Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile
UN EXPLOIT DEL 5 STELLE METTEREBBE IN CRISI QUALSIASI ALLEANZA AL SENATO… IL COMIZIO A SAN GIOVANNI POTREBBE DIVENTARE IL COLPO FINALE
Il riepilogo più efficace della cavalcata elettorale fin qui compiuta da Beppe Grillo lo propone un
combattente della “vecchia politica” come Antonio Bassolino: «Lui sta usando uno strumento modernissimo e uno antico con eguale abilità : da anni è in contatto con un numero vastissimo di persone attraverso la Rete ed è l’unico che va in piazza, che ha capito come le elezioni abbiano bisogno di un contatto fisico, piccoli paesi e una piazza storica come San Giovanni a Roma… ».
Una campagna elettorale talmente efficace, quella di Grillo, che in queste ore nelle segrete stanze degli istituti di sondaggio e in quelle dei partiti è in corso un frenetico ricalcolo delle stime previsionali e soprattutto – e questa è la novità – delle proiezioni per i seggi del Senato, la Camera decisiva per gli assetti di governo della prossima legislatura.
Il primo dato, dunque, è un boom elettorale del Cinque Stelle che sarebbe superiore a quello finora rilevato dai sondaggi, un trend che si desume dai dati incrociati tra diversi istituti, su iniziativa di Euromedia Research, da anni dotata di antenne e mezzi finanziari che la rendono affidabile non solo a Berlusconi, che se ne serve.
E la sentenza è questa: «Il Cinque Stelle è il movimento che in questi giorni sta crescendo con più velocità di tutti gli altri».
Un trend non pienamente certificato dai sondaggi e che è alimentato anche da una certa ritrosia degli elettori a “confessare” il voto pro-Grillo.
Una sensazione confermata da uno dei parlamentari più esperti, l’ex dc pugliese Pino Pisicchio, ora con Bruno Tabacci: «Percepisco tra la gente un non-detto che inquieta e mi fa pensare che il risultato di Grillo potrebbe essere superiore a quello finora testato».
E infatti il dato più interessante contenuto nelle proiezioni elaborate dagli istituti è esattamente questo: da qui alla conclusione della campagna elettorale il Movimento Cinque Stelle è accreditato di un ulteriore salto, dall’attuale 14-15%, fino a quote attorno al 20%.
E qui scatta il secondo fenomeno di queste ore: l’operazione-ricalcolo seggi del Senato.
Disciplina molto complessa perchè influenzata da molteplici incognite.
La prima: la difficoltà di disporre di sondaggi regionali attendibili e aggiornati.
La seconda: l’offerta frastagliata come mai e che in alcune regioni fa entrare in competizione per la conquista dei seggi non i soliti due poli (centrosinistra e centrodestra), ma almeno il doppio.
Tutto ciò premesso, se i dati attuali restassero stabili fino allo spoglio elettorale, sia al Pd che al Pdl si calcola che il partito di Bersani potrebbe contare sulla maggioranza dei seggi alla Camera, mentre al Senato sarebbe quasi certamente costretto ad allearsi con l’area Monti per poter raggiungere una solida maggioranza.
Ma si tratta di previsioni basate sui dati attuali e cioè sulla previsione di un Cinque Stelle al 14-15% e di un’Area Monti attestata su unaquota oscillante tra il 12,4% attribuito da Lorien e il 15% di Ipsos.
Se alla fine fosse confermata grosso modo questa percentuale, la Scelta civica di Monti potrebbe contare su 30-40 senatori, la quantità giusta per risultare non solo determinante per la formazione di un governo, ma garantendo anche un margine di sicurezza: sommando i 140-150 senatori attribuibili a Pd-Sel e i 30-40 di Monti-Casini si arriverebbe su quote nettamente superiori a quella necessaria, 158, per la maggioranza a Palazzo Madama.
Ma se l’escalation dei consensi a Grillo e il declino dell’area Monti (quorum dell’8 per cento a rischio in Puglia, persino nel Lazio e in altre regioni) fossero confermati, il ricalcolo in corso nei partiti propone scenari diversi: 40-50 senatori a Grillo, 20-25 all’area Monti.
Con scenari parlamentari diversi da quelli finora immaginati.
E’ per questo motivo che in queste ore cresce, incoffessata, l’attesa negli altri partiti per la manifestazione di chiusura di Beppe Grillo a piazza San Giovanni, fissata alle ore 18 di venerdì: un successo, rilanciato dalle tv a poche ore di chiusura dalla campagna elettorale, rappresenterebbe uno spot davvero “imparabile”.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile
DA SCILIPOTI A RAZZI, NIENTE TV E MANIFESTI… MINZOLINI: “BISOGNA STARE SUL TERRITORIO”
Mario Tronti, storico filosofo della Classe operaia, classe 1931, Facebook non lo frequenta granchè: «Sono scettico su queste cose virtuali. Preferisco di gran lunga il contatto con i corpi».
