Destra di Popolo.net

E’ SFIDA TRA SERVIZI SOCIALI PER ASSICURARSI BERLUSCONI

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

DA TELFONO ROSA AI CLOWN, TUTTI LO VOGLIONO IN SERVIZIO… E IVA ZANICCHI VUOLE PULIRE I BAGNI CON LUI

Toni Nocchetti, di Tutti a scuola, onlus napoletana per i diritti dei ragazzi disabili, avrebbe tanto voluto Silvio Berlusconi per affidargli l’organizzazione di Giochi senza frontiere: «Con un paio di telefonate, ci procurerebbe tutti gli artisti»; per i genitori dei ragazzi, però, non se ne parla nemmeno.
Gabriella Carnieri Moscatelli, del Telefono Rosa, lo vorrebbe perchè «da noi si renderebbe conto che significhi essere donna, come è trattata oggi in Italia».
Francesco Storace, della Destra, lo vorrebbe per mettergli in mano la pubblicità  del suo quotidiano: «Nel ramo è un fuoriclasse». Non si sa mai che ne ricavi qualcosa…
Geppino Fiorenza, di Libera, lo vorrebbe di modo «che sconti la pena sudando con la zappa sui terreni confiscati alle mafie».
Propositi altrettanto severi sembravano coltivati da don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, che aveva prospettato all’ex premier levatacce all’alba, footing, pulizia della camera, lavoro nell’orto di pomodori e così via; poi, però, un finto Niccolò Ghedini — per conto della Zanzara — ha telefonato al sacerdote per verificare se, in caso di affidamento, al suo assistito sarebbe davvero toccato versare sudore della fronte: macchè, scherzavo, ha detto il don: sappiamo che ha un’età , gli concederemmo gli agi del caso.
Fuori dal suo partito, Berlusconi non era mai stato tanto desiderato.
Ambiscono ai suoi servigi da destra a sinistra, nessuna gradazione ideologica esclusa.
Semmai diversi sono i motivi. Ci sono naturalmente i redentori, come Ornella Bavero, di Ristretti Orizzonti: «Per uno come Berlusconi sarebbe altamente rieducativo vedere le conseguenze di certe leggi volute e fatte dalla sua parte politica».
Alla categoria è iscrivibile pure don Arnaldo Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità  di accoglienza: «Essendo stato uno dei protagonisti dell’affossamento dello stato sociale, potrebbe finalmente verificare di persona quanto di buono fanno gli operatori sociali».
Di certo lo sono quelli dell’Associazione il tappeto di Iqbal, operatori di «pedagogica circense e clownerie»: «Daremmo a Berlusconi la possibilità  di riabilitarsi e utilizzare positivamente le sue attitudini clownesche come metodo di benessere per gli altri»; sono esplicitamente apprezzate le barzellette.
Oppure Gianni Maddaloni (padre dell’olimpionico Pino), dello Star Judo di Napoli, Scampia, per il quale sarebbe bilateralmente utile se lo statista si «impegnasse per lo sviluppo dei ragazzi bisognosi di Napoli Nord».
Poi ci sono quelli sospettabili di essere animati anche da un piccolo sentimento di rivalsa, per esempio all’Aidaa, che segue i cani, e considera imperdibile la scena del Capo che porta in giro le bestie e ne raccoglie gli esiti dai marciapiedi.
O magari don Valentino Porcile, di Sturla, in Liguria: «Ti faccio io un bel programmino di servizi socialmente utili», e cioè un tour reality fra tossicodipendenti e prostitute picchiate.
Alcuni riconoscono a Berlusconi qualità  sfruttabili. È il caso delle numerose amministrazioni locali che hanno dichiarato spalancate le loro porte.
A Ilbono, provincia di Cagliari, si augura che il detenuto offra «una preziosa consulenza in materia economica e sociale».
A Colleferro, provincia di Roma, gli affiderebbero il Museo marconiano (da Guglielmo Marconi).
A Cavriglia, in Valdarno, gli darebbero carta bianca «nel rilancio del bacino termale più grande d’Europa».
A Torre Annunziata metterebbero a frutto la sua «forma mentis di imprenditore».
Non mancano neppure i fan. Il sindaco di San Giorgio in Bosco (Padova), leghista, non sta nella pelle al pensiero di avere con sè «un grande statista».
Ad Albenga sono «certi dell’assoluta innocenza».
Rimangono da segnalare Gino Strada, di Emergency, che però terrebbe Berlusconi «lontano dalla cassa», l’indimenticabile sessantottino Mario Capanna, che all’«avversario ma non nemico» consegnerebbe il progetto di «fare di Roma la capitale euromediterranea della ricerca scientifica partecipata», e soprattutto la Fondazione Milan, che organizza amichevoli in beneficenza e, per la verità , non si è offerta: ma Silvio sarebbe un grande allenatore.

