Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
L’EX CONDUTTRICE DI TELE PADANIA LIBERA: “BOSSI HA VENDUTO IL SIMBOLO A BERLUSCONI PERCHE’ GLI AVEVANO ASSICURATO CHE IL PREMIER ERA MALATO”… “IL SENATUR ORMAI DICE COSE CHE GLI VENGONO DETTATE DA CHI GLI STA INTORNO, MA SENZA DI LUI COSTORO SONO FINITI”
“Bossi minaccia di cacciare chi lo contesta e dice che Flavio Tosi è uno stronzo. Ma non è lui a
pensarlo. E’ chi gli sta intorno. Peccato però che queste persone non abbiano ancora capito, o fingano di non capire, che finito Bossi sono finiti anche loro. La gente vera, i leghisti duri e puri, credono solo nel Senatùr. La Lega è lui e basta”.
Chi parla è una che la pancia del movimento la conosce bene.
E’ Rosanna Sapori, ex consigliera comunale leghista ad Azzano San Paolo, in provincia di Bergamo e fino al 2000 membro del direttivo provinciale del Carroccio.
Oggi gestisce una tabaccheria a Bergamo, ma ancora nel 2004, quando il contratto di collaborazione non le fu più rinnovato, era una delle giornaliste e conduttrici di punta di Radio Padania Libera, l’emittente che qualche giorno fa ha censurato le telefonate di protesta contro l’imposizione di Maurilio Canton a segretario provinciale di Varese.
“Ma non chiamatemi epurata — aggiunge — E’ vero, sono stata licenziata in tronco da Radio Padania, ma nessuno mi ha mai buttato fuori dalla Lega. Sono io che da allora non ho più rinnovato la tessera”.
E ricorda anche il patto segreto stipulato tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, di cui ha parlato di recente Gigi Moncalvo nel corso di In mezz’ora di Lucia Annunziata.
Si smette così di essere leghisti?
Perchè? Cosa significa essere leghisti oggi?
Ce lo spieghi lei.
Significa essere cretini. Dalla malattia di Bossi la Lega non esiste più.
Come no? Ci sono ministri, parlamentari e sindaci leghisti in tutto il Nord Italia.
Ma perchè secondo voi è Bossi che li sceglie? E’ lui che decide?
Cosa intende?
Che Bossi ha avuto un ictus fortissimo e da allora non è stato più lo stesso. Se oggi mi incontrasse per strada probabilmente non mi riconoscerebbe nemmeno. Due anni fa, al funerale di Vito Gnutti (ministro leghista dell’Industria nel primo governo Berlusconi, ndr) non riconobbe Alessandro Patelli (ex tesoriere del Carroccio, ndr)! Dopo la malattia non sapeva più nemmeno chi erano i figli e così chi gli stava intorno ha assunto il controllo su tutto.
A chi allude in particolare?
Soprattutto alla moglie. E’ lei che dal 2004 ha preso in mano la Lega e anche l’alleanza con Berlusconi. Sull’accordo scritto tra il Cavaliere e il Senatùr per la cessione del simbolo, oltre a quella del senatore Giuseppe Leoni, uno dei fondatori della Lega, c’è anche la sua firma.
Che prove ha lei per dire che quell’accordo esiste davvero?
La parola di Daniele Vimercati, l’unico giornalista che Bossi abbia mai apprezzato e stimato al punto da sceglierlo come suo biografo ufficiale. La storia della cessione del simbolo della Lega a Silvio Berlusconi, come garanzia della nuova alleanza del 2001 dopo il ribaltone del ’94, in cambio del ritiro delle querele e dei soldi necessari a far fronte alla disastrata situazione finanziaria del movimento — la sede di via Bellerio era tutta pignorata — me l’ha raccontata Vimercati alla fine del 2001 pochi mesi prima di morire. Me lo ricordo come fosse ieri, era un pomeriggio e, con le lacrime agli occhi, mi disse: “Rosanna, non c’è più niente da fare. Lo hanno convinto che Berlusconi sta molto male e che nel giro di poco sarà costretto a lasciare la politica così lui, Bossi, si riprende il simbolo e tutto, intanto incassa i soldi”.
Davvero Bossi era convinto che Berlusconi fosse messo così male? Per questo accettò di cedergli il simbolo con lo spadone?
Bossi era stato convinto di questo perchè qualcuno glielo fece credere. Ne ebbi un’ulteriore conferma quando un pomeriggio si presentò in radio e io, che con lui avevo un ottimo rapporto, un po’ per provocarlo gli dissi: “Ma come Umberto, ti vendi a Berlusconi?” e lui, piuttosto alterato, mi rispose: “Ma che dici? Che non lo sai che sta male?”. Allora capii che quello che mi aveva detto Vimercati era tutto vero.
Come fa lei a dire di un uomo che oggi arriva a minacciare di epurazione chi lo contesta, che sarebbe pilotato da altri?
Cito testuali parole pronunciate da Calderoli a Venezia: “Questi sindaci che rompono i coglioni non si rendono conto che sono polvere e senza la Lega ritorneranno polvere”. Secondo voi chi è che decide chi deve essere cacciato dalla Lega?
Però è Bossi che ha dato dello “stronzo” a Flavio Tosi per poi fare retro marcia assicurando che il sindaco di Verona non sarà mandato via.
