Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
APPELLO DEGLI SPEAKER DAL PALCO: “AVVISATE GLI AMICI”…MA NELLA CULLA DEL MOVIMENTO LA PIAZZA NON SI RIEMPIE
Il guastatore nelle terre delle camicie verdi.
Beppe Grillo scende in piazza a Treviso, per il suo tour elettorale in vista delle Amministrative, in una città ancora festante per l’arrivo del Giro con palloncini rosa ad addobbare le case e mezza inzuppata dalla pioggia.
Poche centinaia di persone in verità (non più di trecento), venute ad ascoltare il leader (in ritardo di mezz’ora) e il candidato sindaco Alessandro Gnocchi.
Gli speaker ingannano l’attesa tra cover dei Pink Floyd e «Self control» di Raf, invitando ad avvisare amici e conoscenti con il passaparola.
IL COMIZIO
Poi arriva il leader e scuote la piazza. Attacca Napolitano per l’inchiesta di Nocera Inferiore («È un galantuomo che se dici una parola in più…») e il governo («Rubano tempo»).
Invoca poltrone: «La prima forza politica del Paese non ha manco una carica: questa è la democrazia nel nostro Paese».
Poi si lancia nelle previsioni: «Se andiamo al voto dopo l’estate rimarremo noi e Berlusconi. Noi siamo la vera sinistra» (facendo finta di dimenticare che è stato finora lui la quinta colonna di Silvio).
Ammonisce i media e avverte: «Ora abbiamo anche noi una tv, devono stare attenti a fare i dossier».
LA «CULLA» DEL MOVIMENTO
Per il leader Treviso è un po’ come una culla. Qui i Cinque Stelle, nel 2008, quando ancora il Movimento non era nato ma esistevano solo le liste civiche espressione dei meet-up, ottenne il primo successo: David Borrelli venne eletto consigliere comunale.
Da allora è stata una scalata, una progressione continua. Dal 4% al 23,4% ottenuto a febbraio. Ora «puntiamo a far eleggere due-tre consiglieri», dice Borrelli.
Che commenta così i suoi cinque anni in Comune: «Treviso è una città che ha dato tanto al Movimento, è una città che ci ha lasciato lavorare, la maggioranza (di centrodestra, ndr) ha accolto i nostri progetti (ma che strano…n.d.r.) siamo stati una opposizione costruttiva”.
L’AGO DELLA BILANCIA
Ora i Cinque Stelle saranno con tutta probabilità l’ago della bilancia in questa tornata elettorale. Centrodestra e centrosinistra secondo i sondaggi sono impegnati in un testa a testa.
Decisivo sarà il peso della Lega Nord. Il partito di Roberto Maroni alle Regionali del 2010 raccolse il 35,4% (contro il 3% dei pentastellati), alle Politiche di febbraio invece il Carroccio si è attestato intorno all’8,5%.
Un crollo confluito in buona parte nel successo del Movimento, che proprio nella Marca trevigiana ha avuto i primi contatti con i piccoli e medi imprenditori, vero cuore pulsante dell’economia della zona.
Una svolta che potrebbe segnare la fine di un’era, quella del Carroccio.
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
QUANDO IL PD NON SPOSA SOLO LE CAUSE PERSE, MA ANCHE QUELLE SBAGLIATE
“Prima di cancellare un evento che è entrato nella storia del costume, con grave danno
economico per l’indotto, si può ripensare la formula”; delle dichiarazioni con cui la senatrice del Pd Silvana Amati ha accompagnato l’interrogazione parlamentare sul perchè la Rai abbia deciso di sciogliere il rapporto con Miss Italia, questa è la più surreale.
Che una rappresentante della sinistra scenda in campo a difesa del decano dei concorsi di bellezza, e lo consideri un patrimonio culturale da proteggere, in sè non farebbe notizia.
È solo una riprova in più che il Pd non sposa solo le cause perse, ma anche le cause sbagliate.
A noi sembra invece che bisognerebbe fare per una volta i complimenti a viale Mazzini e al suo presidente Anna Maria Tarantola per avere tenuto fede al proposito di cancellare la grottesca liturgia che Miss Italia era divenuta grazie alla connivenza della tv.
Tra anteprime, selezioni, quarti di finale e finalissima le ragazze in due pezzi erano arrivate a colonizzare un mese di palinsesto, con un coefficiente di noia mortale che si impennava in misura inversamente proporzionale agli ascolti.
Dice: ma Miss Italia è un simbolo. Appunto.
Un simbolo dell’Italietta anni Cinquanta, divenuta troppo provinciale perfino per il paese più provinciale (e maschilista) d’Europa.
