LA CARTA DI RISERVA DEL CAVALIERE: “SE NON CI ACCONTENTA DURA SEI MESI”
POI FRENA I FALCHI DEL PDL: “MA NON POSSIAMO FARLO SALTARE ORA”
Tutti i dubbi del Cavaliere si restringono ad uno: quanto durerà .
L’operazione Letta parte, la fiducia del Pdl sarà garantita, la prossima settimana.
«Non possiamo farci carico della responsabilità di un fallimento, l’ho promesso al capo dello Stato, ma devono accettare il nostro programma fiscale e nostri uomini in posti chiave o avrà vita breve» va ripetendo da Dallas Silvio Berlusconi ai luogotenenti che a Roma vivono sospesi tra la voglia di trattare (e entrare nell’esecutivo) e la paura di bruciarsi in un falò di breve durata, da qui all’autunno.
È il dilemma di queste ore che sta paralizzando lo stato maggiore berlusconiano. Troppo favorevoli i sondaggi in questo momento per non mettere nel conto un calo già nelle prossime settimane, dopo l’abbraccio col Pd e magari dopo una nuova manovra lacrime e sangue.
Ma sul da fare il leader Pdl ha messo ormai a tacere tutti i falchi del partito.
A loro, il capo ha concesso che certo, «bisognerà stare attenti che l’accordo non ci faccia perdere troppi punti: se sarà così non esiteremo entro l’anno a trarre le conseguenze ».
Intanto il voto di lunedì in aula non è in discussione.
Qualcuno, come il capogruppo al Senato Renato Schifani, si è già tirato fuori dal tritacarne del totoministri.
Altri dirigenti di prima fila, come Mariastella Gelmini, appaiono nelle riunioni di via dell’Umiltà assai meno interessati rispetto ad altri.
Tanti, però, va detto, sono in rampa di lancio e restano in attesa del disco verde del capo per il grande salto a bordo.
A cominciare dal capogruppo alla Camera Brunetta. Ma circolano anche quelli di Lupi, Romani, Bernini, Lorenzin, Carfagna, Calabria.
Al segretario Alfano, a dispetto delle smentite, non dispiacerebbe affatto entrare in squadra coi galloni da vice o in un dicastero di peso.
Sebbene abbia chiesto, nell’eventualità , di mantenere la carica di segretario Pdl.
La tensione è assai alta in via dell’Umiltà .
Proprio i sospetti circolati in sede su un “patto dei quarantenni” tra Enrico Letta, Lupi e Alfano per il varo del governo ha indotto il segretario a chiedere e ottenere che il più autorevole dei “falchi”, Denis Verdini, facesse parte della delegazione che coi capigruppo ha incontrato il premier incaricato.
Le somme, anche sulle caselle da occupare nel nuovo esecutivo, le tirerà il Cavaliere, che è ripartito nella tarda serata (ora italiana) subito dopo l’inaugurazione della “Library” di George W. Bush, per essere oggi a ora di pranzo a Palazzo Grazioli.
E un faccia a faccia proprio con Letta viene dato per probabile già nel pomeriggio, nonostante la smentita del premier abbia fatto pensare a un possibile slittamento a domattina.
L’accordo comunque si chiude, sia sul programma, come ha lasciato intendere Berlusconi nelle interviste da Dallas, sia sui ministri.
L’ordine di scuderia ad Alfano, Verdini, Schifani e Brunetta – sentiti prima e dopo il colloquio di quasi due ore ieri pomeriggio nella Sala del Cavaliere – è stato quello di prendere tempo, e così è stato.
Come far parte del team di governo e con quale spinta e quali uomini resta l’incognita. Letta avrebbe proposto ai pidiellini una sorta di svolta generazionale e volti «non spesi» nei governi Berlusconi e Monti.
Alfano gli ha ribattuto che loro non accetteranno designazioni eterodirette. Chi nel Pd lavora al fianco del premier racconta come tutto sarebbe più facile se dall’altra parte avanzassero candidature come quelle di «Lorenzin o Bernini».
Deciderà come sempre Berlusconi.
Quel che gli preme adesso è lanciare segnali rassicuranti, sebbene non definitivi, sull’esecutivo.
«Facciamolo partire, poi si vede – è stato mood delle telefonate dagli Usa – Rispetto al Pd abbiamo anche un programma economico, loro no».
Detto questo, nel governo che nascerà bisognerà starci in postazioni chiave, è l’altro punto irrinunciabile – assieme all’Imu e alla riduzione della pressione fiscale – che Berlusconi porrà al tavolo del confronto con Letta.
Per il Pdl rivendica almeno uno dei tre ministeri strategici: Economia, Giustizia o Interni.
Consapevole tuttavia di come difficilmente potrà strappare il Guardasigilli.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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