Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
“IL SUO REDDITO CONOSCIUTO E’ QUINTUPLICATO DOPO IL 2004, RADDOPPIATO NEGLI ULTIMI TRE ANNI ED OGGI E’ TRA I 4 E I 5 MILIONI NETTI DI EURO L’ANNO”
Nelle democrazie occidentali il partito-azienda è un’invenzione italiana. 
Nasce ufficialmente il 18 gennaio 1994, quando alla presenza di un notaio Silvio Berlusconi e gli altri soci fondatori (Antonio Tajani, Luigi Caligaris, Antonio Martino, Mario Valducci) danno vita al “Movimento” politico Forza Italia.
Pochi giorni dopo, l’annuncio, con la videocassetta registrata consegnata ai Tg, della discesa in campo per il bene dell’Italia.
Vent’anni dopo, come ci spiega Michele Di Salvo, esperto in comunicazione, blogger e autore di un libro sul comico genovese (Chi e cosa c’è dietro Grillo e al Movimento 5 Stelle) lo schema sembra ripetersi.
L’intreccio tra politica e affari come ragione sociale di una nuova formazione politica che, oggi come allora, sta scuotendo dalle radici le istituzioni italiane.
La domanda più ovvia è come guadagna Grillo dal suo blog?
«Le fonti di reddito del blog sono molte e sfruttate al massimo. Basta fare un semplice esperimento visivo, eliminando «i contenuti» e vedere quanto resta come spazi destinati alla pubblicità . Come quella diretta, ovvero vendita di gadget e di prodotti marcati Grillo (libri, dvd etc), alla quale va poi sommato il guadagno indiretto, attraverso le partnership che generano royalty, come ad esempio per ogni utente che si registra e acquista su Amazon partendo dal blog di Grillo».
Ma i gadget rendono tanto?
«Fino a poco fa la vendita di libri e dvd era l’unica forma di finanziamento del blog. A gestire il “merchandasing” è un altro portale, GrilloRama (grillorama. beppegrillo.it). Sono in vendita magliette, dvd e libri di Beppe Grillo. Qualsiasi campagna, tour, comizio, battaglia del comico-politico, ma anche i dvd di Marco Travaglio (tra l’altro venduti a Current Tv per 100mila euro a stagione) è diventata un prodotto di GrilloRama».
E la pubblicità ?
«Secondo il «Il Sole24Ore» traffico stimato raggiunge una media tra i 150 e i 200mila utenti ogni giorno e circa 1 milione di pagine viste. La scelta di affidarsi alla pubblicità Google è piuttosto recente da parte della Casaleggio Associati. Con la crescita del Movimento il blog di Grillo è finito nella categoria top-site degli Ad-Sense di Google: la pubblicità sul blog del comico ora può essere stimata fino a un massimo di 2,49 euro per ogni click e 5 euro ogni mille visualizzazioni. Partendo da questi dati il Sole24Ore ha calcolato per Beppegrillo.it un ricavo annuo che oscilla tra i 5 e i 10 milioni di euro, anche se ci sono analisi (come quella di Webnews) che riducono la forchetta tra 1,5 e i 2,2 milioni».
E poi?
«Poi ci sono le campagne dirette, quelle strutturate in offerta, come ad esempio quelle proposte su beppegrillo.it/adv in cui vengono proposte alle aziende campagne a tema su più canali. E questo dà un significato concreto alla considerazione per cui la vera forza e capacità attrattiva è il network».
In che senso?
«Il blog di Grillo può essere visto come l’elemento centrale di un network che genera accessi e condivide contenuti. Intanto il network diretto, ad esempio il canale Youtube, il sito del Movimento, e la webtv “La Cosa”, cui si è aggiunto il canale streaming dei gruppi parlamentari, in cui ogni video viene visualizzato dopo uno spot di 20 secondi. Poi ci sono i siti “indiretti”, ovvero quelli apparentemente non collegati (come Tze-Tze o Cadoinpiedi). Partendo dal blog e dai corrispettivi account sui social network (ufficialmente 1,3 milioni di fan su Facebook, 1,2 milioni di follower su Twitter), questo traffico viene spostato e condiviso su una serie di siti satellite (anche questi con pubblicità a pagamento) che, comunque, appartengono alla gestione della Casaleggio».
Quanto si è arricchito Grillo in questi anni di attività politica?
«Possiamo parlare solo di stime, tenendo conto di quanto si sa dalle sue dichiarazioni dei redditi, e di per sè non è la fonte più attendibile, se consideriamo i tre condoni tombali ed due edilizi cui ha aderito Grillo. Bene, se consideriamo queste informazioni mediamente il suo reddito conosciuto è quintuplicato dopo il 2004 e raddoppiato negli ultimi tre anni ed oggi è tra i 4 e i 5milioni netti di euro annui».
Che legame c’è con la Casaleggio Associati?