Ci sarebbe casomai da chiedersi perchè il servizio pubblico si sia ostinato a far palinsesti d’oro a queste adunate nordcoreane di fanciulle in costume da bagno; e, con buona pace della senatrice Amati, a che scopo le abbiano provate tutte per rianimare questo triste reperto di strapaese.
Abbiamo avuto l’annata delle miss intellettuali, l’annata della “personalità ” (già cantata da Caterina Valente), e naturalmente l’annata del talento.
Il talento! chi lo voleva vedere in faccia, chi cercava “una certa luce negli occhi”, chi voleva sentirsi mozzare il fiato in diretta (noto effetto collaterale del talento); il direttore Sandro Mayer, habituè della giuria, dilatava le narici con aria ispirata da sommelier, e invocava “l’odore del talento”.
Non è servito a niente, naturalmente, come non è servito a niente passare la conduzione da Fabrizio Frizzi a Loretta Goggi, a Carlo Conti, a Milly Carlucci, fino al ritorno di Fabrizio Frizzi (ciao Darwin).
Anno dopo anno, per interminabili serate di inizio settembre, agli spettatori ancora mezzo intontiti dal rientro dalle ferie Raiuno ha dato il colpo di grazia con quelle falangi macedoni affidate alla verve di Frizzi e costruite sull’identico elevato all’ennesima potenza (sotto questo profilo, un’ottima metafora di gran parte della tv di oggi).
Un format diventato nel tempo sempre più simile alle estrazioni del lotto.
Numeri, gambe, sorrisi, pianti, prefissi e televoti scanditi in una diretta potenzialmente infinita, mentre scorrevano i primi piani marmorizzati delle concorrenti.
Va bene che erano più espressive delle palline del superenalotto (seppure di poco); ma come si fa a far durare un’estrazione quattro ore?
Povere miss, brave ragazze sopravvissute a un’idea di donna oggetto ormai estinta, perchè anche l’oggettistica si evolve; sono rimaste solo loro a credere che per sfondare bastino una passerella e Fabrizio Frizzi.
Se davvero le telecamere si spegneranno per sempre, forse qualcuno gli spiegherà che sono ci ben altri casting, altri presentatori, altri talenti su cui puntare; e quelli sì che farebbero audience.
Nanni Delbecchi
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
IN PASSATO LO STATO GARANTIVA 700 MILIONI DI SOVVENZIONE AI GIORNALI, ORA SIAMO ARRIVATI A 95… “UN GIORNALE ESISTE SE VIENE ACQUISTATO IN EDICOLA, LO STATO NON PUO’ SOSTENERE PRODOTTI CHE NON HANNO PIU’ MERCATO”
Qualcosa ci siamo persi, cinque anni fa, se il governo poteva spendere 700 milioni per sovvenzionare un gran mucchio di giornali, di partiti, di cooperative o religiosi
Il gruzzolo si è assottigliato col tempo e, adesso, non si stacca dai 95 milioni
Una recente legge, governo di Mario Monti, ha cercato di espiare le colpe dei tanti Valterino Lavitola o Denis Verdini che non avevano interesse a procacciare le notizie: lo Stato garantisce il rimborso sino al 50% dei costi per i quotidiani cartacei e il 70% per i siti d’informazione.
Ma la sofferenza non è finita.
E il sottosegretario per l’Editoria, il democratico Giovanni Legnini, abruzzese di collina che s’accascia sotto la Maiella, non vuole sprecare ancora: “Un giornale esiste se viene acquistato in edicola o pagato in rete, lo Stato non può sostenere i prodotti editoriali quando non vengono più letti. Il mercato fa selezione, anche se qualunque intervento va sempre meditato perchè si sta parlando di un lavoro prezioso e di tanti giornalisti in difficoltà ”
Legnini, il suo appare un principio rivoluzionario.
Addirittura? Le cose rivoluzionarie sono le cose semplici.
S’è chiusa l’epoca dei soldi buttati via, dice, ma che farete?
C’è la norma del mio predecessore, Paolo Peluffo, che non regala più nulla, ma che premia soltanto coloro che sanno gestire bene l’attività e che emigrano su internet per essere operativi. Dobbiamo intensificare i controlli e applicare la legge.
I contributi annuali non rischiano di allontanare la chiusura, mentre mancano persino gli stipendi per i giornalisti?
Penso che andranno valutati anche i riscontri con i lettori, in edicola e in rete, e legare il finanziamento anche a questo parametro come si inizia a fare con il decreto legge dell’anno scorso. Perchè i soldi sono pochissimi rispetto al passato e nemmeno un centesimo può essere speso con leggerezza: chi merita sostegno, deve averlo; chi non lo merita, deve trovare una soluzione. Ripeto, però, io sono preoccupato per la forza lavoro perchè qui si parla di lavoratori professionisti e non solo di imprese.
