimasta negli occhi, nelle orecchie e negli animi di tutti: una giovane mora, alta, efebica, che si lancia giù per le scale della villa brianzola.
Anche quella doveva essere una festa, l’ennesima, per il premier. Diventò altro.
La protagonista era, appunto, la montenegrina Katarina Knezevic, da alcuni detta “l’uragano”, classe 1991, sorella gemella Kristina.
Da quella notte, oltre un anno fa, non è più uscita dalla vita di Berlusconi. Questa sera suggellerà il suo ruolo.
Pochi gli invitati, dal Pdl fanno trapelare la presenza di soli familiari stretti, quindi figli, generi e nipotini.
Tra loro anche Marina Berlusconi, lei a imporre Arcore e non la Sardegna, per questioni di tempo a disposizione.
“Qualcosa di semplice, sobrio. Nessuna particolare sorpresa”, ci tengono a precisare dagli ambienti vicini alla maggioranza.
Eppure a gestire la serata è la stessa ventenne che da mesi viene indicata come la nuova fidanzata del premier.
“No, no! Ma che stiamo scherzando? — risponde concitato un deputato, fedelissimo di B. —. Lei è solo una collaboratrice della villa. Diciamo una cameriera. Se gli fa la torta? Forse, e magari è anche cuoca. Sì, è vero, vive lì da tempo”.
Qualcosa non torna.
La sera del 9 agosto di quest’anno, la modella marocchina Imane Fadil, racconta al pm Antonio Sangermano: “Vive ad Arcore e da tempo ne è la fidanzata”.
Un ruolo stretto. Troppo, per molte.
Causa gelosie, problemi, malessere, preoccupazioni.
“La conoscevo. Ed è vero quello che ha detto Imane: Catarina era una pazza scatenata — ha rivelato una testimone al nostro Davide Vecchi —. Si metteva nuda in mezzo al tavolo mentre mangiavamo, era insostenibile”.
E incontrollabile.
Per questo “Barbara, io e altre ragazze lo abbiamo preso (Berlusconi, ndr) e gli abbiamo detto che se non la mandava via, noi non saremo più andate da lui”.
Macchè, niente da fare. Minaccia andata a vuoto.
“Questa ragazza montenegrina, oltre a una sorella gemella, ha una terza sorella più grande la quale, per motivi che non conosco, tiene sotto torchio il presidente. L’affermazione la fa Fede e non so se sia vera”, spiega sempre Imane.
E qui si apre un altro capitolo.
La “altre” sorelle sono due, si chiamano Slavica e Zorica, di 32 e 35 anni, da giovani vicine a Ratzo Djokic, boss nel traffico di droga, armi e sigarette, ucciso a Stoccolma il 5 maggio 2002.
La famiglia Knezevic è originaria del quartiere più degradato di Podgorica, Murtovina, dove gli appartamenti costano un quarto rispetto a quelli del centro, e dove la criminalità è sovrana.
Da qui partono le prime due, alla conquista di Milano.
Partecipano alla movida. Locali ogni notte. Conoscono Berlusconi.
Quando tornano a casa raccontano tutto ai rotocalchi locali. Slavica vanta un appartamento in regalo.
Nel frattempo il fratello, il maschio, entra ed esce dal carcere.
Tocca alle piccole farsi strada.
Nel 2009 eccole in Sardegna al fianco di Guy Ritchie, regista ex marito di Madonna. Infine riappare Berlusconi. Fino alla festa di questa sera.
Chi circonda il premier non nasconde un certo imbarazzo. In molti stanno provando a dissuaderlo, a proporgli un programma alternativo, fatto di una cena pubblica, coma a dire: non intendo nascondere niente.
O almeno di non andare ad Arcore. Niente da fare. Lui non sente nessuno, Katarina ha già pensato a tutto.
E molte persone che gli stanno attorno non capiscono fino a dove arriva il potere di questa ventenne.
Alessandro Ferrucci e Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
LA LEGA GRAZIA IL MINISTRO VENDENDO I PROPRI VOTI PER SALVARE I TRUFFATORI DELLE QUOTE LATTE…IL PREMIER, AMICO DI MANGANO E DELL’ULTRI, NON POTEVA ABBANDONARE SAVERIO ROMANO
Appena esce dall’aula gli passano al telefono “Don Pietro”. 
Per il ministro che tra meno di un mese potrebbe essere rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, pronunciare quel “don” non è proprio rassicurante.