Ma quelle sono cose che gli mettono in bocca altri: Calderoli, la moglie Manuela Marrone, Rosy Mauro e tutti quelli che fanno parte del cosiddetto cerchio magico. Tosi poi non lo può minacciare più di tanto nessuno perchè sanno che a lui dei ruoli nazionali non gliene è mai fregato niente. C’è una sola cosa che Tosi vuole fare: il sindaco di Verona. E da sindaco può parlare e contestare la linea del partito, incluso il voto su Milanese, ad esempio. Chi sta a Roma invece non può farlo perchè sa che se si va a votare di nuovo con questa legge elettorale non sarebbe più ricandidato.
Ma se è Tosi il vero anti-Bossi, Maroni allora che ruolo avrebbe?
Maroni non è mai stato pericoloso in sè. Maroni è la persona più tranquilla, moderata ed equilibrata che io conosca dentro la Lega. La vera pericolosità di Maroni, per il cerchio magico, sta nel ruolo che ricopre come ministro dell’Interno, per l’accesso che ha a determinati documenti.
Però a Pontida è lui che la base ha acclamato.
Quella che a Pontida acclamava Maroni non è la vera base. La vera base sta con Bossi e basta. E’ lui l’unico vero guru, nonostante la malattia, nonostante tutto, è solo Bossi che i duri e puri della Lega riconoscono come leader assoluto. Se togli Bossi la Lega è finita e se Bossi chiudesse gli occhi domani mattina non potete immaginare cosa accadrebbe.
Cosa?
Avete presente la storia della lista dei politici gay e omofobi? Bè, credete sia un caso che lì in mezzo ci fosse il nome di Calderoli? Io lo dico oggi e lo sottoscrivo: senza Bossi finirà male. Divisi tra maroniani, calderoniani, tosiani, zaiani, cotiani, cominceranno a lanciarsi fango addosso. Mica sono come i democristiani che di giorno litigavano e di notte andavano a letto insieme, questi si ammazzano!
Ma alla guerra tra “cerchio magico” e “maroniani” come ci si è arrivati?
Ci si è arrivati perchè quelli che stanno con Maroni sanno bene che quando non ci sarà più Bossi verrà fuori la storia del simbolo e vogliono aver pronta una nuova Lega da presentare agli elettori.
di Claudia Daconto
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
L’ENNESIMO CEDIMENTO AVVENUTO VICINO A PORTA NOLA, IN UN SETTORE APERTO AL PUBBLICO… LEGAMBIENTE: “NON BASTANO LE INTENZIONI, OCCORRONO FATTI”
I carabinieri di Pompei (Napoli) hanno sequestrato ieri sera una piccola area a nord degli scavi archeologici dove si è verificato il crollo di un muro romano realizzato con la tecnica “Opus incertum”.
Il cedimento è avvenuto nei pressi di Porta di Nola vicino la cinta muraria della città antica, giovedì notte, in seguito al violento nubifragio che ha flagellato l’area vesuviana, ma si è saputo solo stamani.
A crollare è stata la parte superiore di un paramento murario romano realizzato, appunto, in “opus incertum”, in una zona aperta al pubblico.
A terra ci sono circa tre metri cubi di macerie.
Il cedimento si è verificato a quasi un anno di distanza dal crollo della Schola Armaturarum e non ha provocato danni a persone nè ad altre strutture.
“Sono di fronte a questo muro e in parte sono un po’ sollevato: non si può parlare di crollo, è solo una scorticatura ma fa male, è un campanello di allarme da non sottovalutare”.
Così il Sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari, da Pompei, racconta quanto avvenuto negli scavi della città romana.
Villari rassicura quindi sull’entità del danno ma non per questo allenta la tensione sul futuro di Pompei: “Abbiamo messo in campo le azioni giuste ma non sono soddisfatto, dobbiamo fare di più, dobbiamo fare presto”, aggiunge.
“Ho più volte pubblicamente espresso tutta la mia preoccupazione per gli effetti che avrebbero potuto provocare le prime violenti piogge su Pompei. Proprio per questo abbiamo lavorato per presentare al commissario europeo un piano efficace per il recupero e la messa in sicurezza del sito ed abbiamo disposto un affiancamento, già operativo, alla sovrintendenza perchè si inizi da subito a provvedere con le azioni di messa in sicurezza più urgenti. C’è la più assoluta attenzione da parte del ministero verso Pompei, è la nostra priorità “.
Lo afferma il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan.
“Il prossimo mercoledì 26 sarò a Pompei con il commissario Hann per mostragli la situazione e sbloccare il finanziamento europeo di 105 milioni da destinare al sito. Attualmente il sottosegretario Villari si trova sul posto per verificare l’entità del crollo e siamo in costante contatto. Per il momento – conclude Galan – è però fondamentale chiarire che il danno riguarda il distaccamento di uno strato superficiale di una parte delle mura di cinta che circondano Pompei, nessuna domus coinvolta quindi, e che la stabilità della struttura non è in alcun modo compromessa”.
“E’ trascorso un anno e dobbiamo registrare altri crolli, altre ferite. E’ bastata la prima pioggia autunnale ed in Campania con il territorio, franano anche i tesori del nostro patrimonio artistico. Mentre si discute, si ragiona e si polemizza i muri crollano. Le parole, le promesse, le buone intenzioni non servono a tutelare gli scavi e l’intera area archeologica di Pompei, serve una manutenzione ordinaria, servono fondi, servono personale qualificato. Meno grandi opere, più tutela e protezione dei nostri gioielli culturali. Insomma Fate Presto”.
