Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
BONET: “MA QUANTE VOLTE DOBBIAMO PAGARE LO STESSO AFFARE?”… CONTINUE RICHIESTE DI DENARO: L’INGORDIGIA DI BELSITO LO TRADIRA’
“Io qui faccio scoppiare una nuova Tangentopoli”. La voracità di Belsito non ha limiti.
Ne ha abbastanza un uomo di mondo come Stefano Bonet, imprenditore sodale che ripete spesso come la politica “abbia un costo”.
E’ troppo persino per “l’Ammiraglio” Romolo Girardelli, faccendiere vicino alla ‘ndrangheta e altro amico esasperato dell’ex tesoriere del Caroccio: “Ti sei preso la gente e ti sei fatto i cazzi tuoi. Sono stato dieci anni con te muto come un pesce…”
E’ l’ingordigia a tradire Belsito.
Prende percentuali per le consulenze che procaccia a Bonet, ma poi chiede i soldi due volte: “Ma quante volte devo pagargli lo stesso affare, senza aver portato a casa il contratto?”
Si tiene una Porsche, provento di un’intemediazione, ma esagera.
Le continue richieste di denaro sono il preludio della fine per la cricca, che inizia a lacerarsi “in un quadro davvero squallido di tradimenti e bassezze”.
Romolo Girardelli è il primo a manifestare rabbia verso Belsito: “Mi devi dare il mio” lo insulta.
“Girardelli – scrivono gli inquirenti – lamenta di essere stato tenuto fuori dal regalo di orologi ricevuti invece da Mafrici (sedicente avvocato e loro complice a Milano) e dai “benefit” di Bonet.
Fa inoltre riferimenti alla quota della discoteca “Sol Levante” (locale di Cavi di Lavagna di cui Belsito è ritenuto “socio occulto”) comprata con i soldi di Bonet”.
Girardelli, disgustato, rompe per un po’ con Belsito: “Io mi porto via le cose, che cazzo ci sto a fare, qui ognuno pensa alla pancia sua”.
Anche Bonet, detto “shampato”, pare abbandonarlo: “Io lo denuncio alla Procura – si sfoga con un collaboratore- mi ha chiesto 900.000 euro perchè a suo dire deve pagare altri imprenditori”.
Non usa frasi criptiche.
Perchè Bonet si sente, sul fronte giudiziario, molto sicuro: “Sono amico del capo di ‘Andromeda’ (onlus della sicurezza presieduta dalla moglie di Filippo Ascierto, un passato nei carabinieri ed ex parlamentare An) e mi copre attraverso la rete di forze dell’ordine che controlla”.
La passione di Belsito per il denaro “cash” è certificata da un verbale di Paolo Scala (broker complice che partecipò al trasferimento dei soldi leghisti in Tanzania) che assiste a un passaggio di contante da parte di Bonet, quale ringraziamento per mediazioni fuorilegge.
“Belsito – racconta Scala – mi telefona e ci incontriamo al bar “Bastianello”, in via Borgogna. All’esterno, dov’era parcheggiata l’auto istituzionale, una Bmw grigio metallizzata con la scorta di due uomini, assisto alla consegna di un sacchetto di cartacon la maniglia in corda. Dal sacchetto poggiato nel bagagliaio escono alcune banconote”.
La sequenza prosegue nell’ufficio di Mafrici: “Belsito in ufficio spostò i soldi all’interno della sua ventiquatt’ore: erano banconote da 50 e 100 euro per un totale di 100.000 euro”.
Marco Grasso e Matteo Indice
(da “il Secolo XIX“)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
COSI’ SVANI’ PER UN SOFFIO LA MAXI CONSULENZA FASULLA…TRA GLI ARRESTATI ANCHE UN EX DIRIGENTE DEL COLOSSO NAVALE
La bozza del contratto era già pronta: 100 milioni di euro per una consulenza tecnologica (almeno in parte) inesistente.
La cifra comprendeva “il prezzo gonfiato del 25%”, il denaro per ungere la lobby Fincantieri e il margine di 12,5 milioni da spartire tra Stefano Lombardelli, uomo della cricca al’interno di Fincantieri, e Francesco Belsito, al tempo tesoriere della Lega e vicepresidente Fincantieri in quota Lega, che si era ritagliato per la carica uno stipendio aggiuntivo di 10.000 euro al mese.
Sognava in grande Stefano Bonet, imprenditore veneto amico di Belsito, grazie al quale puntava (e in qualche caso aveva già ottenuto) a “consulenze tecnologiche fittizie” da grandi gruppi come Siram, Unicredit, Fisia, Gnv e appunto Fincantieri, la torta più succulenta.
Anche se la sua Polare sacrl era poco più di una scatola vuota.
La vera forza di questa “associazione per delinquere”, in cui nessuno appare dotato di una professionalità che consenta di produrre legittimamente redditi” era quella di “approfittare di ogni occasione di guadagno illecito”.