Il passaggio online non rischia di funzionare da palliativo?
La forma digitale è il futuro per molteplici ragioni sia industriali che legate alle modalità di accesso agli strumenti d’informazione, quindi bisogna sostenere l’avvio di questa evoluzione. Naturalmente anche per i giornali online vale il criterio di mercato.
Avete recuperato gli oltre 20 milioni di euro che la famiglia Angelucci vi deve restituire per il Riformista e Libero?
Il procedimento è in corso e in parte il recupero è già avvenuto. Le risorse saranno redistribuite tra gli aventi diritto in regola rispetto all’anno 2010. Alcune settimane fa, il dipartimento ha pubblicato il decreto. Ma come avete sentito in questi giorni, c’è sempre una battaglia per ridurre il fondo.
Vi hanno utilizzato per pagare i debiti statali.
Non siamo in pericolo per l’anno corrente. Posso dire che è stato un taglio non meditato e il governo si è impegnato a ripristinare lo stanziamento. Ma la questione è un’altra.
Quale?
Avere la consapevolezza della necessità del rigore nella gestione dei soldi pubblici che devono sostenere l’informazione e il pluralismo e non imprese decotte. Bisogna fare tutto ciò che è necessario affinchè non si ripetano gli scandali del passato e l’utilizzo delle poche risorse disponibili sia razionale e selettivo.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
NUOVI INCARICHI PER ROBERTO RAO, GALLETTI E OCCHIUTO, ESCLUSI DAL PARLAMENTO
“Le sconfitte segnano, ma sono utili solo se insegnano. Grazie a tutti” twittava sconsolato
Roberto Rao all’indomani della mancata rielezione alle politiche.
Ma l’ex deputato Udc, fedelissimo di Pierferdinando Casini non ha mai abbandonato Montecitorio, mentre nel frattempo i collaboratori anche storici del partito hanno dovuto fare le valigie.
Rao si è infatti assicurato una solida ciambella di salvataggio: dopo la denuncia dei deputati 5Stelle che ha bloccato la delibera con le liste degli ex dipendenti assumibili dall’amministrazione, il percorso era per la verità apparso tortuoso.
E solo grazie ai buoni uffici di Casini (di cui Rao è stato portavoce anche quando sedeva sul banco più alto della Camera) si è visto assegnare una collaborazione con Ferdinando Adornato eletto a Montecitorio nella Lista di Scelta civica e entrato nell’ufficio di presidenza tra i segretari d’aula.
Ma non basta. Rao infatti è divenuto consigliere politico del neoministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri.
Diversa la soluzione trovata per un altro ex parlamentare di stretta osservanza ‘casiniana’ e cioè Gian Luca Galletti approdato come sottosegretario nel governo Letta al ministero dell’Istruzione dove ha portato come capo della sua segreteria un altro ex parlamentare, ma sempre di stretta osservanza casiniana e cioè Roberto Occhiuto per il quale era sfumata in extremis l’ipotesi di una poltrona di assessore in Calabria.
Per i suoi fedelissimi, rimasti esclusi dalla pesante tornata elettorale, il leader dell’Udc si era messo in moto da subito.
Prima della nomina a sottosegretario, per Galletti si erano aperte le porte del consiglio di amministratore di Ismea, l’istituto per il mercato agricolo alimentare, subentrando al consigliere Ernesto Carbone nel frattempo divenuto deputato per il Pd.
L’elezione di Carbone in parlamento, per la verità , è stato una vera manna dal cielo per l’Udc: oltre che nel cda di Ismea infatti ricopriva anche il ruolo di presidente e Amministratore Delegato di Sin (la società controllata dall’Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in agricoltura), posto lasciato libero per Antonella Del Sordo tra le amiche più strette di Azzurra Caltagirone.
Questo attivismo trova diverse spiegazioni, non ultimo l’imminente congresso che l’Udc si avvia a celebrare, dopo il rinvio determinato dalle elezioni anticipate.
E, alla luce del risultato registrato dal partito schierato da Pierferdinando Casini nella semi fallimentare impresa al fianco di Mario Monti si attende ora una resa dei conti.
Montano infatti i malumori per l’ipotesi che il leader dell’Udc designi per la segreteria un fedelissimo e cioe’ il senatore veneto Antonio De Poli, affiancato da Mauro Libe’ (ex parlamentare non rieletto) come segretario organizzativo.
Secondo lo schema disegnato da Casini, il segretario uscente, Lorenzo Cesa potrebbe andare a ricoprire l’incarico praticamente onorario, di Presidente.
Accantonando di fatto il canale principale di dialogo dell’Udc con il Pdl.
