Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
DA “DEMOCRAZIA SOSPESA” A “BUONA PARTENZA”… DA UN GOVERNO “LACRIME E SANGUE” DA CACCIARE E UNO CHE “MERITA ATTENZIONE”… NELLE CONTRASTANTI DICHIARAZIONI DI BERLUSCONI E DELLA LEGA IL SEGNO DELLA PROFONDA CRISI DELLA BECERODESTRA
Sì dal Pdl e no dalla Lega. In apparenza tutto chiaro e semplice, ma le cose stanno davvero
così?
A leggere la girandola di dichiarazioni che hanno fatto da sfondo all’insediamento del governo di Mario Monti farsi venire qualche dubbio è più che legittimo.
Per capire davvero la posizione della ex-coalizione di governo occorre infatti leggere, anche tra le righe, le tante esternazioni arrivate da Silvio Berlusconi e dagli stati maggiori del Carroccio.
E il quadro che emerge è decisamente più articolato e movimentato.
Quanto ripetuto in queste ore dall’ex presidente del Consiglio ha in apparenza dello schizofrenico.
Da un lato il governo Monti rappresenta una “sospensione della democrazia”, dall’altro “ha iniziato bene”.
Da un lato durerà solo il tempo concesso dal Pdl perchè “possiamo staccare la spina quando vogliamo” (espressione poi smentita da Berlusconi, ma che nella sostanza era stata illustrata dallo stesso segretario Alfano in occasione delle consultazioni con Napolitano), dall’altro “opererà in maniera tale da essere utile al Paese per tutto il tempo che rimane”.
Contraddizioni che segnalano le difficoltà in cui si dibatte il Cavaliere, stretto dal desiderio di apparire un politico responsabile, ma allo stesso tempo intimamente proiettato verso una nuova campagna elettorale in grado di cancellare con i suoi toni urlati una legislatura trascorsa, tra problemi politici, economici, giudiziari e privati, come un autentico calvario.
Un desiderio di correre al voto che si scontra però con la consapevolezza che accelerare troppo i tempi rischia di spingere gli ex-malpancisti del Pdl dritti dritti nelle braccia di Casini.
Uno scenario che Umberto Bossi non si nasconde.
Mario Monti? “Durerà – dice il Senatur – fino a quando faranno il partito dietro di lui”.
E non c’è nessun dubbio che quel “faranno” sia riferito a Casini e Fini, pronti ad attingere a piene mani tra gli ex Dc del Popolo della Libertà .
“Sì – dice ancora il leader della Lega – (Monti, ndr) l’hanno messo loro lì”.
Berlusconi sa quindi che il tempo rischia di lavorare contro di lui, ma in questo momento non è in grado di forzare la mano e in pubblico ostenta quindi lealtà verso Monti e un inedito spirito repubblicano.
Paradossalmente all’interno della Lega la situazione è però esattamente speculare.
Anche nel Carroccio covano infatti da tempo tensioni scissionistiche.
Così per un Bossi che parlando del neo presidente del Consiglio dice “lo cacceranno quando la gente si incazzera”, lo scalpitante Roberto Maroni appare molto più cauto.
“Mi aspetto da Monti che faccia una cosa che non siamo riusciti a fare per l’opposizione del ministro dell’Economia: se rivede il patto di stabilità per far spendere soldi ai Comuni virtuosi, noi voteremo sì”.
E per un Roberto Calderoli che inveisce a più riprese contro il Professore, concludendo con la chicca “mi aspettavo lacrime e sangue, non mi aspettavo che ci fregassero anche il fazzoletto”, Flavio Tosi si spinge pesino più in là di Maroni: “Se Monti propone misure condivisibili nulla vieta che le si possa sostenere senza alcun problema”, dice il sindaco di Verona, aggiungendo quella che sembra essere una pietra tombale sulla possibilità di una ricucitura con il Pdl.
“Per esempio una patrimoniale sui grandi patrimoni sarebbe – sottolinea – di assoluto buonsenso, piuttosto che colpire in modo generico le famiglie o i Comuni come ha fatto anche Berlusconi”.
Come avrebbe detto Mao, “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Resta solo da capire per chi.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
PER LA PRIMA VOLTA E’ STATO DELINEATO UN DISEGNO ORGANICO, CON PRIORITA’ E STRATEGIA A LUNGO TERMINE…UN “GOVERNO DI IMPEGNO NAZIONALE” CHE COINVOLGA GLI ITALIANI TUTTI
Molte delle cose sentite enunciare da Mario Monti negli ultimi dodici anni le avevamo già ascoltate da Berlusconi e da Prodi: la promessa di abbassare le aliquote, ad esempio, è stata la parola d’ordine di tutti i governi di centro-destra, mentre la formula trinitaria «rigore-crescita-equità » è stata il leit motiv dell’ultimo governo di centro-sinistra.
La novità del discorso di Monti è un’altra.
La novità sta nell’assemblaggio, ben più che negli ingredienti.
Quel che Monti ci ha offerto è una visione dei problemi della società italiana al tempo stesso scontata e nuovissima.
