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LA RESA DI BOSSI CHIUDE UN’ERA, CINQUE MESI DOPO BERLUSCONI

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

FINITA L’ERA DEI FONDATORI DEI PARTITI PERSONALI E DEL CULTO DEL CAPO, DEI FINTI CONGRESSI E DELLE ACCLAMAZIONI…PER ENTRAMBI NON SI E’ TRATTATO DI DIMISSIONI, MA DI RESA, NON LASCIANO DA VINCITORI MA DA SCONFITTI

Non è un caso che l’addio di Umberto Bossi sia arrivato appena cinque mesi dopo quello di Silvio Berlusconi.
Per quanto diversi per censo e perfino per tratti antropologici, i due erano legati fra loro assai più di quanto non siano legati due semplici alleati politici. La loro avventura era evidentemente destinata ad avere un inizio e una fine comuni, e come certi vedovi inconsolabili, l’uno non poteva sopravvivere alla fine dell’altro.
Così in soli cinque mesi la loro uscita di scena cambia di colpo, e probabilmente per sempre, il profilo della destra italiana e l’intero scenario politico nazionale.
Finisce un’era: quella dei «fondatori», dei partiti personali, del leaderismo e del culto del capo, dei finti congressi e delle acclamazioni.
Finisce anche, si spera, la stagione delle forti contrapposizioni e delle chiamate alle armi.
Pure nell’addio i due vecchi capipopolo risultano così simili da apparire inseparabili.
Per tutti e due, non s’è trattato di dimissioni: s’è trattato di una resa.
Non lasciano perchè ritengono sia giunta l’era del buen retiro, ma perchè travolti dagli avvenimenti.
Non lasciano da vincitori, ma da sconfitti.
Eppure, sono sconfitti cui va riconosciuto l’onore delle armi.
Se è vero infatti che sarà  la storia a separare per entrambi il grano dal loglio, già  oggi si può dire che sia Berlusconi sia Bossi sembrano migliori da vinti che da vincitori.
Uomo destinato (e non solo per colpa sua) a dividere, Berlusconi ha lasciato unendo: se oggi l’Italia tenta faticosamente di uscire dalla crisi con un governo di solidarietà  nazionale, è anche perchè il Cavaliere ha saputo, all’ultimo, tenere a freno i suoi falchi.
Magari l’avrà  fatto anche per interesse personale, ma l’ha fatto.
Allo stesso modo, Bossi mostra più nobiltà  nel lasciare di quanta ne abbia mostrata restando – non si sa quanto consapevolmente – attaccato a un trono che era diventato la vacca da mungere da parte di una losca compagnia di giro.
La vicenda umana di Bossi è segnata, come molte, da quelle leggi implacabili che si chiamano del contrappasso e dell’eterogenesi dei fini.
Lui che tante volte ha urlato di voler usare come carta igienica la bandiera italiana, è stato di fatto il porta vessillo della versione più meschina della bandiera italiana: quella che, come diceva Longanesi, al centro ha la scritta «ho famiglia».
Lui che organizzò due finte feste di laurea, e che fece credere alla sua prima moglie di essere medico, cade per essersi scelto un tesoriere che comprava lauree e diplomi; e per dare un futuro a un figlio che qualcuno gli faceva credere già  quasi laureato.
Miserie, fragilità , debolezze.
Da guardare però con misericordia nel giorno in cui il misero, il fragile e il debole cade.
Per quante responsabilità  possa avere avuto, suscita pietà  il vecchio capo che con orgoglio parla a un collega del figlio che – crede lui – ha fatto da interprete a Berlusconi e Hillary Clinton; e che poi apprende con sgomento che il libretto universitario del suo erede non ha dei trenta ma degli spazi bianchi.
Proprio perchè noi non ci vergogniamo a essere italiani nel bene e nel male, non ci accodiamo a chi infierisce su un padre che va in crisi per un figlio.
Così è strana la vita: il politico del «celodurismo» cade per essere stato troppo debole in famiglia; e l’uomo che dal niente aveva messo in piedi un impero, cade per mano di mediocri cortigiani.
Bossi «muore» politicamente meglio di quanto abbia vissuto anche e soprattutto perchè non fugge di fronte alle proprie responsabilità , anzi se ne fa carico e arriva a pronunciare parole inaudite nel mondo della politica: «Chi sbaglia paga, qualunque cognome porti».
Altre, e ben più gravi, sono le sue colpe.
Prima ancora che per i colpi della malattia e del cosiddetto cerchio magico, Bossi deve lasciare la scena per un fallimento politico.
È stato grande nel trasformare l’aria del Nord in un partito da dieci per cento. Ma altrettanto grande nello sfasciare tutto: prima mettendo in un angolo le intelligenze che avrebbe potuto arruolare (la migliore, Miglio, fu messa alla porta con la sprezzante etichetta di «una scoreggia nello spazio»), poi dissipando anni e anni di governo senza mai realizzare una sola delle riforme annunciate.
Se la Lega non gli sopravviverà , non sarà  perchè non vi può essere un altro leader dopo di lui, ma per i vent’anni di promesse non mantenute.
Anche qui, sarà  la storia a rispondere.
Per ora possiamo leggere gli avvenimenti solo con lo sguardo della cronaca, che ci fa immaginare per le elezioni del 2013 una destra e un quadro politico generali completamente diversi – e speriamo migliori – rispetto agli ultimi vent’anni.

