Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
PER IL RILASCIO E IL RINNOVO DEI PERMESSI TREMONTI AVEVA PREVISTO L’AUMENTO DA 80 A 200 EURO… MONTI AVEVA PROMESSO DI CANCELLARLO, MA NON LO HA ANCORA FATTO…E DA LUNEDI SCATTA LA NUOVA IMPOSTA
È il giallo della tassa fantasma: dagli 80 ai 200 euro per ogni rilascio o rinnovo di permesso di soggiorno.
Inventata dal duo Maroni-Tremonti, la stangata doveva essere oggetto di «riflessione» da parte del governo Monti.
Eppure nulla si è saputo e il tempo corre.
Così, salvo notizie dell’ultima ora, da lunedì prossimo scatterà la maxitassa sui migranti.
Il «Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno» nasce col decreto 6 ottobre 2011, firmato dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, di concerto con il responsabile del Viminale, Roberto Maroni.
La tassa, pubblicata nella Gazzetta ufficiale di fine anno, entrerà in vigore il 30 gennaio prossimo.
Il contributo varia a seconda del tipo di permesso richiesto: si va dagli 80 euro per quello di durata inferiore o pari a un anno, fino ai 200 euro per il rilascio del permesso Cee per soggiornanti di lungo periodo.
Tassa che si va a sommare — si chiaro — a quanto (57 euro) i migranti già versano per i costi amministrativi e postali della pratica.
La rivolta delle associazioni e la risposta di Monti.
L’introduzione della tassa ha scatenato la protesta di associazioni e sindacati, tanto da far muovere il governo Monti.
Prima con una intervento dei ministri Riccardi e Cancellieri, poi con una nota scritta del Viminale. «Sarà analizzata la possibilità di introdurre una sostanziale riduzione degli importi del contributo per il rilascio del permesso di soggiorno, anche prevedendo esenzioni per particolari situazioni di reddito o composizione del nucleo familiare — annunciava il 5 gennaio scorso il sottosegretario dell’Interno, Saverio Ruperto — una cosa è contribuire, giustamente, alla copertura dei costi amministrativi legati al rilascio del permesso, altra è aver introdotto un contributo a carico degli immigrati regolari, destinato al sostegno dei costi dei rimpatri degli irregolari».
Che ne è ora della tassa? Finora nulla di ufficiale si è saputo.
La tassa resta in vigore e in questi giorni è cominciata la corsa ai rinnovi dei permessi di soggiorno per evitare di incapparci.
La data è infatti segnata: dal 30 gennaio ogni immigrato regolare potrebbe essere costretto a sborsare un tesoretto per vedere rinnovati i propri documenti.
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)
argomento: Immigrazione | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
IL CONFRONTO TRA LE BUSTE PAGA DELLE GIUNTE LOCALI… OPERATI TAGLI DA VENDOLA E CHIODI, COTA INVECE PRENDE 1.779 EURO IN PIU’ DELLA BRESSO
Al governatore siciliano Raffaele Lombardo la sola definizione di gabbie salariali «fa schifo». La sua
coerenza è da lodare.
Alla guida di una Regione con un numero di abitanti pressochè identico a quello del Veneto, ma un costo della vita inferiore del 9,4%, Lombardo porta a casa fra indennità e rimborsi il 43% in più del suo collega Luca Zaia: 170.319 euro netti l’anno contro 118.703, secondo i dati contenuti nel sito ufficiale della conferenza dei governatori ( www.parlamentiregionali.it ).
Senza considerare, poi, la differenza abissale nella ricchezza di quei due territori. Il prodotto interno lordo del Veneto, dice l’Istat, è del 75% superiore a quello della Sicilia.
La verità è che in Italia le uniche gabbie salariali esistenti (quel sistema in voga un tempo per cui gli stipendi erano più bassi dove il costo della vita era inferiore) ce le hanno i politici. Però al contrario.
Ha senso che un consigliere regionale molisano, dove la vita costa il 32,8% in meno, intaschi ogni mese fra indennità e rimborsi vari 10.125 euro netti contro gli 8.639 del suo collega della Liguria?
E sorvoliamo sul fatto che il Molise ha un quinto degli abitanti della Liguria e una ricchezza procapite del 37% inferiore.
Ha senso che un consigliere regionale dell’Emilia Romagna abbia un appannaggio netto pari a metà di quello del consigliere della Sardegna (5.666 euro contro 11.417)? O che la busta paga del governatore della Calabria, pure dopo essere stata tagliata di 27 mila euro, sia ancora di 43 mila euro l’anno superiore a quella del presidente della Toscana?
Conosciamo le argomentazioni di chi difende il proprio status quo: i dati vanno presi con le molle, anche quelli ufficiali.
Vero, ma anche con queste precauzioni certi numeri fanno sempre fare un salto sulla sedia.
Per quanto il presidente della Provincia di Bolzano Luis Durnwalder si dica profondamente convinto di meritarsi i 25.620 euro che fra stipendio e rimborsi gli toccano ogni mese, perchè lui lavora dall’alba a notte fonda, è stato rilevato che l’impegno del presidente degli Stati Uniti Barack Obama non è certamente inferiore al suo: per 2.600 euro di meno nella busta paga.
Così, se si deve accogliere con un applauso l’affermazione del governatore sardo Ugo Cappellacci, il quale ha fatto presente di aver rinunciato «già da tempo all’indennità di presidente e anche all’auto blu per dare un segnale personale in un momento difficile per tutti», è impossibile non ricordare come per mantenere il Consiglio regionale ogni cittadino della Sardegna sopporti una spesa almeno sei volte superiore rispetto a ciascun lombardo o a ogni residente in Emilia-Romagna.
Tanto che basterebbe semplicemente equiparare il costo dei 20 parlamentini regionali per far risparmiare ai contribuenti una somma tutt’altro che trascurabile: 606 milioni di euro l’anno.