Scontata perchè, come ha sottolineato egli stesso in un passaggio del suo discorso, le misure per uscire dalla crisi sono le stesse che «gli studi dei migliori centri di ricerca italiani» invocano da anni.
Nuovissima perchè mai, in nessun discorso dei precedenti presidenti del Consiglio, le priorità del Paese sono state enunciate con altrettanta forza, e in un ordine così preciso.
In questo senso la discontinuità c’è stata davvero, ed è stata una discontinuità con tutti i governi dell’ultimo decennio, non solo con l’ultimo governo Berlusconi.
Qual è il nucleo di tale discontinuità ?
Qual è l’idea forte, non ovvia, del governo cui il Parlamento si appresta ad accordare la fiducia?
Ognuno di noi, è chiaro, non può che aver provato un moto di gioia, per non dire di felicità , al solo sentir enunciare credibilmente, alcune idee-chiave: responsabilità , promozione del merito, lotta contro i privilegi, riduzione dei costi della politica, valorizzazione del talento dei giovani e delle donne.
Però il punto cruciale, il punto che segna una vera svolta rispetto al passato, è la priorità assegnata alle misure per la crescita.
Una priorità basata su una amara, per non dire spietata, constatazione riguardo al passato: «l’assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti».
E al tempo stesso un messaggio di speranza, perchè non si limita ad annunciare nuovi sacrifici, ma ci chiama tutti a raccolta, per far sì che i sacrifici servano a migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli.
Non a caso, cercando di definire il nuovo esecutivo, Mario Monti ha scelto l’espressione «Governo di impegno nazionale», a sottolineare il contributo attivo che spetterà ad ognuno di noi.
Nel suo discorso di insediamento Monti ha detto in modo piuttosto chiaro che il problema del nostro enorme debito pubblico non lo risolveremo nè con una gigantesca imposta patrimoniale, nè con lo smantellamento dello Stato sociale, nè con la lotta all’evasione fiscale, ma adottando tutte le misure necessarie per modernizzare finalmente l’Italia e consentirle così di tornare a crescere.
E fra tali misure ha indicato non solo quelle che producono effetti nel periodo mediolungo, come le liberalizzazioni, ma anche l’unica misura che ha qualche possibilità di produrre effetti significativi nel breve periodo: un significativo abbassamento delle aliquote che gravano sui produttori di ricchezza, ossia lavoratori e imprese.
L’idea centrale di Monti, in altre parole, pare essere quella di utilizzare sia i proventi della lotta all’evasione, sia i margini di manovra impliciti nella delega fiscale, per cambiare radicalmente la composizione del gettito: aliquote più basse su lavoratori e imprese, finanziate contrastando il sommerso e aumentando il prelievo su consumi e patrimoni.
Sottostante a tale idea vi è la convinzione che la montagna del debito pubblico italiano – quasi 2000 miliardi di euro – non possa essere seriamente intaccata imponendo anni e anni di lacrime e sangue ai contribuenti, ma solo chiamando le migliori energie del Paese a far crescere un’altra montagna, quella della ricchezza prodotta.
Tanto più che di tale ricchezza vi sarà sempre più necessità , visto che il nostro Stato sociale è largamente incompleto, privo com’è di ammortizzatori sociali universali e di politiche contro la povertà e la non autosufficienza.
«Vasto programma», avrebbe forse detto il generale De Gaulle.
Ma è precisamente quello di cui l’Italia ha bisogno.
Luca Ricolfi
(da “La Stampa“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
I NUOVI COMPONENTI DELL’ESECUTIVO DI MONTI IN FUGA DAI CRONISTI… ABITUATI ALLE FORME DI ESIBIZIONISMO DEI POLITICI PRECEDENTI, CRONISTI IN DIFFICOLTA’
Forse ha ragione Giampiero Cantoni, senatore del Pdl, che il neopremier lo conosce da ’72, quando
assicura che «se Monti si taglia un dito il sangue non gli esce. Era così freddo anche da studente».
Eppure fa effetto assistere all’approccio marmoreo dei “professori” con la stampa alla loro prima uscita parlamentare.
Sarà come dice il neo ministro Andrea Riccardi, sorseggiando un caffè alla buvette, che «siamo passati dal Carnevale alla Quaresima », ma il passaggio è troppo brusco per non generare un certo sgomento. Soprattutto tra i giornalisti.
Tranne vecchi volpi come Corrado Passera, uomo di larghe frequentazioni, gli altri sembrano più che intimoriti verso chi si aggira con un taccuino in mano, come se qualcuno – dicono lo stesso Monti alla prima riunione a palazzo Chigi – li avesse già catechizzati sulla distanza da mantenere con la stampa.
E insomma, nel Transatlantico di palazzo Madama, i neo nominati si affacciano come bimbi durante l’inserimento alla materna: un passo avanti e due indietro, un’occhiatina fugace e una rapida fuga dietro il cordone protetto dei commessi.
Dire che alzano un muro è poco. In cima ci aggiungono anche il filo spinato.
