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ENTRA BERLUSCONI IN AULA E IL GOVERNO VA SOTTO, TREMONTI NON VOTA

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

PER UN VOTO NON PASSA IL RENDICONTO DI BILANCIO   2010

La presenza in Aula di Silvio Berlusconi e del governo al gran completo non è bastata ad evitare una pesante sconfitta dagli esiti imprevedibili.
L’esecutivo è stato battuto infatti poco fa a Montecitorio sull’assestamento del bilancio 2010. L’articolo 1 del rendiconto è stato bocciato con 290 a favore e 290 contro.
La maggioranza richiesta era di 291 “sì”.
Alla votazione non ha partecipato il ministro Tremonti, rimasto sull’ingresso dell’Aula, scatenando la rabbia dei parlamentari del Pdl.
Presente invece il premier, che una volta resosi conto dell’accaduto ha mostrato tutto il suo stupore.
Allibito,   è rimasto per un po’ seduto al banco del governo, poi ha scambiato qualche parola con i ministri vicini. Alla fine si è alzato e, senza salutare nessuno dei ministri ma intrattenendosi brevemente con il capogruppo del Pdl, Cicchitto, ha lasciato l’emiciclo, scuotendo vistosamente un foglio che aveva in mano.
Dopo il voto, cui ha partecipato anche il premeier, dall’opposizione si è applaudito e urlato: “Dimissioni, dimissioni!”.
“La maggioranza che sostiene il governo non esiste più, nè nel Paese nè in questa Camera”, ha commentato il capogruppo del Pd, Dario Franceschini.

Poco prima la maggioranza aveva già  rischiato di andare sotto sulla risoluzione alla nota di aggiornamento del Def 2011.
Il testo, presentato dai capigruppo di Pdl, Lega e Pt, è passato infatti per soli 2 voti: i sì sono stati 287, i no 285.
Un deputato si è astenuto.
Al momento del voto, i banchi del governo erano al completo: c’era anche il leader della Lega Umberto Bossi.
Sul testo sono stati raccolti esattamente tanti voti a favore quanti erano quelli per la maggioranza richiesta per l’approvazione in base al numero dei presenti.
Dai banchi dell’opposizione il risultato del voto è stato accolto con delusione.

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ARRIVA LA SECESSIONE IN PADANIA: SI, MA NEL CARROCCIO

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

DA VARESE ESPLODE LA PROTESTA DOPO L’IMPOSIZIONE FARSA DI UN CANDIDATO UNICO AL CONGRESSO…IL CARROCCIO STA DERAGLIANDO ED E’ QUOTATO INTORNO ALL’8%

