Novembre 6th, 2011 Riccardo Fucile
MANCANO 400 MILIONI PER IMBRIGLIARE IL BISAGNO CON LA COSTRUZIONE DI UN CANALE SCOLMATORE… SONO 40 ANNI CHE SE NE PARLA E NESSUNO HA FATTO NULLA
Lo dice la parola stessa: la piena cinquantennale dovrebbe arrivare una volta ogni mezzo secolo.
Invece il Bisagno ne ha regalate tre in quarant’anni.
Il Bisagno per Genova è come il Vesuvio per Napoli, una bomba pronta a esplodere intorno a cui, follemente (ma con le approvazioni delle autorità ) è cresciuta la città . Il fiume oggi, dopo gli ultimi interventi, può reggere 710 metri cubi d’acqua al secondo.
Le piene più devastanti ne portano 1. 300. I seicento di troppo devastano la città .
Uccidono.
Ecco la bomba del Bisagno e del Fereggiano che venerdì è esplosa.
E adesso tutti a Genova temono di restare con il cerino in mano.
La posta in gioco è alta. C’è in ballo anche la guida della città e della regione. Così ieri in molti hanno cominciato a puntare il dito contro Marta Vincenzi.
Un po’, forse, perchè il sindaco è il parafulmini.
Non solo: siamo alla vigilia delle elezioni, Vincenzi è sola.
Di fronte ha il centrodestra, alle spalle una parte del suo centrosinistra, che sarebbe lieto di togliersela dai piedi.
Poi Vincenzi ci ha messo del suo, con le dichiarazioni della prima ora: “Se qualcosa abbiamo sbagliato, è stata la scelta di fare poco terrorismo”. Ancora: “Non mi sento responsabile. I genovesi devono capire che l’allerta 2 è una cosa seria”.
Le scuole aperte? “Pensate se i bambini fossero stati in giro per la città invece che in luoghi sicuri”.
Nessun mea culpa.
Così gli abitanti della val Bisagno l’hanno contestata.
Venerdì a Genova qualcosa non ha funzionato: le scuole erano aperte. All’una, quando il Bisagno e il Fereggiano hanno invaso il centro, c’erano migliaia di ragazzi per strada.
A Brignole il traffico era congestionato come in un giorno qualsiasi.
Se il Bisagno fosse esploso come nel 1970 oggi conteremmo decine di morti. Ma la tragedia del Bisagno, e l’alluvione di polemiche che in Italia segue sempre quella di fango, ci raccontano altro.
Dalle nostre parti la matematica è un’opinione.
È vero, c’è la crisi, ma per il Ponte sullo Stretto targato Berlusconi sono previsti 10 miliardi.
Per l’autostrada Mestre-Civitavecchia, cara al centrosinistra, siamo oltre i 15 miliardi.
Mentre a Genova mancano 400 milioni per imbrigliare il Bisagno, un torrente d’estate invisibile che in autunno si ricorda di essere un fiume.
Così si fanno i risparmi in Italia: “Le alluvioni dal 1945 al 1970 sono costate molto più di quanto sarebbe stato necessario per mettere in sicurezza il fiume”, assicura Paolo Tizzoni, dirigente Area Sviluppo Urbanistico del Comune.
E non contiamo le alluvioni dei primi anni Novanta e quella di venerdì. Insomma, se si fosse intervenuti per tempo, si sarebbero risparmiati centinaia di milioni.
Senza contare le vite umane: più di trenta dal 1970 a oggi.
Ma i morti non entrano nei bilanci dello Stato.
La storia del Bisagno dice molto dello spirito con cui si affrontano — o meglio, non si affrontano — le emergenze in Italia: soldi cacciati al vento, opere lasciate a metà , interventi tampone, competenze divise tra una miriade di enti. E morti.
A Genova la parola magica è “scolmatore”, l’opera che risolverebbe la questione.
In pratica è una bretella che raccoglierebbe 450 metri cubi d’acqua del fiume e li devierebbe altrove.
Se ne parla dagli anni Settanta, è stata avviata, poi lasciata a metà , con un seguito di inchieste giudiziarie.
Poi ripresa nel 1998, ma mancano i fondi.
A chi tocca, però, curare i fiumi liguri che si trasformano in killer ogni autunno, dal Vara al Magra, passando per il Bisagno?