Michele Brambilla
(da “La Stampa”)

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LEGA: DOPO L’ADDIO DEL CAPO SUL TERRITORIO, COMINCIANO LE EPURAZIONI

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

ARRIVANO LE PURGHE MARONIANE: A VARESE VOGLIONO BUTTARE A MARE IL PROFUGO CANTON, SEGRETARIO PROV. DEL CARROCCIO, REO DI AVER ORGANIZZATO LA MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETA’ A BOSSI IN VIA BELLERIO….L’ESPERTO IN RESPINGIMENTI SI TRAVESTE DA DURO E PURO

Ieri le dimissioni del Capo. Oggi le prime purghe.
Le sezioni che si sono riunite in fretta dopo le notizie di via Bellerio hanno steso un documento chiaro e netto che nelle prossime ore verrà  inoltrato alle segreterie nazionali e a quella federale, nel quale si chiede la testa dei traditori: “Chi ha rubato e tradito gli ideali del popolo Padano — si legge nel documento — deve essere immediatamente espulso e perseguito in tutte le sedi competenti oltre che obbligato a restituire il maltolto chiunque esso sia e qualunque cognome porti”.
Una pulizia rapida per dimostrare a sè stessi e all’opinione pubblica che la Lega non è fatta di divisioni e che punta ad un veloce riposizionamento sulla scala della credibilità .
Così le sezioni della provincia di Varese hanno chiesto la testa del segretario provinciale, Maurilio Canton, colpevole di essersi schierato contro Roberto Maroni, partecipando alla contestazione organizzata ieri dai bossiani in via Bellerio.
Nello stesso documento si torna sulla questione delle risorse, su quei soldi che sarebbero potuti servire per sostenere le spese delle sezioni che “durante tutto il periodo dell’anno organizzano iniziative, producono volantini e materiale informativo, spesso chiedendo agli iscritti sovvenzioni straordinarie per far fronte alle spese”, alla luce di ciò, vedere che chi era chiamato a gestire le risorse del movimento: “ha distratto i fondi verso finalità  non compatibili con i nostri ideali, ci indigna e ci fa chiedere al nuovo amministratore l’immediata distribuzione dei fondi alle sezioni in modo che si possa proseguire nell’opera di diffusione degli ideali Padani con risorse adeguate allo scopo”.
L’umore che si respira oggi tra i leghisti è quello della festa triste.
Tra i maroniani c’è infatti la consapevolezza che la fine dell’odiato cerchio magico è vicina, ma nello stesso frangente manca la voglia di festeggiare. Per i leghisti la scelta presa del Capo è pesante da digerire: “Le sue dimissioni ci hanno colpito e lasciato affranti — ha spiegato da Varese Stefano Candiani, leghista vicinissimo a Roberto Maroni — mai avremmo voluto che succedesse tutto ciò”. Ora però il percorso è ancora lungo e si dovrà  arrivare gradualmente all’individuazione e all’allontanamento di chi ha vissuto sulle spalle del movimento.
Oggi l’insofferenza della base nei confronti di queste persone si è aggravata. Fin dalle primissime ore dopo la diffusione della notizia, in tutto il nord tanti leghisti si sono incontrati nelle sezioni per discutere e affrontare il difficile momento di passaggio.
Giovedì pomeriggio nella prima e più rappresentativa sede del Carroccio, i militanti si sono riuniti in fretta e furia, attendendo notizie fresche da via Bellerio.
Il giovane segretario cittadino di Varese, Marco Pinti (maroniano), ha sintetizzato gli umori di tutti i tesserati varesini: “Prendiamo atto ancora una volta con orgoglio di avere con noi il più grande politico del dopoguerra: Umberto Bossi, che assumendosi delle responsabilità  che non gli competevano, ha scelto di fare un passo di lato, diventando presidente della Lega per vegliare sul rinnovamento della Lega stessa. Un gesto ancora una volta per il bene del partito”.
In molti si chiedono che ne sarà  ora della Lega: “Il futuro sta nel lavoro quotidiano che non si fermerà , poi abbiamo i congressi che delineeranno la nuova classe dirigente che dovrà  determinare la linea politica — continua Pinti — chiaramente do per scontato che se qualcuno ha sbagliato pagherà . Chi ha fatto qualcosa di non leghista ancora prima di non legale sarà  dimostrato che con la Lega non c’entra niente”.
Ora però il pensiero di tutti i militanti, cerchiomagisti o barbari sognanti, va soprattutto ad Umberto Bossi, il Capo di sempre, che se ne è andato da uomo ferito, riuscendo ancora una volta a cogliere tutti di sorpresa. I leghisti hanno deciso di salutarlo con un abbraccio collettivo, un evento organizzato per martedì prossimo a Bergamo, al PalaCreberg.
Matteo Salvini ha spiegato che la riunione è stata autoconvocata da tutte le città  del Nord per abbracciare Bossi ma ancora non si sa se lui sarà  presente. E poi, sulla situazione del partito ha puntualizzato: ”Ripartiamo da oggi. Io rimango all’abbraccio commosso fra Bossi e Maroni di ieri. L’unità  del movimento è una priorità  e non c’è spazio per pirla e furbi”.
Voci vengono raccolte anche nel terreno bossiano, è il caso del senatore Armando Valli, che al quotidiano La Provincia di Como dichiara tutta la propria amarezza per il passo indietro del Capo: “Per me è stata una pugnalata, buttano fango su di lui ma lui non c’entra nulla. Ci metto due mani sul fuoco, non ho il minimo dubbio”.
E poi continua: “Mi dispiace tanto, gliel’hanno fatta sporca. D’altra parte lui non poteva seguire tutto, anche per colpa della malattia. Bossi e la Lega sono una cosa sola, se lascia lui lascerò anch’io, finirò la legislatura e poi basta”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LO STRANO CASO DEL CONSULENTE LEGALE SCELTO DA BELSITO PER IL MINISTERO: NON ERA NEANCHE AVVOCATO

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

BRUNO MAFRICI FU NOMINATO CONSULENTE LEGALE DEL MINISTERO DI CUI BELSITO ERA SOTTOSEGRETARIO, MA ERA SOLO UN MEDIATORE D’AFFARI CON UN CURRICULUM MEDIOCRE…. LAUREATO IN GIURISPRUDENZA NON E’ MAI DIVENTATO AVVOCATO