Mattia Feltri

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RENZI NON CAMBIA VERSO, MA SOLO IL LOOK: ABITO GRIGIO E NIENTE BATTUTE AD EFFETTO, HA FINITO IL REPERTORIO

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

A BARI MATTEO LANCIA LA CORSA ALLA SEGRETERIA DEL PD E CERCA QUALCUNO CHE GLI SPINGA IL CARRO IN PANNE

Come recita il suo ultimo slogan Matteo Renzi deve aver pensato che oltre all’Italia fosse ora di cambiar verso alla propria comunicazione.
Smesso il look casual e le battute ad effetto, a Bari l’ex rottamatore sfoggia un elegante abito grigio e un punto preciso.
No ad amnistia ed indulto – almeno nei termini in cui se ne è parlato finora, senza ad esempio modifiche alla Bossi-Fini – via il bicameralismo perfetto e riforma del Titolo quinto della Costituzione, quello che ha dato troppi poteri alle Regioni.
Basta con il mantra dell’austerity, no alle eccessive rigidità  del mercato del lavoro («la riforma Fornero è stato un autogol di Monti»), no ai pasticci come Telecom e Alitalia, sì ad un contributo di solidarietà  per chi riceve una pensione secondo il metodo retributivo.
Se secondo alcuni il primo Renzi era troppo a destra e l’ultimo opportunisticamente a sinistra, il nuovo Renzi sarebbe – per usare le sue stesse parole – “rivoluzionario, radicale e contro l’establishment che ha fallito”.
È come se ad un passo dalla vittoria, l’uomo che un anno fa era «appestato e ora tutti mi considerano un eroe» avesse trovato la sintesi.
In fondo crescere è fare errori, e lui stesso ammette di averne fatti: «Con la solidità  di una certa autostima vi dico non ero un infiltrato prima e non sono un salvatore della Patria ora. Sono uno che ha sbagliato molto. Ma ho l’entusiasmo della coerenza» (sic).
Con il partito ormai (quasi) conquistato, è alla prova della maturità  politica, la più difficile di tutte.

Alessandro Barbera
(da “La Stampa”)

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LAVITOLA TORNA IN CARCERE: HA VIOLATO GLI ARRESTI DOMICILIARI

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

DA S. LUCIA A REGINA COELI: STAVOLTA QUALCUNO HA TAROCCATO UNA TELECAMERA DI SORVEGLIANZA… BONDI SI PRECIPITA IN SUA DIFESA, NON SIA MAI CHE SI DECIDA A PARLARE