Come? Ad esempio “aiutando le imprese a beneficiare di incentivi pubblici” a cui non avrebbero avuto diritto.
Nelle 33 pagine di ordinanza con cui il tribunale di Milano ha spedito in carcere Belsito, Bonet e Lombardelli emerge il fatto che mentre sui moli si parlava di cassa integrazione, carenza di commesse e chiusure, la cricca aveva messo le mani su un appalto da 100 milioni, saltato solo per un soffio.
Nel contratto tutti avrebbero avuto una parte, compreso il duo “Bono e ufficio acquisti”. Giuseppe Bono ha sempre smentito qualsiasi suo coinvolgimento, ma in un colloquio intercettato con Belsito lo rassicura di aver avviato la pratica per l’assunzione di Dalmir Ovieri, fedelissimo di Rosi Mauro e di Maurizio Barcella, ex autista di Umberto Bossi.
Barcella “non avrebbe neppure il diploma” ma non importa: “sbattiamocene i coglioni e pensiamo a noi” taglia corto Belsito in una telefonata a una sua collaboratrice.
Il vero procacciatore di affari all’interno di Fincantieri era Stefano Lombardelli, esperto in commesse militari, dimessosi nel dicembre 2011 dopo una contestazione disciplinare. Lombardelli aveva ricevuto “200.000 euro” per favorire Bonet.
Le prove dei pagamenti sarebbe in un “estratto conto” inviato via mail, in mano ai magistrati.
Fincantieri da parte sua nega che Belsito abbia potuto esercitare interferenze.
Matteo Indice e Marco Grasso
(da “il Secolo XIX”)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
VOGLIONO LA DIRETTA DEL LORO INCONTRO CON LETTA E NE FINISCONO DISTRUTTI
Una giornata nera per la Grillo & Casaleggio Associati. 
Enrico Letta, i grillini, se li è mangiati in un solo boccone.
Sembrava il giovane cattedratico che interroga i fuori corso e usa l’esame per spiegare ancora una volta, con santa pazienza, il programma del corso.
I ripetenti implorano il diciotto politico e il professore, per bontà , glielo concede, non prima di avergli chiarito per l’ennesima volta come funziona l’università : bisogna studiare
La differenza con il precedente incontro in streaming con Pier Luigi Bersani è stata impressionante: Bersani sembrava intimorito e i portavoce del M5S se ne sono approfittati per umiliarlo.
Letta, per quanto stanco e scoraggiato di incontrare un muro di gomma, ha mostrato subito di essere di un’altra pasta, di conoscere bene l’arte della mediazione, di essere assertivo quando occorre: «In questi sessanta giorni la forza che voi rappresentate, sia numerica che reale nel Paese, è entrata in Parlamento e non ha voluto partecipare alle decisioni assunte. Sarebbe frustrante se questa indisponibilità a mescolare idee e voti si protraesse».
I portavoce del M5S (questa volta in formazione quattro più quattro, tipo Nora Orlandi) erano in seria difficoltà , non sapevano cosa rispondere, si rifugiavano nel politichese, s’impantanavano in formule astratte.
Certo che i grillini sembrano non avere alcuna strategia, alcun fiuto politico, tanto da consegnarsi alle stoccate del professore, come quando hanno tirato fuori la questione dell’elezione a presidente della Repubblica di Rodotà e prontamente Letta ha fatto loro notare che se avessero votato Prodi avrebbero cambiato lo scenario della politica italiana.
Si fa presto a parlare di streaming, di Web, di comunicazione globale, ma a un certo punto è saltata fuori la parola «incomunicabilità », che non si sentiva più dai tempi dei film di Michelangelo Antonioni.
Letta ha accusato i grillini di incomunicabilità , temeva di vivere in diretta il dramma della frustrazione espressiva (la scena sembrava tratta da «Le sedie» di Ionesco, 1952), di essere di fronte a una sorta di nevrosi espressiva che corrode il linguaggio e le speranze, di vedere in Vito Crimi e in Roberta Lombardi il sigillo dell’incapacità di comunicare.
E invece, prese le misure, li ha sovrastati, ha mostrato la pochezza dei quattro più quattro (gli altri che hanno parlato facevano quasi tenerezza per impreparazione e incapacità di esprimersi).
Tra l’altro, in termini puramente retorici, il peso delle metafore questa volta ha schiacciato i grillini e Letta è stato ben attento a pascolare nel concreto.
Per i grillini senza streaming non c’è democrazia, tutto deve avvenire in diretta davanti a una telecamera.
Lo streaming è l’unica garanzia contro i sotterfugi.
Diversamente dal passato, questa volta però lo streaming non ha funzionato come caricatura della democrazia e della comunicazione: limitarsi ad avvolgere ogni rapporto sociale, a mantenere vivo il contatto fra le parti, ad accorciare le distanze, senza preoccuparsi troppo dei messaggi.
Questa volta lo streaming è servito per conoscere meglio il programma di Letta, senza le fantasie dei retroscenisti e senza complessi di inferiorità nei confronti della presunzione.