Quando un cronista incontra Piero Giarda, l’approccio è da carta vetrata: «Lei è un giornalista, con i giornalisti non parlo».
Il malcapitato replica: «Ma lei è il ministro dei rapporti con i Parlamento, dovrà confrontarsi prima o poi».
Giarda lo fucila: «Per il confronto bisogna essere in due, arrivederci».
Non va meglio l’approccio con Andrea Riccardi, che pure è abituato a trattare con tipacci di mezzo mondo in quella “piccola Onu” che è la Comunità di S. Egidio.
«Le posso dare il mio cellulare?», chiede ingenuamente un giornalista. Il ministro alla Cooperazione si allontana sorridendo: «Guardi, in questo momento non abbiamo problemi con la stampa».
Altro corridoio altra sfinge. Stavolta non è un ministro, si tratta del giovane Federico Toniato, il dirigente del Senato che in questi giornio è stato l’uomo ombra del premier.
Anche di fronte alla domanda più innocua – «allora, quand’è che Monti farà il primo tour in Europa?» –, Toniato osserva alla lettera la consegna del silenzio.
Non solo non risponde ma guarda nel vuoto.
Ne è perfettamente consapevole, tanto che ci tiene a dare spiegazioni accennando un sorriso: «Mi scusi l’inespressività del volto, ma non posso rispondere nemmeno muovendo un muscolo». Qua siamo oltre il “no comment”, al povero Toniato qualcuno deve averlo traumatizzato. Persino Renato Balduzzi, che certo non è di primo pelo, si tiene alla larga.
Il senatore Pd Stefano Ceccanti lo porta un po’ in giro per il Senato, gli presenta qualcuno, ma ogni volta che gli si para dinanzi un giornalista, il ministro della Salute innesca il disco: «Ci sarà modo, ci sarà modo. Arrivederci».
Così, mentre tra i giornalisti della stampa parlamentare si apre una caccia al cellulare dei ministri, con scambi delle figurine («per Passera ti do Clini e aggiungo Severino»), Maurizio Gasparri ricorda che l’approccio algido parte dal Capo in persona: «Quando ero ministro delle Comunicazioni e avevamo un problema con Monti dovevamo chiamare Prodi per parlarci. Dicevamo: Romano, tu che sei il presidente della Commissione, potresti dire a Monti che…Ecco, è fatto così. Nemmeno a noi rispondeva al telefono».
Così, con i ministri in contumacia, la giornata a palazzo Madama offre pochi altri spunti da annotare.
C’è la malinconica figura di Gianni Letta, che assiste da solo al dibattito dal loggione degli ospiti. C’è la famiglia Monti al completo: i due figli e la moglie Elsa, vestita di rosso, tutti serissimi e immobili.
C’è Calderoli che fa il pollice verso al Professore. La Santanchè che dice di aver preso il «biochetasi» alla vista della sinistra «che si genuflette ai banchieri».
Ma la vera polaroid della giornata è l’abbraccio (con bacio) tra Anna Finocchiaro e Quagliariello.
Il sipario cala sulla Seconda Repubblica.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO PROMUOVE A PIENI VOTI IL NUOVO PREMIER: “UMILE, MAI CONFLITTUALE, HA SAPUTO TOCCARE I TASTI GIUSTI: UNA STRATEGIA INTELLIGENTE PER CONQUISTARE GLI ITALIANI” … “PUO’ DARE UNA CHANCE AL PAESE”
Il neo primo ministro Mario Monti domina le pagine della grande stampa internazionale.
Fra tutti i resoconti sul suo esordio politico in parlamento spicca l’editoriale che gli dedica il Financial Times.
L’opinione è chiara fin dal titolo: “L’uomo che potrebbe salvare l’Italia”. E il sottotitolo aggiunge: “Il primo discorso di Monti getta un salvagente al suo paese”.
Fin da quando il presidente Napolitano gli ha chiesto di formare un nuovo governo, comincia l’editoriale non firmato (dunque espressione della direzione) che apre la pagina dei commenti del Ft, egli “sapeva di camminare su un filo sospeso”: da un lato doveva portare avanti dure riforme economiche; dall’altro ottenere il sostegno sia del parlamento che del popolo italiano.
Nel suo discorso di ieri al Senato, l’ex commissario europeo “ha dimostrato di essere pronto per questo equlibrismo”, afferma il più importante quotidiano finanziario d’Europa.
Sul fronte economico, il discorso di Monti ha toccato tutti i tasti giusti, prosegue l’articolo: “La sua strategia per ridurre il deficit e far ripartire la crescita è quella giusta e va incoraggiata”.
Il suo programma di riforme politiche viene definito altrettanto valido, “un necessario primo passo per ridare credibilità all’Italia sui mercati internazionali dopo la faciloneria di Berlusconi”.
Il problema è come realizzare riforme economiche e politiche di ampio raggio. Come tecnocrate non eletto da nessuno,
Monti può scoprire quanto sia difficile raccogliere l’appoggio del parlamento e dell’opinione pubblica, riconosce il Ft.