«Casaleggio Associati è l’azienda-motore, specializzata in comunicazione virale e in e-commerce e gestione di rete. Grillo ci mette il nome e la visibilità e Casaleggio il know-how per far “rendere economicamente” la presenza in rete. È Casaleggio che sceglie e che cura tutti i contenuti. Quindi il primo problema che si pone è sino a che punto ciò che “firma” Grillo lo pensa, è il suo pensiero, è la linea politica del Movimento, e dove invece comincia la necessità virale di creare contenuti provocatori a tutti i costi per “stimolare” la partecipazione di rete dei lettori tenendo costantemente ed a qualunque costo alta l’attenzione e i toni. Come si fece con le false notizie come la finta lettera del Papa, o del Presidente Cinese, o la Biowashball, o quella sull’olio di colza nelle auto, o la presunta lettera dell’economista Stiglitz».
Grillo-testimonial e leader di un movimento politico e Casaleggio spin doctor e proprietario di un’azienda di marketing. Non esiste un conflitto di interessi sui contenuti tra l’azione politica e l’attività commerciale?
«Certo, si pone il problema del “chi finanzia chi” e per fare cosa. Ad esempio: mettiamo che il Movimento 5 Stelle proponga l’uso nelle pubbliche amministrazioni di auto elettriche e proponga una certa casa automobilistica, chi assicura che quell’azienda non sia cliente della Casaleggio o che quella azienda non faccia una campagna tematica sul network di Grillo? Nessuno vuole dubitare della buona fede di tanti, ma in assenza di regole chiare e di policy trasparenti, è per primo Grillo che afferma essere buona norma porci dei dubbi».
Come viene finanziato il Movimento 5 Stelle?
«Nello stesso modo del blog. Il Movimento risulta giuridicamente una “Associazione non riconosciuta”. Nello statuto viene spiegato che il Presidente è Grillo che “in qualità di titolare effettivo del blog raggiungibile all’indirizzo www.beppegrillo.it, nonchè di titolare esclusivo del contrassegno di cui sopra” — ovvero quello del Movimento — spettano “titolarità , gestione e tutela del contrassegno, titolarità e gestione della pagina del blog www.beppegrillo.it”. Non solo, al presidente Grillo compete “amministrazione e gestione di eventuali fondi dell’Associazione”.
Di quali fondi si parla?
“Di una quota annuale versata dagli associati; di contributi volontari di persone fisiche, di Enti Pubblici e Privati; di sovvenzioni dello Stato, delle Regioni o di Enti; di eventuali proventi derivanti dalla fornitura di servizi; di donazioni e lasciti testamentari”».
Che cosa comporta l’essere associazione non riconosciuta?
«Non è soggetta al vincolo della trasparenza di bilancio, nemmeno in forma semplificata. Non è prevista la figura del tesoriere, e quindi di un soggetto “terzo” delegato alla raccolta e spesa dei fondi ed alla relativa rendicontazione. Dobbiamo aggiungere che questa associazione esiste dal dicembre 2012, il che pone il problema di chi, come e a che titolo abbia versato i soldi delle raccolte on line e di quelle nelle piazze, come abbia gestito questi fondi, con quali poteri, come abbia documentato gli incassi e le spese, e soprattutto “dove sono finiti questi soldi” e a quanto ammontano».
Il che crea un problema di trasparenza contabile?
«Qui si pone la domanda posta a Grillo da anni senza che nessuno nemmeno nel Movimento si sia posto lo stesso quesito. Il M5S ha aperto un conto su “Pay Pal” (una società che offre pagamenti on line). Questo conto risulta intestato a “Movimento 5 Stelle Genova”. Non è un conto “personale” quindi… ma Pay Pal per aprire un conto non personale (di un associazione, ad esempio) richiede il codice fiscale o partita iva, nonchè i documenti ufficiali del soggetto collettivo intestatario del conto, nonchè la sede legale ed i dati del responsabile legale. Ora non risulta che i M5S locali abbiano un codice fiscale, una partita iva, una sede legale, così come non risulta siano costituiti in struttura formale con un responsabile legale. Quindi quel conto a chi è intestato? Chi lo gestisce, come, perchè, a chi rende conto, quali sono i documenti contabili?
Già , chi lo gestisce?
«E chi lo sa. L’M5S non prevede organi di controllo interni; viene tutto lasciato alla discrezione di una sola persona. E così anche nella gestione dei fondi.Vede, se casi scandalosi come quelli di Lusi o Fiorito sono emersi, è proprio perchè esisteva un tesoriere, esistevano delle regole cui attenersi nella spesa dei fondi e una precisa tenuta contabile. Senza regole tutto è più opaco. Faccio un esempio: i partiti devono dichiarare a chi pagano un affitto di una sede, registrare il contratto, esibire una ricevuta fiscale e dimostrare dove prendono quei soldi per pagare quel canone. Nella rendicontazione parziale del Movimento si evince solo “dati x euro a tizio per pagare affitti” non meglio precisando alcun ulteriore elemento. Ciascuno ha la propria idea di trasparenza.
Che cosa ci guadagna invece Casaleggio?