Aveva la tessera della Presidenza del Consiglio dei Ministri in tasca, quando sono andati a perquisirgli lo studio e la casa.
Un documento che ha fatto saltare sulla sedia gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, e che lui ha giustificato affermando di essere stato per oltre un anno (esattamente un anno e tre mesi) consulente legale del Ministero della Semplificazione normativa.
L’avvocato Bruno Mafrici, durante l’interrogatorio a cui è stato sottoposto dal Pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, ha detto che l’incarico gli era stato assegnato grazie all’allora sottosegretario Francesco Belsito.
Era stato il suo amico e tesoriere della Lega, negli anni del Ministro Roberto Calderoli, a chiamarlo a Roma, negli uffici di Piazza San Lorenzo in Lucina.
Una scelta, quella fatta a favore di Mafrici, che non convince gli inquirenti.
L’uomo, originario di Reggio Calabria, infatti risulta essere laureato in Giurisprudenza, ma non è abilitato alla professione.
Insomma non è neppure avvocato, nel senso pieno del termine.
Eppure da oltre sei anni lavora a Milano, allo studio legale “Mgim”, uno dei più in noti del capoluogo Lombardo, nella qualità  di “Consulente legale, di diritto societario, societario e finanziario”.
Mafrici – ufficialmente consulente e mediatore d’affari, con un curriculum, dicono gli investigatori, “piuttosto mediocre” – tuttavia di strada ne ha fatta tanta se si considera che ha poco più di 35 anni ed è partito da Condofuri, paesello in provincia di Reggio Calabria.
A Milano Mafrici è entrato in uno studio prestigioso e nel giro di pochi anni ha creato una serie di società  con le quali fattura tutte una serie di operazioni sia in Italia che all’estero.
Un giro d’affari e consulenze sulle quali la Procura calabrese sta indagando a partire dall’accusa di riciclaggio mossagli dalla Dda reggina.
L’inchiesta ricostruisce rapporti che aveva con Belsito, con l’imprenditore Stefano Bonet e con Romolo Girardelli, socio a sua volta del tesoriere del Carroccio.
Sul gruppo, con ruoli e funzioni diverse, c’è l’ombra di movimenti di denaro sospetti.
Che in qualche caso porterebbero al reimpiego di capitali del clan De Stefano in Lombardia, Liguria e in Francia.

(da “La Repubblica“)

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SULLA CASA EREDITATA DA BOSSI E VENDUTA PER 480.000 EURO, MAI ENTRATI NELLE CASSE DELLA LEGA, IL SENATUR CONTINUA A TACERE

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

UN’ANZIANA MILITANTE L’AVEVA LASCIATA IN EREDITA’ AL PARTITO… UN’INCHIESTA DI “LIBERO” AVANZA LA TESI CHE BOSSI SI SIA TENUTO I SOLDI RICAVATI DALLA VENDITA

Certo, l’uscita di scena del vecchio guerriero padano si ingoia la cronaca; ma forse sulle stesse dimissioni di Umberto Bossi pesa anche la vicenda inquietante denunciata da Libero.
Che fine hanno fatto quei 480mila euro ricavati dalla vendita di un appartamento milanese lasciato in eredità  a “Bossi Umberto quale segretario della Lega Nord” da parte di Caterina Trufelli ottuagenaria appassionata leghista?
Avessimo ottenuto non dico un chiarimento, ma almeno un refolo di spiegazione, un brandello di scuse, finanche il solito “vaffa” condito dalla sindrome del complotto “contro l’unico movimento di popolo antipartitocratico”.
Nulla di nulla.
La notizia, pur tambureggiata via radio, tv e internet è galleggiata nell’oblio dei leghisti; i quali, ad onor del vero, in serata, con le dimissioni del Capo avevano altro a cui pensare.
Eppure la storia della Caterina Trufelli, classe ’31 di Cignogara frazione di Viadana, di terra padana che più padana non si può, merita il racconto.
L’anziana militante -che pare avesse tra i desideri più intimi l’aver le proprie ceneri cosparse nel Po- era defunta il 10 maggio 2010.
Non dopo, però, aver ottenuto il bello e ampio appartamento di sette vani al sesto piano di viale Mugello 6, zona viale Umbria che era stato al centro di una feroce disputa giudiziaria tra Caterina stessa, la sorella Annamaria Monis e la madre Iolanda per chissà  diavolo quale acredine familiare.
Quell’“intero immobile” assegnatogli dal tribunale di Milano con balconcini, cantina, solaio e “rendita catastale   di euro 958,03” era tutto il suo mondo.
E, non potendolo dare in lascito alla sorella Roberta scomparsa prematuramente, nè al nipote scavezzacollo con quale la donna aveva ferocemente litigato («Sono stata da lui insultata e minacciata, lo escludo totalmente dal beneficio, rinnegando la parentela se possibile»); be’, insomma, la Caterina aveva ritenuto, nella fedeltà  della militanza, di redigere nuovo testamento a favore del partito nella figura di Bossi segretario, indirizzando le sue volontà  all’avvocato Francesca Passerini, esecutore testamentario della signora nonchè procuratrice speciale dell’Umberto stesso. La signora Caterina lascia questo mondo il 10 maggio 2010; e lascia l’immobile a Bossi.
Il quale – senza usare avvocati e/o notaio avvezzi agli affari della Lega – accetta il lascito e lo pone in vendita.
E l’appartamento trova immediatamente un’acquirente in tale Angela Torazzi “non coniugata”, la quale lo rileva il 1 febbraio 2011.
Il prezzo concordato è di 480.000 euro, pagato con assegni non trasferibili del valore di 17.305,06, 19.126,32 , 2.741,02   e 1.445 euro, nonchè circolari di 113.568,62, 250.000 e 75.813,98 euro.
Il 25 febbraio 2011 l’Agenzia del Territorio registra contemporaneamente i due atti, l’accettazione e la compravendita.
Tale pratica, soprattutto in casi di lasciti ai partiti legalmente rappresentati dai propri segretari, è abbastanza comune.
Per dire, sia Amintore Fanfani con la vecchia Dc, sia Giorgio Almirante nell’epoca d’oro del Msi, accettavano eredità  da elettori affettuosi; e le giravano immediatamente nella disponibilità  del partito.
La procedura d’acquisizione e vendita richiedeva obbligatoriamente comunicazione congiunta alla Camera.
Bossi Umberto non vi ha provveduto, violando regolamenti ed etica parlamentare.
Ma il dubbio più pesante riguarda la consegna dei 480mila euro nella casse del partiti sotto forma di erogazione volontaria liberale.
Secondo fonti interne non appare ancora da nessuna parte, nonostante la scadenza dei termini di prassi (di prassi, non di legge: il bilancio ufficiale di partiti si chiuderebbe il 30 giugno, ma tempo per versare in un anno e passa ce n’era).
Dal testamento olografo della donna traspare la volontà  di una fiera femmina padana: «Io sottoscritta Caterina Trufelli, nel pieno possesso delle mie facoltà  mentali revoco ogni mio precedente testamento e nomino erede universale l’onorevole Umberto Bossi, quale segretario della Lega Nord…».
Sarebbe doveroso sapere se ad essa sia stato dato seguito.