Anche perchè se i Consigli regionali dell’Emilia-Romagna o della Lombardia funzionano bene con circa 8 euro per abitante, non si capisce perchè per l’Assemblea regionale siciliana ne debbano servire quasi 35 e per il Consiglio della Valle D’Aosta addirittura 124.
Il fatto è che troppo spesso, nelle Regioni Italiane, l’autonomia ha avuto risvolti insensati, dando vita a una giungla di privilegi e retribuzioni nella quale sarebbe opportuno mettere finalmente un po’ d’ordine.
L’occasione per uniformare voci come le indennità e i rimborsi poteva essere offerta dalla necessità di tagliare i costi della politica.
È accaduto invece esattamente il contrario, e quella giungla è diventata se possibile ancora più fitta.
Istruttivo è il confronto fra gli emolumenti massimi dei governatori e dei consiglieri di cinque anni fa e quelli di oggi, entrambi rilevati dalla stessa fonte: il sito www.parlamentiregionali.it .
La tabella in questa pagina paragona gli «stipendi massimi» mensili, pubblicati dalla conferenza dei presidenti regionali nell’estate del 2007, e riportati dal Corriere il 2 agosto di quell’anno, con quelli aggiornati al 23 gennaio scorso.
Dove per «stipendio massimo» si intende la somma della indennità di carica e dei rimborsi (massimi) consentiti.
Fra i governatori, il taglio più consistente è quello subito dagli emolumenti di quello abruzzese.
Roberto Chiodi ha diritto oggi a una retribuzione, comprensiva dei rimborsi, pari a 8.450 euro netti al mese: 5.394 euro in meno rispetto a quella spettante nel 2007 al suo predecessore di centrosinistra Ottaviano Del Turco.
C’è poi la Puglia: al presidente della giunta regionale toccano 14.595 euro netti al mese.
Fra indennità e rimborsi, Nichi Vendola ha ridimensionato il proprio assegno di 4.290 euro.
Al terzo posto il Veneto, il cui governatore leghista, Luca Zaia, ha una busta paga più leggera rispetto a Giancarlo Galan, che guidava la giunta nel 2007, di 2.724 euro al mese.
Una sforbiciata analoga a quella subita dagli emolumenti dei loro colleghi Vasco Errani (Emilia-Romagna, meno 2.238 euro) e Giuseppe Scopelliti (Calabria, meno 2.224).
Fin qui i tagli più evidenti, ai quali si devono aggiungere quelli ancora più considerevoli apportati agli assegni dei consiglieri semplici emiliano-romagnoli (-5.387), abruzzesi (-7.283) e piemontesi (-8.975).
In queste tre regioni le retribuzioni dei «peones» nei consigli regionali sono state ridotte di ben oltre la metà .
A giudicare però dai dati forniti dalla conferenza dei governatori non si ride nemmeno in Puglia, i cui consiglieri hanno dovuto rinunciare a 3.398 euro netti al mese.
E neppure nel Lazio, dove il giro di vite è stato di 2.747 euro mensili.
Anche se in questo caso c’è da dire che la tosata interessa oggi praticamente un solo consigliere: Antonio Cicchetti, l’unico senza un incarico che dia luogo a qualche indennità supplementare.
Fin qui le sforbiciate più appariscenti.
Perchè ci sono anche Regioni che al massimo hanno tagliato le doppie punte.
Come la Sicilia: Raffaele Lombardo guadagna oggi 136 euro al mese in meno di Totò Cuffaro.
O la Basilicata, che ha ridotto la paga del governatore di 285 euro al mese, da 9.506 a 9.221 euro netti.
O ancora la Lombardia. Se Roberto Formigoni si è visto ridurre lo stipendio di 325 euro fra il 2007 e il 2012, un semplice consigliere regionale lombardo prende attualmente 12.523 euro al mese: 32 in meno nel confronto con cinque anni fa. Un caffè al giorno.
E la sua retribuzione, considerando anche i rimborsi che gli spettano, è quella record fra tutte le Regioni. Di più: Lombardia e Puglia hanno un sistema di calcolo della liquidazione ben 2,4 volte più favorevole rispetto a quello delle altre assemblee legislative regionali, dello stesso Parlamento, nonchè di tutti i comuni mortali. Lì, per ogni mandato di cinque anni, i consiglieri hanno infatti diritto a un anno di stipendio
Per non parlare di chi quelle paghe le ha fermate nel tempo, come la Sardegna. Mentre c’è chi è arrivato anche ad aumentarle.
Secondo il sito della conferenza dei presidenti regionali il governatore del Piemonte Roberto Cota ha diritto oggi, fra indennità netta (5.506 euro) e rimborsi (7.543 euro) a emolumenti per un totale di 13.049 euro.
Cifra superiore di 1.779 euro a quella che lo stesso sito riportava cinque anni fa, quando la giunta piemontese era guidata da Mercedes Bresso.
Con un aumento di 501 euro al mese il presidente della giunta regionale dell’Umbria, ha quindi scavalcato il suo collega toscano che è scivolato così in fondo alla classifica delle retribuzioni.
Nelle Marche c’è stato invece un ritocchino di 184 euro al mese, mentre in Friuli-Venezia Giulia i consiglieri «semplici» hanno superato la barriera degli 8 mila euro netti al mese grazie a un incremento di 685 euro. Idem in Basilicata.
Ma qui l’aumento è stato di oltre mille euro.
E continua a far sorridere il fatto che pur con tutti questi tagli i presidenti delle nostre Regioni restano ancora, e in qualche caso di gran lunga, più pagati dei governatori americani.