Ma i suoi primi giorni nell’incarico “offrono assicurazioni” al riguardo.
Il suo discorso d’esordio al Senato è stato “umile”. Il suo tono non è stato mai “conflittuale”.
Ha perfino ringraziato il suo predecessore Berlusconi per la sua disponibilità a organizzare la transizione, “e ottenere il suo sostegno è importante poichè il Pdl è ancora il maggiore partito in parlamento”.
Ma ottenere l’appoggio del parlamento, ovvero dei partiti che sostengono il governo di unità nazionale, “è solo metà ” di ciò di cui Monti ha bisogno, sottolinea il quotidiano della City.
L’altra metà è “vincere i cuori e le menti degli elettori”.
Da questo punto di vista, la strategia del nuovo primo ministro appare “intelligente”: come primo passo si è impegnato a ridurre i costi del sistema politico italiano, mossa che lo renderà popolare.
Inoltre ha fatto appello agli “outsider”, i giovani e le donne, due forze largamente escluse dal mercato del lavoro italiano e che egli sa di dover conquistare per portare avanti riforme strutturali.
Giudicando dai sondaggi, conclude l’editoriale del Ft, Monti e il suo governo “hanno un po’ di tempo a disposizione, ma devono agire rapidamente”.
I mercati “attendono impazienti di vedere nuove misure”.
E la sua “luna di miele con gli elettori potrebbe non durare a lungo”. Ciononostante, “l’abile capacità politica di Monti può dare all’Italia una chance, e in tempi di profonda crisi non ci si può aspettare molto di più”.
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER RIBADISCE L’INTENZIONE DI ATTUARE LE RIFORME E LANCIA STOCCATE: “STACCARE LA SPINA? NON SIAMO UN POLMONE ARTIFICIALE” E POI ANNUNCIA: “SACRIFICI PER CHI FINORA HA DATO MENO”
Dopo quella del Senato di ieri, il governo di Mario Monti incassa anche quella della
Camera: una fiducia record con 556 Sì e 61 no.
A favore hanno votato quasi tutti i gruppi parlamentari.
Solo dai leghisti di Montecitorio è arrivato un compatto no (59 deputati). Voto negativo anche da Domenico Scilipoti e Alessandra Mussolini.
Quelli ottenuti da Monti sono numeri di rilievo assoluto, che nella conferenza stampa successiva al voto fanno parlare il premier di un “inatteso nuovo clima di dialogo in Parlamento”, incoraggiando un armistizio tra i partiti.
E ricordando di “non essersi mai candidato a nulla”, a chi gli chiede se è intenzionato a correre nelle prossime elezioni politiche.
Monti dice poi di “Non escludere sacrifici” parlando dei provvedimenti che dovrà prendere il Governo per rilanciare l’economia.
Sacrifici che, spiega il premier, “verranno richiesti a quelle categorie che finora hanno dato di meno”.
Nella stessa occasione, Monti ha espresso parole di condanna per “la piazza
contro Berlusconi”, e ribadito che sulle prossime manovre, cercherà “il più ampio consenso possibile”.
La replica a Montecitorio.
Prima del voto, accoglienza calorosa per le parole del nuovo premier delle opposizioni, più timida da parte del Pdl, fredda e rumorosa quella della Lega. Monti ha parlato in aula alla Camera circa mezz’ora, ribadendo che il suo governo sarà di “impegno nazionale”, prima di porre la fiducia.
L’emiciclo replica la scena già vista ieri al Senato, con il Carroccio forse meno scatenato rispetto a palazzo Madama: “Elezioni”, “al voto” sono le parole che si sentono dai banchi della Lega, ma sono voci isolate.
Il presidente del Consiglio ha ringraziato Gianni Letta con queste parole: “Sia ieri al Senato che oggi alla Camera una persona molto rispettata da tutti mi ha usato la grande cortesia di essere presente in tribuna per ascoltarmi: Gianni Letta”, ricevendo l’applauso della Camera.
Ringraziamenti anche al presidente della Camera Gianfranco Fini, “per il ruolo sempre costruttivo e molto utile con il quale in questi giorni mi ha agevolato, così come il presidente del Senato, nel mio percorso da novizio”. E al termine delle dichiarazioni di voto sulla fiducia al governo, l’ex premier Berlusconi (inizialmente assente in aula) si è diretto verso i banchi dell’esecutivo, passando in rassegna tutti i ministri, per poi raggiungere Monti, con cui si è brevemente intrattenuto a parlare dopo una stretta di mano.
“Ce la faremo”.
Monti ha illustrato lo scenario in cui si muoverà il nuovo governo, definendo il compito “già quasi impossibile” aggiungendo poi “ma ci riusciremo”.
Il professore risponde poi alle polemiche sollevate dalla Lega sul ministero della Coesione territoriale. “Nessuna contraddizione tra il federalismo fiscale e il ministero della Coesione territoriale”, dice Monti: “Non vedo nessuna contraddizione tra il rispetto, per quanto è gia stato deciso in materia di federalismo che ovviamente il governo intende seguire da vicino nel processo di attuazione, e l’avere istituito una specifica attenzione alla Coesione territoriale, che è il valore che interessa tutti”.