“La legge è un labirinto”, allarga le braccia Sebastiano Sciortino, assessore all’Ambiente della Provincia di Genova.
“La parte alta dei fiumi toccherebbe alla Provincia, quella bassa a Regione e Comuni. E poi ci sono anche i frontalisti”.
Cioè? “Gli abitanti”. Sembra fatto apposta per perdersi.
Così nello stesso ente c’è un assessore che parla di investimenti per 160 milioni e un altro che si limita a 10.
Ma che cosa è stato fatto davvero?
Mario Margini, assessore ai Lavori Pubblici del Comune, mostra i suoi dati: “Per l’assetto idrogeologico abbiamo lavori in corso per 132 milioni. La nostra Giunta ha ultimato cantieri per 81 milioni”.
Ma il Bisagno e il Fereggiano? “Sono stati oggetto di importanti e recenti interventi”, ha assicurato Claudio Burlando, presidente della Regione.
Già , interventi alla foce e a monte.
Sono stati abbattuti palazzi che rischiavano di formare una diga in caso di alluvione. Lo scolmatore è stato approvato, ma resta al palo dopo i tagli selvaggi di Berlusconi.
E la pulizia del fiume? “Dire che l’alluvione è stata provocata dalla sporcizia è una fesseria”, è perentorio Margini.
Aggiunge: “I rivi erano stati appena puliti”.
Gli abitanti della Val Bisagno non sono tutti d’accordo: “C’erano tronchi e rifiuti di ogni genere”.
Una cosa è certa: i soldi sono pochi.
“Noi ce la mettiamo tutta. Per la pulizia dei fiumi abbiamo stanziato circa due milioni l’anno”, racconta Paolo Perfigli, assessore alla Pianificazione di Bacino della Provincia.
Pochi soldi, tante polemiche.
Spesso nessun responsabile.
Il presidente Giorgio Napolitano ieri ha sollecitato chiarezza: “Cerchiamo ancora di capire quali siano state le cause della tragedia”.
Beppe Grillo, che è originario dei quartieri alluvionati, è duro: “L’Italia del fango sta mostrando il suo ghigno. Il cittadino è solo. L’Italia del cemento lo sta seppellendo vivo. Non c’è governo, non c’è opposizione, ma un comitato di affari che si spartisce il Paese. Oggi mi sento impotente, la distruzione di Genova era annunciata. Ho visto la mia città trasformata in fanghiglia”.
Ma non c’è solo il Bisagno.
Il Wwf lanciano altri allarmi: “La Regione Liguria ha ridotto il limite previsto per le nuove costruzioni lungo i fiumi. Erano dieci metri, adesso sono tre. Si rischiano nuovi disastri”.
La Liguria continua a crescere intorno al suo Vesuvio.
In attesa che esploda ancora.
(da “Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 6th, 2011 Riccardo Fucile
DALLA CONVENTION DEL TERZO POLO IL PRESIDENTE DELL’ANTIMAFIA ATTACCA: “RISTORANTI PIENI? SONO PIENE LE MENSE DELLA CARITAS”… “L’UMILIAZIONE INTERNAZIONALE DEL NOSTRO PAESE NON HA PRECEDENTI”
Il governo di unità nazionale è “ormai una scelta obbligata”. 
Chi lascia il Pdl “non è un traditore” come sostiene il premier ma “è stato tradito”. E a essere pieni in Italia non sono solo i ristoranti ma “le mense della Caritas”. Beppe Pisanu, il senatore che da mesi sta riunendo gli scontenti della maggioranza a Palazzo Madama, attacca apertamente Silvio Berlusconi, chiedendone le dimissioni.
E lo fa alla convention del Terzo Polo, dal palco: evento rarissimo per Pisanu.
Il presidente dell’Antimafia ha sempre evitato di tenere comizi, ha sempre preferito rimanere lontano dai riflettori e dai flash: rare le foto che lo ritraggono. Ma oggi è salito sul palco.
E ha chiesto a Berlusconi di fare un passo indietro, di “contribuire” alla nascita di un governo di unità nazionale perchè “più si arrocca più aumenteranno le sue responsabilità nella crisi”.
L’attacco di Pisanu arriva il giorno dopo quello di un altro cattolico del partito, Roberto Formigoni, che ieri ha invitato il premier a lasciare, e a stretto giro dalle parole dell’altro dissidente del Pdl, Claudio Scajola, secondo cui “i numeri della maggioranza sono troppo risicati per garantire un governo efficace”.