Francesco Specchia
(da “Libero”)

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“E’ TUTTO ORGANIZZATO DA ROMA LADRONA”: ORA BOSSI SI DICHIARA PRIGIONIERO POLITICO

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

IL SENATUR RISPOLVERA GLI ATTACCHI ALLA CAPITALE: “SIAMO SOTTO L’OCCHIO DEI MAGISTRATI CHE CI MANDANO”…”NON HO ANCORA DECISO SE RICANDIDARMI”

Umberto Bossi non sa ancora se se si ricandiderà  a segretario della Lega Nord.
Il leadre del Carroccio, dimissionario da ieri dopo essere stato travolto dallo scandalo partito dall’inchiesta Belsito e nominato da ieri presidente del partito, ne ha parlato oggi con alcuni giornalisti: “Non abbiamo ancora deciso quando faremo il congresso — ha risposto a chi gli chiedeva se si ripresenterà  come candidato al congresso federale — allora te lo dirò”.
Però torna subito il Bossi di sempre: la colpa è di Roma “farabutta” e dei magistrati “che ci manda”, però poi ammette che la Lega è anche sotto “l’occhio” dei militanti: “La Lega è pericolosa, perchè è sotto l’occhio non solo di Roma farabutta che ci ha dato questo tipo di magistrati — sostiene — ma anche della militanza, quindi bisogna fare le cose giuste che interessano la gente”.
Frasi che arrivano nel giorno in cui emerge che la segretaria amministrativa del partito Nadia Dagrada ha confermato ai magistrati, durante l’interrogatorio di martedì scorso, che la Lega effettivamente ha incassato soldi in nero.
Il leader della Lega, per 23 anni a capo del partito, ha lasciato la sua villa di Gemonio per raggiungere Milano dove nel pomeriggio incontrerà  Roberto Maroni: “Me l’ha chiesto lui per discutere cosa dobbiamo fare”.
Nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Bossi ha parole di comprensione: “Maroni non è Giuda e ha solo fatto una specie di corrente, i barbari sognanti, che non penso sia con me ma neppure contro di me”.
Bisogna fare “le cose giuste”, continua, per rispondere alla base leghista: “Nella Lega bisogna essere cauti con la militanza, perchè è gente che ci crede”. “Io non sono più il segretario, ma resto un sostenitore”. “Ho anche più tempo libero” ha scherzato.
Poi un consiglio al nuovo tesoriere della Lega, Stefano Stefani: “Deve rintracciare tutta una faccenda molto scura, anche l’avvento di questi che poi si scoprono legati alla mafia“.
Si tratta, ha proseguito, “degli stessi che lavorano per imprese di Stato che producono armi” per le quali servono certificati antimafia.
“Mi sa tanto di organizzato”. Infatti Bossi la vicenda giudiziaria che si è abbattuta sulla Lega Nord è “una cosa molto ambigua, è stata preparata tutta”.
”A mio parere mi sa tanto di organizzato” insiste.
Organizzato da chi? “Noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, anche dell’Italia, del centralismo italiano, uno Stato che non riuscirà  mai a essere democratico”.
“E quindi — ha aggiunto — il nord deve prendere in seria considerazione di mandarli tutti a quel paese”.
“Non è un caso” che lo scandalo sia scoppiato proprio ora, dopo la rottura dell’alleanza tra Pdl e Lega: secondo lui c’è chi teme che la Lega “sequestri tutti i voti del nord” ed era necessario “agire prima”.
Bossi cerca anche gli strumenti per difendere nel merito in particolare suo figlio Renzo, che la segretaria amministrativa Nadia Dagrada indica come il destinatario di cifre di denaro delle casse della Lega per comprare un’auto o per ristrutturare un balcone della villa di Gemonio.
Bossi ha detto che con il figlio ha parlato: “Mi ha portato le prove che l’automobile è sua e l’ha pagata lui, di questo sono certo perchè l’ho visto coi miei occhi”.
Quanto alla residenza di Gemonio, il senatore ha replicato che “Quello della casa è falso”.
Bossi ha ricordato i lavori spiegando che “hanno sbagliato a rifare un balcone che perdeva acqua e abbiamo chiamato uno della Lega bergamasca che poi non ha mandato la fattura”.
Comunque sulla vicenda nel suo complesso Bossi ha ammesso che “ci sono molti lati oscuri”.
Tuttavia, nell’attesa dell’incontro di oggi in via Bellerio, se una parte del partito continua a fare scudo non solo su Bossi ma anche sull’intero partito, c’è chi dall’interno auspica un deciso cambio di direzione: “Andiamo alle amministrative senza grandi credenziali — dichiara il presidente della Regione Veneto e ex ministro Luca Zaia — Serve essere un palazzo di cristallo: trasparentissimo”.
In effetti per Zaia “se prenderemo una bastonata ce la siamo cercata” e quindi diventa una “scelta doppiamente fatta bene andare da soli alle prossime elezioni.
La Lega si deve mettere come un cristallo in piazza e così potrà  misurarsi e farsi giudicare sulla pubblica via.
Il giudizio sull’inchiesta è duro: “Se fosse mai confermato ciò che si legge qualsiasi leghista non dovrebbe fare altro che rabbrividire ed indignarsi. E’ chiaro che bisognerà  vedere l’esito di questa inchiesta”.
I familiari, aggiunge, devono restare fuori, altrimenti “facciamo come i baroni dell’università ”.