“Qui la Lega di Bossi è nata e qui Bossi l’ha condannata a morte”.
A Varese, nella sede numero uno del Carroccio, i telefoni squillano a vuoto.
I militanti che fino a domenica per vent’anni hanno tenuto in vita il partito, dalle feste ai comizi, cominciano a disertare.
“à‰ la reazione naturale al Soviet, al madornale errore commesso dal Capo”, spiega con assoluta disinvoltura Giulio Moroni, capogruppo del Carroccio in Comune a Varese. Parole che nel Carroccio garantiscono l’immediata espulsione.
Lui lo sa, ma garantisce: “Non mi interessa. Perchè “se non cambiamo qualcosa, la nostra Lega è destinata a morire”.
Come lui la pensano i vertici locali del partito e, soprattutto, i militanti, la famosa base. Quella che da mesi critica il Capo perchè continua a sostenere Silvio Berlusconi.
La base che vuole Roberto Maroni leader: lo ha chiesto a Pontida, gridato a Venezia e ribadito in ogni occasione utile.
Per questo il congresso di Varese era un passaggio cruciale. “Qui l’unico dirigente che la gente salva è Maroni”.
E domenica i circa trecento delegati al congresso per eleggere il segretario provinciale volevano esprimere il loro voto “proprio per contarsi”, prosegue Moroni.
“E invece Bossi lo ha vietato. Prima ha costretto uno dei due candidati a ritirarsi, poi ha preteso la nomina per acclamazione dello sconosciuto Canton, infine lo ha imposto tra le grida dei presenti”, ricostruisce Moroni.
“Una prova di forza inutile e controproducente, Varese ora si aggiunge ai territori che non sono più con Bossi”.
Bergamo, ad esempio.
E ormai tutto il Veneto. A Belluno la scorsa estate il Senatùr è stato costretto ad annullare i comizi per evitare le contestazioni dei dirigenti locali del Carroccio, come a Ponte di Legno.
Mentre a Verona ancora non è riuscito a far cacciare dal partito il sindaco Flavio Tosi, additato da Roberto Calderoli e dal cerchio magico alla stregua di un sovversivo.
Lui resiste.
Mentre il primo cittadino di Varese, il supermaroniano Attilio Fontana, è caduto sul campo colpevole di essersi schierato contro i tagli del governo agli enti locali e costretto al silenzio.
Il suo commento su quanto accaduto domenica è emblematico del clima di terrore che il cerchio magico sta cercando di diffondere nel partito: “Ufficialmente dico è andato tutto molto bene, la Lega è unita come sempre”.
Dichiarazione che stride talmente con la realtà  da dover essere letta al contrario. Ma a Fontana è stato imposto il Bavaglio, che negli ultimi mesi via Bellerio usa con estrema disinvoltura.
I forum dei siti ufficiali del partito sono chiusi ormai da aprile, mentre ieri a Radio Padania, per la prima volta nella storia dell’emittente del Carroccio, è stato messo il silenziatore anche ai microfoni: vietato parlare della nomina di Maurilio Canton.
Un perfetto sconosciuto al partito.
à‰ stato eletto sindaco di Cadrezzate in una lista civica, senza neanche il simbolo della Lega.
Mai striscione è stato più vero di quello esposto ieri davanti alla sede provinciale del Carroccio: “Canton segretario di chi? Di nessuno”.
Lo conferma anche Gianluigi Lazzarini, 66enne tessera numero quattro del partito qui a Varese.
Uno che ha cresciuto Bossi e Manuela Marrone, che qui è stata iscritta fino al 2010. Insomma Lazzarini, oggi maroniano moderato e convinto critico del cerchio magico, l’universo leghista lo conosce bene.
Ma non Canton. “Non so neanche che faccia abbia”, ammette.
“Quando lo hanno candidato ho chiesto da dove usciva, chi era; mi hanno risposto che era nel partito da vent’anni. Sarà , io ci sono da vent’anni e non l’ho mai visto, si vede che sono distratto io”, afferma Lazzarini.
L’ha visto domenica per la prima volta e “non mi è piaciuto perchè non ha neanche avuto le palle di salire sul palco a parlare”.
Alle agenzie ha invece detto di essere stato scelto da Bossi. “Ed è la verità  infatti”, aggiunge Lazzarini.
Canton “s’è preso la nomina ed è scappato dal congresso, per me non ha alcuna referenza per fare il segretario provinciale”.
Domenica “è stato brutto, la Lega non è questa. È assurdo, siamo ridotti a lottare per avere un minimo di libertà  nel partito. Adesso abbiamo idee bellicose, quindi aspettiamo un paio di giorni per analizzare quanto accaduto, oggi sarebbe guerra”.