Ma non si parla di padrini stavolta, dall’altro lato della cornetta c’è il parroco di Summonte, provincia di Avellino.
Benedice il ministro graziato, che ora può tornare a occuparsi delle Politiche agricole con il sostegno di “tutta la coalizione”: 315 voti contro 294, “non ho visto defaillance”.
Saverio Romano li ha osservati uno per uno, i 609 deputati chiamati uno alla volta a votargli la fiducia con scrutinio palese.
Tolti i 21 assenti (7 Pd, 6 Pdl, 2 Mpa, un Udc e due del Misto) solo Francesco Nucara lo ha tradito, e solo dopo essersi assicurato che non sarebbe “stato determinante”.
Gli altri, tutti con lui, compresa la Lega.
Compreso il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Si è fatto vedere a Montecitorio solo alle sette di sera, e ha disertato le tre ore di dibattito in cui più di qualcuno lo ha accusato di svendere la lotta alla mafia per la sopravvivenza del governo.
Lui si è turato il naso, Radio Padania si è tappata le orecchie: agli ascoltatori inviperiti ha risposto parlando dei certificati antimafia che il ministro Brunetta vorrebbe abolire e che invece Maroni difende. Almeno quelli.
Il ministro dell’Interno “fugge, neanche si presenta”, grida Antonio Di Pietro in Aula mentre invita Romano a dimettersi, come fece lui nel’96, “dodici minuti dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia”.
Maroni non c’è nemmeno quando il finiano Fabio Granata gli ricorda che Romano “è uno dei pochi parlamentari ad aver votato contro il 41bis”.
E il titolare del Viminale non vede nemmeno il ministro sotto accusa alzarsi nervosissimo dal suo banco per aggredire il Pdl Manlio Contento, che sta limando gli ultimi dettagli dell’intervento in sua difesa.
In aula (anche se poi confesserà di essere stato in dubbio fino all’ultimo) Romano si è seduto ai banchi del governo.
I colleghi dell’esecutivo arrivano alla spicciolata (Berlusconi addirittura per ultimo) e si guardano bene dall’accomodarsi al suo fianco.
Non ci sono nemmeno durante il suo intervento, mentre spiega che lui e i suoi familiari sono “incensurati fino alla settima generazione”.
Romano resta solo fino a fine giornata. Il primo ad occupare la sedia accanto, per assurdo, sarà proprio Umberto Bossi.
Calderoli gli fa cenno con la mano che forse non è il caso, gli chiede di slittare di un posto, ma ormai è troppo tardi.
Che non fosse il Carroccio il problema di Romano si era capito da giorni.
E a conferma del feeling con “il ministro in quote latte” – copyright dell’Udc Ferdinando Adornato — è il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli ad accoglierlo in Transatlantico.
Stretta di mano e via, insieme ad affrontare la battaglia.
Una giornata dall’esito scontato ma comunque tesa, nervosa, irascibile.
Il responsabile Massimo Calearo, poco prima che inizi la discussione si fa autografare da Romano il libro La mafia addosso, scritto dallo stesso ministro, quasi avesse paura di non vederlo più.
Anche la Lega è preoccupata: per evitare di incartarsi sulle questioni di principio, in aula sceglie di “parlare di agricoltura”: la camicia verde Sebastiano Fogliato discerne di gestione dei terreni , di superfici agricole, di colture abbandonate.
Fa talmente ridere che il presidente della Camera Gianfranco Fini è costretto a dire ai deputati dell’opposizione: “Vi prego di trattenere il vostro entusiasmo”.
Si ride meno invece quando i parlamentari di Fli espongono i cartelli “Alla faccia della LEGAlità ”.
Si sfiora la zuffa, come accadrà anche più tardi quando i Radicali, tra gli improperi del Pd che ora minaccia l’espulsione, annunciano che non parteciperanno al voto.
Ma più che delle risse, quella di ieri è stata la giornata dei messaggi in codice. Domenico Scilipoti interviene per dire che lui il 14 dicembre ha fatto la scelta che ha fatto perchè “qualcuno non ha rispettato i patti”.
Amedeo Laboccetta ricorda a Di Pietro che prima di accusare Romano dovrebbe “guardare in qualche Comune della provincia di Napoli”.
E Leoluca Orlando tiene a precisare che l’Italia dei Valori è “l’unico partito che non sostiene nè Romano nè Raffaele Lombardo” .
Perfino la Lega ci prova: Luca Paolini chiede ai “sepolcri imbiancati” dell’Udc “chi ha portato Romano in Parlamento”.