La politica ha vinto sul velleitarismo.
Ieri sera due case sono state assalite da dubbi e inquietudini.
Nella casa della Grillo & Casaleggio Associati si sarà discusso a lungo sulla performance di Crimi e Lombardi (da abbiocco collettivo, «scongelatevi» ripeteva loro Letta) e la voglia di cambiare i portavoce sarà stata grande.
Nella casa del Partito democratico le lodi a Letta saranno forse risuonate anche come rimprovero a Bersani.
Par di capire che il 25 Aprile non è morto, come vuole Beppe Grillo.
Aldo Grasso
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
ENTRO DOMENICA LA LISTA DEI MINISTRI….SULLA “SQUADRA” E’ ANCORA SCONTRO CON IL PDL
Il premier incaricato ha capito quello che fino alla mattina ancora non dava affatto per scontato. Cioè che il governo di larghe intese partirà .
«Siamo più vicini al traguardo», confida agli amici prima di tornare a casa.
Decisivo, raccontano, è stato ancora una volta l’intervento di Giorgio Napolitano.
Che ha svegliato il leader del Pdl, dall’altra parte dell’Atlantico, per una telefonata dai toni poco diplomatici.
Era preoccupato il capo dello Stato per l’aggressività che stava crescendo nel Pdl in sua assenza. Voleva vederci chiaro.
Capire se si trattava di un gioco al rialzo del Cavaliere, parte della trattativa, oppure se qualcuno stava provando davvero a far saltare tutto.
E visto che, dall’altra parte, Berlusconi si affannava a ripetere di non aver cambiato idea e che il governo sarebbe dovuto partire, Napolitano ha concluso con un perentorio: «Allora spiegalo ai tuoi». E così è andata.
Berlusconi ha tenuto ad assicurare personalmente il premier incaricato di non aver fatto nulla per sabotare il suo tentativo. «È stata una telefonata di incoraggiamento durata 30 secondi», ha riferito Letta.
D’altronde anche i falchi nel Pdl hanno ormai compreso che il governo avrà la fiducia.
La inusuale presenza di Denis Verdini nella delegazione del Pdl serviva proprio per lanciare un messaggio all’ala dura, quella determinata a porre condizioni tali da far fallire l’operazione.
Invece, dietro la porta chiusa della sala del Cavaliere, i quattro del Pdl hanno trovato nel vicesegretario del Pd un interlocutore aperto e disponibile. Su tutto.
Persino sull’ipotesi di restituire l’Imu Letta non ha detto di no: «Dobbiamo lavorarci ancora, così le coperture mi sembrano un po’ deboli. Ma parliamone, l’Imu è anche una mia priorità ».
Il problema, ha fatto presente il futuro premier, è che dovremo attendere la nomina del ministro dell’Economia per verificare le cifre e le compatibilità di bilancio.
Il problema vero, quello che ancora non è stato risolto, non riguarda però il programma bensì la composizione dell’esecutivo.
Letta infatti punta a depoliticizzare il più possibile la squadra, verso un ideale 50+50 di giovani politici ed esperti.
Parlando ai 5Stelle fa riferimento a «persone competenti, non che abbiano 40 anni di carriera alle spalle. Questo perchè, la mattina dopo, molti di quei ministeri avranno picchetti di persone che hanno perso lavoro e non si potranno fare mesi di pratica».
E tuttavia il Pdl ancora insiste su una formula di governo diversa, con nomi pesanti, per un governo «ultrapolitico»: dal segretario del Pdl ai capigruppo Brunetta e Schifani.
Il ragionamento di Alfano a Letta tira in ballo le presidenze delle Camere: «Voi avete già piazzato Boldrini e Grasso, sul governo pretendiamo un riequilibrio. Sarebbe corretto se avessimo noi più ministri del Pd».
Una richiesta inaccettabile per Letta.
Disposto a indicare Alfano, Lupi e due ministre donne del Pdl, magari Bernini e Lorenzin. Ma niente di più.
Il bilancino prevede al momento 4 ministri del Pd (più il premier), 4 del Pdl e 2 di Scelta civica.
Ci saranno infatti, almeno nel disegno di Letta, anche delle «personalità sfidanti», cinque o sei esperti che diano il segno di un’apertura alla società civile.
Gli altri saranno politici della generazione anni Sessanta-Settanta.
Quanto alla postazione più problematica, quella di via Arenula, il criterio sarà la neutralità .
«Non possiamo mettere le dita negli occhi a Berlusconi – spiega un democratico che sta seguendo la trattativa – ma nemmeno nominare un Guardasigilli che dia l’impressione ai nostri di voler dare un salvacondotto al Cavaliere».
Un nome giusto, su cui si sta riflettendo, è quello del vicepresidente del Csm Michele Vietti.
Un moderato, che ha sempre difeso i magistrati ma senza mai attaccare personalmente il leader del Pdl.