Ilaria Proietti
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
“L’IDEA DI UNA COMMISSIONE ESTRANEA AL PARLAMENTO NON LA CONDIVIDO”… “LA LEGGE ELETTORALE DEVE ESSERE MODIFICATA SUBITO”
Stefano Rodotà non entrerà nel comitato di saggi che il governo sta per istituire al fine di agevolare il percorso di riforme istituzionali.
Non intende accettare procedure extraparlamentari nella revisione della Carta.
«Modificare le norme sulla revisione costituzionale che costituiscono la più intensa forma di garanzia — osserva rischia di mettere in discussione l’intero impianto della Costituzione ».
Professore, Palazzo Chigi sembra però intenzionato a chiederle una partecipazione nella commissione governativa di saggi che affiancherà la commissione affari costituzionali. Repubblica ha anticipato l’apertura del Pdl nei suoi confronti: l’hanno chiamata?
«Finora nessuno mi ha telefonato chiedendomi se voglio far parte del Comitato di saggi del governo. Ma, chiamato o non chiamato, l’idea di una commissione estranea al Parlamento non mi è congeniale: la via corretta delle riforme costituzionali è quella Parlamentare. Modificare poi le norme sulla revisione costituzionale che costituiscono la più intensa forma di garanzia rischia di mettere in discussione l’intero impianto della Costituzione. Aggiungo che io non sono mai stato pregiudizialmente ostile alle riforme. Da anni insisto sulla necessità di lavorare a quella che chiamo la “buona manutenzione della seconda parte” della Costituzione. È l’unico modo per non rischiare di incidere sui diritti e i principi fondamentali della prima parte e per sfuggire alle tentazioni di accentramento dei poteri e di riduzione dei controlli. Modifiche come quelle riguardanti il bicameralismo e la riduzione del numero dei parlamentari vanno nella direzione bicameralismo, riduzione parlamentari, terza Camera, Corte costituzionale, Berlusconi, giusta».
E questo come dovrebbe avvenire?
«Si dovrebbe cominciare in Parlamento e nella sede specifica delle commissioni affari costituzionali, ripartendo il lavoro fra le due commissioni di Camera e Senato in modo che i tempi si accelerano. Ma non costituendo una sorta di terza Camera, con le due commissioni che scelgono al loro interno i membri di una commissione speciale che procede a redigere il testo delle nuove norme. Duecommissioni, lo dico semplificando, che cominciano a lavorare sui due temi specifici indicati prima».
La riforma più urgente?
«Senz’altro la riforma elettorale, la sola che potrebbe permetterci di riprendere a discutere seriamente di politica. È grave che il Pdl subordini alle riforme costituzionali il cambiamento della legge elettorale ».
E invece?
«Invece la legge elettorale deve essere modificata subito. E per due ragioni. Una di sostanza: questa legge elettorale ha un vizio di incostituzionalità . L’ha detto la Corte costituzionale, lo ha ripetuto il suo Presidente. Eliminare questo vizio è prioritario. Non mi spingo fino a dire che questo Parlamento è illegittimo: ma certamente è stato eletto con una legge “viziata”. In qualunque paese in cui ci sia un residuo di cultura istituzionale, una situazione di questo genere non sarebbe tollerata. E poi c’è una ragione politica. Berlusconi ha potere di vita o morte su questo governo perchè sa che ora può decidere di staccare la spina nel momento in cui i sondaggi gli daranno la ragionevole certezza di vincere le elezioni: facendo l’en plein sia alla Camera che al Senato ».
E con l’eliminazione del Porcellum?
«Questo potere di condizionamento, di ricatto sul governo verrebbe, non dico eliminato del tutto, ma certamente diminuito. Una cosa che ci permetterebbe di tornare alla normalità costituzionale, alla normalità politica. E questa è una priorità istituzionale assoluta ».
Come interpreta l’apertura del Pdl nei suoi confronti?
«Non sono cambiato nè ho cambiato le mie idee negli ultimi tempi. Forse ho avuto maggior visibilità e legittimazione per la vicenda legata alla presidenza della Repubblica. Probabilmente l’attenzione che mi viene dedicata è legata a questo fatto. La registrazione di un dato di realtà ».
Contribuirebbe a un governo dove, oltre al Pd, c’è anche Berlusconi?
«Non è una cosa astratta, e mi scusi se torno sulla mia vicenda tante volte travisata. Io mi sono speso in quella direzione per un unico motivo: favorire una soluzione di governo che non portasse alla maggioranza attuale».
Ma se le chiederanno di entrare nella Convenzione dirà di sì o di no?
«Questo modo di aggirare il Parlamento non è il mio. C’è incompatibilità fra come si prospetta questa linea di riforma costituzionale e quello che io ho sempre sostenuto. Lo ripeto: a questa extraparlamentarizzazione della riforma costituzionale sono assolutamentecontrario».