La risposta è chiara: il partito di Casini.
Peccato che i seguaci di Bossi, queste domande, non le possano fare più.
Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
E’ ACCADUTO NEL TREVIGIANO: AVEVA UN “VECCHIO” BIGLIETTO… LA MADRE LA STAVA ATTENDENDO A MEDUNA, MA LEI E’ STATA SCARICATA A ODERZO… TUTTO PER 30 CENTESIMI DI DIFFERENZA
Sta provocando dure reazioni di condanna il caso della bambina di dieci anni obbligata mercoledì scorso a scendere dalla corriera dal controllore.
La bimba aveva con sè un biglietto acquistato prima dei recenti rincari, e quindi inferiore di 30 centesimi al nuovo prezzo della corsa.
«Scaricata» a Oderzo, dunque, mentre la mamma la attendeva a Meduna.
Al coro di disappunto si sono aggiunte due voci. «Forse il controllore non ha mai sentito parlare di Yara Gambirasio, di pedofilia e di quant’altro minaccia i bambini», ha dichiarato Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori (Odm) e consulente della Commissione parlamentare per l’infanzia.
La stessa commissione presieduta da Alessandra Mussolini che ha aggiunto: « Per imporre il rispetto di una regola legittima si è fatto un danno maggiore, rischiando di mettere in pericolo la sicurezza della bambina».
L’azienda di trasporto «La Marca» ha già avviato un’indagine interna.
Ma resta una domanda: un passeggero che sale a bordo senza un corretto titolo di viaggio deve essere «scaricato» o multato?
Senza contare che, in questo caso, un po’ di buon senso non sarebbe guastato.
Purtroppo neanche di fronte a gravi fatti di cronaca si reagisce nel senso della comprensione e della solidarietà umana.
Contano più 30 centesimi ormai che non mettere a rischio un minore.
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
L’UGL DENUNCIA IL COMPORTAMENTO DELLA PARLAMENTARE VERONESE DURANTE I CONTROLLI PRE-IMBARCO DI LUNEDI’ AL CATULLO E SCOPPIA LA POLEMICA
«Senatrice, si tolga le scarpe ». 
«Non ci penso neppure, e per favore usate modi più civili».
E’ iniziato più o meno così, l’altro giorno all’aeroporto Catullo di Villafranca, un piccolo duello che vede adesso contrapposti (con toni durissimi da entrambe le parti) la senatrice veronese del Pdl, Cinzia Bonfrisco, e il sindacato Ugl della Polizia di Stato.
Tutto è partito, appunto, dalla richiesta fatta lunedì alla parlamentare, che era in partenza per Roma, di togliersi le scarpe per sottoporsi ai controlli, richiesta fatta dai «vigilantes» dei servizi di sicurezza dello scalo (affidati alle società «La Ronda» e «Fidelitas»).
Da qui in poi, le versioni dei fatti sono diametralmente opposte.
Secondo l’Ugl «alla richiesta di togliersi le scarpe per motivi di sicurezza, la senatrice veronese a salvaguardia dei propri diritti civili ma, a discapito della possibilità di proteggere il mondo da minacce terroristiche, ha inscenato l’ennesimo “spettacolo teatrale” con tanto d’intervento della Polizia di Stato».
Solo dopo questo intervento, infatti, servito evidentemente a calmare le acque, i controlli sono stati effettuati.
Questione chiusa, allora? Pare proprio di no.
Perchè il sindacato di polizia allarga il discorso e va all’attacco, spiegando che «non è la prima volta che questa personalità crea problematiche all’atto dei controlli aeroportuali ».
Di qui, l’atto di accusa: «Nessuno e ripetiamo nessuno, – tuona il segretario provinciale dell’Ugl del settore, Massimiliano Colognato – può essere esentato dall’effettuare i previsti controlli aeroportuali prima di salire a bordo di un aeromobile mentre il personale della Polizia di Stato e le Guardie particolari giurate non possono certamente essere bistrattati da chi non gradisce, essere controllato»
E ancora: «In attesa che anche l’aeroporto Valerio Catullo sia dotato dei nuovi scanner per scarpe come quelli prodotti da Safran Mopho, azienda che faceva parte della divisione Sicurezza di General Electric, la senatrice veronese dovrebbe pensare che i controlli aeroportuali vengono effettuati a garanzia dell’intera collettività : quanto successo – aggiunge – è davvero molto grave e solamente grazie alla professionalità della Polizia di Stato e delle Guardie particolari giurate in servizio presso l’aeroporto Catullo, la situazione non è ulteriormente degenerata ».