Valter Lavitola affronterà  da detenuto il processo di secondo grado per la presunta estorsione a Silvio Berlusconi.
L’ex direttore dell’Avanti!, infatti, da oggi è di nuovo in carcere, a Regina Coeli: l’inasprimento della misura cautelare è stato deciso dalla Corte d’appello, davanti alla quale il giornalista comparirà  il 30 ottobre, poichè Lavitola è evaso dagli arresti domiciliari.
Lo scorso agosto una telecamera installata nel cortile del palazzo romano in cui abita lo ha filmato mentre camminava fuori dal suo appartamento.
Uno spostamento minimo: il braccialetto elettronico che il giornalista porta addosso da maggio non ha neppure inviato il segnale di allarme ai carabinieri, incaricati della sorveglianza. Ma tanto è bastato perchè i giudici gli revocassero i tanto sospirati domiciliari, conquistati lo scorso maggio dopo 13 mesi di detenzione.
Sono stati i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Napoli a scoprire che il giornalista era uscito dall’appartamento e a informare la Procura generale. Probabilmente temevano che il detenuto potesse incontrarsi con qualcuno nello spazio di pertinenza del braccialetto elettronico: circostanza che non si può escludere, anche perchè, pochi secondi dopo aver filmato Lavitola in cortile, la telecamera è stata distrutta da un’altra persona che gli investigatori ora stanno cercando di identificare. La vicenda sembra dunque tingersi di giallo: c’era qualcuno con l’ex direttore dell’Avanti! quel giorno di agosto? E chi? Perchè la telecamera è stata distrutta?
Una cosa è certa: l’ex direttore dell’Avanti scende nel cortile condominiale violando gli obblighi degli arresti domiciliari. Ad inquadrarlo la telecamera di sorveglianza, chiusa in una cassetta anonima, ma che veniva manovrata dalle mani degli investigatori con un joystick in modo da poter osservare un raggio di azione più ampio rispetto ad un obiettivo fisso.
Ad un certo punto l’inquadratura si posa su un angolo del cortile dove c’era Lavitola intento a guardare in direzione dell’occhio elettronico. Pochi secondi dopo la telecamera registra un braccio di un terzo uomo, ancora da identificare, prima che il segnale si perda definitivamente.
I successivi accertamenti hanno chiarito la dinamica della vicenda, mentre Lavitola era intento a guardare in direzione del dispositivo visivo, un terzo uomo provvedeva a sfasciare a martellate la telecamera di sorveglianza.
Ora gli investigatori stanno analizzando le impronte per provare a identificare il soggetto.
Ma non finisce qua.
Sul nuovo arresto di Lavitola è intervenuto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, in   veste di strano avvocato difensore aggiunto: “Siamo di fronte a metodi che ricordano i tribunali dell’Inquisizione, le cui vittime confessavano qualsiasi colpa ed erano indotte ad accusare altri malcapitati in seguito alla violenza che subivano. E tutto questo accade nel silenzio pressochè generale di quelle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto della legge e dei principi fondamentali della democrazia».
Parole grosse: forse dettate dal timore che qualcuno vuoti il sacco?

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TORRE DI PISA, FLASH MOB DEI VIGILI DEL FUOCO: “NO AI TAGLI”

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

I TURISTI PROTESTANO CON LORO… “IL GOVERNO HA ANNNUNCIATO 1.000 ASSUNZIONI QUANDO NE SERVIREBBERO 45.000″… “I PIU’ GIOVANI HANNO 40 ANNI, IN FRANCIA A QUELL’ETA’ NON FANNO PIU’ INTERVENTI”

Sdraiati sotto la Torre di Pisa con la divisa da intervento, i guanti e gli elmetti per rappresentare la morte possibile di una professione: il pompiere.
E’ il flash mob organizzato dai vigili del fuoco del coordinamento nazionale della Usb, l’Unione Sindacale di Base.
Una cinquantina di vigili del fuoco, indossando le divise, si sono improvvisamente stesi a terra davanti allo sguardo incuriosito di centinaia di turisti.
E anche alcune decine di passanti (italiani e stranieri) si sono sono sdraiati al fianco dei pompieri in segno di solidarietà  e con loro hanno distribuito i volantini (scritti in italiano e inglese).
Dalla Torre sono stati anche srotolati due striscioni che annunciavano lo sciopero generale del 18 ottobre prossimo quando i vigili del fuoco manifesteranno a Roma. “La popolazione non sa quello che ci sta succedendo — denuncia Costantino Saporito del coordinamento nazionale dell’Usb dei Vigili del Fuoco — Il nostro lavoro è quasi totalmente affidato ai volontari e non abbiamo più un’assicurazione medica perchè di fatto l’Ona (Opera Nazionale di Assistenza del personale) è scaduta da un anno. Siamo totalmente scoperti ed ogni giorno rischiamo la vita”.
Innanzitutto la carenza di organico.
“Il nostro è un grido d’allarme. Se si continua ad assumere un solo pompiere ogni volta che ne vengono pensionati nove tra qualche anno non esisteremo più — aggiunge Massimiliano Berti — nonostante il governo abbia annunciato mille nuove assunzioni entro il 2015 la realtà  è che mancano all’appello 45mila vigili”.
L’altro problema l’età  media degli appartenenti al corpo: “In media i più giovani hanno 40 anni ma la situazione peggiora ulteriormente se andiamo a vedere i dati del centro-sud. In Francia a 40 anni smetti di fare gli interventi mentre da noi l’età  pensionabile è stata portata a 59 anni — afferma Berti — Per non parlare poi degli stipendi: un vigile quando inizia a lavorare guadagna in media 1.300 euro e a fine servizio difficilmente supera i 1.400 euro”.
Il flash mob di oggi punta l’attenzione anche su un altro aspetto: il coordinamento dell’Usb chiede infatti di far dipendere i vigili dalla presidenza del Consiglio e non più dal ministero dell’Interno.
Come si legge dal comunicato dell’Usb: “Quale proposta alternativa ai lavoratori del corpo nazionale per uscire dalle secche di questa strisciante militarizzazione che comincia a far emergere i suoi contenuti dai provvedimenti già  nelle piccole realtà  locali presentiamo il nostro disegno di legge sulla riforma della protezione civile. Respingendo la malsana collocazione dei vigili del fuoco come organo di difesa civile a salvaguardia delle funzioni dello Stato e della sua economia”.