Anna Lombardi
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
RENZIANI IN PRESSING: IL SEGRETARIO CAMBI PASSO
Allarme-voto per il Campidoglio: è il primo dossier che Epifani ha aperto. 
E in una riunione con i circoli e i parlamentari romani al Nazareno, il neo segretario del Pd non ha nascosto la difficoltà di risalire la china per un partito che è riuscito a dissipare ogni vantaggio.
I Democratici fanno fatica persino a riprendersi la storica piazza della sinistra, piazza San Giovanni, la piazza del Primo Maggio ceduta a Grillo nella campagna elettorale per le politiche: «Mi piangeva il cuore alla chiusura della campagna elettorale per le politiche a non vedere noi in quella piazza. Ora, la sera del 23 maggio Grillo sarà a piazza del Popolo, Alemanno al Colosseo e noi torniamo a piazza San Giovanni e la cosa non ha solo un valore simbolico», incita Epifani nel discorso trasmesso su Youdem, la tv del partito.
La piazza è termometro di una riconquistata fiducia – afferma – e il gruppo dirigente deve avere il coraggio di rischiare, perchè «non si risale se non rischiamo, non rivinciamo se non abbiamo fiducia. Io ci metto la mia faccia».
La preoccupazione per il voto a Roma è forte: i Democratici temono il voto disgiunto, cioè per il partito e per Marchini, che sembra intaccare i consensi per Marino, il candidato del centrosinistra.
Non è l’unico problema da affrontare subito.
A sorpresa c’è anche il “caso Prodi” sul tavolo di Epifani.
Prodi infatti lascia il Pd, non ritirerà la tessera.
«O forse il partito ha lasciato lui», si sfoga Sandra Zampa. «Rischiamo che come Prodi tanti pensino di lasciare», rincara Gozi.
Un addio senza clamore: fanno sapere i prodiani, dopo l’imboscata dei 101 “franchi tiratori” che hanno bruciato la corsa al Colle del Professore.
Il Professore mantiene l’abituale riservatezza: «Voglio uscire dalla scena pubblica in punta di piedi», aveva detto e ancora ripete, invitando a lasciare correre le indiscrezioni («Lasciateli scrivere»).
«Lo scollamento è diffuso», segnalano i prodiani e fanno l’esempio di un altro addio, quello di Francesco Guccini.
Il segretario bolognese del Pd, Raffaele Donini commenta: «Spero che Prodi non lasci, anche se la vigliaccata che ha subito è dura da digerire, e non solo per lui».
Parole pesanti, che rendono il clima nel Pd. Epifani convoca ieri l’assemblea dei senatori (a inizio settimana toccherà ai deputati) per spiegare la rotta sia per quanto riguarda il governo Letta («Sostegno sì, ma con le nostre battaglie») che la riscossa se si vuole far ripartire il Pd.
Proprio Roma – dice – è un punto di ripartenza: come Zingaretti ha conquistato il Lazio nonostante le difficoltà del partito, e Debora Serracchiani il Friuli, l’unione fa la forza anche per il Campidoglio e Marino.
«Una campagna che radicalizza alcuni temi, spostata a sinistra», critica Alberto Losacco.
Il neo segretario punta a disarticolare le correnti: «Serve uno scatto di responsabilità verso il partito».
Non ha ancora messo mano alla segreteria, Epifani. Ieri ha preso possesso dell’ufficio di Bersani al Nazareno, ha iniziato gli incontri con i big, chiarendo che vorrà una segreteria snella e una direzione dimezzata.
Annuncia il tour nelle città al voto.
I renziani insistono sulla discontinuità : «Se conferma gli assetti che c’erano prima, allora non si affrontano i “nodi” del Pd», attacca Paolo Gentiloni.
Il tam tam sulla candidatura di Chiamparino al congresso d’autunno resta, però i renziani frenano: «È prematura».
Renzi potrebbe convincersi a correre per la segreteria se restasse legata alla premiership.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO L’ ARRESTO DEL PRESIDENTE PD ALLA PROVINCIA DI TARANTO EMERGE UN ASSERVIMENTO DEL PARTITO AI RIVA
“E ora bisogna chiedere il conto al presidente della Provincia”. Girolamo Archinà è infuriato. L’11 marzo 2010 ignaro di essere intercettato, l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva manifesta tutta la sua rabbia nei confronti del presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido e dopo l’ennesimo “no” che i suoi uffici hanno inviato all’azienda, si chiede “il ‘tutto a posto’ — garantito dal presidente, ndr — cosa sta a significare”.