E’ poi il leader dell’Udc ad aggiungere un altro tassello al governo di unità : “Senza il Pd non possiamo ricostruire il Paese, un governo senza il Pd è da irresponsabili”, dice Pierferdinando Casini.
E specifica ulteriormente la proposta di Pisanu: “Un governo di unità con Terzo Polo, Pd e Pdl”.
Ma inizia dal partito. “Chi nel Pdl vede le cose che succedono nel Paese e le denuncia e chiede di cambiare non sono traditori, semmai traditi”, quasi grida quando smonta l’accusa piovuta da Berlusconi, a Cannes, sui critici nella maggioranza.
“Come tanti — sottolinea non a caso il presidente dell’Antimafia, dalla convention del Terzo Polo — sono persuaso che Italia ha tutte le risorse necesarie per superare la crisi”.
Ma “per cambiare le cose da cambiare e che non siamo ancora riusciti a fare, bisogna mobilitare le migliori energie del Paese e tutte le forze che le rappresentano, nella società e nel Paese”.
Lo ribadisce più volte, Pisanu nel suo intervento. “Nessun normale governo di centrodestra o di centrosinistra — avverte l’ex ministro dell’Interno — sarebbe in grado di reggere il peso tremendo della crisi e di gettare contemporaneamente le basi per un futuro migliore. C’è bisogno di tutti. Ormai — scandisce — il governo di unità nazionale è quasi una scelta obbligata e un dovere verso gli italiani”.
Perchè “l’Italia sta male e rischia di finire peggio” a causa della crisi che morde il Paese.
“Il paradigma — dice infatti il senatore Pdl — non sono i ristoranti affollati ma le mense della Caritas che si riempiono di nuovi poveri”.
Una considerazione seguita da un riferimento al fatto che “l’umiliazione internazionale del nostro Paese non ha precedenti”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 6th, 2011 Riccardo Fucile
INCOLLATO ALLA POLTRONA PER SALVARE I SUOI AFFARI: GABINETTO DI GUERRA CON MARINA E CONFALONIERI….RIAPRE IL MERCATO DEGLI ONOREVOLI
Una certezza incrollabile in queste ore di rabbia, stanchezza e solitudine a Roma, al ritorno dal G20 di Cannes: rimanere a Palazzo Chigi è l’unica assicurazione sulla vita e sulla “roba” del Cavaliere.
Il resto non conta. Anzi, il resto è “merda”, parafrasando il titolo del Foglio di ieri.
Il Fatto raccoglie lo sfogo del premier che ha avuto nella sua cerchia di fedelissimi. E che ieri lo ha portato a smentire le voci di dimissioni circolate sin dalla mattinata: “Non me ne vado per continuare la battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi”.
La riunione di casa
La trattativa per recuperare i “Giuda” del Pdl è in atto ed è apertissima a qualsiasi risultato, ma non saranno nè Verdini nè Alfano, nè tantomeno Gianni Letta ad avere l’ultima parola.
Il vero gabinetto di guerra, Silvio Berlusconi lo riunirà all’inizio della prossima, decisiva settimana. Forse già lunedì, secondo le sue intenzioni.
A Palazzo Grazioli arriveranno i figli Marina e Pier Silvio e l’amico Fedele Confalonieri. La primogenita è presidente di Fininvest e Mondadori, nonchè consigliere di amministrazione di Mediobanca; Piersilvio è vice di Confalonieri a Mediaset.
La riunione è stata voluta dai figli per ribadire al padre in difficoltà la linea da seguire: non mollare.
Le tv e il ddl Gentiloni
“Devi restare”. Perchè le televisioni vanno male, sono piene di debiti e in crisi di ascolti, e un nuovo governo di transizione potrebbe riprendere in mano il vecchio ddl Gentiloni sulla riforma tv (dal nome del ministro del centrosinistra che lo fece nel 2006) per affossare la Gasparri.
Quel disegno di legge mai andato in porto conteneva norme che lo stesso B. definì “banditesche e criminali”, frutto di “una vendetta politica”.