Questo il commento di Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, sull’ ennesimo episodio di crollo di muri nell’area degli Scavi di Pompei
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO FLI PROIETTI COSIMI HA VISSUTO LA TRATTATIVA: CEPU E NOMINE, DICEVA “NON POSSO RESTARE A SECCO”
“Eravamo seduti uno accanto all’altro, io e i colleghi Daniele Toto e Giorgio Conte. Abbiamo
ascoltato con le nostre orecchie la Polidori che telefonava ai suoi parenti con la voce rotta dall’ansia per quell’emendamento che avremmo votato e che di fatto avrebbe soppresso il riconoscimento di Cepu come università online”.
Lo rivela il deputato di Futuro e Libertà Francesco Proietti Cosimi consegnando al Fatto un’altra storia di bassa politica dell’era berlusconiana che stando alle dichiarazioni di giovedì del premier – “arriveremo fino al 2013” – continuerà a correre sui binari della compravendita.
C’è solo da aspettare per scoprire se, dopo la cena di Berlusconi con Pannella, i prossimi “convinti” saranno i cinque radicali.
Catia Polidori, la deputata che nella grande pesca berlusconiana ha vinto i premi più ambiti – il 5 maggio quello da sottosegretario e il 15 ottobre quello da viceministro allo Sviluppo Economico con delega al Commercio Estero – ha sempre detto che si trattava di un caso di omonimia e che non fosse parente del grande sponsor di Berlusconi fin dal 1994, Francesco Polidori, proprietario di Cepu (azienda che si propone di dare una laurea a tutti, con corsi ad hoc a distanza, a pagamento, naturalmente) con residenza a San Marino, dove ha ricevuto il titolo di “console a disposizione”.
Aggiungendo di non aver votato no all’emendamento anti-Cepu.
“Non è vero, l’abbiamo vista tutti mentre lo faceva”puntualizza l’on. Proietti”.
Laureata in scienze economiche, 43 anni, di Città di Castello, imprenditrice, membro del Cda di diverse aziende, è considerata con Anna Maria Bernini (che l’ha anticipata nel salto dal trampolino con la rete di protezione diventando Ministro alle Politiche Comunitarie) una colomba del neo movimento finiano.
La Polidori il 14 dicembre – nonostante avesse assicurato il 10 novembre e il 2 dicembre che “la notizia che avrei perplessità circa il da farsi rispetto alla mozione di sfiducia al governo è del tutto destituita di fondamento” – ha “salvato” il premier varcando in un baleno la soglia del governo.
Scelta che ha trasformato l’aula in un parapiglia costringendo il presidente Fini a sospendere la seduta. Torniamo a quel 9 dicembre.
All’ordine del giorno c’è il ddl Gelmini che ha tagliato i fondi per le scuole e le Università pubbliche.
Il gruppo dei finiani dichiara che voterà a favore dell’emendamento – presentato dall’opposizione – contro il riconoscimento di Cepu come università online. Invece l’emendamento viene respinto, anche grazie ai voti di Fli.
“Siamo stati costretti a cambiare idea per impedire che la Polidori passasse con Berlusconi” rivela Proietti. “Eravamo alla vigilia della fiducia del 14. La posta in gioco era ridare ossigeno al governo. Non ce la siamo sentita di rischiare la dipartita della Polidori che avrebbe potuto avere un effetto domino vista la virulenza della campagna acquisti messa in atto. Cepu è di suo cugino, ce lo ha detto lei. Era disperata, non sapeva come giustificarsi di fronte ai parenti… Si agitava, piangeva, telefonava rassicurandoli che Fli avrebbe votato con la maggioranza, poi riagganciava e ci diceva: ‘È la mia famiglia, se mi obbligate a votare contro me ne vado’”.
Ne è certo? La Polidori al Corriere dell’Umbria ha dichiarato di non avere alcun legame di parentela e di non aver votato quell’emendamento…
“Sì, sono certo – assicura Proietti – Ho vissuto ogni attimo di quella vergognosa giornata e non ero solo, c’erano anche i colleghi Conte e Toto. Sì, siamo stati costretti, abbiamo dovuto farlo perchè per noi la priorità era staccare la spina al governo”.
E lei con una fava ha preso due piccioni.
“Esattamente. La Polidori è stata la sola ad avere incassato due volte: da Fli e dalla Pdl”.
Anche l’onorevole Giorgio Conte conferma quanto raccontato dal collega Proietti: “Io ero il suo compagno di banco. Un giorno la Polidori mi ha detto: ‘Sono rimasta qui e ho fatto una scelta contro i miei interessi, invece lei – guardando la Bernini – chissà quante prebende otterrà . E io che porto a casa? Niente’. Come si fa ad opporre valori e ideali ad una idea della politica personalistica e utilitaristica, in poche parole berlusconiana?”.
Per molto meno in un qualsiasi altro Stato sarebbe scoppiata la rivolta morale.
Mentre parlamentari che passano da un banco all’altro come fossero zucchine o limoni in un mercato altro non sono che la normalità di un Paese irrimediabilmente malato.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
NON C’E’ PIU’ UN EURO, A RISCHIO LE TREDICESIME DI 13.000 DIPENDENTI, SEI ANNI FA L’AZIENDA ERA SANA… LA RAI CON 350 MILIONI DI DEBITI CORRE AI RIPARI CON UN PRESTITO DELLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI
Non è un programma d’informazione domestica, ma l’ultima deriva di viale Mazzini: persino per la Rai è una fatica arrivare a fine mese.