L’Ilva è in attesa dell’autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti di lavorazione nella discarica interna dell’azienda.
Un permesso che all’Ilva farebbe risparmiare milioni di euro non esternalizzando più il servizio. Florido, al suo secondo mandato con un’amministrazione di centrosinistra e presidente del Pd ionico, aveva garantito “tutto a posto, gli uffici procederanno”, ma così non è stato.
Non sono bastate le pressioni e le minacce che, secondo l’accusa, il presidente Florido, l’ex assessore all’ambiente Michele Conserva e l’ex direttore generale dell’ente Vincenzo Specchia hanno effettuato sui dirigenti perchè firmassero “a vista” e senza “un esame approfondito delle pratiche” le richieste provenienti dalla grande industria.
Tutto però finisce nell’inchiesta della Guardia di finanza “ambiente svenduto” che all’alba di ieri ha portato in carcere Florido, Conserva e lo stesso Archinà , già detenuto dal 26 novembre scorso
Arresti domiciliari, invece, per l’ex dg Specchia.
Concussione e tentata concussione sono i reati ipotizzati dal pool di magistrati guidati dal procuratore Franco Sebastio.
Nell’ordinanza, il gip Patrizia Todisco parla di “una inquietante, forte inclinazione comportamentale ad asservire il pubblico ufficio, i pubblici poteri rispettivamente esercitati, al conseguimento di obiettivi di favore economico a beneficio di determinati soggetti (ovviamente, non di soggetti qualunque…), in spregio dei principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione”.
Presidente, assessore e direttore generale, insomma, avrebbero spinto i dirigenti ad assumere “un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva” attraverso condotte “ispirate e pilotate” proprio dall’uomo ritenuto la longa manus della famiglia Riva.
Archinà è “informato di tutto, caldeggia nomine e spostamenti dei dirigenti” ed è “talmente introdotto nei meccanismi di nomina dell’ente da essere al corrente anche delle nomine in cantiere”.
A farne le spese è Luigi Romandini, il dirigente che non cede alle pressioni e che Florido trasferisce ad altro incarico.
“Tanto adesso hai finito” gli avrebbe detto l’assessore Conserva sventolando il provvedimento e preannunciando il siluramento.
Romandini, di tutta risposta, si reca negli ufficio del maggiore Giuseppe Dinoi e denuncia tutto. Intanto al suo posto viene nominato Ignazio Morrone, ma la musica per l’Ilva non cambia: anche lui rifiuta di firmare le autorizzazioni ed è costretto ad accettare il pensionamento anticipato.
“Il presidente Florido — ha raccontato ai finanzieri — mi invitava nel suo ufficio, a volte anche pretestuosamente, chiedendomi di evaderle (le istanze dell’Ilva, ndr) quasi ad horas e di fronte alla mia legittima e doverosa richiesta di esaminarle nei tempi dovuti, egli mi rispondeva ‘se non se la sente mi faccia due righe e si dimetta’”.
Ma non sono solo i dirigenti a essere trasferiti.
Quindici giorni dopo aver sanzionato l’Ilva per una violazione anche il corpo della Polizia provinciale passa dal controllo del settore ambiente a quello diretto del presidente Florido. Intanto per accontentare l’Ilva e ottenere quell’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, Florido e Conserva sono costretti a chiedere all’avvocato Cesare Semeraro, responsabile dell’ufficio legale della provincia, di affidare a un professionista esterno, l’avvocato Nicola Triggiani, la redazione di un parere che avrebbe consentito di superare gli ostacoli.
Semeraro si oppone e tutto si conclude in un nulla di fatto.
Ma le pressioni, secondo l’accusa, proseguono.
Fino all’estate scorsa quando Florido interviene ancora su Semeraro per le lamentele ricevute dal nuovo presidente dell’Ilva Bruno Ferrante scontento della richiesta di 300 milioni di euro come garanzia finanziaria chiesta dall’ente per la gestione dei rifiuti a fronte di 1 milione di euro previsto dall’azienda.
Florido vuole risolvere la questione, ma Semeraro è chiaro: “Se Ferrante ha dei dubbi, mi faccia chiamare”.
Per il gip Todisco queste circostanze “confermano il sollecito, premuroso, fattivo e perdurante interessamento del Florido in soccorso delle esigenze di natura economica della proprietà dell’Ilva”.
Ed è proprio al patron Fabio Riva che, nel luglio 2010, Florido garantisce l’impegno.