Il piano comunque è inclinato. Letta si prenderà la giornata odierna per mettere a punto un programma e sondare ancora una volta il Pdl, in attesa di un colloquio definitivo con il Cavaliere in persona di ritorno dagli States.
Soltanto domenica salirà al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri, che giureranno nel pomeriggio con una cerimonia lampo.
E lunedì spazio al voto di fiducia alla Camera.
Se poi qualcosa dovesse andare storto, nel Pd stanno ragionando anche su un piano B. «Perchè con Berlusconi non ci si può mai fidare».
Napolitano manderebbe infatti Letta davanti alle Camere in ogni caso e, a quel punto, non è detto che il Pdl reggerebbe unito di fronte all’ipotesi di un voto anticipato. Insomma, basterebbe una mini-scissione di pochi senatori del Pdl per consentire al governo Letta di prendere comunque il largo.
In alternativa sarebbe il governo a guida Pd a portare il paese alle urne, con tutti i vantaggi del caso.
Nel supporto del M5S nessuno infatti spera più.
L’incontro di ieri con Crimi e Lombardi è servito a Letta per vendicare l’umiliazione di Bersani.
In diretta streaming il premier incaricato gioca con i grillini al gatto con il topo e ne approfitta per elencare le sue priorità : l’uscita dalla crisi economica, la riforma della politica e una nuova Europa.
«Sarebbe frustrante per la voglia di cambiamento che il vostro mondo ha espresso, se la vostra indisponibilità a mescolarvi finisse per continuare a mantenere questa incomunicabilità ».
Grillo gli risponde dal blog in serata: «Con questi non ci mescoleremo mai».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
DELEGHE IN BIANCO AI CAPI CHE POI FANNO QUELLO CHE GLI PARE E SPESSO IL CONTRARIO DI QUELLO CHE HANNO PROMESSO
E allora, perchè non finirla con queste ipocrite pagliacciate? Sono ormai mesi che Grillo e il Pd fanno
a gara a chi è più democratico, più trasparente nelle scelte.
Il Pd rimprovera a Grillo e Casaleggio di guidare un partito personale, una setta dove decidono i due capi, in barba allo slogan «uno vale uno».
D’altra parte, Grillo ha accusato il Pd di allestire primarie truccate, dall’esito già deciso, in favore dell’apparato che controlla le regole.
Per mesi ci siamo chiesti chi avesse più ragione.
Ora lo sappiamo, tutti e due.
Quirinarie, parlamentarie, primarie rappresentano una stessa delega in bianco ai capi.
I quali poi sono liberissimi di fare l’esatto contrario di quanto vogliono gli elettori e i militanti. Tutti sanno che Bersani e i bersaniani hanno vinto le primarie contro Renzi per due ragioni sulle altre.
La prima è che venivano considerati «più a sinistra » rispetto al rivale, presentato come assai più disponibile nei confronti della destra in generale e di Berlusconi in particolare.
La seconda è che fra il primo e il secondo turno Bersani ha ottenuto il decisivo appoggio degli elettori di Vendola e di Sel, proprio sulla base della promessa di non accettare mai compromessi non solo con il berlusconismo, ma neppure con il centrismo rappresentato da Monti.
Ora i bersaniani stanno per varare un governo con Berlusconi e Monti.
Che si fa, si restituiscono i soldi dell’obolo al partito?
Un discorso non diverso riguarda la tecnologicamente più avanzata ma non meno truffaldina democrazia elettronica di Grillo.
Dopo il grottesco delle parlamentarie, che sono servite a mandare in Parlamento troppi sprovveduti col voto del condominio, siamo arrivati al numero da circo delle quirinarie.
L’unico voto in due turni al mondo dove prima del ballottaggio non si conosceva il risultato del primo turno.
Peraltro non ancora comunicato.
Il risultato finale, con numeri risibili, è stato reso noto quando i giochi per il Quirinale erano finiti. Forse appunto perchè i numeri erano risibili.
In compenso sulla scelta vera, l’alleanza col Pd, la base non è mai stata consultata.
La realtà è che tutto viene deciso dai monarchi Grillo e Casaleggio.
Per giorni i grillini hanno rivolto una domanda ai dirigenti del Pd: perchè no a Rodotà ? Lamentando, a ragione, di non aver mai ricevuto una risposta.
Anche noi però abbiamo provato a fare una domanda a Grillo e Casaleggio: perchè non lanciate un referendum in rete sull’alleanza col Pd? In attesa della risposta che non è mai arrivata, vale quella che ci siamo dati da soli.
Perchè i capi avrebbero perso.
La soluzione del governissimo in corso è dunque il frutto della totale indifferenza dei vertici del Pd e di Grillo, in questo almeno uguali, nei confronti della volontà di 18 milioni di elettori.
Nel Paese e nell’opinione pubblica una maggioranza di governo c’era, largamente maggioritaria. In Parlamento se n’è voluta trovare un’altra, che conviene alle oligarchie vecchie e nuove.