«Tanto. Intanto in termini di visibilità e di vera o presunta autorevolezza, e in Rete sappiamo che conta più la percezione che la sostanza. Da questa autorevolezza nasce un enorme potenziale in termini di lobbing, ovvero nella capacità di mettere insieme e fare incontrare interessi privati e interlocutori politici. Chiariamo, tutto legittimo. Ma il punto è il limite, e la trasparenza dei rapporti. Da ultimo resta l’interrogativo: chi gestirà i circa dodici milioni di euro che andranno ai gruppi parlamentari 5 Stelle?»
intervista di Roberto Rossi
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
“NON SIAMO AUTOMI, SE BEPPE VUOLE PARLARCI VENGA QUI”
Poi c’è uno che alza la mano e dice: scusate, così non va.
Gli altri lo guardano male. E all’inizio lo ignorano.
Solo che lui insiste. E allora finisce per aggregare un gruppo di persone.
Che piano si allarga. Fino a diventare un piccolo plotone di trenta parlamentari che la pensano come lui.
Così, quell’uno, che si chiama Tommaso Currò ed è un fisico che viene dalla Sicilia, smette di discutere all’interno delle stanze segrete ed esce (coraggiosamente?) allo scoperto.
E mentre parla il cuore gli salta nel petto.
Non sa se per emozione o per rabbia.
Onorevole Currò, sabato andate in processione da Grillo a Firenze?
«Io sicuramente no. Mi rifiuto. Non ha senso».
Che fa, si ribella?
«Non mi ribello. Ragiono. È surreale che centosessantratrè persone si muovano per andare incontro a una sola. Venga lui da noi. Qui. In Parlamento. Saremo felici di confrontarci».
Il capo politico del MoVimento però è lui.
«Ma in Parlamento ci siamo noi. E questo luogo va rispettato».
Il vostro leader non lo rispetta?
«Non è questo il punto. Noi parlamentari non siamo automi. E nemmeno bambini. Nessuno ci può svuotare della nostra personalità politica. Diversamente diventiamo schiavi di un manovratore».
Non lo siete?
«No. Ma se andiamo avanti così questo dubbio si cristallizzerà . Con Grillo e soprattutto con Casaleggio. Io non sono uno schiaccia bottoni per conto terzi».
Chi è lei?
«Un cittadino che vuole dialogare. Se entri nel Palazzo grazie a otto milioni di voti, devi prenderti le tue responsabilità ».
Un errore non accordarsi con il Pd?
«La parola accordo non mi piace. Ma io sono convinto che un confronto fosse – e sia – necessario».
Cito Grillo: chi vuole l’accordo col Pd ha sbagliato a votarci.
«I giorni passano. E il Paese soffre. Non possiamo permetterci di perdere tempo. Di aspettare tre mesi per poi tornare a votare. Le piccole e medie imprese non ce la fanno più. Non amo i toni drammatici, ma qui è una questione di vita o di morte. Ogni giorno ci sono imprenditori che si tolgono la vita e migliaia di persone perdono il posto. Non si può stare ad aspettare lo sfascio».
Che si deve fare?
«Discutere. Intervenire. Sarebbe tutto più facile se il Pd avesse la forza di rinunciare a Bersani».
Il modello Sicilia?
«Il modello Sicilia. Con in più la fiducia. Riflettiamoci».
Niente esecutivo a Cinque Stelle?
«Non credo che siamo pronti per governare da soli, bisogna avere la forza di riconoscerlo. Ci serve una nave scuola. Il MoVimento ha una forza straordinaria. Una grande energia. E ha spostato l’asse del dibattito politico. Quello che è successo è meraviglioso. Abbiamo un’occasione storica».
Perchè il Pd sì e il Pdl no?
«Perchè col Pd la sensibilità è comune su molti temi. Penso agli immigrati, all’ambiente, ai diritti civili. Purtroppo in questo Paese la destra non ha un respiro europeo. E non dico altro».
Non ha paura che la rete la crocifigga?
«La rete è una risorsa insostituibile. Con la rete ci si deve confrontare. È sempre stata la nostra forza. Ma non può trasformarsi in un freno. Nel web trovi ogni cosa. Gente straordinaria e banditi. E serve intelligenza per mediare».
Mediare? Grillo inorridirebbe.
«Ma è per questo che siamo in Parlamento. Per servire i cittadini. Ce lo impone la Costituzione. Noi rappresentiamo il 25% del Paese. C’è un 75% che ha altre posizioni. La diversità è ricchezza».
Sul vostro blog «gli altri» spesso sono descritti come nemici.
«Questo è un punto chiave. I nostri elettori non sono diversi dai venti milioni di uomini e donne che hanno votato Pd o Pdl. E se non usi il buonsenso poi finisci per non stringere la mano alla Bindi. Una reazione distruttiva. Drammatica».
Onorevole Currò, come prenderà questa sua intervista il gruppo di «comunicatori» che dovrebbero regolare i vostri interventi?