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MAGIA NERA, DENARO, SOSPETTI E RANCORI: COSI’ LA LEGA DIVENTO’ UN NIDO DI VIPERE

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

“MANUELA VIVE IN UNA MANSARDA CON I LIBRI DI CARTOMANZIA”… “RICCARDO BOSSI HA SPESO 250.000 EURO IN DUE ANNI CON L’AMERICAN EXPRESS”

Dalla “magia nera” della moglie di Umberto Bossi alla “cattiveria” di Rosy Mauro. Dal nomignolo “principe” per il figlio “trota” di Bossi al “tombolotto” che è l’ex tesoriere Francesco Belsito.
Che cos’era davvero la Lega? E che cos’era il “cerchio magico”?
Di sicuro non un’invenzione dei giornali.
C’è un’intercettazione che va pubblicata quasi integralmente, perchè ora che le carte giudiziarie si sono posate, ora che è possibile capire un bel po’ di più delle dimissioni improvvise di Bossi, è bene che anche i militanti conoscano meglio la leadership.
Stanno parlando Francesco Belsito e Nadia Degrada.
I due si occupano dei soldi della Lega e fanno asse, anche perchè “Viene fuori il pieno e andiamo tutti nella merda”.
Il pieno è arrivato oggi, ma Belsito era preveggente: “Oh, io ho una sensazione, quando mi prude il naso, sta arrivando una disgrazia, e ieri…”.
“Ma tu – lo interrompe Degrada, segretaria amministrativa della Lega in via Bellerio – sei mai stato a casa di lei, a Gemonio, no? Sei andato a vedere dove dorme lei? Tu lo sai che su c’è una mansarda?”.
“Parli della moglie (Manuela Marrone) o dell’altra?”, chiede Belsito.
L'”altra” è Rosi Mauro, soprannominata “la nera”.
Della moglie, ma “tombolotto” era rimasto al piano terra, in cucina, e la sua amica gli rivela: “Se tu vai sopra alla mansarda, c’è una brandina, ma non sto scherzando, ci sono le foto. C’è una brandina di quelle che sembrano per bambini, un comodino ed una lampada. Per terra, piena piena, che prende tutta la stanza, libri di magia nera. Cartomanzia. Astrologia. Tutti eh!… Ma ce ne saranno almeno un centinaio, tutti per terra, non su una scrivania. Niente, lei vive lì, quando è in casa è lì, con quei libri”.
“E che cazzo fa? Eh allora non ho via d’uscita, non so nè cartomante nè mago”, ride sconsolato Belsito.
E più tardi, in un’altra telefonata, dirà : “È che sono un deficiente, che mi sono preso a banconate la scuola (Bosina), capisci tutti i soldi a quella grande p… della moglie (di Bossi), che stupido che sono”.
Le carte parlano di soldi in Tanzania, affari, imbrogli, terrazzi, spese del dentista, spunta il consiglio “Tieniti le copie, metti gli originali dove non li possa rintracciare nessuno”.
Parlano persino di bar di lusso che forse sono acquistati attraverso prestanome di Bossi in piena San Babila, grazie ai soldi dei rimborsi elettorali dello Stato.
I soldi intascati, nell’era Tangentopoli, al bar Donney sono antiquariato, anche i vecchi conti della clinica svizzera non tornano: “… visto che da pagare gli hai dato tutto te ed è arrivato persino indietro l’insoluto, se ti ricordi”
Se il “cerchio magico” non è materia per i magistrati, diventa materia per i magistrati il potenziale clima di ricatto costante che circonda il fondatore della Lega.
Perchè Nadia Dagrada, quando parla con Belsito, non usa mezzi termini: “Diglielo anche a Roberto (Calderoli), vedrai la soluzione da far capire al capo (Bossi). Guarda che tu (Bossi) non hai la possibilità  di rimediare a tutto quello che è stato dato a tua moglie, sia per lei sia per la scuola e sia per i tuoi figli, perchè sono troppi, troppi soldi. E c’è tutto il restante e se ci mettono le mani Castelli (Roberto, ex ministro) e Stiffoni (Piergiorgio, senatore) di turno, tu non puoi più garantire che le cose restino segrete”.
Se Roberto Maroni è “il barbaro sognante”, e su di lui c’è poco da sparlare, Castelli, bocciato alle elezioni, è l’altro nemico: “È lui il cerchio magico, lui non è più il capo della Lega, è il capo del “cerchio magico””.
Anche Castelli, però, dove può andare? “Castelli lavora tutto alle spalle, quando ha pagato di sua moglie dei cazzi e dei mazzi, io ho tutto scritto, eh”, dice Belsito.
E si svela un cerchio magico sempre più impaurito, con Renzo Bossi che traffica intorno “alla storia della casa” ristrutturata a Gemonio.
L’ansia di essere beccati era tanta che “sono venuti a prendere, Renzo e la fidanzata (Silvia), tutti i faldoni da via Bellerio, e li hanno portati tutti via”, confida la dirigente amministrativa al tesoriere.
“Adesso hanno parecchia caga (…) E visto che comunque lei (Manuela Marrone) di ascendente ce ne ha, devi dire che Castelli c’è da tenerlo d’occhio”.
La Lega, che si raccontava barbara, dura e pura, vista dall’interno, grazie anche alle intercettazioni telefoniche che i “padani” volevano abolire d’accordo con Silvio Berlusconi, non è che si affloscia soltanto nell’identità , come un qualsiasi partito della prima Repubblica.
Appare come un nido di vipere, si usano espressioni come “sfacelo”, “merda umana”, “è una cogliona integrale”, “fargli prendere paura”.
Rosi Mauro, oltre ad essere coinvolta gravemente nei flussi di denaro, riceve descrizioni da romanzo: “Lei ha un odio viscerale nei confronti delle persone, ma è sempre stata così, solo che adesso secondo me gli è andato alla testa il potere, sta perdendo il lume della ragione”.
La sfottono pure sui “diecimila telefonini in borsetta”.
La sua colpa? “Una puttana, sta rovinando il Capo, lo sta mettendo contro tutti”. Invece dovrebbe capire che “salta il capo, sei morta anche tu”.
Il rombo della “disgrazia” è sempre più percepibile, l’unica via d’uscita sarebbe che Belsito parlasse direttamente con Bossi.
Ma non di nomine e cariche politiche: “Gli dici: ‘Guarda capo, è meglio che sia ben chiaro, se queste persone mettano mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie dei tuoi figli, le tue, a questo punto salta la Lega’.Proprio così eh, papale papale glielo devi dire”.
E se gli altri confidano nel suo silenzio, Belsito ha un’arma, quella che negli anni Novanta fu definita “la politica del ricatto”: “Tu gli dici: “Ragazzi, forse non avete capito che se io parlo, voi finite in manette, o con i forconi appesi…”.
Domani inizia a parlarne con Roberto, (Calderoli)”. Perchè, alla fin fine, “ma a chi volete cagare il cazzo?”.
Il fiume carsico dei soldi alla “famiglia” rivela a ogni emersione un dettaglio che sconcerta: “Gli tiri fuori perfino le spese del dentista di Sirio”.
Oppure le “bollette del telefono di Renzo Bossi”, e nel taccuino c’è “l’ultima macchina del “principe”, 50 mila”. “Tanto ce l’hai la fattura, no?”, chiede Dagrada. “E certo!, esclama Belsito.
E questo “è certo!” risuona sinistro e più volte, con Riccardo Bossi, figlio del primo matrimonio, nullafacente, che sembra aver utilizzato “250 mila euro solo nel 2010 e 2011” con American express non pagata da lui.
E questo portafoglio invita a scherzare sul figlio più piccolo, che ancora non ha la patente: “A Eridanio bisogna procurargli un go kart”.
Risate o non risate, il concetto è semplice: se questa è “una patata troppo bollente, con la storia della famiglia”, se Bossi immaginasse di liquidare il tesoriere-faccendiere per salvare la sua faccia, e il suo partito, il “tombolotto” reagirà .
È in grado di aggiungere altri dettagli: “Capo, il punto è che fino a adesso, quello che è stato speso per tua moglie per tuo figlio Renzo, per tuo figlio Roberto, per la Rosi Mauro, per l’amante della Rosi Mauro, è rimasto per me. Sicuro che se mettiamo di mezzo dell’altra gente queste cose non escono?”.
Per cui niente Castelli, serve “un’altra persona di fiducia come Gibelli o se preferisci come presidente Alessandri che però è già  presidente federale, quindi è da vedere”, comunque i bilanci vanno approvati, firmati, chiusi.
Non sappiamo se questo discorso sia stato fatto, o se i carabinieri comandati da “Ultimo” l’abbiano impedito arrivando prima con le indagini. Bossi, diceva ieri dopo le dimissioni, sa che in un uomo non conta la carica, contano “cuore e cervello”.
Ma allora, ictus a parte, che cosa gli è successo per aver chiuso occhi e orecchie per così tanto tempo anche in casa sua?
E il “cerchio magico”, queste anime nere cresciute dentro il partito verde, quanta responsabilità  hanno nella malattia che contagia un intero movimento?