Ma che almeno ciascuno si assuma le proprie responsabilità .
E per favore, la smettano di organizzare show e di spacciarli per esercizi di democrazia.
Curzio Maltese
(da “La Repubblica”)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI DIVENTA FILOGOVERNATIVO: “NON SI PUO’ PIU’ DISERTARE”
I dissidenti si sono tenuti in contatto per tutta la giornata.
Rischiano l’espulsione dal Pd, e studiano una via d’uscita: ad esempio, non partecipare al voto di fiducia se nasce un governo con il Pdl «impresentabile». «Meglio uscire, piuttosto che dire “no” a Letta, ma si possono mettere “paletti” chiari», insiste Laura Puppato.
La tensione è alta.
Rosy Bindi, Puppato, Pippo Civati, i prodiani Sandra Zampa, Sandro Gozi, Franco Monaco e alcuni dei cosiddetti “giovani turchi” resistono all’idea che non si possa fare altro che accettare le condizioni di Berlusconi.
Chiedono un governo di scopo, di breve durata, con poche e urgenti questioni all’ordine del giorno e senza i volti noti berlusconiani
Non sono certi che la “linea Maginot” prevista dallo stesso premier incarico, il “loro” vice segretario Enrico Letta, sia sufficiente ad evitare la dèbacle dell’abbraccio con il centrodestra.
Nel Pd convivono due reazioni al dissenso.
Francesco Boccia minaccia l’espulsione inevitabile: «Chi non vota è fuori, ci si mette da solo».
Mentre i capigruppo democratici, Roberto Speranza e Luigi Zanda cercano di smussare, ascoltare, convincere.
«I gruppi alla fin fine saranno compatti,perchè la fiducia è un gesto solenne », assicura Zanda
Arriveranno stamani a Roma i segretari regionali e provinciali del Pd da tutta Italia, convocati apposta per spiegare la medicina amara del governo di larghe intese. Speranza terrà la relazione.
Il “corpo” del partito va preparato, le ragioni spiegate anche a chi nelle sezioni mai avrebbe voluto vedere questo film.
La rivolta della base va contenuta.
I parlamentari in queste ore sono sentiti uno ad uno: presidenti e vice dei gruppi sia alla Camera che al Senato hanno chiamato, ascoltato, cercato di convincere, informando di quanto stava accadendo nelle consultazioni.
Nel disastro-Pd — in cui Bersani, tutta la segreteria e la presidente Bindi si sono dimessi, e che dal governo con Berlusconi rischia di ricevere il colpo definitivo — si sta tentando un «lavoro di accompagnamento a Letta».
Le diplomazie interne, o almeno quel che ne resta, sono al lavoro per far passare l’idea che ci si muove nel solco dell’appello del presidente Napolitano e che questa è la sola chance nelle mani dei Democratici per dare soluzione alle emergenze del paese.
Lo ribadisce anche Matteo Renzi: «Non ci sono alternative per il governo. Chi ha il coraggio delle proprie azioni deve arrivare fino in fondo, non si può più disertare. Se anche un fiorentino tifa per un pisano…», prova a ironizzare.
Se cioè il sindaco di Firenze è con convinzione pronto a sostenere il pisano premier incaricato, è segno che «bisogna mettere fine alla pagina dell’inconcludenza ». Nessuno vuole che Pd e Pdl stiano insieme — spiega — e chi «non vuole fare l’accordo ha sicuramente ragione, però non ci sono al momento alternative».
Lui poi, ha sempre detto di non vedere l’ora di tornare al voto.
Però va sostenuto il premier incaricato incoraggia Renzi — e i parlamentari non si devono sfilare: «Spero che chi sta in Parlamento non faccia mancare la fiducia. Se ce la fa Letta, ce la fa l’Italia», questa è la posta in gioco.
«Stiamo valutando come comportarci, dobbiamo essere comprensibili per i nostri elettori», afferma Zampa, tra i dissidenti in trincea.
Gozi fa “distinguo”: «Una cosa è includere nomi del centrodestra come Maurizio Lupi, Enrico Costa, altra coinvolgere gli ex ministri di Berlusconi. Anche da parte del Pd dovrebbe valere questa regola, e D’Alema avere il buonsenso di non entrare. È vero che un governo è necesaario: ma per fare cosa?».
I dissensi, soprattutto dei disciplinati “gauchisti”, potrebbero rientrare se pezzi dei vecchi governi tanto di centrodestra quanto di centrosinistra fossero semplicemente cassati.
Puppato ne fa un discorso anche di programma (niente decreti, piena centralità del Parlamento) e ricorda che Togliatti accettò il dissenso sull’articolo 7 della Costituzione, quello sui Patti Lateranensi.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
POI FRENA I FALCHI DEL PDL: “MA NON POSSIAMO FARLO SALTARE ORA”
Tutti i dubbi del Cavaliere si restringono ad uno: quanto durerà . 