«Non lo so e non mi interessa. A me può anche stare bene che venga nominato un gruppo che si occupa di comunicazione, purchè la comunicazione non si sostituisca alla politica. Anzi, comprimiamo il potere dei comunicatori ed espandiamo quello dei parlamentari. Altrimenti la nostra diventa solo propaganda. E a me la propaganda puzza di fascismo».
Andrea Malaguti
(da “La Stampa”)
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
GUAI A PREVEDERE PIOGGIA, POI GLI ALBERGATORI SI INCAZZANO E ZAIA MINACCIA DENUNCE PER CONTO TERZI
Il governatore e la guerra contro il brutto tempo. 
Dopo Pasquetta, in Veneto è divampata la polemica tra gli albergatori e i meteorologi del web.
Un cavallo di battaglia per il leghista Luca Zaia che a scadenza regolare ripropone il conflitto per difendere gli interessi di chi, col turismo, ci lavora.
Una guerra particolarmente sentita a ridosso dei ponti e i periodi di vacanza più «green»: dopo Pasquetta, stanno per arrivare i ponti del 25 aprile e del primo maggio. E gli albergatori veneti, in era di crisi, non perdonano più nulla: neppure che talvolta sui telegiornali nazionali la nuvoletta nera appaia sopra Belluno e non appena al di là , in Trentino.
E così, forse anticipando polemiche che nei prossimi giorni potranno rinfocolarsi, il presidente del Veneto si è scagliato, come gli albergatori di Rimini (e i loro colleghi veneti), contro i siti meteo che con previsioni che, magari sbagliate o più semplicemente sfavorevoli per un paese specifico, influenzano le scelte dei vacanzieri. «Si oscurino le previsioni meteo per il Veneto nei siti che forniscono questo servizio o procederemo per danni», ha detto.
«Lanciamo un appello perchè questi signori ci cancellino dalle previsioni del tempo: che facciano un’area tutta nera, non ci importa nulla. Meglio tornare a Bernacca e alle sue previsioni per macro aree».
La battaglia rischia di finire in tribunale.
«Con i nostri legali – ha detto ancora Zaia – stiamo valutando ipotesi di richieste danni se i gestori dei siti internet continueranno sulla loro strada. Torniamo alla semplicità , come il Papa che dice “buonasera”. Pensiamo di essere meglio di Dio?».
Il governatore veneto infine ha lanciato la sua controproposta: per controllare il tempo, esiste già un ente regionale. «Si seguano le previsioni del nostro sito Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, ndr) che sono serie e fatte bene».
Che dia sempre il sole splendente ovunque?
Mauro Pigozzo
(da “Corriere del Veneto“)
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
L’AGENDA DEL LEADER PDL DOVEVA ESSERE FITTA DI IMPEGNI ISTITUZIONALI: DOVE SONO?
Ha avuto un salvacondotto temporaneo che neanche ai tempi della Tortuga.
Per Silvio Berlusconi sono stati interrotti due processi, con i giudici che avevano già un piede in camera di consiglio e la penna in mano per scrivere le sentenze.
Invece niente: prima l’uveite, poi i problemi di cuore, infine i superiori interessi del Paese.
Perchè è coinvolto nelle delicate trattative istituzionali per dare alla Repubblica i presidenti della Camere, il capo del governo e l’inquilino del Quirinale.
Peccato che, ad analizzare l’agenda del leader Pdl, non si veda proprio un frenetico attivismo istituzionale in queste settimane.
Spesso gli incontri, i vertici, le trattative le ha fatte fare al fido Angelino Alfano. Insomma: ha portato a casa il salvacondotto giudiziario “a gratis”, come dicono nella sua Brianza.
Tutto è iniziato nell’incredibile mattina di lunedì 11 marzo, quando al processo Ruby (dove si procede per concussione e prostituzione minorile) invece dell’imputato si è presentato un manipolo di parlamentari che hanno occupato la scalinata del palazzo di giustizia, per poi spingersi fin davanti all’aula del dibattimento, che hanno trovato transennata e presidiata dai carabinieri.
Mai vista una rappresentazione più plastica dell’assalto al potere giudiziario da parte di una fetta del potere legislativo.
Gli effetti si vedono già il giorno dopo.
Una delegazione del Pdl, guidata dal segretario Alfano, martedì 12 marzo sale al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Ottiene un comunicato che prende atto delle “preoccupazioni di carattere politico-istituzionale per recenti sviluppi delle vicende giudiziarie riguardanti il leader del loro partito e capo della loro coalizione” e “auspica un immediato cambiamento del clima”. I processi: questa è la vera preoccupazione di Silvio.
Segue incontro immediato di Napolitano con il comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, al termine del quale scatta un nuovo comunicato: “È comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio, di veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile”.
Un salvacondotto a tempo?
Qualcosa di molto simile, se è vero che i processi a Milano si bloccano proprio fino al 20 aprile.
Certo: a far scattare tecnicamente la pausa è la richiesta di remissione per legittimo sospetto avanzata in Cassazione, ma le parole della massima carica dello Stato evidentemente aiutano. Incassato il salvacondotto, Berlusconi non si mostra un granchè attivo nella partecipazione “alla complessa fase politico-istituzionale”.