Piero Colaprico
(da “La Repubblica“)

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DAL DENTISTA ALLA SCUOLA, I BENEFIT DI BOSSI

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

SPUNTANO ANCHE DEI BAR ACQUISTATI A MILANO DA BELSITO PER CONTO DI BOSSI E UN MILIONE E MEZZO DI EURO PER LA SCUOLA BOSINA

Milioni di euro usciti dalle casse della Lega Nord per le spese più varie: da un «mutuo» per la scuola della moglie, Manuela Marrone, a ”670 mila euro per il 2011” ma senza `pezze d’appoggio’ a giustificare quell’esborso e poi «perfino le fatture del dentista di Sirio», il figlio più piccolo, per non parlare dell’affitto di «una Porsche» per quello più grande, Riccardo, a cui veniva anche pagato l’affitto di casa «cash».
Sono i «benefit» della «famiglia» di Umberto Bossi, come emergono dalle carte dell’inchiesta milanese sulla gestione, secondo l’accusa «truffaldina», dell’ex tesoriere Francesco Belsito.
E mentre gli investigatori, in una lunga informativa, scrivono che pure allo stesso leader del Carroccio «Belsito ha da sempre elargito personalmente» soldi distratti dai fondi della Lega, la dirigente amministrativa della sede di via Bellerio, Nadia Dagrada, in una telefonata intercettata lo scorso febbraio arriva a dire che il `capo’ «non può dire che non sa» di quei «costi» che lo «rovineranno» se «esce fuori qualcosa».
Dalle moltissime intercettazioni, negli atti dell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Robledo e dai pm Pellicano e Filippini, esce fuori uno `spaccato’ delle recenti spese di `mantenimento’ dei Bossi («Gli devi dire, noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tuo figlio, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male», dice al telefono Dagrada a Belsito) ma anche riferimenti a presunti fondi neri più indietro negli anni. Quest’ultimo particolare viene fuori in una telefonata del 29 gennaio sempre tra la responsabile amministrativa e l’ex tesoriere.
Quell’intercettazione, come tante altre di quei giorni dopo che lo `scandalo’ degli investimenti in Tanzania è già  esploso sui media, li vede parlare costantemente dell’ex ministro Roberto Castelli che vuole fare, come dicono i due, «il salvatore della patria» chiedendo che dei «revisori» controllino i bilanci del Carroccio.
Dagrada: «Però tu al capo (Bossi) precisi la cosa del discorso soldi, che Castelli vuole andare a vedere la `cassa’ e quelli che sono i problemi, perchè comunque tu non è che puoi nascondere quelli che sono i `costi della famiglia’, cioè da qualche parte vengono fuori (…) Anche perchè o lui, (Umberto Bossi, nota degli investigatori) ti passa come c’era una volta tutto in nero o altrimenti come cazzo fai tu».
Dagrada, si legge negli atti, «parla chiaramente del `nero’ che Bossi dava tempo fa al partito. Ovviamente il significato del `nero’ è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile».
Denaro, scrivono ancora gli investigatori, «che poi veniva elargito senza lasciare `traccia’ a Bossi ed ai suoi familiari»`.
E proprio ‘`per conto di Bossi’` Belsito avrebbe – come lui stesso racconta – ‘`acquistato a Milano dei bar’`.
Tra i soldi del partito che arrivano alla famiglia, la quota piu’ significativa, dagli atti e dalle intercettazioni, sembra essere quella destinata alla scuola Bosina della moglie di Bossi: «Un mutuo da un milione e mezzo di euro fatto con la Pontidafin (Pontida fin srl società  finanziaria della Lega Nord con sede in via Bellerio)».
E poi da un’intercettazione dello scorso 8 febbraio emerge che Belsito per la Bosina avrebbe dovuto sottrarre dalle casse della Lega «un milione di euro».
E poi ancora sempre riferendosi alla scuola in un’altra telefonata, Belsito: «Vogliamo parlare di quel contributo che gli diamo tutti gli anni? Tra i 150 e i 200 mila?».
A un certo punto negli atti dell’inchiesta si fa una sorta di elenco parziale di tutto quello che sarebbe stato intascato dai Bossi: i «costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega»; quelli per il «diploma» di Renzo Bossi `Il Trota’ – Dagrada con una battuta al telefono dice che il consigliere regionale «non paga di tasca sua» neanche «il caffè in Regione» – ; 670 mila euro «per il 2011» senza «giustificativi»; l’affitto della Porsche per Riccardo Bossi e sempre per lui i «costi per pagare i decreti ingiuntivi» di alcune cause e le «fatture» per l’avvocato; «una casa in affitto» a Brescia; ”300 mila euro” per la Bosina.
Dopo la `lista’, la «soluzione» che ha in mente Dagrada, anche una sorta di `consigliera’ di Belsito quando le cose si mettono male.
Lui, dice lei, dovrebbe «far capire al capo: guarda che tu non hai la possibilità  di rimediare a tutto quello che è stato dato a tua moglie, sia per lei sia per la scuola e sia per i tuoi figli, perchè sono troppi, troppi soldi».
Soldi anche per la «campagna elettorale del Trota», stando a quanto spiega al telefono Belsito. E Dagrada: «Ma c’hai le carte di quello che hai pagato?».
E lui: «No, perchè gli davo a lui alla Rizzi (assessore regionale accusata a Brescia di un presunto dossieraggio ai danni di avversari interni al partito proprio per favorire Renzo Bossi, ndr) e a lei… portavo cash!».
Sul figlio del leader gli investigatori segnalano un altro elemento: «Renzo Bossi e la sua fidanzata, Baldo Silvia, (…) sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa (ristrutturazioni?) per timore di controlli, visto il periodo critico».