Candidato con il Pd, ha un’impostazione solida ma un po’ classica: «Niente teatrini televisivi. Manifesti? No, che cosa odiosa vedersi rappresentati in immagine. Piuttosto ho incontri con il mondo intellettuale, scrivo sull’ Unità e sono aperto a un discorso sulla questione antropologica e sociale».
La giovane candidata del Movimento Cinque Stelle, Roberta Lombardi, classe 1973, si definisce una «smanettona» e ha aderito con entusiasmo a un’iniziativa che unisce il massimo dell’interazione virtuale con il massimo del contatto diretto: «Si chiama “Invita a cena un candidato”.
“Su Facebook chi è interessato ci contatta e noi si va a cena. Stasera in un’osteria di Primavalle mi aspettano una ventina di persone». Niente aragoste e niente cene offerte, inutile dirlo: «Si fa alla romana».
La campagna elettorale cambia.
Pochi comizi, scomparse o quasi le sedi di partito. Vuoti Arci e Case della Cultura. Sono cambiati tempi, media e anche la legge elettorale.
Lo spiega Tronti: «C’è la personalizzazione. Tutto è legato ai candidati premier, gli altri scompaiono. Non che sia un male, per me: questa idea che si vota prima per il partito e poi per i candidati, viene demonizzata, ma ha le sue virtù».
La pensa così un candidato che non potrebbe essere più distante da Tronti, Augusto Minzolini, già direttore del Tg1, candidato con il Pdl: «Contano molto i leader. Noi dobbiamo stare molto sul territorio. E, certo, sulla rete».
Minzolini ha avuto qualche disavventura, con l’account Twitter sospeso per eccesso di virulenza verbale, addebitata poi all’esuberanza del figlio: «Ma quale sospeso, a me non risulta affatto. E comunque la questione è nata per lo squadrismo, lo dico tra virgolette, del mucchio selvaggio di 400 grillini organizzati».
Quanto a Facebook, c’è un «Minzolini fan club» con 13 mila adepti: «Ma non lo gestisco io. È aperto da anni, mi stupisce che ci sia tanta gente che scriva ogni giorno un notiziario su di me».
CasaPound, il movimento appena investito da un’inchiesta giudiziaria, sceglie il Carnevale per la sua campagna: a Firenze Saverio di Giulio e altri militanti sfilano con le maschere di Monti, Berlusconi e Bersani.
Josefa Idem, la campionessa di canotaggio candidata con il Pd, invece, macina chilometri, passando da un’azienda di ceramica di Castelbolognese a un incontro a Novi: «Niente manifesti, è una scelta del partito. Ma io sono stata la seconda più votata in Emilia Romagna e quindi mi conoscono. Meglio andare nei mercati: qui si incontra molta rabbia verso la politica, c’è da faticare per convincerli a votare». Antonio Razzi (Pdl), sorpresa, usa molto la Rete.
La sua pagina Facebook lo vede protagonista, con lettori che lo paragonano a Lincoln e altri – inconvenienti del web – che postano il video di La7 con le sue parole: «Io penso ai cazzi miei».
Razzi si fa «intervistare» in un video da una voce off, con sfondo di alberi brulli. È «il mio programma». Comincia così: «Nella mia Regione manca tante cose. Siamo fortunati di avere una regione dove ha il mare e ha la montagna».
Poi enumera i suoi impegni in Abruzzo: il volo Zurigo-Pescara, i tornei di tennis e calcio di Francavilla a Mare e Montesilvano per i terremotati.
Domenico Scilipoti, l’altro protagonista del ribaltone filoberlusconiano, preferisce andare sul campo, in Calabria, dove è stato candidato tra le polemiche: «Sono stato a Rosarno, Polistena, Gioia Tauro, Cotrone».
Cotrone? «Sì, scusi, come si chiama?». Crotone? Cotronei? «Senta… Comunque ho messo già due uffici qui e sarò presente almeno due volte ogni dieci giorni».
Scilipoti batte il territorio: «Sono appena stato alla discarica Petrosi di Casignana e ho parlato con il commissario ai rifiuti: subito risolto, una grande vittoria».
Tra le battaglie in corso, la restituzione dei resti del brigante Villella: «Sono ingiustamente custoditi a Torino: li riporterò in patria».