A muoversi sono, oltre ad Alfano, Denis Verdini e poi, senza gran risultati in verità , Renato Brunetta, che impone come capogruppo Pdl alla Camera.
Berlusconi sale al Quirinale per le consultazioni sul governo, ma non incontra neppure una volta il presidente incaricato, Pier Luigi Bersani.
A Palazzo Madama, dove questa volta ha ottenuto il suo seggio parlamentare, si presenta una volta soltanto, sabato 16 marzo, quando c’è la votazione determinante per eleggere il presidente del Senato.
Il sabato successivo, 23 marzo, è in piazza del Popolo, a Roma, alla manifestazione per galvanizzare i suoi.
Chi gli è vicino lo vede preoccupato più dei processi che del governo.
C’è quello Ruby, congelato a metà requisitoria dell’accusa; e c’è quello sui diritti tv, ibernato un soffio prima della sentenza d’appello, che potrebbe confermare la condanna e far diventare concreto il pericolo maggiore: l’interdizione dai pubblici uffici, con conseguente perdita del seggio.
Per questo Silvio si dà da fare poco per il governo e molto per contribuire a determinare il presidente della Repubblica, da cui spera di ottenere uno scudo spaziale contro le eventuali condanne.
“Va bene anche un governo Bersani”, si è spinto a dire venerdì 29 marzo, dopo l’incontro con Napolitano. Il governo vada come deve andare, ma al Quirinale deve esserci un amico.
Perchè il tempo corre e il calendario è impietoso: sabato 20 aprile si scongela il processo sui diritti tv, lunedì 22 Ilda .
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
LA CRISI DEL CAPOGRUPPO CINQUESTELLE FINISCE NEL MIRINO DELLA RETE EDEGLI IMITATORI… GRILLO BLOCCA LE SUE DIMISSIONI
L’uomo che avanza con passo incerto, ciondolante, il capo chino, la pinguedine trattenuta dalla
giacca abbottonata, è Vito Crimi.
Secondo piano di Palazzo Carpegna, corridoio.
Con una mano si sfila gli occhiali, Crimi, e con l’altra s’accarezza il viso, tira su con il naso, la mano asciuga occhi liquidi, tristi.
Commesso solerte, seduto alla scrivania: «Senatore, ha bisogno di qualcosa?».
Crimi si volta, scuote la testa: «No… no… va tutto bene… tutto benissimo».
Non è vero. Crimi è esausto.
Questa sua breve avventura da capogruppo del Movimento Cinque Stelle al Senato si è rivelata complicata, confusa, snervante.
E anche, sia detto con il rispetto dovuto a un senatore della Repubblica, umiliante.
Del resto, nel volgere di appena due settimane, Crimi è stato costretto a chiedere scusa prima al capo dello Stato («Non volevo offendere Napolitano quando ho detto di averlo trovato piuttosto sveglio») poi a tutti i giornalisti italiani («Ho detto che mi state sul cazzo, ma non è vero, tra voi ci sono tanti professionisti seri»), quindi ha dovuto implorare perdono alla sua collega Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera (in conferenza stampa, al Quirinale, osò chiamarla «onorevole» invece che «cittadina»); infine, come se non bastasse, sono arrivate le parole durissime del capo.
Sapete quanto può essere feroce con le parole Beppe Grillo.
Ma due giorni fa, con Crimi, sembra si sia superato.
Telefonata di rimprovero definitivo. Con ordini ben urlati: non parlare più a vanvera, non prendere iniziative, concorda con me e Casaleggio ogni dichiarazione politica e, soprattutto, non pensare minimamente alle dimissioni, perchè le tue dimissioni sono una roba che non possiamo permetterci.
Crimi però ha pensato e ancora pensa di fare davvero un passo indietro: è una persona sensibile, i lucciconi di poco fa ne sono una piccola prova, e sa, lui per primo, che nei suoi errori c’è sempre e solo un miscuglio di ingenuità ed entusiasmo.
Il fatto di essere il capogruppo del M5S a Palazzo Madama è come se lo costringesse ad essere il più grillino dei grillini.
Così, a volte, esagera, va giù di pancia, ci mette istinto e pochissima lucidità politica. Come l’altro giorno: quando su Facebook ha scritto che un governo guidato da Bersani sarebbe comunque stato meglio di questo governo Monti.
A una prima lettura, il ragionamento filava.
A una seconda, appena più sofisticata, era il classico ragionamento che seguiva la logica del meno peggio, dell’accordo fatto turandosi il naso.
Crimi diventa “Vito lo smentito” e su Internet spunta l’album di nozze
La precisazione di Grillo – «Bersani è uguale a Monti, anzi è peggio» – seguita a ruota, è stata l’ennesima smentita.
Crimi, ormai, o viene smentito, o smentisce.
Su Twitter hanno creato un hashtag: «#Romanzocrimi Vito, detto lo smentito». Maurizio Crozza lo imita, e fa molto ridere.