(da “Il Secolo XIX“)

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PARLA BOSSI: “ATTACCANO LA MIA FAMIGLIA SOLO PER COLPIRE ME E IL PARTITO”

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

IL SENATUR IN UNA INTERVISTA A “REPUBBLICA” SCEGLIE LA LINEA DI NEGARE L’EVIDENZA: “QUESTA STORIA E’ TROPPO STRANA, BELSITO NON L’HO SCELTO IO, MIA MOGLIE E’ SOLO UN’INSEGNANTE”

Il Senatur parla al termine della giornata che l’ha visto lasciare la segreteria del partito che ha fondato.
“Sconfitto? Proprio no. Mi sento colpito, questo sì. Ma non mi hanno sconfitto. La Lega è abituata a combattere, e lo farà  anche questa volta, potete esserne sicuri”.
Sono le dieci di sera del suo giorno più lungo, e Umberto Bossi commenta al telefono con Repubblica il ciclone che lo ha investito.
Si aspettava questo scandalo?
“In realtà  sto ancora cercando di capire. E quando capirò potrò difendere la Lega da queste accuse che mi sembrano assurde. Senza senso”.
Ma non si tratta di accuse generiche. Ci sono carte e intercettazioni che rivelano una serie di ruberie, e per di più di denaro pubblico, soldi dei contribuenti. Ha letto?
“Questo sì, l’ho letto. Ma è una cosa strana, difficile da credere. Condita da stupidaggini vere e proprie, da inesattezze e anche da falsità . Sa quale mi ha dato più fastidio”?
Quale?
“La storia secondo cui mia moglie avrebbe in mano la cassa della Lega, insieme con Rosi Mauro. Mia moglie, capisce? Chi la conosce sa che fa l’insegnante, e nient’altro. Di che cassa stiamo cianciando? E chi mette in giro queste panzane?”
Anche lei come Berlusconi parla di complotto? Possibile?
“Io so che questa storia puzza. Tutto qui”.
E i soldi pubblici presi dal “cerchio magico” e dai suoi figli?
“È proprio qui che nasce la puzza. Ma andiamo. Siamo l’unica vera forza di opposizione alla grande ammucchiata e a questo governo delle banche. Ci sono le elezioni. Ed ecco che proprio adesso tirano fuori questo scandalo, e chiamano in causa proprio i miei figli. Non vi sembra strano, non vi chiedete perchè”?
Perchè?
“Per colpire me, attraverso la mia famiglia. Bisogna colpire Bossi, per far fuori la Lega”.
Insomma, non sente il dovere di chiedere scusa ai suoi militanti e agli elettori, davanti a questo scandalo?
“Io sento il dovere di capire, gliel’ho detto. E lo farò. Vedo troppe cose strane”.
Ad esempio?
“Ma non le sembra strano che l’amministratore della Lega venga collegato alla ‘ndrangheta, e che nessuno ci abbia mai detto niente?”
Senta, quell’amministratore non ve lo ha imposto nessuno, lo avete scelto voi. Dunque la colpa è vostra, non le pare?
“Io non ho scelto un bel niente, quel tipo lo abbiamo ereditato dal precedente amministratore, lavoravano insieme, ci siamo fidati. E saltano fuori questi strani collegamenti all’improvviso, senza che nessuno ci avverta mai di niente?”
Tutta qui la sua difesa?
“Aggiungo una cosa. L’amministratore ha legami di lavoro con una società  pubblica importante: possibile che nessuno abbia fatto un controllo? Perchè non chiedete a loro come mai non sapevano niente e lo chiedete solo a me?”
Quindi?
“Dico solo questo: la cosa puzza”.
Ma intanto lei si è dimesso. Perchè?
“Per il bene della Lega, per lasciarla più libera di difendersi”.
Pensa di aver lasciato per sempre o spera di tornare alla guida della Lega?
“Questo era il momento di lasciare, e l’ho fatto. Non se ne va mai nessuno, io sì”.
Fuori dalla politica per sempre?
“Piano. Mi sono dimesso, ma combatto. Da semplice leghista. Umberto Bossi, militante della Lega. Questo è per sempre”.