Alessandro Trocino
(da “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile
“CON UN NUMERO RISTRETTO DI INTERVISTATI I MARGINI DI ERRORE SONO ANCHE DEL 5% INTERNO”… INTERVISTE A TELEFONI FISSI E NON MOBILI
Mentre sui grandi numeri ci si gioca il governo, sui piccoli c’è in gioco la sopravvivenza. 
“L’unica cosa certa è che dei sondaggi bisogna fidarsi sempre poco“, come spiega Marco Cucchini, docente di diritto costituzionale all’Università di Trieste e responsabile delle studio di consulenza elettorale, Poli@archia.
Lui di elezioni ne ha seguite parecchie e quando si parla di sondaggi sui partiti neonati il suo giudizio è netto: “Sono totalmente inaffidabili, e spesso sono fatti anche in maniera superficiale, alla carlona: con un numero ristretto di intervistati si hanno spesso margini di errore attorno al 5%, il che non si traduce nel fatto che un partito dal 3 potrebbe raggiungere l’8%: ma potrebbe avere il 3,9 % e fa una bella differenza”. Infatti per i piccoli il quorum, cioè lo sbarramento per entrare in Parlamento, è del 4% alla Camera, per le liste non coalizzate, e il 2% per quelle che fanno parte di una coalizione. Al Senato si alza ancora di più l’asticella: 3% per le liste non coalizzate e 8% per le altre.
“Il problema del sondaggio — spiega ancora Cucchini — è che spesso ha in sè la risposta alla domanda. Un conto è se io faccio una domanda specifica su un partito, un conto è se spero che sia l’intervistato autonomamente a nominarmelo. I veri sondaggi sono quelli che i partiti si tengono nel cassetto”.
Fratelli d’Italia, tra i nuovi partiti, è quello che vive di più l’incertezza nei sondaggi. Partito molto forte, almeno secondo quanto sottolinea Fabio Rampelli, tra i dirigenti della nuova formazione fondata dal trio Meloni-Crosetto-La Russa, adesso il gradimento oscilla tra il 2 e il 3%: “È una percentuale di cui non abbiamo riscontro — dice l’ex deputato Pdl — siamo fortemente presenti sul territorio e capiamo quando una forza politica sta all’1 o al 5%”.
Una spiegazione Rampelli se la dà attribuendola all’alleanza con il Pdl del redivivo Berlusconi, che starebbe rosicchiando consensi che nelle urne potrebbero andare a Fratelli d’Italia (partito su temi e programmi concorrente al Pdl se pur alleato).
Uno che sicuramente ai numeri non ha pensato, prima di lanciare la sfida di un nuovo movimento, è Oscar Giannino con Fare per Fermare il declino.
Loro corrono da soli e la maggior parte dei sondaggi li danno tra l’1 e il 2%, ben lontani dalla tagliola del quorum.
“La maggioranza dei sondaggisti tradizionali usa la metodologia CATI con campione limitato, che è distorta verso la sottostima di un movimento con le caratteristiche socio-demografiche del nostro” scrivono sul sito del movimento. Il sistema Cati si basa su interviste telefoniche, solo che una parte crescente della popolazione non usa più il fisso ma il cellulare, precisano quelli di Fare.
Ma allora i sondaggi sono inutili specialmente quando si tratta di nuovi partiti?
“Sono da prendere con le pinze. Noi non facciamo interviste in 8.103 comuni, la totalità dei comuni, facciamo interviste in un centinaio”.
A parlare è uno che i sondaggi li fa da una vita, come Nicola Piepoli dell’Istituto omonimo: “Facciamo un caso: immaginiamo un partito che vale l’1% e che è un numero tipico di un nuovo movimento. l% su 1000 casi sono 10 casi. Immaginiamo che sia distribuito inegualmente sul territorio dello Stato e che il campione di intervistati sia fatto in 100 comuni, in cui il partito sia presente in 10 o in nessuno. Abbiamo così due casi: nel primo sarà sopravvalutato e nel secondo sottovalutato, e questo è tipico dei piccoli partiti. Il campione è rappresentativo di grandi formazioni, non di piccole unità che magari sono inegualmente distribuite sul territorio”.
Per Piepoli per fare un sondaggio oggettivamente attendibile, servirebbe 10 mila interviste, ma “è molto raro che si usino campioni così grandi perchè costano molto”. Un rischio, quello di rilevazioni pagate e quindi strumentali, che Piepoli non percepisce: “Chi paga il sondaggio vuole vedere lo specchio della realtà . Al di là di questo, non lo so se vengono usati in modo strumentale, non mi occupo di come il cliente usa il mio lavoro”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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