Non bastano 2,5 miliardi di euro l’anno fra canone e pubblicità .
Non bastano fidi bancari che sfiorano 700 milioni di euro.
Non bastano piani industriali che nascondono licenziamenti.
E dicembre fa paura: c’è il rischio che l’azienda possa bloccare le tredicesime, forse pure gli stipendi, e tanti auguri ai 13 mila dipendenti. Nemmeno un euro, poi, per i fornitori che, ormai senza pazienza, aspettano i pagamenti.
La cassa èvuota, strangolata dai ritardi del Tesoro nel versare il malloppo pubblico, 1,6 miliardi di euro raccolti con l’abbonamento: consumata la metà , mancano 800 milioni.
A settembre avevano promesso 400 milioni, poi rinviati in tre comode rate a ottobre; adesso per l’assegno finale di 400 milioni dicono dicembre: se slittano di due settimane, addio retribuzioni (un macigno da 80 milioni di euro al mese).
La Rai ripara il pallone sgonfio con cuciture improvvisate. Più passa il tempo, più il buco s’allarga.
Ecco, l’ennesimo palliativo: un prestito di 80 milioni di euro per gentile concessione di Bei, la Banca europea per gli investimenti. La rete per diffondere il segnale del servizio pubblico – antenne, piloni, ferro – è l’unica proprietà di viale Mazzini.
Dilapidato il patrimonio culturale, povero di contenuti e ricco di contenitori, l’azienda mostra le strutture di Raiway con l’illusione di chi, finito in disgrazia, cerca di salvarsi svendendo l’eredità .
Raiway vale un miliardo di euro, estrema garanzia per chiedere o trovare soldi.
Alessandro Penati, economista della Cattolica, intravede nuvoloni minacciosi su viale Mazzini: “Quando sei disposto a cedere il bene più solido e prezioso, significa che sei in corsa verso il fallimento e cerchi di mascherare il debito. La Rai può smobilitare Raiway, ma poi deve noleggiare le frequenze per andare in onda oppure vogliono chiudere le televisioni?”.
Nel bilancio 2011 i debiti consolidati superano i 350 milioni di euro.
Il peggio è dietro l’angolo: nel 2012, per resistere sul mercato, la Rai deve comprare i diritti per le Olimpiadi e l’Europeo di calcio, una botta di 140 milioni di euro.
Dove cercare 140 milioni di euro senza aumentare i 350 milioni di esposizione bancaria? Non con la pubblicità . L
a concessionaria Sipra ha raccolto 980 milioni di euro (50 in meno che nel 2010), e le previsioni sono pessime: “L’anno prossimo dovremo fronteggiare il calo di ascolti e la prevedibile crisi finanziaria, qualsiasi stima è troppo ottimistica”, spiegano fonti qualificate di Sipra.
Dicembre sarà il primo esame di stabilità , ancora più dura sarà tra gennaio e marzo. Senza canone e senza tesoretti.
Sei anni fa, mica nel dopoguerra, la Rai era un’azienda sana.
Il passaggio al digitale terrestre, una manna per Mediaset e una condanna per viale Mazzini, è costato 500 milioni di euro, soltanto il governo Prodi ha contribuito con 58 milioni di euro, Silvio Berlusconi ha pensato bene di non aggiungere.
In Gran Bretagna per assorbire le nuove spese, la Bbc ha aumentato il canone di 20 sterline. Qui scherzano con le diffide: il Consiglio di amministrazione ha intimato al ministero dello Sviluppo di pagare 1,3 miliardi di euro per onorare il contratto di servizio (quel documento che giustifica la tassa chiamata canone, che però non copre i costi di quelle trasmissioni qualificate come “servizio pubblico”).
Sai che paura, avrà detto il ministro Paolo Romani.
Senza sparare cifre colossali, seppur legittime, la Rai poteva confermare l’accordo con Sky per trasmettere sul satellite, 350 milioni di euro in 7 anni sdegnosamente rifiutati dall’ex direttore generale, Mauro Masi.
Bellissimi quei 13 canali di offerta gratuita, anche inutili però: nessun inserzionista sgomita per piazzare un prodotto a Rai 5 o Rai Gulp.
Guai a toccare l’appalto, ogni anno benedetto: 224 milioni di euro per società esterne, 200 milioni per le serie televisive; profumati contanti per imprenditori che vengono, incassano e salutano, che sia un successo o un disastro. Dentro, il nulla: “La Rai si costruisce fuori, non nei suoi studi. – commenta il professor Penati – Non può vantare una scuola per sceneggiature o varietà , nè marchi nè autori. Logico che finisci con i creditori che ti circondano, e devi tranquillizzarli subito perchè altrimenti sei spacciato. Mi ricorda un po’ la logica del San Raffaele di Milano che rinviava i pagamenti ai fornitori, fin quando ha portato i libri contabili in tribunale”.
La soluzione non è vendere: “Chi acquista un’automobile vecchia e rotta con pochi pregi e tanti difetti? La Rai ha due strade: o taglia i costi del 30 per cento o morirà per rinascere male come Alitalia con i soliti salvatori della patria”.
E i cittadini costretti a svenarsi ancora.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
APERTO UN NUOVO BAR PIZZERIA DEL NUOVO ITALIAN STYLE…LO SPUTTANAMENTO DEL NOSTRO PAESE NON HA CONFINI: MENO MALE CHE SILVIO C’E’
Charlie Gilkes e Duncan Stirling, i proprietari del locale in cui si mangia italiano, hanno pensato bene di
ricorrere all’espressione divenuta il simbolo delle notti brave del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e rimbalzata tante volte nei titoli della stampa internazionale, anglosassone compresa.