L’operazione Letta parte, la fiducia del Pdl sarà garantita, la prossima settimana.
«Non possiamo farci carico della responsabilità di un fallimento, l’ho promesso al capo dello Stato, ma devono accettare il nostro programma fiscale e nostri uomini in posti chiave o avrà vita breve» va ripetendo da Dallas Silvio Berlusconi ai luogotenenti che a Roma vivono sospesi tra la voglia di trattare (e entrare nell’esecutivo) e la paura di bruciarsi in un falò di breve durata, da qui all’autunno.
È il dilemma di queste ore che sta paralizzando lo stato maggiore berlusconiano. Troppo favorevoli i sondaggi in questo momento per non mettere nel conto un calo già nelle prossime settimane, dopo l’abbraccio col Pd e magari dopo una nuova manovra lacrime e sangue.
Ma sul da fare il leader Pdl ha messo ormai a tacere tutti i falchi del partito.
A loro, il capo ha concesso che certo, «bisognerà stare attenti che l’accordo non ci faccia perdere troppi punti: se sarà così non esiteremo entro l’anno a trarre le conseguenze ».
Intanto il voto di lunedì in aula non è in discussione.
Qualcuno, come il capogruppo al Senato Renato Schifani, si è già tirato fuori dal tritacarne del totoministri.
Altri dirigenti di prima fila, come Mariastella Gelmini, appaiono nelle riunioni di via dell’Umiltà assai meno interessati rispetto ad altri.
Tanti, però, va detto, sono in rampa di lancio e restano in attesa del disco verde del capo per il grande salto a bordo.
A cominciare dal capogruppo alla Camera Brunetta. Ma circolano anche quelli di Lupi, Romani, Bernini, Lorenzin, Carfagna, Calabria.
Al segretario Alfano, a dispetto delle smentite, non dispiacerebbe affatto entrare in squadra coi galloni da vice o in un dicastero di peso.
Sebbene abbia chiesto, nell’eventualità , di mantenere la carica di segretario Pdl.
La tensione è assai alta in via dell’Umiltà .
Proprio i sospetti circolati in sede su un “patto dei quarantenni” tra Enrico Letta, Lupi e Alfano per il varo del governo ha indotto il segretario a chiedere e ottenere che il più autorevole dei “falchi”, Denis Verdini, facesse parte della delegazione che coi capigruppo ha incontrato il premier incaricato.
Le somme, anche sulle caselle da occupare nel nuovo esecutivo, le tirerà il Cavaliere, che è ripartito nella tarda serata (ora italiana) subito dopo l’inaugurazione della “Library” di George W. Bush, per essere oggi a ora di pranzo a Palazzo Grazioli.
E un faccia a faccia proprio con Letta viene dato per probabile già nel pomeriggio, nonostante la smentita del premier abbia fatto pensare a un possibile slittamento a domattina.
L’accordo comunque si chiude, sia sul programma, come ha lasciato intendere Berlusconi nelle interviste da Dallas, sia sui ministri.
L’ordine di scuderia ad Alfano, Verdini, Schifani e Brunetta – sentiti prima e dopo il colloquio di quasi due ore ieri pomeriggio nella Sala del Cavaliere – è stato quello di prendere tempo, e così è stato.
Come far parte del team di governo e con quale spinta e quali uomini resta l’incognita. Letta avrebbe proposto ai pidiellini una sorta di svolta generazionale e volti «non spesi» nei governi Berlusconi e Monti.
Alfano gli ha ribattuto che loro non accetteranno designazioni eterodirette. Chi nel Pd lavora al fianco del premier racconta come tutto sarebbe più facile se dall’altra parte avanzassero candidature come quelle di «Lorenzin o Bernini».
Deciderà come sempre Berlusconi.
Quel che gli preme adesso è lanciare segnali rassicuranti, sebbene non definitivi, sull’esecutivo.
«Facciamolo partire, poi si vede – è stato mood delle telefonate dagli Usa – Rispetto al Pd abbiamo anche un programma economico, loro no».
Detto questo, nel governo che nascerà bisognerà starci in postazioni chiave, è l’altro punto irrinunciabile – assieme all’Imu e alla riduzione della pressione fiscale – che Berlusconi porrà al tavolo del confronto con Letta.
Per il Pdl rivendica almeno uno dei tre ministeri strategici: Economia, Giustizia o Interni.
Consapevole tuttavia di come difficilmente potrà strappare il Guardasigilli.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
LA TELEFONATA DI BERLUSCONI APRE ALLE LARGHE INTESE E RILANCIA SULL’IMU… ANGELINO ALFANO: “I NOSTRI MINISTRI LI SCEGLIAMO NOI”
Per adesso ha ricevuto gli incoraggiamenti e poco altro. Lo ha incoraggiato a continuare Matteo Renzi.
Debora Serracchiani si è augurata che Enrico Letta riesca “a portare a compimento il difficile compito”.