Poi, aggiunge il premier, “dipende dalle modalità con cui viene realizza, come tutti gli altri temi saremo aperti alla dialettica e al dibattito”.
C’è spazio anche per una citare Spadolini: “Vi prego, continuate pure a chiamarmi professore”, ha detto Monti, “Anche perchè l’altro titolo, Presidente, durerà poco”.
E proprio citando l’ex premier repubblicano ha spiegato: “I presidenti passano, i professori restano”.
Stoccate e battute.
Monti non risparmia le stoccate alla Lega – applauditissime dall’opposizione – e a quanti in questi giorni hanno parlato di un governo espressione dei poteri forti. Il Pdl applaude a tratti.
Pd, Idv e Terzo polo quasi si spellano le mani invece a sottolineare la loro soddisfazione per le parole pronunciate dal professore.
Ironia inglese, aplomb continentale, così Monti risponde alle accuse e agli attacchi di queste ore.
Ricordando come per gli Usa lui fosse il “Saddam del business”:
“Il giorno in cui proibii una fusione tra due grandissime società americane, benchè fosse intervenuto il presidente degli Stati Uniti, l’Economist scrisse che il mondo degli affari internazionali considerava Mario Monti il Saddam Hussein degli affari”, dice il nuovo premier.
E sulle minacce di “staccare la spina” (poi smentite da Berlusconi), Monti dice: “Non siamo un apparecchio elettrico. E poi bisognerebbe capire che apparecchio saremmo, se un rasoio o un polmone artificiale”.
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
LA PRIMA INTERVISTA DOPO IL “TRADIMENTO”: “MOLTI DEPUTATI SI INTASCANO TUTTO E NON FANNO NULLA”
«Rilascio l’intervista se lei legge tutti gli atti della Commissione Cultura in cui sono stata osteggiata dal mio partito e appoggiata dalle opposizioni».
Affare fatto.
Ho tra le mani 40 pagine che narrano l’accidentato percorso della Legge quadro sugli spettacoli dal vivo proposta dall’onorevole Gabriella Carlucci, “Gabriella Iscariota”, per Silvio Berlusconi da quando, abbandonando il Pdl, ha dato la spallata al suo governo ed è diventata il simbolo dei traditori, proprio lei che era una star della Fininvest, tra le prime a passare dalla Tv al partito.
Nel 1994, quando il Cavaliere scese in campo, sorella di mezzo delle tre Carlucci, due lauree, era famosissima: si lanciava col bungee jumping e cavalcava tori di 900 chili a Buona Domenica.
Questa è la sua prima intervista dopo il “tradimento”.
Le 40 pagine trattano materia ingarbugliata, che va da marzo a ottobre 2011 e si accende quando le colleghe di partito Fiorella Ceccacci e Gabriella Giammanco si mettono di traverso o quando la Carlucci si rifiuta di votare un paio di nomine in aperta sfida al ministro della Cultura Giancarlo Galan.
La sostanza è che, alla dichiarazione di voto finale, Pd, Udc e Idv si schierano con lei, tacciando la linea ufficiale del Pdl come uno dei soliti pasticci buono a vanificare tre anni di lavori.
Onorevole, ho letto.
Aspetti. Le mando anche gli articoli di giornale che dimostrano che l’anno scorso il Pdl non mi voleva sindaco di Margherita di Savoia, in Puglia.
Leggo pure quelli. E visiono svariati servizi di Tg locali. In effetti, il presidente della Provincia Francesco Ventola voleva “uno del territorio”, il ministro Raffaele Fitto gli teneva bordone, poi la Carlucci — già deputata di zona, detta “la Thatcher delle Saline” — ha raccolto quattromila firme, Fitto ha capitolato, e lei è stata eletta sindaco col 70 per cento dei voti, portando al Pdl un comune che era rosso da 30 anni e riuscendo pure a gemellarlo nientemeno che con Miami.
In sintesi: se n’è andata con l’Udc perchè i suoi non la sostenevano?
Non è questo. Quei documenti servono solo a dimostrare che ho sempre lavorato bene, che ho una mia indipendenza e non ho mai spiattellato all’esterno i problemi col partito.
Lei teneva alla sua legge.
Era stata votata da tutti i partiti, la vuole tutto il mondo dello spettacolo perchè introduce misure fiscali che darebbero ossigeno a un intero settore in crisi. Eppure, ho chiesto aiuto al segretario, al capogruppo, a Berlusconi.
Nessuno ha fatto niente.
Ci lavoravo dal 1996, da quando ero responsabile del dipartimento spettacolo del partito. Ora sono avvilita perchè avevo messo in conto gli insulti ma non che venissi considerata uno zero, un’ingrata venuta dal nulla. Invece, ho pure il massimo delle presenze in aula e nel 2001 sono stata eletta col maggioritario in un collegio perso.