Italian style da esportazione?
Non si pensi però a scarpe firmate da uno stilista, moda o prodotti tipici perchè a Londra, zona Battersea Bridge Road, si incrocia un locale che nell’insegna riporta, l’uno di fianco all’altro, la torre di Pisa, un pezzo della Creazione di Michelangelo, la Fiat Cinquecento, un gondoliere e un tenore che scimmiotta Luciano Pavarotti.
Ma sopra a tante icone più o meno caricaturali del Belpaese, eccone un’altra, lanciata a bella posta nell’insegna: “Bunga Bunga”.
Per battezzare un bar pizzeria dove si fa il karaoke e si ascolta musica dal vivo, aperto dal martedì al sabato con orario variabile a seconda dei giorni, Charlie Gilkes e Duncan Stirling, i proprietari del locale in cui si mangia italiano, hanno pensato bene di ricorrere all’espressione divenuta il simbolo delle notti brave del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e rimbalzata tante volte nei titoli della stampa internazionale, anglosassone compresa.
Già a partire dal sito del locale (con relativi account Twitter e Facebook), più che sul reale “italian style”, si fa breccia sul “facilmente ricordabile all’Italia”.
E nella sezione “what is Bunga Bunga?” compare una cartina geografica all’apparenza antica dello Stivale che illustra le diverse aree del locale pubblico.
Qui, dal Mare Nostrum, con pinna posticcia legata all’addome, ecco che compare un’immagine dello sfrenato premier italiano in costume adamitico, almeno per quel tanto che è dato vedere (dal ventre in su).
L’espressione “bunga bunga” non torna però solo nel nome del ristorante.
Costituisce anche la “Option 5” nella lista dei party privati che si possono organizzare.
“Per una festa veramente di gruppo, si può affittare tutto il locale in modo che voi e i vostri ospiti possiate farci quello che desiderate”.
Tra i menu c’è poi la “gazzetta del bunga bunga” (in italiano già nell’originale) con la lista dei vini, degli aperitivi e delle novità che riguardano l’esercizio pubblico.
E non manca la sezione “Amici di” (anche qui dicitura non tradotta dall’inglese) in cui campeggia la rielaborazione di una fotografia che ritrae Berlusconi con la giovane marocchina Ruby Rubacuori in assetto first lady e si dà accesso a un’area riservata in cui sono ammessi “solo gli amici di bunga bunga”.
Dal vivo, se si visita il locale, poi ecco inoltre che si può sorbire il “Berlusconi’s Bellin”.
Non mancano tuttavia riferimenti ad altri personaggi italiani, tra cui Donatella Versace, il cui volto indica la toilette per signore mentre l’effige del presidente del consiglio invece quella per gli uomini, rigorosamente separate, pare.
Ma il marketing, ancor prima degli affari, non si deve fermare e, per lanciare ulteriormente il locale, già l’estate scorsa sarebbe stato preso contatto con l’agente di Ruby per quanto, al momento, non sia dato sapere se dall’Italia si stato accettato un invito a Battersea Bridge Road.
Antonella Beccaria
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
IL LEADER RADICALE: “IL PD E’ SORDO”…RABBIA SUL WEB: “SIETE DEGLI OPPORTUNISTI, VOLETE SOLO I SOLDI PER RADIO RADICALE”
“Berlusconi ci ascolta. Bersani no. Per questo siamo andati a cena con il Cavaliere”. La sintesi dell’incontro tra il presidente del Consiglio e una delegazione radicale guidata dallo storico leader Marco Pannella sta tutta qui.
E così, dopo essersi smarcata dal centrosinistra in occasione dell’ultimo voto di fiducia, la pattuglia radicale torna a far parlare di sè.
Tema della discussione, spiega Pannella sul sito dei Radicali, “la riforma americana della legge elettorale e del tipo di Stato; sopratutto di giustizia, amnistia, indulto”. Tutte cose di cui Panella avrebbe voluto parlare con il Pd.
Senza esito, assicura.
“In tutto siamo riusciti a parlare nella sede pubblica del PD due volte! Una volta con la segreteria Franceschini e l’altra con l’attuale segretario. E basta!”.
Orecchie attente, invece, quelle del Cavaliere. “Da lui abbiamo trovato ascolto da parte di Berlusconi”.
Poi Pannella, cacciato dal corteo del 15 ottobre 2, ironizza sulla questione di Radio Radicale i cui finanziamenti sono bloccati, sul tavolo del governo.
Ragion per cui l’atteggiamento dei radicali in occasione del voto di fiducia aveva alimentato”sospetti” di scambio.
Panella ci scherza sopra: “Abbiamo trattato molto, però non vi posso dire quanto! Gli ho chiesto, vi assicuro, almeno 10 volte quello che si dice Berlusconi abbia dato a Lavitola”.
Che riserva un’ultima stoccata al Pd: “Vogliono il governo con Maroni, Casini, Alfano, Bersani (Di Pietro è un auspicio). La legge elettorale è quella che poi vogliono loro, che sia però accettata da Casini, dalla Lega Nord ecc”.
E però dubbi e sospetti per il pacchetto dei sei voti alla Camera che, con il governo sul filo contano eccome, sorgono.