Sergio Rizzo
(da “Il Corriere della Sera“)
argomento: la casta, Politica, Regione | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
PER LIBERARE LO SPAZIO D’ETERE ASSEGNATO ALLA TEL.EFONIA, LO STATO HA PREVISTO UN INDENNIZZO ALLE TV LOCALI… MA ANDRA’ LA STESSA CIFRA SIA A CHI HA POCHI SPETTATORI CHE A CHI HA CENTINAIA DI DIPENDENTI…PER TELELOMBARDIA “E’ UNA TRUFFA”
Che cosa hanno in comune Tele Sol Regina, emittente cremonese con tre collaboratori, e
Telelombardia che, con i suoi 135 dipendenti e un centinaio di ripetitori, copre un bacino d’ascolto potenziale di 12 milioni di telespettatori?
A prima vista niente.
Eppure per il ministero dello Sviluppo economico sono esattamente uguali.
Tant’è che riceveranno gli stessi soldi per sgomberare il canale sul quale irradiano il proprio segnale.
Perchè? Entrambe trasmettono su una frequenza compresa fra i canali 61 e 69, una porzione d’etere molto particolare.
Sì, perchè è quella che lo Stato ha recentemente messo all’asta per potenziare la banda 4G (Internet senza fili e servizi multimediali per i telefonini) riuscendo a racimolare la bellezza di 4 miliardi di euro.
La gara era riservata alle compagnie di telecomunicazioni come Vodafone e Wind che, desiderose di ampliare la propria capacità trasmissiva, a forza di rilanci hanno portato una notevole boccata d’aria alle disastrate casse dello Stato.
Il problema però è che a dicembre 2010, quando l’allora ministro Tremonti inserì in Finanziaria la gara, già una decina di regioni avevano fatto lo switch off e cioè erano passate dalla trasmissione analogica a quella digitale terrestre.
E una parte dello spettro assegnato alle antenne locali, come Telelombardia e Tele Sol Regina, era proprio quello compreso nello slot 61-69.
Niente di preoccupante perchè il governo avrebbe messo a punto un decreto teso a risarcire le emittenti obbligate a fare i bagagli per lasciare spazio alle Internet key e ai videofonini.
Ora la bozza del regolamento è pronta, le sorprese non sono mancate.
Tutte le emittenti riceveranno lo stesso indennizzo economico: dall’emittente parrocchiale che trasmette per qualche centinaio di fedeli alle corazzate che, a livello regionale, se la giocano con Rai, Mediaset e La 7.
Ma per il titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera fa lo stesso.
Tant’è che l’unico criterio introdotto per individuare il valore di una frequenza (e quindi il relativo rimborso per l’emittente che su quello spazio trasmette) è su base regionale: se in Trentino Alto Adige un canale viene valutato 559mila euro, in Emilia Romagna si sale a 2milioni e 300mila.
Testa di serie è la Lombardia, la più popolosa regione d’Italia, dove l’indennizzo sale a 5 milioni e 400mila euro.
“E’ una truffa — tuona Sandro Parenzo, patron di Telelombardia — . La tv del parroco che trasmette per 70 persone una messa e lo stesso film tutti i giorni, riceverà lo stesso nostro indennizzo che produciamo informazione per tutta la giornata e abbiamo speso 85 milioni di euro per i nostri impianti di trasmissione. La tv del cugino dell’assessore che ha tre dipendenti avrà gli stessi soldi nostri che ne abbiamo 135 e un centinaio di collaboratori”.
Ma cosa dice la bozza di regolamento emanata dal ministero dello Sviluppo economico? Che le “emittenti locali legittimamente operanti” nelle regioni “già digitalizzate alla data dell’entrata in vigore della Legge 13 dicembre 2010 n. 220”, a seguito del “volontario rilascio delle frequenze oggetto di diritto all’uso” possono partecipare alla procedura “d’attribuzione di una misura economica di natura compensativa”: 170 milioni di euro complessivi da dividere fra le varie antenne.
La procedura prevista dal capo di via Vittorio Veneto non piace neanche a uno dei maggiori esperti italiani del settore, Antonio Sassano, consulente di Paolo Gentiloni quando era ministro delle Comunicazioni e docente universitario: “E’ un meccanismo punitivo per le emittenti migliori, quelle che vogliono fare veramente tv”.
E a Parenzo di essere considerato come Primarete Lombardia (capitale sociale di 81mila euro e cinque dipendenti), non gli va proprio giù: “Perchè mentre gli altri mandano in onda le televendite io ho un palinsesto che copre l’intera giornata”.
Basti pensare che la sua Telelombardia è la capo-cordata del network di emittenti locali che mandano in onda Servizio Pubblico, il format multi-piattaforma di Michele Santoro: “Centinaia di migliaia di telespettatori vedono il programma sul canale 64. Qualora cambiassimo spazio ci vorrebbero anni per spiegare che si deve ri-sintonizzare il televisore (o il decoder, ndr) perchè Telelombardia lì non c’è più”.
Le critiche dell’editore stanno facendo proseliti, dalle associazioni che raggruppano le televisioni commerciali e locali, come Frt e AerAnti Corallo, fino ai membri della commissione di Vigilanza sul servizio radiotelevisivo del Pd che hanno annunciato un’interrogazione per chiedere a Passera una modifica dei criteri.
Come?
E’ ancora Sassano a indicare la via prendendo spunto dal meccanismo di assegnazione di quelle regioni passate al digitale terrestre dopo il 2010, quando si sapeva che la banda 61-69 doveva essere lasciata libera per le tlc.
“In Toscana o in Liguria — spiega il professore — per assegnare le 18 frequenze disponili per le locali si è fatta una gara dove le emittenti migliori si sono prese gli spazi più competitivi”.
E nelle aree del Paese già digitalizzate? “Si dovrebbe procedere con un’asta al ribasso, in modo da liberare almeno nove slot per poi procedere a una competizione nella quale le realtà più serie si possano aggiudicare gli spazi migliori”.