Dal campus della Southern Methodist University, dove presenziava alla cerimonia di inaugurazione della Biblioteca Presidenziale in cui saranno conservati i documenti degli otto anni di George W. Bush alla presidenza Usa, Silvio Berlusconi ha voluto chiamare personalmente il premier incaricato.
I nodi per un’alleanza Pd-Pdl ci sono, ma nulla che non sia possibile sciogliere nei prossimi giorni (non ne basterà uno solo, tanto che si immagina che Camera e Senato possano essere convocati per l’eventuale fiducia nelle giornate di lunedì e martedì prossimo).
“Coraggio, fermezza e senso dell’unità ”, ha predicato il presidente della Repubblica dal monumento della Liberazione di via Tasso, a Roma.
Silvio Berlusconi lancia messaggi rassicuranti. Dice: “Poco importa chi guiderà questo governo, importante che ci siano un governo e un Parlamento per approvare provvedimenti urgenti”.
E ancora: “Non voglio nemmeno pensare all’ipotesi di un fallimento. Abbiamo bisogno di un governo che faccia. E subito. L’economia è in condizioni terribili”.
La consultazione a Montecitorio con il gruppo del Pdl (allargato all’ingombrante presenza di Denis Verdini), dura due ore piene, nelle quali — al netto dello spirito costruttivo — il Pdl prova a imporre i propri 8 punti di programma.
Otto punti tra i quali si contano l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, la revisione dei poteri di Equitalia e anche una riforma della giustizia dal sapore decisamente berlusconiano.
Il problema di fondo (e di bandiera) resta quello dell’Imu. Berlusconi vorrebbe abolirla per farsi forte di una promessa elettorale mantenuta, Scelta Civica ne difende l’integrità per non mettere in mora le scelte del proprio fondatore Mario Monti.
L’altro nodo è quello dei nomi.
Se Angelino Alfano afferma: “Noi non affidiamo a terzi la rappresentanza del Pdl, il Pdl ha esponenti che sono perfettamente in grado di far parte del governo”, Enrico Letta ribadisce a stretto giro: “Cercherò di dare incarichi a persone competenti, non che abbiano 40 anni di carriera alle spalle. Questo perchè, la mattina dopo, molti di quei ministeri avranno picchetti di persone che hanno perso lavoro e non si potranno fare mesi di pratica”.
Dal totonomi di giornata si sottrae Renato Schifani, che afferma di essere già sufficientemente impegnato a fare il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama.
Restano invece quelli di Mariastella Gelmini e Maurizio Lupi, cui si affianca anche quello di Mara Carfagna, ieri impegnatissima a difendere l’onorabilità della truppa di centrodestra nel governissimo.
In tutto il Pdl dovrebbe occupare 7-8 caselle. Renato Brunetta per adesso è fuori.
La sua ascesa all’esecutivo avrebbe liberato la poltrona di capogruppo alla Camera, che una volta riassegnata avrebbe un ruolo pacificatore all’interno del gruppo Pdl di Montecitorio.
Per il centrosinistra è ancora in corsa per gli Esteri Massimo D’Alema.
Seguono Dario Franceschini e Francesco Boccia.
Al Lavoro il derby è tra Guglielmo Epifani e Stefano Fassina.
Maria Laura Carrozza sembra lanciata verso l’Istruzione.
Napolitano vorrebbe Giuliano Amato all’Economia.
Il governo “snello e sobrio” auspicato dall’incaricato Letta conterrebbe anche Anna Maria Cancellieri (sulla quale Berlusconi ieri ha negato di aver posto — come è uso — alcun veto) ed Enzo Moavero.
Una riconferma potrebbe arrivare anche per Andrea Riccardi.
In bilico invece la possibilità di vedere al governo Franco Frattini, sul quale pesa la fatwa del Pdl.
I due gruppi si incontreranno ancora. Berlusconi e Letta parleranno ancora al telefono. Il Giornale, oggi, annuncia il via libera di Berlusconi all’operazione.
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile
UN ANNO DI DICHIARAZIONI PUBBLICHE DEL PREMIER INCARICATO PER IL GOVERNO DI “LARGHE INTESE”… QUANDO LA COERENZA E’ UN OPTIONAL
Occorre un grande patto costituente tra progressisti e moderati che escluda dal governo i populismi
di Grillo, Berlusconi e Di Pietro (26-6-12).
Il governo si regge su un patto politico chiaro: il Pd si è assunto la responsabilità di stare in una maggioranza con chi ci ha ridotto così, a patto che l’interlocutore non fosse Berlusconi (3-7-12).
L’ipotesi di una grande coalizione col Pdl dopo le elezioni è molto lontana. E la lontananza è data dal ritorno in campo di Silvio Berlusconi, che rende questa ipotesi poco credibile” (22-8-12).
Quella di una Grande Coalizione col Pdl è una prospettiva completamente affossata dal ritorno di Berlusconi, responsabile della situazione molto negativa nella quale il Paese si è ritrovato” (23-8-12).