Emilia Trevisani
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA A DARIO FO: “GRILLO HA SBAGLIATO, SPERO ABBIA CAPITO”

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

“NON SONO UN ADULATORE DI GRILLO E CASALEGGIO E SULL’IMMIGRAZIONE MI CI SONO SCAGLIATO CONTRO”

Dario Fo ha appena finito un’interminabile riunione nella sua bella casa milanese, sua e di Franca, nella quale come sempre s’è appassionato.
A 87 anni il premio Nobel è ancora un vulcano di progetti, ora sta portando in tour in Italia il libro della Rame per Chiarelettere, In fuga dal Senato.
Ha accettato di parlare della sconfessione di Grillo dei suoi parlamentari sull’abolizione del reato di clandestinità . Le sue idee sono nette.
«Lo dice a me? Tutti quelli di sinistra ci sono rimasti malissimo leggendo quel post», spiega subito, usando per sè, classicamente, non alla maniera del Movimento cinque stelle, l’etichetta “di sinistra”.
Secondo lei come mai Grillo ha deciso di andarci giù così duro?  
«Beppe ha sbagliato e, credo, ha anche capito, ieri sera tardi (nella notte di giovedì), di aver esagerato. Da quello che so se n’è reso conto, e c’è chi gliel’ha detto in modo franco».
Lei sull’immigrazione anche di recente ha sostenuto, e fatto, cose che vanno in direzione opposta rispetto a quel post.  
«Ma naturalmente! Le ho dette e le ripeto. In un’occasione – nel libro che abbiamo fatto assieme con lui e Casaleggio – le ho anche scritte, per la verità . Nel libro mi sono scagliato duramente verso tutti e due per il fatto di non aver considerato – tutti e due (lo ripete, nda.) -, tra le altre cose, il grandissimo utile che viene all’Italia dall’arrivo di questi profughi. Non è solo una questione etica, ho detto. È un’opportunità  per noi italiani».
In che senso?  
«Parlando con loro – ci sentiamo spesso, quasi quotidianamente e facciamo anche diverse iniziative insieme – credo di aver alzato la voce quando sostenevo questo: ricordatevi che ogni anno, se non ricordo male, lo stato italiano incassa una cifra di undici miliardi di contributi versati da questi lavoratori. E pensate, gli ho detto, molti di loro, nonostante i denari che hanno versato, preferiscono poi andarsene lo stesso in Germania, o in Inghilterra, perchè l’Italia è un posto rovinato».
E loro? Non li ha convinti, si direbbe.
«Io sono sempre stato chiaro, non li ho mai adulati, sulle cose su cui non eravamo in accordo. Devo dire che entrambi, essendo intelligenti, alla fine hanno sempre capito e rispettato, e a volte sono anche venuti sulle mie posizioni. Tra parentesi, mi è capitato di fare spesso iniziative nel volontariato sia con Beppe sia con Casaleggio. L’ultima è che siamo andati in due associazioni che fanno assistenza ai ciechi, una a Milano e una a Genova. Questo è lo spirito del nostro lavoro».
Grillo secondo lei ha inteso queste sue osservazioni? Non sono critiche che provengono da un uomo ostile.  
«Io dico di sì, secondo me ha capito di aver esagerato. Ma l’altra parte del lavoro che voglio fare è aiutarle poi in concreto, queste persone. Le posso raccontare una storia?».
Quale?  