Così facendo, secondo il professore, lo Stato risparmierebbe diverse decine di milioni di euro e introdurrebbe il criterio del merito per riassegnare una porzione di etere alternativa a quella venduta a Telecom e soci.
Se è vero che le frequenze sono un “bene dello Stato raro e prezioso che va attentamente ponderato”, come ha detto Passera quando ha dato il benservito al beauty contest e alle regalie per il duopolio Raiset, è altrettanto vero che l’annunciata rivoluzione delle antenne deve evitare di danneggiare quelle esperienze regionali che garantiscono rappresentanza locale e occupazione.
argomento: televisione | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
A MIUCCIA PRADA VA UN PEZZO DEL CANAL GRANDE, A FIRENZE L’OSPEDALE DELLA FAMIGLIA VESPUCCI E’ STATO VENDUTO AI PRIVATI DOPO 600 ANNI… MA I RICAVI VANNO SOLO A RIPIANARE I BUCHI DI BILANCIO E NON PRODUCONO INVESTIMENTO
C’è un modo radicale di risolvere l’annosa disputa (tornata d’attualità col pasticcio del Colosseo) sul ruolo dei privati nella gestione del patrimonio storico e artistico pubblico: alienarglielo direttamente.
Voleva farlo il governo Berlusconi, ora lo stanno facendo, alla spicciolata e lungo tutta la Penisola, enti di ogni tipo e di ogni colore politico.
A Venezia il Comune vende a Miuccia Prada un pezzo pregiato del Canal Grande: Ca ‘ Corner della Regina.
Una sorta di versione radicale della privatizzazione della Punta della Dogana, ceduta (temporaneamente) al bilionario Pinault.
Si potrà discutere all’infinito su chi possa garantire la miglior tutela e il miglior godimento del palazzo (se, cioè, il ricchissimo privato o il comune sempre in bolletta): ma bisogna sottolineare che il Comune ha usato i 40 milioni di Prada per risanare il bilancio ordinario, non per realizzare qualcosa di durevole (un asilo o un ospedale, per esempio).
In altri termini, la generazione presente decide di sottrarre a quelle future un bene comune per ricavarne un fuggevole beneficio una tantum.
A Parma l’Ospedale Vecchio, fondato nel 1476 e di proprietà del Comune, è stato affidato a un’impresa locale attraverso lo strumento del project financing, che prevede l’affidamento al privato del 44% della struttura per ventinove anni.
Il risultato è che si pensa di realizzarci un albergo e un centro commerciale, mentre l’Archivio di Stato di Parma, ospitato dall’ultimo dopoguerra nell’Ospedale, è stato trasferito in periferia e la Biblioteca Civica giace pressochè abbandonata.
A Firenze, lo strombazzatissimo Anno Vespucciano (cioè le celebrazioni per il quinto centenario della morte di Amerigo Vespucci) si apre in modo tragicomico con la notizia che l’Ospedale di San Giovanni di Dio, cioè la viva eredità della famiglia Vespucci a Firenze, è stato venduto (con tutte le opere d’arte e le testimonianze storiche che contiene) dalla Asl ad una società privata.
Nell’anno 1400 Simone Vespucci, il prozio di Amerigo, dispose in testamento che tutte le sue case di Borgo Ognissanti fossero trasformate in un ospedale, a beneficio della popolazione.
La filantropia di Simone si irradia fino al 2012: ma non andrà oltre, perchè — in nome di un presente onnivoro — decidiamo di tagliare questo prezioso filo di senso civico che lega il passato al futuro.
E anche in questo caso, la Asl non investirà il ricavato in qualche progetto duraturo (magari nel restauro della Villa di Careggi di Lorenzo il Magnifico, che le appartiene e che va in rovina), ma lo userà per ripianare il bilancio ordinario, sommando danno a danno.
Sempre a Firenze, la Facoltà di Architettura sta vendendo a privati il Palazzo San Clemente “il quale — scriveva Giorgio Vasari nel 1568 — per ricchezza di diverse varie fontane … non ha pari in Fiorenza, nè forse in Italia”.
Risulta che la destinazione d’uso potrebbe cambiare radicalmente: da sede dei Dipartimenti di Costruzioni e Restauro, e di Urbanistica e Pianificazione del Territorio (nonchè di buona parte della biblioteca e di alcuni importanti archivi storici), a sede di un albergo di lusso.
E cioè: da luogo dove si impara a tutelare e conservare l’architettura del passato, ad architettura essa stessa stravolta e violata per essere suddivisa in camere. E ancora: da luogo dove si studia la più virtuosa distribuzione dei nostri preziosi spazi storici, a spazio esso stesso privatizzato; da luogo votato al reddito culturale collettivo, a luogo deputato a produrre reddito monetario privato.
A Pisa è l’Ospedale dei Trovatelli, praticamente in Campo dei Miracoli, a essere venduto con tutti i suoi beni. Il 16 dicembre scorso l’asta (24 milioni di base) è andata deserta, e alla prossima il complesso (che appartiene alla Asl) verrà battuto con un ribasso del 10 %, per poi passare alla trattativa privata.
La probabile trasformazione in albergo potrebbe mettere a rischio lo splendido edificio e le opere che contiene, tra cui la ruota cinquecentesca su cui venivano esposti i bambini, ricollocata all’interno.
Continuiamo a scendere: in Lazio il Comune di Priverno (amministrazione Pd) ha appena messo in vendita l’edificio nel quale è ospitato il Museo Medievale di Fossanova, che è l’antica foresteria della gloriosa Abbazia in cui è morto san Tommaso d’Aquino.
Il destino del museo è probabilmente quello di tramutarsi in un ristorante, e per ottenere una deroga al vincolo della legge regionale attraverso cui è stata finanziata la realizzazione del museo si dovranno esporre altrove le opere: dove, ancora non è dato saperlo.