Ma da alcuni giorni anche Fiorello, nella sua edicola web, lavora il personaggio con perfidia e sarcasmo.
I fotografi, nella loro tribunetta sull’emiciclo, non lo mollano un istante: e così, l’altro giorno, durante una seduta, gli hanno puntato addosso i teleobiettivi.
Lui, Crimi, dormiva beato, e a bocca spalancata.
Vito Crimi è nato a Palermo 40 anni fa, secondogenito di due genitori impiegati all’Upim, e nel numero di Panorama in edicola oggi c’è il racconto della sua vita.
La vita banale di un uomo diventato improvvisamente famoso.
Crimi boy-scout nella parrocchia carmelitana San Sergio I, Crimi al liceo scientifico, Crimi che si iscrive alla facoltà di Matematica lasciata poi per amore, per sposarsi con una ragazza bolognese, Maria Cristina (pacchianissimo matrimonio in tight e Rolls Royce, ricevimento in un lussuoso resort, lui che pesa almeno venti chili in meno). Trasferimento a Brescia, dopo aver vinto il concorso nella locale Corte d’Appello. Scoperta di Beppe Grillo. Carriera nel Movimento.
Elezioni politiche. Arrivo a Roma.
Era meno di un mese fa.
I grillini si radunavano in un albergo dietro la stazione Termini.
Lui si presentò dicendo: «Io… io, tra l’altro, ho una buona conoscenza dell’inglese scritto, meno di quello parlato».
Fabrizio Roncone
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
PRONTO UN PROVVEDIMENTO CHE DIMEZZA I RISARCIMENTI ALLE VITTIME DEGLI INCIDENTI. ANCHE PER I CASI PIÙ GRAVI
Le società di assicurazioni lo aspettano con trepidazione, le associazioni di vittime della strada o della malasanità , eufemizzando, un po’ meno.
Si tratta di un Decreto del presidente della Repubblica (Dpr), un atto amministrativo, che il governo sarebbe intenzionato ad approvare nelle sue ultime ore di vita che, in buona sostanza, riduce o meglio dimezza — a stare alla bozza in possesso del Fatto Quotidiano — i risarcimenti per i danni alla persona compresi tra 10 e 100 punti di invalidità , quelli più gravi.
L’Associazione nazionale esperti di infortunistica stradale (Aneis) e quella che riunisce le Vittime della strada hanno lanciato a questo proposito un appello a Giorgio Napolitano perchè “non firmi questo decreto che rappresenta solo un ennesimo regalo alle compagnie di assicurazioni”: “Un provvedimento che punisce chi non ha colpa e che lede la dignità umana di chi ha diritto ad un equo risarcimento piuttosto che ad una pietosa elemosina”, dice Luigi Cipriano, presidente Aneis.
Questo Dpr presenta molteplici aspetti spiacevoli, tanto nella forma quanto nella sostanza: per apprezzarli tutti, però, occorre partire dall’inizio.
Che dovessero esistere delle tabelle nazionali con i valori del risarcimento è stabilito dal Codice delle assicurazioni entrato in vigore nel 2006: quel testo delegava il governo ad adottarli entro 24 mesi (gennaio 2009).
Le tabelle per i danni da 1 a 9 punti arrivarono quasi subito, delle altre non se ne fece niente per anni, esattamente fino al 3 agosto del 2011 — dunque a delega ampiamente scaduta — quando il governo di Silvio Berlusconi (incidentalmente proprietario di una compagnia assicurativa) presentò uno schema di Dpr in linea con quello che circola in questi giorni, ma meno drastico nel tagliare i risarcimenti.
Perchè quella improvvisa risurrezione? Cos’era successo?
Semplice: la Cassazione, a giugno, aveva stabilito che le corti d’appello avrebbero dovuto far riferimento per la quantificazione economica del danno biologico da 10 a 100 punti alle tabelle applicate dal Tribunale di Milano.
Le compagnie di assicurazione si precipitarono in massa in Parlamento: “Così ci fate fallire”.
Allarme tanto falso che, con le tabelle milanesi ancora in uso e in piena crisi, l’anno scorso hanno dichiarato quasi tutte vagonate di utili.
Come che sia nel 2011, nonostante il parere favorevole del Consiglio di Stato, il Dpr di Berlusconi venne bloccato dalla rivolta delle associazioni e dal Parlamento.
In ottobre, infatti, venne approvata alla Camera una mozione a prima firma Pino Pisicchio che chiedeva di riprendere nel decreto nè più e nè meno che le tabelle del Tribunale di Milano. Risultato: Dpr ritirato e nomina di una commissione che ne predisponesse uno nuovo.
A quasi un anno fa — giugno e luglio 2012 — datano le ultime riunioni al ministero dello Sviluppo con associazioni e avvocati, da allora silenzio.
E ora? Perchè c’è di nuovo tanta fretta? Anche in questo caso la risposta è abbastanza semplice: il Tribunale di Milano ha recentemente pubblicato le sue nuove tabelle per i risarcimenti, rivalutate sulla base dell’inflazione (volgarmente, ha alzato gli importi tenendo conto dell’aumento dei prezzi).