Cosa l’ha convinta a cambiare partito?
Quando Berlusconi ha detto che i ristoranti erano pieni, non potevo più girare per Margherita di Savoia. Io so che c’è crisi perchè sono sindaco: vedo le banche che non danno soldi, le aziende che licenziano.
Si è sfilata all’ultimo, sul voto del resoconto di bilancio.
Erano mesi che galleggiavamo con uno o due voti di scarto e chiedevamo interventi al partito. Tutti, non solo i sei che il 3 novembre hanno firmato la lettera per l’allargamento della maggioranza. Avevo firmato anch’io, ma Isabella Bertolini mi ha tolta perchè ero la più nota. Mi ha detto: qui finisci ammazzata.
Chi sono i dissidenti rimasti silenti?
Molti li ho visti imboscarsi durante le votazioni sul resoconto: nascosti dietro la porta. Persone senza coraggio.
Come è arrivato a questo punto Berlusconi?
Era attorniato da signorsì che lo isolavano e gli nascondevano la gravità della situazione.
Chi? Verdini? La Russa? Santanchè?
I nomi li sta facendo lei.
Angelino Alfano e Fabrizio Cicchitto?
Loro sono lucidi, come Gianni Letta.
Cosa ha convinto Berlusconi a capitolare
Ha compiuto un gesto di responsabilità che smusserà l’ostilità degli avversari.
Esiste quindi un patto tra gentiluomini in cambio di un passo indietro?
Può essere che vi sia stata una trattativa in questa direzione.
La Severino alla giustizia, che non dispiace a Berlusconi, rientra in questa logica?
Non sono aggiornata, ma anche questo è possibile. Anche se l’altissimo profilo del ministro resta innegabile.
Che altre concessioni avrà il cavaliere
Non userei il termine di concessioni. L’idea è che non subisca aggressioni.
Il Giornale ha scritto che lei alla Camera esce dal retro per paura di incrociare quelli del Pdl.
Io sono sempre passata da lì: andando in auto, entro dal parcheggio laterale.
Che ci fa con tre segretarie tra Trani e Andria?
Raccolgo le istanze dei cittadini, poi io faccio la rompiscatole.
Sarebbe?
Chiamo i ministri, i sottosegretari e chiedo.
Che cosa?
Che so… Chiedo per la guardia carceraria che lavora a Milano, ha la mamma malata, la moglie e i figli in Puglia e vuole tornare al Sud.
Lei raccomanda.
No. Segnalo. Tutto alla luce del sole. Così ho convertito un collegio rosso.
Il Pdl l’avrà ringraziata.
Nessuno ti dice grazie, solo la gente per strada ringrazia.
Anni fa, disse che lo stipendio da deputata non è alto.
Se paghi uffici, bollette, assistenti, i soldi se ne vanno. Ma molti deputati si intascano tutto e non fanno niente.
Con chi si è consultata per la sua scelta?
Con mio marito. E coi miei genitori e le mie sorelle.
Che ha detto Milly?
Mi ha sostenuta perchè mi sostiene qualunque cosa faccia.
Perchè non ha parlato di persona con Berlusconi?
Perchè avevo già deciso.
Magari le avrebbe offerto un sottosegretariato, soldi?
In quei giorni c’era la sensazione che potesse accadere qualunque cosa.
Per la cronaca, la Carlucci ha poi voluto mandare altri documenti.
Sono undici lettere del 2001 inviate a Gianni Letta da direttori di teatri e associazioni culturali: “raccomandazioni dalla base” per segnalare l’egregio lavoro svolto dalla Carlucci medesima al dipartimento spettacolo di Forza Italia e sollecitare un incarico istituzionale nella cultura (che non è arrivato).
L’onorevole ormai dell’ Udc le tiene molto da conto perchè proprio non ci sta a passare per velina ingrata e miracolata.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
SILVIO CI MANCHI, ERI LA NOSTRA MUSA
Silvio, mi manchi. 
L’ho sempre temuto, ma ne ho avuto la certezza ieri pomeriggio.
Quando, in piena sonnolenza post-spaghetto e post-discorso programmatico del nuovo premier, mi sono imbattuto in una tua dichiarazione roboante.
Te la prendevi con Napolitano «maestrino» e con la stampa «terrorista».
Come ai vecchi tempi.
Per un attimo ho creduto che tu fossi tornato, che le tue parole riattizzassero polemiche e scavassero indignazioni. Invece niente.
Non ti ha filato nessuno.
Tutti dietro a quell’altro che parla di «iato» e di «spending review».
Persino gli studenti in piazza ti hanno già dimenticato: i loro cartelli sfottevano solo i banchieri.
Guarda, non dovrei dirtelo, ma persino i tuoi tg hanno fiutato l’aria sobria e anzichè sostenere le tue battaglie contro i mulini forti preferiscono darsi alla cronaca nera. Taccio sulla Rai, per non farti soffrire.
Comunque sappi che davanti alla porta di Casini c’è una tale fila di tuoi ex raccomandati che fra un po’ dovranno dargli il numeretto come alle Poste.