La mossa radicale, infatti, divide anche i simpatizzanti.
Basta scorrere i commenti sul sito del partito. “Naturalmente si capisce molto poco lo sproloquio di Pannella, se non che mena il can per l’aia per giustificare la sua disponibilità a farsi comprare. ll centrosinistra si libererebbe di un fastidioso moscone che gli ronza nelle orecchie. Per dirla meglio si toglierebbe di torno un rompicoglione scaricandolo (ma sembra sperare troppo) al Berlusca e alla Lega (figuriamoci che affinità elettive!)” taglia corto Michele .
“Ci prendono proprio per scemi questi qui. Prima l’astensione, poi il numero legale, ora l’incontro con Berlusconi. Pannella & Co. ci danno la loro avvicinamento alla maggioranza pezzo per volta. Il catapiduista catacraxiano di regime, per Pannella, “un Presidente del Consiglio che ascolta”.
Ah sì? Che bel complimento. Indovinate la prossima mossa di Pannella.
Non bisogna essere particolarmente brillanti” si legge in un altro commento. “Questo tipo di politica radicale si può riassumere con “Todo modo….” , motto che sarebbe meglio lasciare a Gesuiti e a prostituti/e” scrive Mario Previtera.
Rincara la dose Corrado Gianfigliazzi: “Che miopia caro Pannella! Da Berlusconi non otterrai niente di più che il finanziamento di radio Radicale e la promessa (vana) di riforma della giustizia”.
Avanti così. “Siete andati a parlare con il capo di un partito che ha riempito le carceri di poveri cristi clandestini, ruba galline fino a farle scoppiare per una politica di orco con i deboli e molto lassista con i grandi malfattori. Siete andati a parlare con chi non vuole dare i soldi a Radio Radicale (a differenza di quelli del Pd che hanno sottoscritto la vostra petizione in Parlamento). Siete andati a parlare con il capo di un partito che sta cercando di far passare leggi come il biotestamento, che in Lombardia ha azzerato la possibilità della scelta di abortire perchè non ci sono più medici che lo praticano, pena la carriera ospedaliera. Siete andati a parlare con il capo di una coalizione che ha fatto le leggi più illiberali e lobbistiche da sessant’anni ad oggi. Ma niente, niente in vecchiaia Pannella pensa di essere diventato Gesù Cristo che muta i sassi in pesci e pane? La gente non aveva capito niente, era disinformata, ignorante, offensiva. Mi sa tanto che la gente aveva capito benissimo, senza tanti discorsi astrusi e strampalati, lo ha sentito con il cuore: quell’entrata in Parlamento prima dell’opposizione era un messaggio ben chiaro ed è stato recepito chiaramente! Vincere delle battaglie anche per grandi ideali con mezzucci fa tanto Macchiavelli che non si può proprio dire sia il padre della miglior politica!” ci si indigna.
Furioso Alessandro Fabi: “Oggi essere Radicali è una vergogna, un marchio indelebile nella coscienza, un opportunismo di campo: si và da chi paga meglio. Alla cena avete parlato di prezzo? La cifra è sempre la stessa, quella di una marchetta… a testa naturalmente!
Mentre Diego da Firenze accusa Pannella di cercare solo pubblicità : “Quando avrà finito di pavoneggiarsi provi anche a guardare alla situazione dell’italia ed a pensare se le soluzioni al disastro di questo paese si possono trovare a palazzo Grazioli oppure organizzando una vera opposizione liberale. Se sia possibile pensare che questo paese eviti il disastro dialogando con chi questo disastro non ha fatto niente per evitare, oppure radunando le persone che hanno la possibilità di ridare una speranza a questa nazione che si avvia verso il baratro. Provi a pensarci Pannella..”
“Sono semplicemente disgustata e provo orrore verso un partito che ha sempre fatto dell’integrità morale la sua bandiera per poi vendersi (e non è cosa nuova per chi ha memoria) al primo venuto che offre la giusta bustarella” commenta Hanahar. “Venduti voltagabbana. Ora sì che arriverà al 2013. E continueremo ad essere lo zimbello del mondo. Grazie Pannella grazie!!!! Poi si lamenta di sputi e spintoni” sbotta Giandi Aca.
Ma c’è anche chi difende la scelta di Pannella.
“Esprimo la mia solidarietà a Pannella protagonista da sempre di battaglie civili vinte ed in corso che hanno impedito a questo paese di fare la fine di paesi sottomessi da dittature politiche e teocratiche” scrive Luca Merlino.
E chi prima fa professione di realismo politico (“La politica è trattativa quindi ovvio che si tratti con tutti) ma poi ammette: “Berlusconi purtroppo ha sempre utilizzato i radicali e Marco come strumento di verifica delle sue idee e guerre di movimento utilizza Marco Pannella come una delle sue fonti di ispirazione ma purtroppo tutto ciò che assimila poi esce trasfigurato in azioni politicamente oscene”.
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
GRILLO: “IL MOLISE NON SI E’ PERSO PER COLPA NOSTRA, LORO HANNO CANDIDATO UN EX FORZA ITALIA”
“Noi non siamo il partito del meno peggio. Prima o poi dovranno farsene una ragione. Il
Movimento 5 Stelle non è, nè sarà mai, un cespuglio della sinistra che puntella il Pd. È un’altra cosa. Sono vent’anni che andiamo a votare tappandoci il naso, che tirano fuori la scusa del voto utile così alla fine nulla cambia. Basta”.