Concludiamo, in gloria, nella Campania in cui tutto è possibile.
Va in vendita il Casino reale di Carditello, una delle residenze extraurbane preferite da Carlo di Borbone e Ferdinando IV, decorata da artisti come Philipp Hackert e Fedele Fischetti e già centro di una complessa azienda agricola, ma oggi teatro di spettacolari discariche di monnezza. Carditello appartiene al Consorzio di bonifica del Volturno, che è indebitatissimo nei confronti del Banco di Napoli, cioè di Banca Intesa: nel prossimo marzo il complesso sarà battuto all’asta, se la Regione Campania non troverà 9 milioni di euro.
Si potrebbe continuare a lungo, fino a disegnare una mappa della inarrestabile trasformazione che, convertendo la ricchezza del popolo italiano in ricchezza privata, inverte un secolare processo di civilizzazione.
E il messaggio di quella mappa è chiarissimo: la recessione economica sta diventando regressione culturale.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: radici e valori | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
HA RISANATO I CONTI MA E’ STATO ALLONTANATO
Furti nelle ville pontificie coperti dal direttore dei Musei Vaticani, monsignor Paolo Nicolini. 
E poi fatture contraffatte all’Università Lateranense a conoscenza addirittura dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per l’evangelizzazione.
E ancora: interessi del monsignore in una società che fa affari con il Vaticano ed è inadempiente per 2,2 milioni di euro.
Ammanchi per centinaia di migliaia di euro all’Apsa – rivelati dal suo stesso presidente – e frodi all’Osservatore, rivelate da don Elio Torregiani, ex direttore generale del giornale.
C’è tutto questo nella lettera che Il Fatto ha pubblicato.
I toni e i contenuti sono sconvolgenti per i credenti che hanno apprezzato gli appelli del Papa. “Maria ci dia il coraggio di dire no alla corruzione, ai guadagni disonesti e all’egoismo” aveva detto nel giorno dell’Immacolata del 2006 Ratzinger.
Eppure il Papa non ha esitato a sacrificare l’uomo che aveva preso alla lettera quelle parole: Carlo Maria Viganò, l’arcivescovo ingenuo ma onesto, approdato alla guida dell’ente che controlla le gare e gli appalti del Vaticano.
La lettera di Viganò è diretta a “Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Città del Vaticano”, praticamente al primo ministro del Vaticano.
Quando scrive a Bertone l’8 maggio del 2011, Viganò è ancora il segretario generale del Governatorato.
Ed è proprio dopo questa lettera inedita, e non dopo quella del 27 marzo già mostrata in tv da Gli intoccabili, che Viganò viene fatto fuori.
La7 si è occupata mercoledì scorso della lotta di potere che ha portato alla promozione-rimozione di Viganò a Nunzio apostolico negli Usa.
L’arcivescovo-rinnovatore aveva trovato nel 2009 una perdita di 8 milioni di euro e aveva lasciato al Governatorato nel 2010 un guadagno di 22 milioni (34 milioni secondo altri calcoli).
Nonostante ciò è stato fatto fuori da Bertone grazie all’appoggio del Papa e del Giornale di Berlusconi.
A questa faida vaticana è stata dedicata buona parte della trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi che, nonostante lo scoop, si è fermata al 3,4% di ascolto.
In due ore sono sfilati anche il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, un uomo del Vaticano in Rai, Marco Simeon e il vice di Viganò al Governatorato, monsignor Corbellini.
Sono state poste molte domande sulle lettere scritte prima e dopo ma non su quella dell’8 maggio che è sfuggita agli Intoccabili.
Peccato perchè proprio in questa lettera si trovano storie inedite che coinvolgono nella parte di testimoni o vittime di accuse anche diffamanti, gli ospiti di Nuzzi.
E peccato anche perchè nella lettera ci sono molte risposte (di Viganò ovviamente) ai quesiti posti da Nuzzi.
Tipo: chi è la fonte del Giornale che ha scatenato la polemica tra Viganò e i suoi detrattori?
Oppure: perchè Viganò è stato cacciato?
Probabilmente dopo la lettera era impossibile per il Papa mantenere Viganò al suo posto.
Il segretario del Governatorato non scriveva solo di false fatture e ammanchi milionari.
Non lanciava solo accuse diffamatorie sulle tendenze sessuali dei suoi nemici ma soprattutto metteva nero su bianco i risultati di una vera e propria inchiesta di controspionaggio dentro le mura leonine.
E non solo spiattellava i risultati, (tipo: la fonte del Giornale è monsignore Nicolini che vuole prendere il mio posto. O peggio: Monsignor Nicolini ha contraffatto fatture e defraudato il Vaticano) ma sosteneva che le sue fonti erano personaggi di primissimo livello come don Torregiani, monsignor Fisichella e monsignor Calcagno. Infine minacciava : “I comportamenti di Nicolini oltre a rappresentare una grave violazione della giustizia e della carità sono perseguibili come reati, sia nell’ordinamento canonico che civile, qualora nei suoi confronti non si dovesse procedere per via amministrativa, riterrò mio dovere procedere per via giudiziale”. Una minaccia ancora valida nonostante l’oceano separi l’arcivescovo dalla Procura. Anche perchè il telefonino di Viganò continua a squillare a vuoto.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Chiesa | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
LA RUSSA CONTRO CICCHITTO: “SEI SUCCUBE DI QUESTI”.. E SI AFFACCIA L’IPOTESI DELLA SCISSIONE
Il duro scontro in Aula (che i protagonisti definiscono «un battibecco») avvenuto tra Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa – centravanti l’uno della squadra delle colombe, l’altro di quella dei falchi –, è solo la punta dell’iceberg.
