Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO AVER ANNUNCIATO CHE AVREBBE RINUNCIATO ALLA PRESCRIZIONE, PENATI NON SI E’ PRESENTATO IN AULA, SALVO POI ANNUNCIARE CHE SAREBBE RICORSO ALLA SUPREMA CORTE
Passate qualche giorno dalla notizia che Penati non è più sotto processo per concussione
grazie alla intercorsa prescrizione, continuano a non esserci reazioni.
In Cassazione è un fiorire di pour parler sul ricorso che Penati ha annunciato contro l’avvenuta prescrizione.
Se ne parla in conversari riservati come di una «mossa esclusivamente mediatica » che in concreto non ha chance giuridiche di riaprire il processo contro l’ex segretario di Bersani ed ex presidente della Provincia di Milano.
Non sono chiacchiere da bar quelle di piazza Cavour. Ma valutazioni di giuristi che stroncano l’annunciato passo di Penati. Al quale non danno possibilità di successo.
Per come l’ha raccontata nelle interviste, l’imputato Penati – ora semplice insegnante – vorrebbe rivolgersi alla Suprema corte per rivendicare il diritto di essere processato.
I giudici di Monza, contro la sua volontà (questa è la tesi di Penati), avrebbero dichiarato prescritto il reato per cui invece lui intende essere processato. E ovviamente assolto.
L’esito non può che essere negativo.
Per una semplice ragione, come spiegano in via informale i supremi giudici. La Cassazione è un giudice di legittimità . Valuta se nelle fasi del processo si sono verificati vizi formali.
Ma a Monza quali sarebbero stati commessi nel processo al “sistema Sesto”?
La procedura ha rispettato le regole.
Era noto da tempo che la prescrizione era in procinto di scadere, dopo la “cura” Severino alla concussione distinta in due reati con il tempo dell’azione penale accorciato di 5 anni per l’induzione.
Già il 4 marzo erano cadute le concussioni di tre coimputati.
L’udienza di maggio per Penati era nota e lui aveva dichiarato ovunque la rinuncia alla prescrizione. Ma all’udienza non c’era.
Nè aveva affidato al suo avvocato una procura speciale. Di più.
I giudici hanno chiesto all’avvocato di contattare il cliente per conoscerne le intenzioni.
Ma lui non è riuscito a trovare Penati. Giusto quella mattina.
A questo punto il tribunale ha dichiarato prescritto il reato.
Le regole previste dal codice di procedura penale, all’articolo 129 sono state puntualmente rispettate.
I diritti della difesa non è stato leso.
La Cassazione non potrà che prenderne atto e respingere il ricorso di Penati.
Il quale potrebbe anche sostenere che la prescrizione non poteva essere ammessa per l’evidente innocenza della sua posizione processuale, regola che deriva da una sentenza della Consulta (la 300 del 1991).
Ma anche questo argomentare è debole perchè dal processo si evince semmai la potenziale colpevolezza di Penati, e non l’opposto.
A questo punto resta di nuovo la sua operazione mediatica di annunciare l’esatto opposto di quello che poi ha fatto.
(da “La Repubblica“)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
PD, PDL, CURIA, LEGA, PRODI, CL NON SONO BASTATI… SCARSA L’AFFLUENZA ALLE URNE, IL 29%
Alla fine è la sinistra che ha votato contro la sinistra. Spaccata a metà , vince il no al finanziamento alle scuole private.
Con un’affluenza è stata del 28,7%, 85.934 persone, che vuol dire uno su tre degli aventi diritto.
Ma comunque sia Bologna si sveglia con un sapore che non sarà mai più lo stesso: la città che fu papalina e poi comunista, oggi è alla ricerca di un’identità che ha perso per strada.
Per questo, quello di ieri non era solo un referendum (non vincolante) sul mantenimento dei finanziamenti alle scuole private. Non è un milione di euro che fanno la differenza.
à‰ come ha detto Francesco Guccini, il principio. à‰ il diritto all’istruzione.
E soprattutto è un laboratorio, quello di Bologna, che potrebbe traghettare il sistema scolastico altrove, in mezzo a paludi fino a oggi sconosciute.
Eppure in questo ginepraio la sinistra ufficiale, quella del Pd, ci si è tuffata con tutto l’autolesionismo possibile.
Quasi in maniera sconsiderata, perchè il referendum era evitabile. E invece è stato fatto. Non ha valore giuridico, ma ne ha uno simbolico che supera tutto il resto.
E soprattutto disegna molto bene quelli che sono gli equilibri politici: da una parte il Pd, il Pdl, la Lega, la Curia insieme a Comunione e Liberazione, dall’altra Sel, il Movimento 5 stelle, il Comitato articolo 33 e quella che si chiama società civile, dove dentro è finito di tutto: da Stefano Rodotà a Isabella Ferrari, da Corrado Augias a Riccardo Scamarcio, da Gino Strada a Valerio Golino.
Un pezzo di Paese che mastica male le larghe intese. Ma soprattutto che si batte perchè le larghe intese non producano effetti distanti dalla sinistra, da quello che la sinistra ha sempre detto in questo Paese, talvolta ottenuto.
Romano Prodi, già presidente dell’Ulivo, ormai un esodato del Pd, ha votato alle 17.30.
à‰ arrivato a Bologna da Addis Abeba. Ha votato per il mantenimento del finanziamento alle scuole private, in linea con quello che ormai fu il suo partito. “Non sono le elezioni politiche, non mi aspettavo una grandissima affluenza. Ma attenzione: bisogna distinguere i referendum generali da quelli particolari come questo. Se la persona non si interessa di politica e non ha figli a scuola è ovvio che non sia motivata nel votare”.
Quando i giornalisti gli chiedono della spaccatura nel centrosinistra prodotta dal referendum e, soprattutto, se è paragonabile alla sua mancata elezione al Quirinale, Prodi sorride.
Non risponde, ma nella sua espressione c’è molto di più di una parola. Gli occhi oggi sono puntati sul sindaco di Bologna, Virginio Merola, che insieme all’arcivescovo Carlo Caffarra ha chiamato a raduno tutto e tutti perchè avesse una speranza di vittoria. Il sindaco e l’arcivescovo.
Chi abita distante dalla città forse potrebbe anche non capire, ma è la prima volta, dal dopoguerra a oggi, che le due forze più potenti si schierano con tanta trasparenza in una consultazione che è politica.
à‰ vero che hanno sempre e comunque dialogato, non sarebbe stato possibile altrimenti.
Lo sa bene Renato Zangheri, uno dei sindaci storici della città che vide sfumare la segreteria del Partito comunista per un soffio dopo la morte di Berlinguer. Zangheri parlava nelle sedi opportune con la Curia, faceva il politico, ma da uomo rigidissimo, per tutti i 13 anni di governo, non si fece mai, neppure una sola volta, fotografare con l’arcivescovo della città . Altri tempi, ovvio.
Ma da qui a scoprire che la destra e la Curia per il Pd sono gli alleati più solidi ce ne passa. “Fummo laboratorio, resteremo tali”, dice Pietro Sarti, comunista passato per la Bolognina.
“Ma oggi, a 83 anni suonati, ho perso la casa: non me l’ha tolta Equitalia, me l’ha tolta il partito”.
Emiliano Liuzzi
argomento: Referendum, scuola | Commenta »