La più temuta, sul mercato pubblicitario, la spiegò Gentiloni in un’intervista al Riformista dell’ottobre 2006: “La Gasparri assicura a Mediaset un notevole vantaggio competitivo. In realtà non c’è alcun intento punitivo per Mediaset. Sembra normale controllare il 65% del mercato pubblicitario? Non accade in nessun Paese occidentale. Il ddl prevede un tetto del 45 per cento”.
Ecco, uno dei motivi per cui B. è costretto a resistere.
La tutela del suo conflitto d’interessi, che lo costrinse alla “discesa in campo” nel 1994, in un momento di forte crisi per le sue aziende.
Ieri, non a caso, Marina Berlusconi ha fatto sentire la sua voce in questa fase drammatica per il papà : “Contro di te, l’Italia degli irresponsabili”.
L’affare Grande Fratello
Non solo la crisi. Il timore dei figli è che il crollo della diga politico-familiare-aziendale di Palazzo Chigi spalanchi praterie ai giudici “comunisti” per “distruggere tutto”.
La prova, secondo la famiglia Berlusconi, è l’assegno da 560 milioni di euro intestato all’odiato De Benedetti per il risarcimento del Lodo Mondadori.
Per B. padre e figli la sentenza d’appello dello scorso luglio è un’ossessione quotidiana. Nonchè un mantra per resistere.
Poi c’è, ovviamente, la paura sulle conseguenze di inchieste e processi penali una volta fuori da Palazzo Chigi (si va da Mills a Ruby).
Ma di crucci sulla “roba” ce n’è ancora un altro. I
l possibile affare del secolo : l’acquisto dell’Endemol, il gruppo olandese che produce il Grande Fratello.
L’affare vale un miliardo di euro e Mediaset è in corsa in coppia con il fondo italiano Clessidra. Adesso però ha fatto pervenire un’offerta il colosso americano Time Warner.
Ai suoi interlocutori, il premier ha manifestato la preoccupazione di perdere “il grande business”, concludendo la frase con un rimpianto.
In pratica, se non fosse per la protezione della “roba”, lui avrebbe già mollato la poltrona di premier per tornare a occuparsi delle aziende “in modo vincente” e battere, in questo caso, Time Warnes nella battaglia per Endemol.
Lo dice Angela
Nel suo sfogo privato, B. ha anche parlato delle sue sempre più difficili relazioni internazionali.
Obama, si è lamentato, non gli rivolge la parola e la prima pagina del Financial Times di ieri è stata un colpo durissimo. In particolare quella foto di lui e Tremonti che non si guardano.
Una figura pessima per chi ha rappresentato l’Italia a Cannes. Il clima di “isolamento” è totale in Europa e l’unica rimasta a dargli consigli è la tedesca Angela Merkel.
Sembra paradossale dopo l’incidente della “culona inchiavabile”, ma B. ha rivelato una telefonata ricevuta da lei prima del G20: “Silvio a Cannes ti consiglio di parlare al passato e non al futuro. Dici ‘abbiamo fatto’ e non ‘faremo questo’”.
“Lasciare a Letta? Assurdo”
Coi suoi, B. non poteva non toccare la strategia per uscire dal pantano che potrebbe portarlo alla caduta già la prossima settimana.
L’imperativo è uno solo: le elezioni anticipate nel 2012.
Ma come convincere il capo dello Stato che non le vuole? Ferrara, sul Foglio, gli ha suggerito di proporre a Napolitano la rielezione al Quirinale.
La strada è praticabile? L’obiettivo in questo caso è perdere nel 2012 e fare il capo dell’opposizione per continuare a proteggere famiglia e aziende.
Niente governo Letta, quindi.
Anche perchè “Gianni” non è per nulla amato nel partito. È sempre stato considerato un corpo estraneo prima da Forza Italia, poi dal Pdl. E poi non è un economista come Monti. Che può fare per gestire la crisi meglio di B.?
Un governo Letta determinerebbe una situazione “assurda”: il partito che “ho fondato e che rappresento” dovrebbe sostenere un esecutivo che metterà le mani in tasca agli italiani.
“Non è possibile”. Questo il quadro autentico del berlusconismo alla vigilia dei prossimi voti parlamentari.
La partita dipende dalla trattativa sui traditori da recuperare.
Nel frattempo il governatore Roberto Formigoni consuma lo strappo finale: “Senza numeri il premier deve lasciare. E sarebbe sbagliato andare al voto anticipato”.
L’esatto contrario di quello che pensa B.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, governo, Politica | Commenta »