E siamo così al nuovo Dpr: i criteri del risarcimento, si legge nella relazione illustrativa, devono essere “certi, uniformi, adeguati e sostenibili”.
Vale a dire sostenibili per le assicurazioni.
Come?
Ce lo spiega l’Associazione vittime della strada: “Un giovane di 35 anni che subisce un danno biologico del 50% (perdita totale dell’avambraccio o totale di una mano) è oggi risarcito, come previsto dalle tabelle milanesi, con un ammontare, che include anche il danno morale, da un minimo di 363.659 euro fino a 454.000 euro (compresa la personalizzazione). Con le nuove tabelle tali valori rischiano di dimezzarsi”. Quanto alla forma, sostiene l’avvocato Massimo Perrini, segretario della commissione Rc Auto dell’Organismo unitario dell’avvocatura, “c’è almeno un problema di opportunità : non solo la delega è scaduta, ma praticamente anche il governo.
Poi c’è il fatto che se al governo fosse interessato stabilire un ‘criterio unico’ per il risarcimento, ebbene quello già esisteva e persino con la benedizione della accademia medico-legale italiana, mentre se questo sarà il testo definitivo l’unico criterio a contare sarà stato l’abbattimento dei risarcimenti”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
FORSE COL TEMPO POTRANNO UN DOMANI ANCHE SCEGLIERE L’ORARIO DEL COMIZIO E IL COLORE DEI MANIFESTI
Ieri, mentre ci chiedevamo cosa si riunissero a fare i parlamentari grillini, se poi la linea viene
puntualmente decisa da un post di Beppe, è arrivata una notizia illuminante.
Sul loro blog è apparso un avviso. “Nel M5S le scelte le prendono i cittadini” c’era scritto.
E ricordando i valori della “trasparenza” e della “partecipazione” si annunciava: “Ci piacerebbe decidere insieme”.
Molto bene, ma cosa?
“Il luogo dell’evento romano a cui parteciperà Beppe Grillo”.
Possibili risposte: a) periferia b) centro c) altro.
Questa sì che è democrazia diretta: i semplici iscritti, uno vale uno, possono decidere dove montare il palco del leader.
Poi magari sceglieranno con un referendum anche l’ora del comizio.
E un domani, chissà , anche il colore dei manifesti.
Ma non corriamo: la democrazia richiede i suoi tempi.
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
RUBY NEGA DI ESSERE UNA PROSTITUTA: “VIOLENTATA DAI GIORNALISTI CHE HANNO PUBBLICATO LE INTERCETTAZIONI”… VUOLE ESSERE INTERROGATA, SALVO ESSERSENE STATA UN MESE IN MESSICO IN VACANZA (PAGATE DA CHI?) QUANDO L’AVEVANO CHIAMATA A TESTIMONIARE
“Per colpire Silvio Berlusconi la stampa ha fatto del male a me”.
Karima El Marough, in arte Ruby Rubacuori, ha deciso di dare la sua versione sia riguardo alle “cene eleganti” di Arcore con il Cavaliere, sia in merito alla vicenda giudiziaria che ne è scaturita.
E lo ha fatto a favore di telecamera, con una protesta (annunciata dal suo staff’ due giorni fa) davanti al tribunale di Milano.
La ragazza marocchina chiede di esser ascoltata dai magistrati: “Non sono una prostituta, devono ascoltarmi. Non ho mai avuto rapporti sessuali a pagamento e non li ho mai avuti con Berlusconi”.
La marocchina ha precisato che nessuno ha voluto ascoltare la sua verità , “l’unica possibile”.
Poi la ragazza ha difeso il Cavaliere: “Oggi ho capito che è in corso una guerra contro Berlusconi e io ne sono rimasta coinvolta, ma non voglio che la mia vita venga distrutta”.
La ragazza ha spiegato di aver subito una “violenza psicologica” da parte dei magistrati.
E sulla stampa dice: “Mi ha fatto male. Parlo di quei giornalisti che mi hanno violentato pubblicando le intercettazioni telefoniche che mi riguardavano. Le stesse persone che manipolando la verità mi hanno trasformato in quella che non sono: una prostituta”.
Peccato che esistano diversi testimoni che confermano invece il fatto che fosse dedita a prostituirsi.
Ammette di non avere sempre raccontato la verità ma rivendica la necessità di essere sentita: “Ho capito che la decisione dei Giudici di Milano e dei difensori di Silvio Berlusconi di non ascoltarmi come teste mi ha danneggiato”.
Dimenticando di essere fuggita in Messico per un mese di vacanze quando i magistrati l’avevano convocata per testimoniare.
A proposito della sua identità dice: “Mi dispiace per aver mentito anche sulla parentela con Mubarak e di aver detto altre bugie sulle mie origini, ho giocato di fantasia perchè il vecchio passaporto me lo ha permesso. Presentarmi come la nipote di Mubarak mi serviva a costruire una vita parallela, diversa dalla mia”.