Contro Bossi, ovviamente. Che secondo Lazzarini “ha usato parole non sue ed è stato consigliato male”.
Lui, da vecchio militante, il Capo non riesce ancora a criticarlo. Se la prende con Rosi Mauro, Marco Reguzzoni, Giancarlo Giorgetti.
Con quanti, “e lo dico con estremo e profondo dispiacere, lo stanno usando”.
La conseguenza, anche secondo Lazzarini, “sarà  la morte della nostra Lega, i militanti non hanno più voglia di impegnarsi, siamo stanchi e aspettiamo”.
Maroni? “Certo, sì”, ammette.
Perchè qui è nata la Lega vent’anni fa e qui è nata la corrente maroniana. Era l’estate del 2010. Quando in piazza del Podestà  Maroni passeggiò sottobraccio ad Andrea Mascetti, il fondatore di Terra Insubre cacciato il giorno prima da Bossi durante il comizio sul sacro prato di Pontida.

Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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FRATTINI: “BASTA VERTICI A DUE”, .MA LA MERKEL E SARKOZY LO SNOBBANO: “NOI I LEADER”

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL NOSTRO GOVERNO ACCATTONE NON LO CONSIDERA NESSUNO, ANCHE OBAMA APPOGGIA L’ASSE FRANCO-TEDESCO… E LE BORSE VOLANO

Italia contraria al patto Merkel-Sarkozy per un governo unico dell’Europa.
A protestare stavolta è il ministro degli Esteri, Franco Frattini: «Noi pensiamo che una situazione globale non si risolve con assi bilaterali».
Immediata le repliche: «La Francia e la Germania non hanno nessuna vocazione ad essere il Direttorio della Ue», spiegano fonti francesi.
E da Berlino: «Siamo le economie più grandi dell’Eurozona. Abbiamo una responsabilità  particolare per il futuro dell’Europa e dell’euro».
Ne nasce un caso, l’ennesimo. T
anto più che anche il presidente Usa, Obama, chiama Sarkozy dando «pieno sostegno alla strategia» francotedesca per rispondere alla crisi.
Analoga telefonata c’è stata pure con il premier inglese Cameron: «Servono azioni decise».
Il tutto, mentre la Bce, con il numero due Constancio, lancia l’allarme-contagio: il fondo salva-Stati deve aiutare Italia e Spagna.
Ma le Borse festeggiano: il summit a due, considerato decisivo per risolvere la crisi del debito, galvanizza i mercati.
Ovunque, tranne ad Atene, domina il segno più. Francoforte guadagna il 3%, Parigi il 2,1%, Londra l’1,8% e Milano chiude con un rialzo del 3,66%.
Comunque, Frattini bolla il faccia a faccia Merkel-Sarkozy come una perdita di tempo: «Di tutto l’incontro non siamo riusciti a comprendere quale sia stato il succo, non c’era un’agenda dichiarata, non sappiamo neanche se c’era un’agenda sostanziale. Sarebbe molto meglio rilanciare il metodo comunitario, che fa sedere i 27 attorno al tavolo del Consiglio, senza perdere tutto questo tempo che rischia di fare fallire la Grecia».
Però il dialogo privilegiato tra Francia e Germania è servito a dare il sì politico alla ricapitalizzazione delle banche, alla riforma dei Trattati e ad affrontare la crisi greca: un pacchetto globale sarà  pronto entro il mese, in tempo per il G20 di Cannes.
Di qui il rinvio – una sorpresa – del vertice Ue dei capi di governo al 23 ottobre.
Nel panorama euforico dei mercati spicca l’altalena del titolo Dexia, il colosso franco-belga appena salvato con un piano da 4 miliardi per l’acquisizione da parte di Bruxelles della filiale belga.
Un’altra offerta per la branca lussemburghese è arrivata dal Qatar. Sospeso, il titolo è affondato del 36%, per poi riprendersi.
Frattini: «E l’antipasto dell’effetto-domino» di un mancato salvataggio della Grecia.
Ad Atene, gli esperti di Fmi-Ue-Bce stanno chiudendo il negoziato sugli aiuti; a giorni il premier Papandreou incontrerà  il leader Ue Van Rompuy mentre la stampa tedesca continua a scrivere che Merkel sarebbe per il default.
Frattini: «Senza aiuti, conseguenze devastanti per la Ue».
Contro l’asse franco-tedesco negli anni si sono espressi: Buttiglione, Casini, Tremonti, Marzano. Nel 2005, lo stesso Frattini si era detto convinto che questo Direttorio fosse ormai «morto».
Il nuovo caso suscita polemiche anche all’interno. «L’esclusione dell’Italia è la conseguenza dell’assenza di governo».
Amaro il commento dell’economista Mario Monti: «L’Italia non è mai stata così estranea alle decisioni sull’Europa».