I due l’altra mattina, davanti ai colleghi imbarazzati, hanno litigato fino agli insulti per una questione minore come la sanatoria sui manifesti abusivi dei partiti, che è stata avversata da Monti tanto da far desistere anche il Pdl dal sostenerla: «Tu sei succube di questi del governo, ti fai passare le cose sotto il naso!», l’accusa di La Russa, subito rintuzzata da Cicchitto, secondo il quale se non si fosse agito così sarebbe stato impossibile eliminare l’aggravio di contributi già previsti per i lavoratori autonomi
Ma al di là del merito della questione (a La Russa non è piaciuto nemmeno come è stato gestito il voto sulle mozioni Ue), la lite pubblica la dice lunga sul clima nel Pdl.
Un partito terrorizzato, spaccato tra chi vorrebbe andare al voto subito, chi trova la mossa irresponsabile, tra chi punta ancora sull’alleanza con la Lega e chi già guarda a un Ppe italiano con il Pdl nucleo centrale, alleato all’Udc e allargato a esponenti del governo come Passera, chi infine – se ne è parlato ieri notte al vertice – non esclude nemmeno un patto con il Pd anche alle amministrative
A unire il partito oggi c’è solo il panico proprio per le prossime amministrative, che rischiano di diventare «la nostra Caporetto» come dice un ex an spiegando che «dai nostri sondaggi, su 28 capoluoghi di Provincia oggi ne perderemmo 23».
E in questo clima prendono corpo anche i peggiori fantasmi. Il più pericoloso è quello di una scissione tra la componente degli ex an (a parte Gasparri, i più duri nei confronti del governo) e il resto del partito, e ieri a confermare l’agitazione sono girati sondaggi commissionati «dai vertici del Pdl» in cui, testati come due partiti separati, l’ex An otterrebbe il 6% e l’ex Fi il 25%.
«Non siamo pazzi, nessuno di noi ci pensa!», smentisce Altero Matteoli, mentre La Russa giura che «non sono io il più arrabbiato, in tanti pensiamo che o il governo si decide a trattarci come si deve, e la smette di martellare per decreto avvocati e tassisti e agire solo con disegni di legge sul mercato del lavoro, oppure ognun per sè…».
La tentazione di staccare la spina a un governo che viene percepito come lontano, disinteressato se non ostile è insomma sempre più forte, «e se perdiamo amen, faremo opposizione e fra tre anni torneremmo noi al governo» dicono i più agguerriti, non ultimi big come Verdini, Brunetta, Romani. Sapendo però che sarà «difficilissimo» ottenere le elezioni.
Per spegnere le micce sotto Palazzo Chigi – che stanno mettendo in grande difficoltà Angelino Alfano – è dovuto intervenire ieri Berlusconi: prima in pubblico e poi a cena con i vertici del partito in subbuglio il Cavaliere ha ribadito che una crisi oggi sarebbe «da irresponsabili» e, assicura Paolo Bonaiuti, «è questa la nostra linea».
In verità , chi parla quotidianamente con l’ex premier non ci giura.
Per ora le telefonate da Berlino di Alfano e Frattini che gli assicuravano che «la Merkel ci ha detto che tu presidente passerai alla storia come il politico che ha permesso la democrazia dell’alternanza in Italia», nonchè i consigli dei moderati come Fitto, Cicchitto, Quagliariello, Gelmini e naturalmente Letta, secondo i quali «non possiamo obbedire agli ordini di Bossi, saremmo finiti», hanno funzionato: Berlusconi ieri è apparso convinto che per ora si debba mantenere l’appoggio a Monti, anche perchè un accentuarsi della crisi con il voto anticipato non solo «sarebbe data in carico a noi», ma travolgerebbe anche le aziende di famiglia
Ma nulla è scontato: la possibile condanna al processo Mills, lo scontro tra le anime del partito (in agitazione anche per i congressi locali), potrebbero aprire altri scenari.
Per questo «adesso dobbiamo temporeggiare – dice una convinta “colomba” –. Se riusciamo ad arrivare a marzo, quando si chiuderà la finestra per il voto anticipato, per il Pdl inizia una storia tutta nuova».
Paola Di Caro
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: AN, PdL, Politica | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
DIECI FURTI SOTTO NATALE, ORMAI NEANCHE LE ASSICURAZIONI DI FIDANO PIU’… ULTIMA VITTIMA LA LEGHISTA PAOLA GOSIS CUI E’ STATA RUBATA UNA COLLANA DEL VALORE DI 3.000 EURO
Montecitorio è pieno di ladri. Bella scoperta direte. 
No, non ci riferiamo al discorso sui privilegi della Casta, sulle consulenze, sugli stipendi ingiustificati, sulle doppie e triple poltrone…
Ci riferiamo ai furti più volgari (e almeno più trasparenti): ipad, visoni, cappotti.
L’ultima cosa a sparire in ordine di tempo è stata la collana da tremila euro della leghista Paola Gosis: “alla chiamata sono corsa a votare abbandonando la borsa su un divanetto. Al mio ritorno era stata aperta e la collanda sparita”.
I questori della Camera invitano a evitare facili conclusioni: “Passa tanta gente, non gettiamo anche questa croce sulle spalle dei parlamentari…”.
Ma di certo Montecitorio è meno sicuro di un porto di mare: oltre cento furti in tre anni.
Le cifre: sono stati 30 nel 2009, 33 nel 2010 e 26 nel 2011.
I ladri realizzano i loro colpi nelle zone più frequentate della Camera, come il Transatlantico, il cortile o i divanetti dei corridoi.
Gettonatissimo anche il bagno delle deputate e gli uffici delle commissioni.
Il bottino? Ipad (l’oggetto più sgraffignato), agende, portafoglio, gioielli, pellicce.
L’ultimo colpo in ordine cronologico di un certo rilievo è quello che ha visto suo malgrado come protagonista la leghista Paola Gosis.