Non ha spiegato nell’occasione come mai da quel momento ha potuto avere un tenore di vita di lusso.
Il copione non lo prevedeva.
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Aprile 4th, 2013 Riccardo Fucile
DEBITI PA, SALTA LA NUOVA TASSA MA IL DECRETO SI ARENA
Quello che segue è, in sintesi, il pensiero del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, sulla vicenda
del decreto che ripaga 40 miliardi di debiti commerciali della Pubblica amministrazione nel 2013 e 2014.
L’ha comunicato ieri sera agli italiani dal divano di Porta a Porta: “Il dl non conterrà aumenti di imposte per finanziare i pagamenti alle imprese”; “è stato rinviato solo di pochissimi giorni e su questo non ci sono misteri”; “non esiste una contrapposizione tra me e il ministro Passera”.
Peccato che nella ricostruzione del ministro del Tesoro gli elementi di verità siano in deficit rispetto a omissioni e inesattezze.
Il decreto, assicura ormai tutto il governo in coro, non conterrà l’aumento dell’addizionale Irpef per quelle regioni che usufruiscono degli anticipi di cassa per i debiti non sanitari: c’è sicuramente da crederci, ma resta il fatto che la bozza presentata martedì pomeriggio nelle riunioni preliminari del Consiglio dei ministri quella previsione la conteneva eccome (spariva invece nelle bozze serali, quando già i siti Internet avevano fatto circolare la notizia).
E’ altrettanto vero, come dice Grilli, che il decreto è stato rinviato “solo di pochissimi giorni” visto che — come assicurato ieri dall’esecutivo all’Anci — il testo sarà approvato al massimo lunedì: è falso, invece, che “non ci siano misteri”.
Non c’è infatti ancora una spiegazione convincente sul perchè, dopo aver convocato un Consiglio dei ministri per approvare il decreto ieri mattina alle 10, dopo averlo poi spostato alle 19, si sia arrivati al rinvio sine die che ha scatenato la “caccia al tecnico” da parte dei partiti di ogni razza e colore.
Riassume il deputato Pdl Alessandro Pagano: “Emerge una verità sconcertante: mancherebbe la copertura. Se questa non verrà trovata o si rivelerà inefficace, il rischio di un nuovo aumento del deficit pubblico, con conseguente sforamento della soglia del 3%, diventerà concreto”.
Forse è un caso, ma lo slittamento del Cdm è avvenuto dopo una telefonata tra Mario Monti e il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn proprio in merito ai contenuti del decreto sui pagamenti della P.A.
I problemi sono di due tipi.
Sulla questione addizionale Irpef, fanno notare fonti parlamentari, c’è stato evidentemente un problema con le regioni che hanno i conti più disastrati: lo Stato centrale gli anticipa i soldi, ma vuole sapere come i governatori pensano di ridarglieli e l’addizionale era un modo.
Il secondo problema pare, però, più sostanziale: se con questo decreto si porta il rapporto deficit/Pil al 2,9% — al suo limite massimo e non trattabile, vista la rigidità che la Commissione europea riservava all’Italia ancora ieri — si costringe il prossimo governo (o questo se rimane in carica) a fare una manovra di tagli o tasse entro poche settimane.
Il bilancio 2013 è infatti, come abbiamo scritto più volte, disseminato di spese non interamente coperte: è il caso della Cassa integrazione in deroga, delle decine di migliaia di precari della P.A. i cui contratti scadranno in estate, delle missioni militari all’estero (scoperte da settembre) e di altro ancora.
Almeno 7 miliardi sostiene, ad esempio, il responsabile economia del Pd Stefano Fassina, senza contare l’aumento dell’Iva di luglio.
Poi c’è la questione dello scontro tra Grilli e Corrado Passera.
Forse non è il motivo per cui il decreto si è arenato, ma che tra i funzionari dell’Economia e quelli dello Sviluppo ci sia stata, diciamo, qualche incomprensione è un dato di fatto.
Gli uomini di Passera quel testo lo hanno visto solo martedì e non gli è piaciuto affatto.
Senza entrare nei tecnicismi, sostengono che i meccanismi burocratici che regolano i pagamenti sono troppo complessi e quindi destinati a non funzionare aggiungendo al danno del mancato pagamento la beffa: in questo senso non è un buon viatico il sostanziale fallimento delle procedure di certificazione dei crediti avviate nei mesi scorsi.
Il timore della fregatura, peraltro, è assai diffuso anche nelle associazioni delle imprese — ieri entrate a palazzo Chigi tutte con la bozza di decreto sotto il braccio — che infatti hanno chiesto meccanismi più chiari, in particolare per quanto riguarda il trasferimento degli anticipi di cassa dallo Stato agli enti locali.
Queste procedure, ha scolpito Giorgio Sangalli, presidente di turno di Rete Imprese Italia, sono “un percorso a ostacoli” e rischiamo “l’ennesima falsa partenza”. Insomma, i creditori si sono schierati con Passera e il debitore Grilli se n’è dovuto fare una ragione.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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