Elena Polidori
(da “La Repubblica”)

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SCAJOLA E GLI EX DC TRATTANO SULLE POLTRONE FUTURE, ALTRO CHE RIVOLTA

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

COMPLOTTO AL COLOSSEO: L’ARCHITETTO DI FORZA ITALIA E’ POCO CREDIBILE COME CONGIURATO

La voce dell’ex ministro era risuonata limpida e gioviale nel mio auricolare: “Buongiorno, Telese! Ma lo sa che lei è un bel figlio di puttana?”.
E poi ecco la risata sonora — inconfondibile — di Claudio Scajola.
Di solito i giornalisti occultano questo lato non del tutto gradevole del loro lavoro, quello in cui si incassano le “lodi” per gli articoli pubblicati.
Io su Scajola ne avevo scritti almeno quattro dotati di un contenuto per lui “sensibile”. Ognuno di questi avrebbe potuto farmi guadagnare l’epiteto.
Per esempio: ero nella sede del ministero delle Attività  produttive la mattina dell’indimenticabile conferenza stampa di dimissioni.
Quel giorno in cui aveva pronunciato la frase: “Se dovessi acclarare di abitare in una casa che è stata in parte pagata da altri (…) i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l’annullamento del contratto di compravendita”.
C’era da immaginarseli i legali di Scajola che inseguivano le venditrici, le ormai celeberrime sorelle Papa, per convincerle a riprendersi l’appartamento con vista sul Colosseo.
Adesso Scajola sorrideva, e diceva cose inversamente proporzionali alla gravità¡ delle parole che aveva appena pronunciato su di me: “Lei è un bel figlio di puttana, davvero! E voi del Fatto mi avete levato la pelle, con un’operazione di chirurgica ferocia. Sa perchè vi rispetto, malgrado tutte le terribili cose che avete detto e scritto di me, tra lei, Lillo e non parliamo nemmeno di Travaglio?”.
Scajola aveva già  pronta una sua risposta.
Ero tutt’orecchi ad ascoltarla: “Perchè voi — aveva detto sicuro l’ex ministro — non avete secondi fini. E quando io le avrò spiegato tutto quello che ho trovato nelle carte, sarete proprio voi de Il Fatto a riabilitarmi davanti all’opinione pubblica! Perchè siete figli di puttana, certo, ma anche intelligenti. E soprattutto, al contrario di altri, privi di secondi fini e onesti”.
Nei giorni in cui avveniva questa conversazione Scajola stava tornando in campo per la terza (o quarta volta) in vita sua, con l’indimenticabile associazione Cristoforo Colombo.
Sembrava euforico.
Se svelerò il piccolo retroscena di quella telefonata, dunque, è perchè da quando i giornali scrivono che sarà  proprio lui — Scajola — il Dino Grandi del berlusconismo, l’uomo che propizierà  il cambio di regime, quelle parole che mi ero appuntato riaccendono la mia inquietudine.
Di sicuro, quello di cui Scajola si era convinto in quelle ore, ha a che fare con quello che sta facendo oggi.
E quindi devo trascrivere anche il tono di spavalderia con cui ripeteva: “Io ho passato mesi senza dormire. Ho riletto ogni singola carta di quell’inchiesta, e oggi non ho alcun dubbio: qualcuno ha provato a fregarmi!!”.
Per completare il quadro, bisogna dire che Luigi Crespi, il sondaggista che fu il demiurgo di Silvio Berlusconi, oggi fa anche il suo consulente per l’immagine (mestieri che bisognerebbe indagare meglio).
Da Mara Carfagna a Gianfranco Fini, a Stefania Prestigiacomo, a Lino Miccichè, metà  del Parlamento è (o è stato) nel suo portafogli .
E il cliente più complesso l’avevo scoperto prima dell’estate quando Crespi — cui certo non difetta il senso del teatro — mi aveva detto al telefono: “Ti passo un amico, eh eh…”. Scajola, appunto.
Quella mattina gli avevo chiesto come poteva pensare che qualcuno avesse potuto mettere in piedi una macchinazione tanto complicata solo per colpire lui.
E Scajola aveva risposto: “Questo deve dirmelo lei! Ma sta di fatto che se nemmeno i magistrati hanno ritenuto di dover indagare…”.
Evidentemente in quei giorni il deputato del Pdl era convinto che non sarebbe stato rinviato a giudizio (come invece è accaduto, nemmeno un mese fa) per la casa di via del Fagutale.
E così mi bombardava con i suoi rovelli: “Ma si rende conto? I soldi sarebbero stati affidati a un corriere che in passato aveva truffato il suo padrone? Per fare l’operazione avrebbero usato assegni circolari? Le sorelle Papa non hanno detto mai di aver avuto i soldi da me?”.
A quel punto lo avevo interrotto: “Ma scusi, lei nega o no che quei 900 mila euro siano finiti dentro il rogito del suo appartamento?”.
A questo punto l’ex ministro aveva fatto una pausa: “Mi crede se le dico sul mio onore che quei soldi io non li ho mai visti?”.
Allora gli avevo detto: “Però lei sa bene che c’erano. Quindi l’unica possibilità  sarebbe che lei è stato vittima di un gigantesco complotto”.
Lo dicevo per schiacciare l’ex ministro su un’ipotesi paradossale e assurda. E invece di nuovo Scajola era rimasto per un attimo in silenzio: “Questa parola la sta usando lei. Ma guardi che è lo stesso dubbio che attanaglia me! Si chieda però a chi è convenuto fare fuori un ministro dell’Interno come il sottoscritto!”.
Avevo chiesto a Scajola se stava provando a convincermi che il caso della sua casa al Colosseo fosse un complotto ordito nel centrodestra.
Lui a questo punto aveva dismesso la maschera del democristiano ridanciano, per indossare quella dello statista corrucciato: “Mi creda. È la stessa domanda che mi sto facendo io”.
Adesso, nelle ore in cui molti a sinistra sono pronti ad ammazzare il vitello grasso pur di conquistare un voto contro Berlusconi, bisogna non dimenticare che Scajola è stato l’architetto di Forza Italia, il ministro dell’Interno che si vantava di aver dato disposizione di sparare a Genova (“fui costretto a dare l’ordine di sparare se avessero superato la zona rossa”), che è davvero la stessa persona che aveva definito una vittima delle Br come Marco Biagi “un rompicoglioni”.
E che è anche il principale beneficiario , come ha dimostrato una bella inchiesta di Corrado Formigli, della tratta Albenga-Roma, istituita purtroppo a nostra insaputa, sovvenzionata con denaro pubblico ed efficacemente ribattezzata “Scajola Airlines” per l’indubbio servizio reso all’allora ministro imperiese.
Il giorno delle dimissioni Mattia Feltri, disse di lui: “Correva un grande rischio. E ha preferito passare per imbecille piuttosto che per ladro. Dopotutto è peggio”.
Io invece mi sono convinto che forse c’è una possibilità  che Scajola abbia ottenuto davvero quella casa come una regalia, e senza averne piena contezza.
Sarebbe un caso incredibile.
Ma se Scajola dovesse risultare più imbecille che ladro non sarebbe un buon viatico per la politica italiana.