Antonio Federico è il candidato del movimento di Beppe Grillo in Molise.
L’uomo che, secondo Idv e Pd, avrebbe garantito la rielezione del discusso governatore Michele Iorio.
Federico, però, rispedisce le accuse al mittente. E con lui tutte le figure chiave del 5 Stelle.
A cominciare da Beppe Grillo. “Dire che il Movimento 5 Stelle ha fatto perdere il Pdmenoelle in Molise non è corretto nei confronti della dirigenza pdmenoellina. Il pdmenoelle a perdere ci riesce benissimo da solo, non ha bisogno di appoggi esterni”, ha esordito Grillo sul suo blog.
Poi una frecciata al centrosinistra che ha scelto come suo uomo in Molise Paolo Di Laura Frattura, già vicino al partito di Berlusconi: “Candidare nel centrosinistra Frattura, un ex Forza Italia, che si è presentato in due elezioni al fianco di Iorio del Pdl, non è merito nostro. È un parto tutto interno al Comitato Centrale pdmenoellino. In Molise il centrosinistra nelle regionali del 2006 aveva raccolto il 23,3% (10.9% Ds più 12,42% Margherita), ora è al 9,86%. Waterloo è stata una passeggiata in confronto”.
Che cosa risponde Grillo alle accuse di Idv e Pd?
“È un delirio. Prima delle elezioni per i media il 5 Stelle non esisteva, e adesso i voti sono diventati di proprietà privata del pdmenoelle, non una libera scelta dei cittadini. Donadi, esponente di punta dell’ Idv, per giustificare la sconfitta ha spiegato: “Si scrive Grillo, ma si legge Berlusconi”.
Forse è meglio che si guardi in casa, infatti “Si scrive Donadi, ma si legge Scilipoti (ma anche Razzi, De Gregorio, Misiti, eccetera, eccetera)”.
Già , prima c’era stato il caso Piemonte, con Mercedes Bresso sconfitta da Roberto Cota. E giù attacchi a Grillo da parte del Pd.
Poi le elezioni di Milano, e di nuovo il centrosinistra aveva sparato a zero contro il 5 Stelle perchè non appoggiava Giuliano Pisapia al secondo turno.
Adesso è la volta del Molise, perso per 1500 voti.
Ma i grillini non ci stanno.
C’è chi propone un’analisi sul voto: “Il Molise ci mostra come sarà l’Italia futura. Berlusconi fa un passo indietro, e infatti qui neanche c’era il suo nome sulla scheda, e il Pdl del fido Alfano vince. Tutto grazie al centrosinistra”.
Il risultato, però, è anche l’occasione per sancire una volta per tutte che il 5 Stelle sta, e starà , per conto proprio. “Le dichiarazioni di Bersani e Donadi? Manco le leggo”, taglia corto Davide Bono, consigliere regionale del Movimento in Piemonte.
Sì, quello che “ha fatto perdere la Bresso”, come dice il Pd.
Aggiunge Bono: “Se uno schieramento come il centrosinistra non riesce a vincere nemmeno con un candidato discusso come Iorio… bè, dovrebbe fare un esame di coscienza. Basta riversare su di noi le colpe delle sconfitte per non affrontare le proprie responsabilità . E guardate anche l’Idv, nella regione di Di Pietro, il Molise, hanno preso l’8,84%”.
Ma non rischiate, come sostiene qualcuno, di fare la parte di Ralph Nader che in America ha fatto vincere Bush?
“Macchè. Il centrosinistra è responsabile dello sfascio del Paese, non ha persone credibili da presentare. Ma, invece di prendersela con noi, dovrebbe guardare in casa sua, ai vari Penati”.
Ma voi?
“Noi siamo una cosa a parte, non tirateci in ballo con i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Abbiamo programmi e idee precise e gli elettori ci giudicano per questo”, conclude Bono.
Mattia Calise, ex candidato sindaco a Milano, altra “pietra dello scandalo”, commenta : “Si chiama Partito democratico, ma poi non è tanto democratico: se perdono, se la pigliano con i loro competitor, cioè noi, perchè gli rubiamo voti che, non si capisce perchè, dovremmo lasciare al Pd.
Per fare che cosa, visto quello che è successo a Sesto San Giovanni?”, si sfoga Calise. Roberto Fico del 5 Stelle di Napoli prima di tutto esulta: “Abbiamo sfondato anche al Sud”.
Poi commenta: “Con la scusa di non far vincere Berlusconi hanno costretto milioni di persone a votare tappandosi il naso. E intanto il centrosinistra non è migliorato, non è cambiato di una virgola, è stato coinvolto negli scandali. Ma guardate dove ci ha portato questo discorso, questo ricatto. Ecco, noi non siamo il partito del meno peggio. Vogliamo provare a indicare una via diversa e, se si può, a essere migliori. Non è presunzione, ma un dovere morale per i cittadini”
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI CATERINA NEI CONFRONTI DI UN EDITORE CHE OFFRIVA TIROCINI GRATIS E SENZA RIMBORSO SPESE DIVENTA UN CASO SUL WEB: 600 EURO IN NERO… “ALL’ESTERO HO UN CONTRATTO VERO”… E LEI SCRIVE A NAPOLITANO
Ha scritto un’email di protesta a un editore che offriva uno stage senza rimborso spese, adatto “solo — recitava l’annuncio — a chi può mantenersi per parecchi mesi a Milano”.