Fabio Riva (R): Si son parlati. Mi sembra che sia abbastanza chiaro, la nostra posizione è di andare avanti a collaborare, a vedere di lavorare con la Regione, chiaro che in presenza dell’incidente probatorio dobbiamo stare molto attenti a come ci muoviamo, no? Gianni Florido (F): È evidente… se… R: Perchè non puoi da un lato andare a fare delle cose non previste dalla legge e dall’altro avere un incidente probatorio, no? Per cui diciamo tutto l’iter deve seguire una procedura molto rigida, non so come dire. (…) Però per noi è importantissimo andare avanti a parlare con la Regione. F: Stamattina incontreremo anche noi la Regione. E prenderemo una strada comune… va bene. R: Esattamente. F: Se mi chiamate nel pomeriggio… poi vediamo quando lei viene giù: vediamo di combinare questo incontro.
Francesco Casula e Antonio Massari
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
“GRILLO VUOLE UNA DEMOCRAZIA SENZA PARTITI, SENZA DESTRA E SINISTRA, SOLO MOVIMENTI, MA COSI’ NON FUNZIONA”… “IL TEMA VERO NON E’ LA DIARIA, MA L’AUTONOMIA DEGLI ELETTI DA GRILLO E CASALEGGIO”
Il pericolo di una «deriva populista» del movimento 5 Stelle. 
Di un clima «emotivamente pesante» tra i parlamentari e il duo Grillo-Casaleggio.
Il rischio di un replay in Parlamento dei casi Favia e Salsi, i dissidenti emiliani finiti rapidamente fuori dal partito.
Tommaso Currò, deputato di Catania, è stato il primo dei dissidenti tra i deputati a 5 stelle.
Nei giorni degli sfottò via streaming a Bersani, lui si alzò per dire che invece col Pd bisognava parlarci. Ora, quasi due mesi dopo, il Pd è al governo col Pdl e i grillini sulle barricate.
Travolti dall’ennesima campagna elettorale del Capo e fuori dal governo del Paese. Lui è seduto su un divanetto della Camera e sta studiando dei provvedimenti economici sul computer
«Resto della mia idea. Avremmo dovuto dialogare e forse ora non saremmo in questa situazione con Berlusconi di nuovo al centro della scena».
Grillo sostiene che è stato il Pd a non voler trattare con voi.
«La mia opinione è che Beppe non abbia mai voluto davvero discutere col Pd. Non lo ha voluto allora e non lo vuole adesso. Invece ha finito per favorire la rinascita di Berlusconi. E io continuo a chiedermi perchè».
Sembra che voglia piuttosto succhiare voti al Pd, approfittare della loro crisi.
«Capisco, ma non mi sembra una strada utile al Paese. Una certa dose di populismo è servita al movimento, per arrivare a milioni di persone. Altrimenti avremmo fatto la fine dei tanti partitini che non superano il 5%. Ma una volta arrivati in Parlamento bisogna cambiare registro. Non è che io posso entrare in Commissione Bilancio e gridare “tutti a casa”. Bisognare mettere un freno agli slogan, entrare nella complessità . Devo capire come funziona la macchina, fare le mie proposte, valutare quelle degli altri, trovare le coperture per i provvedimenti. È tutto complicato ma è la democrazia parlamentare ed ha un suo fascino. Anzi, le dirò che stando qui dentro, man mano che entro dentro il meccanismo, lo sto apprezzando. La politica è una cosa seria»
Il Capo invece sembra preferire le piazze, invocare le barricate…
«Mi pare di cogliere in lui l’idea di una democrazia senza partiti, assembleare, di un Parlamento come somma di comitati e movimenti “single issue”, i No tav, No ponte, No Discarica. Credo che non possa funzionare, la democrazia ha bisogno di partiti, di una destra e di una sinistra. Partiti rinnovati, in cui chi ha fallito si faccia da parte. Ma pur sempre partiti».
Invece i vostri guru puntano alla spallata, a prendere il 51%…
«Non mi convince. Lo dico con sincerità , non siamo pronti per governare da soli. Dobbiamo maturare, fare pratica. Il rischio che vedo è il moltiplicarsi di forze populiste, che ci scavalchino su temi come l’Europa e la moneta. Che il risultato sia il caos»
Eppure lei è un deputato dei 5 Stelle. Non dovrebbe temere la crescita del suo movimento.
«Per tanti anni ho votato Pd, poi sono stato deluso dal loro correntismo esasperato, dai troppi fallimenti, dalle promesse mancate. Ma l’eventuale implosione del Pd non è una prospettiva che auspico».
Tra di voi com’è il clima?
«Sulla questione delle diarie non ho avuto particolari obiezioni di sostanza. È giusto rendicontare e restituire. Ma ho avvertito un clima di tensione che non ci fa bene. Mi sembra che il tema più profondo che sta sotto a questione discussione sulle diarie sia quello della leadership, della autonomia degli eletti rispetto a Grillo e Casaleggio. E in definitiva anche della strategia che intendiamo seguire. Qual è il nostro obiettivo? Io in questo momento fatico a capirlo. Non credo che sia il mondo Gaia di cui parla Casaleggio, quella non è una prospettiva politica. E allora dobbiamo misurarci con la realtà dell’Italia».