«Per tutta la giornata di ieri (giovedì) io e mio figlio Jacopo siamo stati al telefono con Lampedusa, col sindaco e la questura, volevamo far arrivare lì delle tende autoriscaldate per aiutare chi sbarca. E sa cos’è successo? La sindaca ci ha detto “non possiamo accettarle perchè gestisce tutto la questura”. C’è un protocollo e una burocrazia che stanno fermando tantissimi aiuti! È folle. Il nostro Paese è ridotto a questo. L’impiegata quando mi sono arrabbiato mi ha detto “ma sa, siamo in Italia…”. Che vuol dire, siamo in Italia? “Tu, sei in Italia!”, le ho strillato al telefono. Ovviamente non è colpa sua, ma che ragionamento è?».
C’è un problema nelle teste, prima ancora che nelle leggi e nella politica.  
«Sì. E cambiarle riguarda tutti, la cultura, i libri, i giornali. Abbiamo un sistema di media che lavora, spesso, non sempre, a disinformare, all’imbesuimento collettivo, al conformismo, a togliere la facoltà  di giudizio alla gente. È rimasto lo stesso di quando Franca e io fummo cacciati dalla Rai perchè lei in uno sketch famoso nominava ripetutamente la parola mafia. O perchè parlavamo di morti sul lavoro».
Un tempo ci piaceva raccontarci come italiani brava gente, ora i dati dicono che l’80 per cento degli italiani vuole più controlli, non meno, sui clandestini che sbarcano. Che è successo, la mutazione di Pasolini s’è compiuta fino in fondo anche su questo?  
«E’ un processo, non eravamo così, nel dopoguerra; lo siamo diventati. La prima responsabilità  per me è il disastro culturale, i soldi tagliati alle scuole, ai teatri; poi l’impossibilità  di far conoscere, di informare le persone».
Grillo però, anche in un movimento che nasce sull’idea di democrazia diretta, ha una responsabilità ; può orientare, non solo assecondare tutto questo.
«Io gliel’ho detto, e ripeto, credo che abbia capito».

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa“)

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FASE DUE: GRILLO ATTACCA ANCHE IL “FATTO” E LA BASE LO SCONFESSA, “BASTA, ACCETTA ANCHE LE CRITICHE”

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

IL LEADER CINQUESTELLE ORA SE LA PRENDE ANCHE CON L’UNICO GIORNALE FIANCHEGGIATORE E I LETTORI NON GRADISCONO: “MA DOVE CAVOLO CI STAI PORTANDO…”

“Ma finitela di fare le vittime e imparate ad accettare le critiche”, scrive Sandro che invita “la dirigenza” 5 Stelle a non “perdere tempo con queste lamentele da asilo” e muoversi “a fornirci la piattaforma di democrazia diretta”.
Leandro, che si dichiara attivista ed elettore del movimento e bolla come “solenne stupidaggine” l’intervento di Grillo sugli immigrati, è preoccupato: “Non voglio che per colpa vostra il M5S perda consensi o la strada di rinnovamento fin qui percorsa. Smettetela! Il M5S siamo noi, non voi”.
“Daje Beppe,non te preoccupà  vai avanti come sempre!”, prova a incoraggiare Flavio. Ma Marco lo rimprovera: “Un pò di autocritica mai, eh?”.
E Daniele difende Il Fatto Quotidiano: “E’ sempre stato obbiettivo e se talvolta scrive male di noi lo fanno giustamente perchè ce lo meritiamo, visto che di errori ne commettiamo molti primi fra tutti Grillo e Casaleggio. Cosa pretendete, un organo di stampa servile? Non è il nostro organo di stampa”.
Quasi quattrocento messaggi in quattro ore. Di chi scrive per dirsi d’accordo con l’attacco al Fatto o per prendere le distanze. Questi ultimi appaiono la grande maggioranza e, come Gabriele, domandano: “Perchè una persona che ha gli ideali del M5S e che l’ha votato deve essere per forza d’accordo con tutto quello che si scrive in questo blog?”.