Siamo rimasti soli, Silvio.
Hai spaccato un Paese, abbassato l’asticella del buongusto al livello dell’elastico degli slip, desertificato i cervelli di due generazioni di telespettatori, abolito il senso di autorità e quello dello Stato (già scarsi anche prima di te), sdoganato un esercito di razzisti, squinzie e buzzurri.
Soprattutto hai sparato una quantità inverosimile di panzane.
Eppure eri la mia musa.
Ora basta però, ti devo lasciare.
Per il bene della Nazione e mio personale, da domani scriverò solo degli articoli tecnici.
Massimo Gramellini
(da “la Stampa“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
QUESTO SAREBBE LO STATISTA A CUI STA A CUORE LA SORTE DEL NOSTRO PAESE… PENSA SOLO AGLI INTERESSI SUOI, NON A QUELLO DEGLI ITALIANI CHE HA TRASCINATO NELLA BRATTA
Il governo deve ancora incassare la fiducia e Berlusconi mercoledì notte rivela ai dirigenti più fidati,
trattenuti a Palazzo Grazioli dopo l’Ufficio di presidenza Pdl, quello che in gergo aziendale si chiama preannuncio di licenziamento.
Di tutto questo, va da sè, non vi sarà traccia nel discorso solenne di apertura e sostegno al governo che oggi l’ex premier terrà alla Camera.
Giusto qualche paletto su patrimoniale e ritorno all’Ici, poi disco verde.
È la strategia del doppio binario: puntellare Monti in pubblico, sminuirne ruolo e tenuta nei vertici di partito.
Per tenere insieme gli ex An, i Sacconi e Brunetta sul piede di guerra, da un lato.
E gli sponsor del governo appena nato, dall’altro.
Sarà un’impresa.
«Nessuno sgambetto a Monti» lo ha avvertito ancora ieri Scajola.
A Palazzo Grazioli la musica è diversa.
Mercoledì notte solo la prima delle riunioni operative per una campagna elettorale che per Berlusconi «è partita» col milione di manifesti – «Io raddoppio l’impegno» – apparsi ieri mattina in tutta Italia.
Il congresso nazionale Pdl che il leader ieri sera alla riunione del gruppo a Montecitorio ha preannunciato per la primavera, segnerà lo spartiacque.
«Se tutto va come previsto, il congresso sarà il momento solenne in cui annunceremo la conclusione della parentesi delle larghe intese» racconta uno degli uomini del governo in carica fino a sabato scorso.
Insomma, da lì potrebbe scendere il sipario sull’esperienza Monti.
Al segretario Alfano, ai capigruppo e pochi altri il Cavaliere rivela che ha ingaggiato una mega-società di consulenza internet per lanciare una campagna elettorale «in stile Obama», su piattaforma 2.0.
Base operativa saranno i 1.400 metri quadrati lasciati proprio a Palazzo Grazioli dalla Red tv di Massimo D’Alema, serviranno anche per una Pdl-tv sul digitale.
A dicembre, come avvenuto sotto il governo Prodi, si dovrebbe tenere la manifestazione di piazza alla quale l’ex premier chiamerà a raccolta gli elettori del centrodestra.
Sogna 1-2 milioni sotto lo slogan de «La marcia della libertà » per un partito che appare più di lotta che di governo, che si muove come se fosse all’opposizione.
«Sarò io il manager della campagna elettorale, voglio lo spirito del ’94» galvanizza i suoi. E in effetti ha ripreso in mano le redini del partito.
Non solo oggi terrà lui il discorso a Montecitorio a nome del Pdl, ma anche ieri mattina alla riunione di gruppo al Senato ha parlato per 45 minuti senza mai dare la parola ad Angelino Alfano, pur ripetendo che è «il giovane segretario che tutti ci invidiano».
«Con Bossi, state tranquilli, riprenderò a cenare io ogni lunedì» ha rassicurato invece i deputati in serata.
Tra gli uomini di Cicchitto, tuttavia, in questo momento prevalgono smarrimento e incertezze. «Ma in ufficio di presidenza dobbiamo trovarci sempre le solite facce?» incalza Alessandra Mussolini che chiede ora che gli ormai ex ministri non ne facciano più parte di diritto.
«È un problema che affronteremo in direzione» risponde Berlusconi che ammette l’esistenza del problema.
Qualcosa dovrà cambiare ai piani alti. Del partito, ma anche del Giornale di famiglia, forse.
Quando uno dei deputati gli chiede conto della linea parecchio aggressiva su Monti che rischia di mettere in imbarazzo il partito, il patron rivela: «Non la condivido.
Non posso dirvi di più, ma sto per prendere provvedimenti».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
IL PDL VOTA PER MONTI MA IL COLLANTE E’ LA CAMPAGNA ELETTORALE…. CONGRESSO A PRIMAVERA, TV DI PARTITO, IL DOPPIO DEGLI ISCRITTI
Se non fosse Berlusconi, nessuno lo prenderebbe sul serio e susciterebbe la tenerezza di chi non si
vuole arrendere all’evidenza.