Aveva lasciato la sua borsa blu su un divanetto perchè era suonata la chiama, “e sono corsa dentro a votare”.
Quando è tornata, dalla borsa, non era sparito nemmeno un foglio, ma una collana del valore di 3mila euro.
La Gosis era disperata “perchè non mi rimborserà nemmeno l’assicurazione, e questo è uno scandalo”.
Già , perchè dopo il moltiplicarsi dei furti l’assicurazione che offriva la Camera ha cambiato le condizioni.
Prima, infatti, veniva rimborsato tutto.
C’era però qualche onorevole ancor più furbetto degli altri che ci marciava e denunciava la scomparsa di oggetti mai rubati e nemmeno posseduti.
Così ora vengono rimborsati soltanto gli oggetti rubati in posti controllati, come il guardaroba, e per un importo fino ai 600 euro: i 3mila euro della collana della Gosis, s’intende, sforano di brutto il tetto del rimborso.
A complicare il controllo anche il fatto che, a Montecitorio, ogni giorno entrano più di 500 persone tra giornalisti accreditati, funzionari, commessi, impiegati e altri collaboratori del parlamentari.
Tra i colpi più incredibili va segnalato quello di un navigatore satellitare da barca.
Anche i giubbotti di cachemire vanno per la maggiore.
Ma sono i cappotti in generale a fare gola. Alcuni deputati del Pdl ne sanno qualcosa.
Paolo Bonaiuti, per esempio, aveva lasciato il capo – “quello blu a cui tenevo un sacco” – su una sedia: pochi secondi dopo non c’era più.
Simile la sorte del cappotto di Gianfranco Rotondi, con l’aggravante: nelle tasche aveva anche le chiavi di casa.
Ma il colpo più grosso di tutti è quello che ha subito l’ex deputata dell’Ulivo, Elisa Pozza Tasca, a cui sgraffignarono un visone color crema del valore di 8mila euro.
argomento: Parlamento | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
SOLO GABRIELE SOLA DELL’IDV L’HA RESTITUITO AL PRESIDENTE… PER IL LEGHSTA BONI E’ UN OGGETTO NECESSARIO, MA MEGLIO SE LO PAGA LA REGIONE E NON LUI… POVERETTI, GUADAGNANO SOLO 9.000 EURO NETTI AL MESE
Guadagnano 9mila euro netti al mese. Ma non bastano per comprarsi l’iPad.
A soccorrere i consiglieri in Regione Lombardia, che non possono proprio farne a meno, ha provveduto chi sta a capo del consiglio, il leghista Davide Boni.
Sì, proprio quello di “Roma ladrona” e delle crociate — annunciate — contro gli sprechi della Casta.
Grazie a lui sul consiglio regionale sono piovute tavolette come foglie: 80 tablet nuovi di zecca, a carico dei contribuenti, che altrettanti consiglieri hanno gradito, preso e messo da parte.
Tutti tranne uno.
Gabriele Sola dell’Idv è stato infatti l’unico ad aver restituito subito il suo con una lettera che ha sollevato il caso.
Anche perchè quell’omaggio dal sapore natalizio (la delibera è dello scorso novembre) costa ai contribuenti la bellezza di 50mila euro.
E non è il solo cadeau di questo tipo, visto che all’inizio della legislatura lo stesso Boni aveva omaggiato i consiglieri di un pc portatile.
Comunque sia, Sola non ha gradito e ha rispedito al mittente l’omaggio.
E non tanto perchè il tablet ce l’ha già , come lui stesso ammette, ma perchè l’intera operazione “omaggio” viene giustificata come un necessario ausilio all’attività consiliare.
I tablet, secondo Boni, sarebbero indispensabili per i colleghi. Peccato che nel frattempo la Regione non abbia sviluppato alcuna “App” utile a questo scopo.
I documenti prodotti dagli uffici, delibere, determine e quant’altro viaggiano via mail e attraverso la rete interna.
Nessun software è stato sviluppato per la cosiddetta “dematerializzazione degli atti”. Sono prodotti in carta e così girano, altrimenti tutto in formato pdf.
“E per questo — fa notare il consigliere rinunciatario — bastava il pc omaggiato in precedenza”. Così in poche righe i ringraziamenti cordiali e il rifiuto: “Poichè non ho rilevato alcuna miglioria in tal senso, e alla luce dell’esigenza di limitare il più possibile i costi a capo alla pubblica amministrazione, ritengo di dover restituire il dispositivo assegnato. Un piccolo gesto che mi auguro venga colto con il giusto spirito”.
Giusto spirito? Niente affatto.
Boni difende a spada tratta la conversione tecnologica del consiglio all’iPad per motivi istituzionali. Anzi, ai microfoni della trasmissione radiofonica “La Zanzara” non solo giustifica la decisione ma addirittura la rivendica contrattacando: “Ecco, Sola ha rinunciato all’iPad perchè voleva anche le applicazioni gratis”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume, denuncia, economia, la casta, LegaNord, Milano | Commenta »
Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile
SONO 333 LE NORME INUTILI CHE SPARIRANNO, MISURE PER PICCOLE E MEDIE IMPRESE, SCUOLE E APPALTI… LA CARTA D’IDENTITA SCADRA’ IL GIORNO DEL COMPLEANNO
Taglio a 333 leggi inutili, fondi per la social card, scadenza dei documenti d’identità il giorno del
compleanno, possibilità per i panificatori di lavorare anche la domenica, tir in circolazione anche nei giorni precedenti o successivi ai festivi.
Il decreto Semplificazioni si arricchisce di novità e viaggia verso l’approvazione del Cdm.
Obiettivo: ridurre gli oneri (amministrativi ma anche economici) per cittadini e imprese.
Ecco, in sintesi, alcune misure contenute nelle due bozze circolate:
Via 333 leggi inutili.