Luca Telese blog

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DATI ALEXA SUI SITI PIU’ VISTI: “DESTRA DI POPOLO” E’ AL 36.206° POSTO IN ITALIA E BATTE ALEMANNO, SACCONI, IL PREDELLINO, BRUNETTA, GASPARRI, MATTEO RENZI, BOCCHINO, LA RUSSA E LA SANTANCHE’

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

SUPERIAMO IN VISITE ANCHE RADIO PADANIA, GENERAZIONE FUTURO, MARINIELLO, COTA, CARFAGNA, IL SECOLO D’ITALIA, ENRICO MUSSO… IN LIGURIA STRACCIAMO PRIMI CITTADINI E ASPIRANTI SINDACI, PRESIDENTI DI PROVINCIA E DI REGIONE, PARTITI POLITICI…SIAMO IL PRIMO SITO POLITICO DI AREA IN LIGURIA E TRA I PRIMI DIECI IN ITALIA, MA DAI DIRIGENTI NAZIONALI DI FLI NEANCHE UN GRAZIE

I dati sono certificati dalla società  Alexa, The Web Information Company, una delle maggiori società  di rilievi statistici sul numero di visitatori dei siti web nel mondo.
In base ai conteggi sul numero delle entrate (dati rinnovati ogni mese) Alexa compie un monitoraggio di decine di milioni di siti e blog sparsi per il mondo e stila una classifica, costantemente aggiornata.
Su suggerimento di un amico parigino, ci siamo attivati per vedere come viene quotato il nostro sito e i risultati ci danno al 36.206° posto in Italia su alcuni milioni di siti e blog nazionali, al num. 1.118.003 nel mondo su centinaia di milioni di siti.
Un risultato eccezionale che ci pone sullo stesso livelllo del blog di Luca Telese che appare su La7 e scrive su Il Fatto, con ben altra visibilità , tanto per avere un’idea.
Poco sopra il sito “Tocqueville” (27.828° ma che aggrega circa 400 siti di area di destra italiani): in pratica noi da soli siamo a poca distanza da un sito che mette assieme tutti gli altri.
Ma le sorprese non finiscono qua: ci leviamo pure lo sfizio di battere personaggi illustri, persino ministri e politici di rango, sindaci e giornali di area.
Iniziamo da Fli?
Generazione Futuro è staccata di 15.000 posti in classifica (51.267°), il suo segretario Mariniello di 18.000 (54.213).
Non va meglio al blog di Bocchino classificato al 93.739 posto in classifica.   Battuto anche il Secolo d’Italia che arranca dietro di noi al 51.909° posto.
Battuto anche il blog di Radio Padania che si ferma a quota 40.055, mentre Cota lo stracciamo (è appena 74.211°).
Le maggiori soddisfazioni ci arrivano dal raffronto con i blog del Pdl: battuti i siti del famoso “Il Predellino” che sta al 52.413° posto, di Gianni Alemanno al 49.826, del ministro Sacconi ( al 65.312°), della Carfagna che si ferma al 67.814°, di Brunetta 53.178° in classifica.
Travolti i blog della Santanchè (81.857°), di Gasparri (94,210°) e La Russa (93.818°).
Ci permettiamo persino il lusso di battere il blog del sindaco di Firenze Matteo Renzi ( fermo al 51.322° posto).
In Liguria non abbiamo rivali in qualsiasi sito di area e oltre: distaccato il candidato sindaco e senatore Enrico Musso ( fermo al 61.715° posto), altrettanto per Cassinelli, distanze siderali sulla Vincenzi e sulla Pinotti.
Da tenere presente che molti dei siti di cui abbiamo parlato hanno diversi collaboratori.
Uno che fa le nostre entrate e che non abbiamo citato ne ha addirittura trenta.
Possiamo dichiararci soddisfatti…

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SCATTA LA MACCHINA DEL FANGO CONTRO I CRITICI DI BERLUSCONI: ORA FORMIGONI E’ COME VERONICA E SCAJOLA COME FINI

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL GIORNALE LANCIA AVVERTIMENTI: FORMIGONI REO DI AVER DETTO CHE IL PREMIER NON SI DOVREBBE RIPRESENTARE, SCAJOLA DI TRAMARE CONTRO IL GOVERNO…. E LA MACCHINA SI RIMETTE IN MOTO

“Formigoni come Veronica”, titola il Giornale di famiglia.
“Scajola si ricordi di Fini”, ammonisce il ministro La Russa.
E ieri con Fini se l’era presa la Padania, che così rispondeva in prima pagina a un precedente attacco del presidente della Camera: “Noi abbiamo Pontida, lui ha Montecarlo”.
I più fedeli custodi dell’ortodossia berlusconiana vanno all’attacco dei “malpancisti” di ogni ordine e grado, lanciando avvertimenti a tutti quelli che vorrebbero un governo senza Cavaliere o, semplicemente, si permettono di criticarlo.
Il trattamento Sallusti tocca al presidente della Regione Lombardia, che ieri aveva detto a Repubblica: “Non sarà  lui il nostro candidato nel 2013”.
Così la notizia più importante, secondo il Giornale, è questa: “Formigoni come Veronica”, dato che “il governatore affida a ‘Repubblica’ l’aut aut a Berlusconi, esattamente come fece l’ex moglie del Cav”.
Poco più sotto, a centro pagina, tocca al presidente di Confindustria Marcegaglia, che si è espressa contro il condono fiscale e ha dato a Berlusconi una sorta di ultima chance sul decreto sviluppo: “Emma si dà  della furbetta”, titola il Giornale sopra una grande foto in cui lei fa una brutta smorfia (e di fianco, sempre in prima pagina, c’è un piccolo spazio per la legnata all’ex alleato Pier Ferdinando Casini: “Pier, la mantide che stritola i suoi partner”).
Nella foga, diventa comunista anche la tv di Rupert Murdoch: “Il soccorso rosso di Sky ai comizi di Santoro”.
Ma sono i frondisti interni al Pdl a destare le maggiori preoccupazioni, in attesa della prima occasione per contarsi sul serio in Parlamento.
A cominciare dai due leader, gli ex democristiani Beppe Pisanu e Claudio Scajola. Intervistato da Repubblica, il ministro della Difesa Ignazio La Russa dice del primo: “Di Pisanu so poco, perchè da tempo si è emarginato dalla vita del partito”.
Quanto a Scajola, “qualche ragione di lamentarsi ce l’ha visto che si è dimesso da ministro per una vicenda non esaltante, ma che non ha avuto riflessi penali”.
Chi attacca Berlusconi, insomma, lo fa per ragioni personali, e magari non nobilissime.
E comunque, nota ancora La Russa, “i numeri di una cena non si riflettono in parlamento.
Ricordiamo quanto è successo a Fini, che oltre tutto era il leader della destra. Alla fine con lui è rimasto solo il 20 per cento di An”.
Un conteggio che pare preoccupare Berlusconi è quello sulla prescrizione breve, necessaria a scampare da una possibile condanna per corruzione al processo Mills.
Ma sul tema, ha detto il ministro della giustizia Nitto Palma ai capigruppo del Pdl, secondo quanto riporta Il Messaggero,   ”dobbiamo arrivare con una maggioranza compatta, altrimenti il Quirinale non ci passa la legge”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA BEFFA DELLE OPERE PROGRAMMATE PER CELEBRARE I 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