Nella prossima legislatura non possiamo governare con un patto politico con Berlusconi. Ha distrutto il lavoro di Alfano per rendere il Pdl un normale partito conservatore europeo e l’ha fatto tornare alla logica di Arcore, per noi inaccettabile (3-10-12).
La prospettiva di un Berlusconi-5 la vendetta è una idea repellente rispetto alla buona politica (1-12-12).
Tra Pd e Monti ci sarà dialogo e competizione leale. Il nostro avversario comune è Berlusconi (23-12-12).
Se dovesse esserci necessità di governare con un alleato, non potremmo rivolgerci nè a Berlusconi nè a Grillo: il ragionamento andrà fatto con coloro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro (28-12-12).
Risponderemo colpo su colpo alle parole vergognose sul presidente Napolitano pronunciate da Silvio Berlusconi (31-12-12).
Alle bugie di Berlusconi risponderemo colpo su colpo. Bisognerebbe aprire una commissione parlamentare d’inchiesta su di lui (2-1-13).
Il disastro e la vergogna. Berlusconi, con lo spettacolo, cerca di far dimenticare entrambi al Paese. Lui è il nostro vero avversario. E dobbiamo battere il suo populismo. Confidiamo nella memoria degli italiani che sanno che, dopo tre anni di governo Berlusconi, le famiglie e le imprese si trovavano a pagare i mutui cinque volte tanto rispetto a tedeschi e francesi (12-1-13).
Berlusconi non torna, perchè i danni che ha fatto al Paese sono tanti e gli italiani non hanno una memoria così fallace (14-1-13).
L’Italia è stata distrutta da Berlusconi, che sta cercando ancora una volta di rendere questa campagna elettorale ansiogena ai limiti della guerra civile (15-1-13).
C’è stato un periodo in cui andando all’estero a noi italiani ci deridevano per il ‘bunga bunga’ piuttosto che apprezzarci per i tanti cervelli costretti a emigrare (25-1-13). Berlusconi è come Sylvester Stallone o Jean-Claude Van Damme nel film I mercenari, come quei personaggi che ritornano e a 65 anni fanno le cose che facevano quando ne avevano a 25: patetico e bollito (30-1-13).
La proposta di rimborsare l’Imu finanziando l’operazione con la tassazione dei capitali italiani in Svizzera non è credibile: perchè la fa Berlusconi, perchè è basata su premesse che non tengono conto della verità , perchè non si poggia sulla possibilità di realizzarla dal punto di vista della solidità politica. Berlusconi è l’uomo che ha fatto quasi fallire l’Italia e che ora si ripropone, rovesciando la verità e facendo promesse irrealizzabili, contando sul fatto che gli italiani ogni tanto hanno la memoria corta. L’alternativa è tra noi e Berlusconi (4-2-13).
I voti a Berlusconi? Era assurdo pensare che non ci fosse chi voleva votare per chi difende l’evasione fiscale, visto che in Italia c’è il 20 per cento di evasione fiscale e gli evasori fiscali votano (8-2-13).
Abbiamo chiaro da tempo che l’errore fatto negli anni 90 e quando abbiamo governato è stato di non riuscire a fare una buona legge sul conflitto di interessi e la riforma del sistema radiotelevisivo. E anche se i buoi sono scappati dalla stalla, in questa legislatura bisogna rimediare a tutti i costi: il Pd obbligherà Berlusconi a sciogliere i suoi conflitti di interesse se si vuole ricandidare. Il suo ruolo di tycoon mediatico è emerso in tutta la sua pesantezza anche in questa campagna elettorale.
Sarebbe cambiata la storia del Paese se la legge si fosse fatta prima, perchè Berlusconi ha usato in modo sempre scorretto il suo potere (21-2-13).
Nel dire no a un governo con Berlusconi non dobbiamo avere alcuna ambiguità , mentre dobbiamo sfidare Grillo senza rincorrerlo (6-3-13).
Grande coalizione? Fossimo in Germania e ci fosse la Merkel sarebbe la soluzione perfetta. Purtroppo siamo in Italia e c’è Berlusconi, la vedo complicata” (8-3-13). L’agenda del Pdl ha un solo punto: la difesa di Berlusconi (9-3-13).
Non tenti la destra di rovesciare le cose e usare il monito di Napolitano a coperture delle proprie ingiustificabili manifestazioni sulle scalinate del Tribunale di Milano. Pensi il Pdl invece a riflettere sulle argomentazioni del Presidente e a rispettare i principi costituzionali di autonomia dei poteri (12-3-13).
Berlusconi oggi propone un governo della concordia. Ma con quale coraggio e con quale coerenza lo fa, dal momento che nell’unico caso in cui sostenevamo lo stesso governo per fronteggiare la crisi più grave del dopoguerra ha tolto la spina prima del tempo solo per i suoi interessi, perchè voleva andare a fare la campagna elettorale? (20-3-13).
Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile (8-4-13).
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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