(da “La Repubblica“)

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BUFERA NELLA LEGA: IL SENATUR LASCIA MA VIENE NOMINATO PRESIDENTE

Aprile 6th, 2012 Riccardo Fucile

“MI DIMETTO PER IL BENE DEL MOVIMENTO MA SI SCORDINO CHE IO SCOMPAIA”… MARONI ACCOLTO AL GRIDO DI “GIUDA”

A vent’anni esatti dalle elezioni del ’92, prima vera vittoria politica della Lega Nord, Umberto Bossi si dimette.
Le indagini sul tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito condotte dalle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria portano alle dimissioni del Senatùr che lascia il ruolo di segretario del partito nel corso del consiglio federale di giovedì.
Dimissioni «irrevocabili» accolte dal consiglio federale che sostituirà  il segretario con 3 reggenti che guideranno momentaneamente il movimento.
TRIUMVIRATO
Ci sarà  infatti un triumvirato alla testa del partito, composto dal coordinatore delle segreterie nazionali, Roberto Calderoli, dall’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni (che oggi vedrà  Bossi in via Bellerio a Milano in un faccia a faccia) e dalla parlamentare veneta Emanuela Dal Lago.
«Mi dimetto per il bene del movimento e dei militanti. La priorità  è il bene della Lega e continuare la battaglia». Queste le parole con cui Umberto Bossi ha lasciato il movimento in qualità  di leader.
Al Senatùr, il consiglio ha concesso comunque l’onore delle armi nominandolo presidente al posto di Angelo Alessandri.
Una nomina che gli consentirà  di partecipare ancora alle riunioni del consiglio federale.
«Chi sbaglia paga – ha detto Bossi – qualunque sia il cognome che eventualmente porti».
E poi in un’intervista con il direttore de La Padania Stefania Piazzo, il Senatùr precisa: «Nessuno mi ha chiesto le dimissioni. L’ho deciso io, perchè ero di intralcio ma il fatto che io abbia dato le dimissioni non vuol dire che io scompaia. Se lo scordino. Resto nella Lega, da ultimo sostenitore o da segretario io resto sempre a disposizione della causa».
E poi ancora: «Da domani mi chiameranno militante. Anzi, no. Semplice simpatizzante».
Sulle inchieste Bossi non ha dubbi: «è stata messa in atto una chiara manovra contro di me e contro la Lega».
Il conflitto con Maroni? Il Senatùr chiarisce: «Non è vero che Maroni sia un traditore».
La lunga giornata di via Bellerio La lunga giornata di via Bellerio       La lunga giornata di via Bellerio       La lunga giornata di via Bellerio       La lunga giornata di via Bellerio       La lunga giornata di via Bellerio
BERLUSCONI
In serata anche il commento dell’eterno alleato Silvio Berlusconi che ha definito le dimissioni di Bossi «una botta, un colpo al cuore».
Ma accanto all’amarezza e alla sorpresa, nei ragionamenti dell’ex premier si è insinuato anche il dubbio che contro la Lega sia stata messa in atto un’operazione politico-giudiziaria.
Una vicenda che, per il Cavaliere presenterebbe molte zone d’ombra.
Anche lui, queste le parole di Berlusconi, è finito nel tritacarne della giustizia ad orologeria. Dietro la vicenda, per l’ex premier potrebbe esserci un disegno politico.
È un film che conosco bene – sarebbe stato il ragionamento di Silvio – dopo essersi accaniti contro di me, ora tocca ad Umberto. Guarda caso ad un mese dalle elezioni amministrative.
IL CONSIGLIO
Secondo Matteo Salvini, che ha raccontato l’addio del leader della Lega su Radio Padania, Bossi è stato salutato «da un consiglio federale commosso. Nessuno ha chiesto le sue dimissioni, lui è arrivato già  convinto, con una scelta decisa e sofferta». Una scelta «presa per difendere il movimento e la famiglia» e che è stata molto apprezzata dal partito.
Ora tocca al triumvirato la gestione ordinaria della Lega, almeno fino al congresso federale che si terrà  entro l’autunno. Ma emergono nel partito già  i primi contrasti, tra i fedelissimi bossiani del cerchio magico e i cosiddetti «rinnovatori».
I PRIMI CONTRASTI
Tra questi ultimi spicca senza dubbio Roberto Maroni, che in via Bellerio nella giornata dell’addio del Senatùr, è stato contestato da alcuni militanti che gli hanno urlato «buffone».
L’ex ministro viene visto infatti da alcuni come il traditore, il «giuda» come è stato soprannominato l’ex ministro dell’Interno su alcuni volantini al di fuori della sede nazionale della Lega.
Da qui la difesa dello stesso Bossi.
Maroni è stato comunque nominato nel triumvirato che traghetterà  la Lega verso la nomina del nuovo segretario, mentre nel frattempo è stato scelto il nuovo amministratore del partito: si tratta di Stefano Stefani, che – a differenza di Belsito – sarà  coadiuvato da una società  esterna per la certificazione del bilancio.
MARONI
Commozione, nonostante tutto, è stata espressa dallo stesso Roberto Maroni: «C’è stata grande commozione quando Bossi, durante il federale, ha detto che voleva dare le dimissioni – ha spiegato -. Gli abbiamo chiesto di rinunciare ma è stato irremovibile».
Poi gli impegni per il futuro: «Adesso ci mettiamo al lavoro per fare pulizia – ha precisato – andando a guardare i conti e aprendo tutti i cassetti, è importante anche che sia stato dato incarico a una società  di revisione esterna per la verifica patrimoniale».
L’ex ministro ha poi confermato il suo sostegno al fondatore del partito: «A Bossi ho detto: se deciderai di ricandidarti al congresso federale questo autunno io ti sosterrò».
E Salvini ha postato su Facebook: «Umberto Bossi e Roberto Maroni, commossi ma determinati, che si abbracciano alla fine di questa importante giornata.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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