COSTI LIEVITATI E RITARDI: DA REGGIO CALABRIA A VENEZIA ANCORA APERTI SETTE CANTIERI SU NOVE… QUASI TUTTE LE STRUTTURE PROGETTATE PER CELEBRARE I 150 ANNI SONO RIMASTE INCOMPIUTE

Dovevano essere i gioielli che l’Italia si regalava per i suoi primi 150 anni.
Strutture tirate su per suscitare l’orgoglio degli italiani. E invece la storia ha preso un’altra piega, che racconta di ritardi e costi triplicati, denaro pubblico sprecato, accuse di corruzione, grandi opere già  ribattezzate grandi incompiute.
L’auditorium di Isernia, ad esempio.
Doveva essere pronto il 29 marzo scorso e costare 23 milioni, se ne spenderanno almeno 55 e per l’apertura toccherà  aspettare il prossimo anno.
O il museo della Magna Grecia a Reggio Calabria.
L’inaugurazione era fissata per il 31 dicembre, con il gran ritorno dei Bronzi di Riace. Ma il restauro si è bloccato, la ditta sta smobilitando.
E ancora, il Palacinema sul Lido di Venezia.
Buttati via 37 milioni di euro per scavare le fondamenta prima di accorgersi che il terreno era pieno di amianto.
È rimasto un buco coperto da un pietoso telo bianco.
Una metafora di come sono stati gestiti i lavori dei 150 anni dell’Unità  d’Italia.
Poi ci sono i conti, che non tornano.
Le nove grandi opere dovevano costare 374 milioni di euro ed essere realizzate, si legge nelle ordinanze del 2007, «in tempo utile per i festeggiamenti».
Siamo già  a 500 milioni e su nove solo due hanno rispettato la consegna.
Alcune non apriranno nemmeno entro l’anno, altre faranno inaugurazioni fittizie. Mancano ancora 138 milioni e i soldi – questo è il punto – sono finiti
Alla Ferratella il coordinatore della Struttura di Missione Giancarlo Bravi, seduto sulla poltrona che è stata di Mauro Della Giovampaola (arrestato nel febbraio del 2010 con l’accusa di corruzione), scorre con gli occhi le relazioni sullo stato di avanzamento.
«I fondi non bastano – sillaba – ce ne servono altri dieci per Isernia e sei per Reggio Calabria». Pausa. «E poi, certo, c’è il grande problema di Firenze… ».
Per risolverlo, quel problema servono altri 109 milioni di euro.
Il mega cantiere di Porta al Prato (54 mila mq, costo complessivo 265 milioni) è un formicaio.
Si lavora anche di notte per permettere al maestro Zubin Metha di tenere il primo concerto il 21 dicembre. Sarà  però un’inaugurazione monca.
Per quella data sarà  sì completato il teatro lirico da 1800 posti, previsto nel primo stralcio da 157 milioni (quando la gara è stata vinta dalla Sac-Igit l’appalto era di appena 69 milioni).
All’esterno però non ci saranno i parcheggi, i servizi, l’altro auditorium più piccolo da mille posti.
Lavori previsti nel secondo stralcio, da 109 milioni, privo di finanziamento.
Bisogna rileggere la tabella dei costi per capire cosa è successo.
La ristrutturazione del Teatro San Carlo di Napoli, affidata dalla Regione Campania alla Cobar per 54,7 milioni, è costata 72,8 milioni.
La gara è finita sotto inchiesta.
L’ampliamento dell’aeroporto di Perugia, con la nuova aerostazione di Gae Aulenti, i lavori da 25,8 milioni sono arrivati a 44.
Il restauro del museo di Reggio Calabria, da 19,4 milioni a 22,8.
L’auditorium di Isernia, aggiudicato a 23 milioni, costerà  più del doppio.
«Colpa di un uso distorto dell’appalto “integrato” – spiega l’avvocato Andrea Mascolini dell’Oice, l’associazione che rappresenta le società  di ingegneria e architettura aderente a Confindustria – si fa una gara in base al solo progetto preliminare, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La ditta che vince in fase esecutiva fa sempre riserve al capitolato iniziale, non previste nel bando di gara. È così che i costi sono stati gonfiati».
Costi lievitati e ritardi.
A Perugia i lavori finiranno a novembre «ma la struttura sarà  operativa – spiega Bravi – solo a giugno 2012».
A Reggio Calabria il sovrintendente ai Beni archeologici Simonetta Bonomi è disperata: «Non sono arrivati i 6 milioni promessi dal Cipe, mancano tutti gli allestimenti».
A Ospedaletti, in provincia di Imperia, si chiedono perchè i 24 chilometri della ciclopista del Parco del Ponente ligure, già  inaugurato, si interrompano all’improvviso proprio lì.
Mancano un chilometro e mezzo di pista e una galleria di 400 metri.
Anche l’auditorium di Isernia è in “odore” di incompiuta.
Questo bestione da 30 mila metri quadrati aprirà  per il tempo di un concerto il 15 dicembre, per la chiusura del primo lotto.
Poi, dopo gli applausi del pubblico, richiuderà .
Per il secondo lotto – negozi, cinema, l’anfiteatro, la galleria – mancano secondo la Struttura di missione dieci milioni. «Almeno 23», sostiene invece Franco Valente, architetto molisano, che ha creato un blog- osservatorio sull’auditorium. Una cifra mai smentita dalla Struttura di Missione.
«Qui ha gestito tutto Fabio De Santis prima di essere arrestato – racconta Valente – si voleva addirittura finanziare la ricostruzione di una chiesa con i soldi dei 150 anni».
Paradosso nel paradosso, Isernia (23 mila abitanti) ha già  un altro auditorium e varie sale multiuso.
«Quei soldi – polemizza Michele Petraroia, consigliere regionale del Pd – si potevano utilizzare per dare una casa a quel 70 per cento di famiglie che, dopo il terremoto del 2002, vive ancora nelle baracche».
Roba da diventare rossi come le camicie di Garibaldi.

Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)

argomento: Costume, denuncia, emergenza, governo | Commenta »

LA BELLA RIFORMA CARCERARIA DI ALFANO: “SONO FINITI I SOLDI PER I PASTI DEI DETENUTI”

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA ARRIVA DAL CARCERE DI BOLOGNA. CIRCOLARE CHOC DEL DAP….GLI AGENTI PENITENZIARI: “FAR USCIRE I TOSSICODIPENDENTI”

In Italia non ci sono più soldi perfino per comprare il cibo da dare i detenuti.
“Abbiamo ricevuto una comunicazione la scorsa settimana dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap, ndr): ci comunicano che iniziano a mancare anche i soldi per comprare il cibo dei detenuti”.
La missiva/allarme arriva dalla direzione della Dozza, il carcere sovraffollato di Bologna e porta come sottinteso un “arrangiatevi un po’ come potete”, perchè i denari iniziano a mancare.
Altro che rieducazione, altro che piano carceri.
Non è più solo sovraffollamento, ora, per ammissione degli stessi vertici che guidano il sistema delle carceri in Italia: a mancare potrebbe essere il minimo indispensabile per la sopravvivenza dei reclusi, il rancio passato ai detenuti.
E la crisi e i tagli potrebbero colpire anche il menu di chi sta dietro alle sbarre.
L’allarme arrivato Bologna, ma riguarda tutta Italia, era già  stato preannunciato da
alcuni deputati in visita al carcere della Dozza a luglio.
Allora sembrava un’ipotesi remota, quasi una polemica estiva tra parlamentari.
Oggi invece la comunicazione di stringere la cinghia da Roma è arrivata puntuale.
A denunciare il fatto il sindacato di polizia penitenziaria, Sappe, che sabato 8 ottobre ha tenuto a Bologna un presidio con alcune decine di agenti proprio davanti al carcere della Dozza (una delle strutture più critiche d’Italia) per protestare contro le condizioni di lavoro e di vita dentro la struttura.
Nell’istituto del capoluogo emiliano ci sono 1.200 detenuti a fronte di una capienza di massimo 450.
Inoltre gli agenti chiedono da tempo rinforzi: sono in 350 ma dovrebbero essere almeno 550.
Ma anche i dati nazionali non sono da meno: 68 mila detenuti contro i 44 mila che potrebbero essere ospitati nelle patrie galere.
Il sovraffollamento è dato soprattutto dalla presenza degli stranieri e non a caso molto è molto più sentito nelle città  del nord, dove la presenza dei cittadini di altri Paesi e molto più marcata.
Anche nel Mezzogiorno tuttavia non si scherza, se si pensa che i detenuti “in più” a Napoli Poggioreale sono 1500.
Inoltre a livello nazionale mancano 6.500 agenti su un numero attuale di circa 38 mila
“Le attività  rieducative ormai sono pochissime, e saranno sempre meno visto che i fondi andranno usati per mangiare. Al momento a Bologna si stanno già  utilizzando soldi stanziati per il primo semestre del 2012”, spiega Giovanni Battista Durante, segretario aggiunto nazionale del Sappe.
Insomma a Bologna si raschia il fondo del barile giusto per tirare a campare così come in molte parti d’Italia.
Mancano i soldi perfino per portare i detenuti in tribunale e molti processi in tutta Italia sono stati rinviati per questo motivo.
Ma quale è la soluzione al sovraffollamento prospettata dagli agenti?
La legge 199 del 2010 dell’allora guardasigilli Angelino Alfano, che prevedeva i domiciliari per le pene più lievi, ha fatto uscire appena 3 mila persone sulle 11 mila che avrebbero potuto beneficiare del provvedimento.
Il perchè è noto: gran parte dei possibili beneficiari erano gli stranieri che, non avendo in molti casi un domicilio, sono stati costretti a rimanere al fresco.
Qualche altra possibilità  ci sarebbe: “Si potrebbero fare uscire i tossicodipendenti, che sono 300 a Bologna e 17 mila in tutta Italia”, spiega Durante.
“C’è anche una legge secondo la quale chi deve scontare non più di sei anni, possa uscire dal carcere dopo avere superato un programma di riabilitazione”.
Già , ma, come ammettono gli stessi agenti, spesso mancano le strutture riabilitative e i soldi per riabilitare le persone.
Eppure i pochi fondi a disposizione della macchina penitenziaria, secondo gli agenti, si potrebbero investire meglio: “Si parla da tre anni di piano carcere e sono stati stanziati più di 700 milioni di euro, ma non si capisce che costruire nuove carceri è assolutamente inutile se non si assume nuovo personale”, spiega Durante.
“In Italia abbiamo 6 mila posti detentivi inutilizzati. In Emilia Romagna ci sono 6 strutture vuote a Modena, Forlì, Parma e mancano 650 agenti”.
Poi il segretario del sindacato lancia la sfida ai vertici del Dap: “C’è una cattiva gestione, oltre alla carenza dei fondi. Chi sta ai vertici o si dà  una mossa o meglio che vada a fare altro”.
La carenza di cibo che rischia di abbattersi sulle carceri potrebbe colpire soprattutto i detenuti stranieri, che sono oltre il 60 % a Bologna e circa il 40 % in Italia.
Molti di loro, non avendo dei loro soldi personali per comprarsi da mangiare o non avendo una famiglia alle spalle, mangiano solo quello che passa il convento, o meglio il carcere.
Ma se ora anche il rancio comune è a rischio per ammissione degli uffici di Roma, la situazione rischia di degenerare. “A Bologna al momento si mantiene tranquilla grazie alla pazienza e la professionalità  degli agenti, ma basta un attimo perchè precipiti”.
La polizia penitenziaria di stanza a Bologna da tre giorni protesta anche per la condizione della sua mensa.
“Molte volte il cibo finisce già  alle 13 e dopo distribuiscono solo pasti freddi — denuncia Durante che poi prosegue — Chiediamo anche che la direzione del carcere faccia un’indagine sull’igiene nei locali dove viene conservato il cibo per gli agenti”. L’igiene nel deposito cibo dei detenuti potrebbe invece non servire, visto che tanto rischia di rimanere vuoto.