Dopo aver definito «assurdo» il comportamento dell’esponente politica, l’Ugl conclude invitando «la senatrice veronese a servirsi dei mezzi ferroviari per non essere sottoposta ai fastidiosi controlli aeroportuali».
Decisamente diversa la versione dei fatti da parte della parlamentare veronese.
«Nessun problema con la Polizia, anzi – racconta infatti la senatrice Bonfrisco – ma semmai con i vigilantes delle ditte private che hanno ottenuto l’appalto della sicurezza al Catullo».
Secondo l’esponente pidiellina, infatti, «è vero che mi sono rifiutata di togliermi le scarpe, ma l’ho fatto perchè, (e non era la prima volta che accadeva), sono stati usati nei miei confronti modi che mi limito a definire… alquanto sgarbati, così come è accaduto anche ad altri viaggiatori. A quel punto sono stata io a chiedere l’intervento degli agenti di polizia, che sono stati gentilissimi e assolutamente professionali, svolgendo il loro compito con precisione e perizia, doti peraltro unite a quella cortesia che nei confronti di un cittadino non mi pare faccia affatto male».
Poi, anche dalla senatrice, una frecciata politico- sindacale: «Stia tranquilla l’Ugl – dice sorridendo, – se l’attività giornalistica di questi giorni serve a fare qualche tessera in più, i suoi dirigenti resteranno delusi. Voglio però sottolineare che questo iperattivismo mediatico non può avvenire diffondendo delle falsità sulla pelle delle persone. I bravi poliziotti, come quelli in servizio all’Aeroporto di Verona, oltre che fare bene il loro lavoro, sanno distinguere la cura della sicurezza e il loro operato quotidiano dalle pure e semplici speculazioni sindacal- elettorali. E le società private che gestiscono il servizio di controllo al Catullo sappiano che nessuno si sottrae a nulla, basta solo chiedere sempre con professionalità e rispetto, perchè i viaggiatori non sono un parco buoi. E più che mai in momenti come questi ci serve poca ottusità e molta pazienza».
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
STORIE DI ORDINARIA CAFONERIA IN UNA SALA AEROPORTUALE VENETA
Sono un dirigente di una grande azienda di abbigliamento del Veneto.
Mi trovo nella lounge dell’aeroporto Marco Polo a Venezia, dove tutti sussurrano e qualcuno cerca di dormire o almeno riposare.
A un certo punto arriva una specie di bisonte veneto, si avvicina al bancone del bar della lounge e urlando chiede “el soito” come fosse in osteria.
La barista riconoscendolo (è un onorevole leghista, à§a va sans dire) lo omaggia e dice che ci sono delle brioche o dei biscottini.
Il bestione li afferra con le sue tenere manine e se ne esce: “Ne togo na sbrancà ”.
Il tutto davanti allo stupore degli altri passeggeri per la maggior parte internazionali. A un certo punto arriva il principe del foro, l’onore vole Paniz il quale, dopo aver lumacato con le hostess, riprende la povera barista richiamandola perchè i tavoli non sono abbastanza puliti.
“Deve pulire i tavoli — ha detto — perchè lei lo sa che io ci tengo a queste cose: è un’indecenza”.
Allora la poveretta gli ha detto che era da sola e lui ha risposto che si doveva far dare un supporto adeguato alle ore di punta.
A quel punto la sfortunata gli ha chiesto: “Il solito onorevole?”.
Ecco in arrivo il leghista Massimo Bitonci (quello che ha vietato di aprire negozi di kebab a Cittadella dove è sindaco).
Il bestione leghista lo applaude per le sue dichiarazioni sul figlio di Riina scarcerato a Padova dove intende rimane re .
Estraggo la mia copia del Fatto Quotidiano, Paniz la vede e si irrigidisce, un altro mi piazza la sua borsa sopra il mio tavolino.
È un attimo perchè subito dopo escono urlando e vociando per i corridoi, la gente della lounge sospira; loro si abbracciano e si baciano “ci vediamo in aula” gridano a distanza.
Questo è tutto dalla lounge dove l’aria solitamente internazionale e raffinata è stata disturbata dalla nostra classe politica.
L’impressione è che sentano che tutto gli è dovuto.
Siamo tutti molto irritati, lo sono anch’io.
V. T.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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