E in tutta risposta, Caterina De Manuele, 28 anni e una laurea al Politecnico di Milano in Design degli interni con 109 su 110, si è presa della “mignotta”.
Eppure lei non lo voleva nemmeno quel posto a ‘Flash art’, un’importante rivista d’arte (“la prima in Europa”, vanta il sito online).
Perchè da mesi ha già un contratto vero.
Lo ha ottenuto prima in uno studio di architettura d’interni in Germania, poi in Inghilterra.
Non in Italia, dove al massimo era arrivata a prendere 600 euro al mese.
In nero.
L’annuncio di Flash Art le ha fatto ripensare a quel periodo. Si è indignata quando ha letto: “Teniamo a precisare che, ahinoi, per almeno 8-10 mesi, il rimborso spese per uno stagista che deve imparare tutto è minimo, quasi inesistente”.
Poco più in là la giustificazione, firmata in prima persona dal direttore ed editore, Giancarlo Politi: “D’altronde lo stage, almeno da noi, vi permette di apprendere al meglio una professione”.
Caterina si è ricordata di quando spulciava le offerte di lavoro una a una. “Mi sono laureata a ottobre 2008. Subito dopo l’inizio della crisi. Ho infilato curricula in ogni mail box esistente”.
Il colloquio arrivava solo in pochissimi casi.
E spesso era una delusione: “Mi chiedevano di lavorare gratis nel periodo di prova. Domandavo: ‘Per quanto tempo? Due-tre mesi o cinque-sei?’”. Risposte vaghe.
Così come nessuna certezza c’era sul dopo: “Al massimo potevo aspirare a una finta partita Iva”.
Alla fine l’avevano presa per uno stage gratuito.
Poi qualche mese di lavoro senza contratto regolare in uno studio di architetti nel capoluogo lombardo.
Quando ha visto l’annuncio, Caterina si è arrabbiata, “perchè veniva spacciato per stage un lavoro da editor, che richiedeva una persona già formata”.
Così ha deciso di scrivere un’email a Politi.
Gli ha fatto una domanda diretta: “Perchè i miei genitori o chi per essi dovrebbero pagare perchè io lavori per lei?”.
Poco dopo la risposta. Piccata (leggi lo scambio di email). “Caterina — ha scritto l’editore — se tu fossi in grado di lavorare per noi ti offrirei subito, anzi, prima, due o tremila euro al mese. Prima impara a scrivere, a leggere dai siti e giornali del mondo, a fare una notizia in dieci righe, a fare l’editing di un testo, a impaginare con inDesign e poi potrai avanzare pretese”.
E ancora: “Lo sai cosa dice Tronchetti Provera? Lavorare oggi a buoni livelli è un lusso. Se uno non lo capisce vada a lavorare al Mac Donald”.
Fino al post scriptum: “Chiedi allo Stato di aiutarti. La mia azienda non è di beneficenza. E tu cerchi la beneficenza”.
Niente di più falso, per Caterina.
Se ci si è laureati a piani voti, si sanno usare almeno dieci software tecnici e si parlano quattro lingue, non è certo la beneficenza quella che si cerca.
Glielo ha detto, a Politi. E poi gli ha scritto: “La beneficenza se la faccia fare lei, povero indigente che non può nemmeno pagare un povero stagista il minimo”.
La replica è stata un insulto: “Ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l’arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli”.
Il botta e risposta tra Caterina e il direttore di Flash Art è finito su Facebook.
Poi in Rete è iniziato il tam tam.
Lo scambio di email è stato ripreso dalla pagina sul social network del Manifesto dello stagista, da Lettera Viola e dalla Repubblica degli stagisti.
Molte le proteste piovute sulla bacheca Facebook di Flash Art.
Tanto che Politi ha pubblicato sul sito della rivista un nuovo messaggio, accusando Caterina di avere manipolato e modificato una sua risposta.
Il rimborso spese da “quasi inesistente” è diventato di 350-500 euro al mese.
Mentre chi aveva protestato è stato definito “un utente un po’ frustrato che ignora il moderno concetto di stage”.
Ma il “moderno concetto di stage” non coincide con quello che Caterina ha trovato fuori dall’Italia.
“Nel novembre 2009 ne ho iniziato uno a Stoccarda, in Germania. Pagato 750 euro al mese”.
Poi le hanno fatto il contratto e presto sono arrivate altre opportunità . Così, due mesi fa, Caterina è partita di nuovo, alla volta di Londra.
A fine ottobre terminerà il periodo di prova. E se tutto andrà bene le verrà proposto un contratto a tempo indeterminato da 32mila sterline all’anno (oltre 36mila euro).
”Da quando lavoro all’estero — racconta — seguo personalmente il cliente, partecipo al processo creativo insieme a lui e ai miei superiori”.
Non nasconde la propria soddisfazione Caterina, consapevole di avere dovuto lasciare la sua casa, i suoi genitori, il suo Paese.
E i suoi amici rimasti in Italia.
E’ stato anche per loro che domenica scorsa ha scritto a Giorgio Napolitano (leggi la lettera): “I miei amici fanno tre lavori per mantenersi, buttano giù rospi incredibili e continuano a rimboccarsi le maniche nonostante centinaia di porte in faccia”.
Poi una preghiera: “Signor presidente, ci aiuti a ritrovare le nostre speranze. Non lasciateci soli”. Perchè nessuno offra più lavori non pagati. Anche da noi.
Luigi Franco
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, Lavoro, Politica, radici e valori | Commenta »