Ma il grado di dipendenza dalla politica che lo caratterizza “smettono quando voglio io”, fa pesare ogni parola pronunciata dall’ormai ex presidente del Consiglio, imbattibile nelle mosse a sorpresa: dopo la riunione mattutina con i senatori ha chiesto a Gianni Letta di seguire il discorso di Monti seduto in tribuna.
E il grande escluso dalla partita è diventato subito la guest star di fronte ad un esecutivo “sorvegliato speciale”.
Berlusconi invece si è defilato. Parlerà oggi in aula e si attende lo show di chi non rinuncia.
Ieri ha trascorso la giornata facendo la spola dal Senato alla Camera, cercando di tenere insieme un partito sempre più sfilacciato.
“Monti non è Maradona” ha detto ai suoi, con una punta d’invidia per la considerazione di cui gode il Professore.
“Serve unità , dobbiamo essere come un sol uomo, perchè con le divisioni non andiamo da nessuna parte” ha ripetuto ai parlamentari. Il “sol uomo” è lui e ancora lui.
E se non c’è lui, c’è l’unico che lui ha scelto, Angelino Alfano, del quale vorrebbe una consacrazione congressuale: “Tutti ce lo invidiano mentre Casini e Bersani sono vecchi”.
Al segretario del Pdl ha affidato il compito di scadenzare un’agenda fittissima d’incontri per riorganizzare le truppe: ogni settimana l’ufficio di presidenza (probabilmente il venerdì), una direzione nazionale al mese, una riunione di gruppo ogni 15 giorni e ogni tanto una cena con massimo 30 parlamentari alla volta.
Per raddoppiare gli iscritti e organizzare una campagna elettorale “mai vista” di cui Berlusconi desidera essere “l’imprenditore” comunque protagonista.
Il pomeriggio, davanti ai deputati , l’ex premier ha spiegato che devono tenersi pronti a cercare i voti già fra tre mesi, “a seconda di come si comporterà il governo”.
Ma ormai una fronda sempre più consistente dei suoi è consapevole che la legislatura arriverà al termine naturale del 2013.
“Non credo che alla nascita di un governo si possa stabilirne la scadenza — ha detto Claudio Scajola, intervenuto alla presentazione del libro “Il potere in Italia” di Lucia Annunziata — ora si possono fare solo gli auguri di buon lavoro. E con una collaborazione forte si può arrivare al 2013”.
Al Senato gli ha fatto eco Beppe Pisanu: “L’orientamento è a favore di Monti affinchè porti a compimento il programma”. Un governo che, nonostante le dichiarazioni elettorali di Berlusconi, viene definito da molti senatori del Pdl “in continuità col precedente”.
A partire dagli staff, che per lo più saranno riconfermati dal nuovo esecutivo. Alle 21, la conferma: il Pdl ha votato compatto la fiducia a Monti.
Ma a inchiodare il Berlusconi di governo, più che di lotta, è Pier Ferdinando Casini: “Dice che stacca la spina? In teoria, ma in pratica non lo farà ”.
Perchè è il primo a sapere che non gli conviene, e ieri lo ha anche parzialmente confessato: “Alle elezioni vince chi è all’opposizione — ha detto Berlusconi ai deputati — perchè la crisi viene pagata da chi governa. E la prossima volta vinceremo noi”.
Se il partito non sarà imploso prima.
“Nel futuro del nuovo Pdl ci saranno la primarie — ha dichiarato Franco Frattini — con tutti coloro che si sentono pronti a correre”.
Anche se nei sogni di Berlusconi c’è solo Alfano con la missione di un riavvicinamento all’Udc e persino a Fini. “Non è vero che ho messo Casini alla porta nel 2008” si è giustificato con i deputati, “e se i finiani si pentono…”. Pronta la risposta piccata del presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Berlusconi perde il pelo ma non il vizio…”.
Il vizio non lo abbandona solo con Fini.
Berlusconi torna, nella sua prima giornata di “campagna elettorale”, ad attaccare la stampa: “Mi sono dimesso perchè subiamo il terrorismo dell’opposizione, della stampa e della stampa straniera”.
Per questo motivo, secondo lui, “occorre creare un team per la comunicazione per spiegare bene i provvedimenti fatti dal governo e quali leggi ora intendiamo portare avanti”.
E per farlo, quale mezzo migliore di quello che conosce alla perfezione? “Prenderemo gli spazi sotto palazzo Grazioli, — quelli appartenuti alla fallita Red tv di D’Alema, — per fare una tv di partito guidata da Antonio Palmieri”, (deputato Pdl arrivato da Fininvest, responsabile Internet del partito dalla nascita della Rete).
Uno sgarbo politico all’avversario, per dimostrare la propria superiorità .
E guai a chi non sa usare usare Internet: tutti i parlamentari avranno corsi gratuiti per imparare ad usare uno strumento che potrebbe aiutarlo a tornare al potere.
Terza Repubblica permettendo.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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