La prima disposizione prevede l’eliminazione di 333 leggi dall’ordinamento italiano. La più antica risale al 1947. Si va dalla legge sui prospetti paga a norme di singoli atenei o a disposizioni per Expò già fatte.
Torna la social card.
E’ prevista una “sperimentazione finalizzata alla proroga del programma ‘carta acquisti'”. Il progetto interesserà i “Comuni con più di 250.000 abitanti” ed è prevista una dotazione di risorse per 50 milioni di euro.
Bonus per assunzioni al Sud.
Prorogato il credito d’imposta per ogni lavoratore assunto nel Mezzogiorno a tempo indeterminato, introdotto lo scorso anno con il decreto di maggio: potrà valere fino al 2013. L’assunzione deve essere operata, per godere del credito di imposta, non più nei dodici mesi successivi alla data del decreto di maggio 2011 ma nel giro di “ventiquattro mesi”.
Faro Inps su spesa sociale.
La spesa per l’assistenza sociale verrà monitorata dall’Inps che invierà segnalazioni in caso di discordanza dei dati tra le prestazioni e l’Insee.
Gravidanza anticipata.
Si semplifica la procedura per l’astensione anticipata dal lavoro in caso di gravidanze più complesse.
Panificatori al lavoro anche di domenica.
Prevista la “soppressione del vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva”. Salta dunque l’obbligo di chiusura domenicale per i panificatori.
Documento d’identità , scade il giorno del compleanno.
I documenti di identità “rilasciati o rinnovati dopo l’entrata in vigore” del decreto avranno validità fino alla data corrispondente al giorno e al mese di nascita del titolare immediatamente successiva alla scadenza “che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo”.
Circolazione tir.
Viene eliminata la norma che prevedeva il divieto di circolazione per i tir nell'”eventuale o eventuali giorni precedenti o successivi” ai giorni festivi. Il divieto di circolazione dei camion potrà essere deciso anche per altri giorni, “in aggiunta a quelli festivi, da individuarsi in modo da contemperare le esigenze di sicurezza stradale, connesse con le prevedibili condizioni di traffico, con gli effetti che i divieti determinano sulla attività di autotrasporto nonchè sul sistema economico produttivo nel suo complesso”.
Titoli di studio.
Equiparazione dei titoli di studio per i concorsi pubblici.
Bollino blu solo alla revisione.
Il controllo sui gas di scarico dell’auto si farà solo con la revisione, non ogni anno.
Sportello turista.
Si promuove l’istituzione con le locali camere di commercio di sportelli del turista.
Reti territoriali scuole.
Arrivano per le scuole le ‘reti’ territoriali. E l’iscrizione all’Università si farà solo via web così come le valutazioni per gli studenti.
Pareggio per oneri amministrativi.
La pubblica amministrazione dovrà “pareggiare” gli oneri amministrativi, cioè il saldo tra oneri aggiunti e oneri eliminati dovrà essere pari a zero a fine anno.
Commissario contro lungaggini.
Arriva un commissario ad hoc al quale il privato potrà rivolgersi in caso di lungaggini dell’amministrazione.
Certificato unico per i diversamente abili.
Un’unica certificazione per attestare lo status di diversamente abile e aver diritto a tutte le agevolazioni.
Tempi brevi per cambio di residenza.
Si accorciano i tempi per il cambio di residenza. La bozza del decreto prevede che “l’iscrizione per trasferimento della residenza con provenienza da altro comune o dall’estero produce immediatamente gli effetti giuridici dell’iscrizione anagrafica”. “L’ufficiale d’anagrafe – si legge inoltre nel provvedimento – provvede, nel termine di due giorni lavorativi, a informare il comune di precedente iscrizione anagrafica mediante comunicazione da trasmettersi per via telematica”.
Comunicazione atti solo via web.
Le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti saranno effettuate “esclusivamente in modalità telematica”.
Imprese, via a sperimentazione .
Si prevede un periodo di un anno per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria. I percorsi sperimentali saranno attivati da convenzioni stipulate da Regioni, enti locali, Camere di commercio, associazioni di categoria. Ulteriori semplificazioni si prospettano entro fine anno, dopo che il governo avrà valutato i risultati della sperimentazione.
Controlli a imprese sul web.
Le amministrazioni dovranno pubblicare sul proprio sito e su www.impresainungiorno.gov.it la lista dei controlli a cui sono assoggettate le imprese.
Feste da ballo e testo unico pubblica sicurezza.
Le autorizzazioni di polizia dureranno 3 anni. Le feste da ballo pubbliche non dovranno chiedere autorizzazioni al questore.
Appalti, Banca dati dei contratti pubblici.
E’ istituita, presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, la “Banca dati nazionale dei contratti pubblici”. Dal primo gennaio 2013, si legge nella norma, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario sarà acquisita nella banca dati. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificheranno il possesso dei requisiti esclusivamente tramite questo strumento.
Appalti solidali.
Arriva la responsabilità solidale negli appalti tra datore di lavoro, appaltatore ed eventuali subappaltatori.
Pmi, dichiarazione unica ambientale.
Per semplificare le procedure e ridurre i costi per le piccole e medie imprese arriva l’autorizzazione unica ambientale che “sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica e autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale”. L’autorizzazione sarà disciplinata da un regolamento che verrà emanato dal governo entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, su proposta dei ministeri dell’Ambiente, della Pubblica amministrazione, dello Sviluppo economico e dei Trasporti. Restano ferme le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale.
“Capofila” per progetti di ricerca.
Le aziende coinvolte in un progetto di ricerca potranno individuare un “capofila”, una sorta di regista che rappresenta le imprese nei rapporti con la p.a.
Cessione terreni annuale.
La vendita dei terreni agricoli pubblici non sarà “una tantum”, ma annuale.
(da “La Repubblica“)
argomento: economia, governo | Commenta »