E invece vi avvitate sui soldi.
«È giusto che noi deputati a 5 Stelle adottiamo dei comportamenti più sobri e più rigorosi degli altri. Ma il punto è discutere della linea politica».
Rischiate una scissione?
«Non direi proprio. Però evocare liste nere di reprobi è un grave errore. Mi sembra di vedere in scala più larga quello è successo in Emilia con Favia e Salsi. Sulle diarie e anche prima ho visto una gestione del dissenso che mi preoccupa. Mi auguro che questi metodi non si ripetano».
Andrea Carugati
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Maggio 16th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE DI LEGA AMBIENTE ACCUSA: “LA SINISTRA A TARANTO HA RINNEGATO SE STESSA, INTRATTENENDO RAPPORTI OPACHI CON I PADRONI DELL’ILVA”
“Il caso Ilva dimostra che non si può lottare per l’ambiente rimanendo nel Pd. O perlomeno, in questo Pd”. Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente, è stato senatore per i Democratici nella passata legislatura. Poi è rimasto fuori delle liste.
Si è sempre battuto contro la gestione dell’impianto, “guadagnandosi” una lettera di Emilio Riva a Bersani, in cui il patron dell’azienda si lamentava dell’opposizione di Della Seta al decreto salva Ilva del governo Berlusconi.
Ieri sull’Huffington Post lui e un altro ex parlamentare Pd, Francesco Ferrante, scrivevano della “sinistra che a Taranto ha rinnegato se stessa, intrattenendo per decenni rapporti opachi e talvolta decisamente illegittimi con i padroni dell’Ilva”
Della Seta, cosa ha provato appena ha saputo dell’arresto di Florido?
Non sono rimasto sorpreso. Auguro al presidente della Provincia di chiarire la sua posizione, ma visto il clima a Taranto, fatto di rapporti scivolosi tra politica e industria, non mi può stupire che la magistratura voglia fare luce
Quando parliamo di rapporti scivolosi…
Parliamo del fatto che per decenni la politica è stata compiacente, e talvolta complice, di una una situazione che fa semplicemente schifo, come quella dell’Ilva. E la sinistra, che ha governato spesso, ha grandissime responsabilità .
Perchè compiacente e complice?
La prima ragione, più nobile se vogliamo, è di carattere culturale. Molti dirigenti, per propria formazione, ritengono che l’industria non vada mai ‘disturbata’: ovvero, che lo sviluppo giustifichi danni per l’ambiente. Il secondo motivo è quella zona grigia dove si fa molto labile il confine tra politica e affari. E qui entrano in gioco i finanziamenti.
Ha notizie dirette su Taranto?
No: ma conosco bene l’influenza sui partiti di tutte le industrie, e non solo di quelle dell’acciaio.
Conosce Florido?
L’ho incrociato varie volte. Ma non posso dire di conoscerlo.
Il partito di Taranto gli ha esternato “solidarietà umana”.
Non capisco: la solidarietà la può manifestare un amico, non un partito, che deve fare considerazioni politiche.
Nella nota, il Pd locale “condanna tutti gli atteggiamenti di sudditanza verso l’Ilva e il suo padrone”.
Condivido. Certo, in questi anni il partito è stato un po’ troppo distratto…
Ma non salva proprio nessun esponente della sinistra pugliese sul tema Ilva?
Anni fa la Regione guidata da Vendola costrinse i Riva ad abbattere le emissioni di diossina, con un’apposita legge. Ma è poco.
Nel 2006 Riva finanziò la campagna elettorale di Bersani con 98mila euro. Il Fatto ha invitato l’ex segretario Pd a resistuirli. Lei che ne pensa?
Più che restituirli, io non li avrei proprio presi. All’epoca credo che Bersani fosse responsabile economico dei Ds: poco dopo sarebbe diventato ministro allo Sviluppo Economico. Non doveva accettare quel denaro: chi controlla (o potrebbe farlo) non deve avere rapporti con i controllati.
Chi combatte per l’ambiente paga dazio in politica? Lei non è stato ricandidato…
Non mi hanno mai impedito di fare nulla. Ma di fatto mi hanno espulso, ritenendomi un corpo estraneo. E avevano ragione: lo sono, rispetto a questo Pd.
Quindi, rimane fuori.
Per ora è il solo modo di combattere certe battaglie. Ma non escludo di tornare: anche perchè sull’ambiente gran parte degli iscritti la pensa come me.
Luca De Carolis
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