(da “Huffingtonpost“)

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FASE UNO, L’ARTICOLO DI TRAVAGLIO CHE NON E’ PIACIUTO A GRILLO

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

LA LEGGE GRILLO CASALEGGIO

Nella politica italiana si fronteggiano ormai due modelli: da un lato quello fin troppo elastico dei vecchi partiti, che se ne fregano dei loro elettori e fanno il contrario di quello che han promesso in campagna elettorale perchè tanto, poi, in qualche modo, i voti li raccattano lo stesso; dall’altro quello fin troppo rigido del Movimento 5Stelle, ossessionato dal “programma” e dal rapporto fiduciario con gli elettori, al punto che Grillo e Casaleggio scomunicano i parlamentari M5S per aver presentato l’emendamento che cancella il reato di clandestinità , solo perchè non è previsto dal programma e non è stato sottoposto preventivamente al vaglio della Rete. Intendiamoci, la fedeltà  agli elettori e agli impegni presi con loro è un valore: si chiama coerenza e trasparenza.
Molto bene fecero Grillo e Casaleggio a far scegliere dagli iscritti al portale (magari pochi, ma liberi) i candidati per il Quirinale. E molto bene fanno a richiamare gli eletti all’impegno di non fare da stampella a governi altrui con maggioranze variabili peraltro non richieste da nessuno.
E molto male fece il Pd a far scegliere il candidato per il Quirinale a Berlusconi (prima Marini, poi Napolitano), impallinando Prodi e scartando a priori Rodotà , e poi ad allearsi col Caimano all’insaputa, anzi contro la volontà  degli elettori: in Germania, prima di dar vita alla Grosse Koalition con la Merkel, l’Spd ha promosso un referendum fra coloro che le hanno appena dato il voto.
Ma questo vale per le scelte strategiche, compatibili con tempi medio-lunghi.
Per le altre, agli elettori non si può dire tutto prima.
Ci sono emergenze e urgenze che nascono sul momento (in Parlamento bisogna votare a getto continuo sì o no a questo o quel provvedimento) e richiedono risposte fulminee, incompatibili con la consultazione dei sacri testi e del Sacro Web.
L’altra sera, a Servizio Pubblico, Rodotà  faceva notare come in Parlamento occorra cogliere l’attimo, sfruttare una situazione favorevole che si presenta lì, in quel momento, e poi forse mai più, e bisogna afferrare il treno per la coda prima che passi. Perciò l’altro giorno i parlamentari 5Stelle Buccarella e Cioffi hanno fatto benissimo a rilanciare una proposta già  contenuta nel loro “piano carceri” estivo — quella di abrogare il reato di clandestinità  — trasformandola in un emendamento che quel giorno, in quell’ora, aveva buone possibilità  di passare.
E così è stato: hanno colto alla sprovvista il governo, il Pd e Sel e li hanno costretti a votare con loro: il primo vero e concreto successo parlamentare di M5S, la prima proposta pentastellata a ottenere la maggioranza.
Cosa che non sarebbe accaduta se si fosse rinviato tutto di qualche giorno per avviare le complicate procedure di consultazione popolare.
Grillo e Casaleggio contestano sia il metodo sia il merito della proposta, convinti che, inserendo l’abrogazione del reato di clandestinità  nel programma elettorale, “il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico”.
Ma, così dicendo, denotano una profonda disinformazione in materia (dimostrata anche dall’assenza di qualunque proposta, nel famoso programma, sul tema della clandestinità ).
È vero che quel reato è previsto anche in altri paesi europei, sia pure in forme e con applicazioni diverse da quelle dello sciagurato pacchetto Maroni.
Ed è vero che l’immigrazione clandestina non può e non dev’essere lecita: nessuno Stato sovrano può tollerare che circolino indisturbate sul suo territorio persone senza un’identità  certa.