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DISOBBEDIRE ALLA LEGGE BAVAGLIO SI PUO’: E’ ANTICOSTITUZIONALE

Ottobre 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL PREMIER PUO’ IMPORRE I SUOI DIKTAT, MA VI SARANNO GIORNALI CHE INFORMERANNO LO STESSO I LETTORI SU INCHIESTE E PROCESSI… LO CONSENTONO LA COSTITUZIONE E LE   LEGGI EUROPEE

Questa che segue è una ragionevole anticipazione di quello che succederà .
Un gip cattura un magnaccia che ha procurato puttane a Berlusconi motivando il suo provvedimento con i risultati delle indagini del pm.
Tra questi ci sono le trascrizioni di intercettazioni di conversazioni telefoniche nel corso delle quali B promette lucrose consulenze e ancora più lucrosi appalti al magnaccia e ai suoi amici; e anche manifesta preferenze per pratiche sessuali particolari e aspetto fisico delle donne con cui vuole accoppiarsi.
Il magnaccia e il suo avvocato si leggono il provvedimento del gip che, per legge, da quel momento è pubblico.
Il Fatto pubblica le trascrizioni; l’autore, il direttore e il vice direttore (non vedo perchè Marco Travaglio se la debba passare liscia) vengono denunciati e incriminati.
Tutti chiederanno di essere sentiti dal pm e lì confesseranno la loro responsabilità  penale: è vero, ho commesso il fatto e l’ho commesso con piena consapevolezza di violare la legge.
Saranno quindi rinviati a giudizio (a piede libero: incensurati e con ragionevole probabilità  di godere della sospensione condizionale della pena) oppure avanti al gip.
Qui eccepiranno l’incostituzionalità  della legge bavaglio per violazione dell’art. 21 della Costituzione e il giudice quasi certamente riterrà  la questione “non manifestamente infondata” e la trasmetterà  alla Corte.
Questo per via dei precedenti di seguito sommariamente indicati:
– Il diritto di cronaca può essere esercitato, anche quando ne possa derivare lesione all’altrui reputazione, purchè: la notizia sia vera; esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti; l’informazione sia mantenuta nei giusti limiti di obbiettività . (Cass. pen., 10/12/1997, n. 1473).
– La libertà  di cronaca (comprensiva della acquisizione delle notizie) e la libertà  d’informazione, sono i cardini del regime di democrazia garantito dalla Costituzione; la stampa è strumento essenziale di quelle libertà . (Corte cost., sent. n. 1/1981)
– La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo sancisce (art. 10), il principio della libertà  di manifestazione del pensiero. Tale diritto abbraccia la libertà  di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità  pubbliche. I limiti della critica esercitabile nei confronti di dirigenti politici sono più ampi di quelli relativi ai semplici privati. (CEDU, 8/7/1986, Lingens c. Austria ; 25/3/1985, Barthold c. Repubblica Federale di Germania).
– Il diritto della stampa di informare su indagini in corso e quello del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti prevalgono sulle esigenze di segretezza. (CEDU 7/6/2007)
– Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà  delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. (Corte cost. sent. 39/2008)
La Corte dichiarerà  la legge bavaglio incostituzionale (con questi precedenti!) e noi ce ne torneremo in redazione e ci ubriacheremo tutti.
Ma, se non andasse così, ricominceremo tutto daccapo in Appello e in Cassazione (non l’eccezione di incostituzionalità  già  respinta e che non avrebbe senso riproporre). Condannati (tecnicamente siamo colpevoli), faremo ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ci darà  ragione sicuramente e condannerà  B e i suoi amici a darci un sacco di soldi per risarcimento danni.
Molto più ricchi di prima, torneremo in redazione e ci ubriacheremo con champagne millesimato.
Insomma: B and C non imparano mai.
Non basta far scrivere al Parlamento norme stupide per farle diventare leggi dello Stato; bisogna che siano conformi alla Costituzione italiana; e anche ai principi fondamentali delle democrazie occidentali.
Con buona pace di B, il mondo, non comincia e non finisce ad Arcore.

Bruno Tinti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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