Ma non tutto ciò che è e dev’essere proibito può esserlo per le vie penali. Esistono anche sanzioni amministrative che, quando funzionano, sono altrettanto o addirittura più efficaci.
I clandestini non vanno inquisiti e processati per il solo fatto di trovarsi in Italia (quando commettono delitti invece sì, come gli italiani): vanno semplicemente identificati e poi espulsi dalle forze di polizia.
Ma con un distinguo: nel gran calderone dei “clandestini” in Italia sono compresi non solo gli immigrati che arrivano apposta per delinquere o vagabondare; ma anche gli onesti lavoratori che non riescono a ottenere il permesso di soggiorno perchè la Bossi-Fini impedisce loro di regolarizzarsi.
Una legge seria dovrebbe distinguerli nettamente: cioè agevolare le procedure di identificazione ed espulsione dei primi (con i mezzi necessari, visto che le questure non hanno soldi neppure per la benzina delle volanti, figurarsi per pagare il biglietto aereo ai rimpatriandi); e quelle di regolarizzazione dei secondi.
Poi ci sono i profughi, come gli ultimi sbarcati a Lampedusa, che hanno tutto il diritto di ottenere l’asilo in quanto fuggono da guerre e persecuzioni politiche.
Nè la Bossi-Fini, nè peraltro la precedente Turco-Napolitano, hanno mai aiutato a sciogliere questi dilemmi.
Ma tantomeno l’ha fatto il pacchetto Maroni: da quando l’immigrazione clandestina è un reato e non più un’infrazione amministrativa, le presenze di clandestini “veri” in Italia non sono diminuite di una sola unità , anzi han continuato ad aumentare.
Chi fugge per disperazione dal suo paese non si lascia certo intimidire da un reato finto, che non prevede il carcere nè prima nè dopo la condanna e finisce quasi sempre in prescrizione, o al massimo con una multa di qualche migliaio di euro che il condannato non può (o finge di non poter) pagare, visto che non lavora o lavora in nero o delinque.
L’unico risultato è l’ulteriore intasamento dei tribunali, già  oberati di arretrati spaventosi, con costi spropositati e risultati zero.
Grillo (che ha sposato un’iraniana) e Casaleggio non sono nè razzisti nè xenofobi, come s’è affrettata a scrivere la stampa di regime: semplicemente, essendo abituati al contatto con la gente, conoscono bene i sentimenti profondi e inconfessabili che animano milioni di italiani costretti a una vergognosa guerra tra poveri da una politica inetta e distante.
E temono di veder equiparato il loro movimento ai partiti che chiacchierano in tv, piangono ai funerali e non fanno nulla.
Ma, sulla clandestinità , i due capi dei 5Stelle hanno perso un’occasione per tacere. Invece di scomunicare i loro bravi parlamentari, dovrebbero elogiarli per il servigio reso all’Italia, e poi fermarsi a ragionare a mente fredda, interpellando qualche esperto della materia, per riempire il vuoto programmatico su un tema cruciale come questo. Con proposte serie e anche severe: non è scritto da nessuna parte che abolire il reato di clandestinità  implichi l’iscrizione automatica nel partito dei buonisti, delle anime belle che negano il problema della clandestinità , spesso collegata alla criminalità .
I 5Stelle hanno ancora la credibilità  per fare proposte, a differenza dei vecchi partiti che pontificano sull’un fronte e sull’altro, responsabili unici del disastro di oggi, avendo sempre oscillato fra le sparate xenofobe contro i “bingo bongo” da respingere in mare a cannonate e le geremiadi piagnucolose e generiche dell’“accoglienza” e dell’“integrazione” (che, con la loro inconcludenza, seminano anch’esse razzismo a piene mani).
Quindi continuino a insistere per l’abrogazione del reato di clandestinità  e di buona parte della Bossi-Fini, e poi propongano con che cosa sostituirle: a partire da un piano straordinario di controlli preventivi e repressivi efficaci, dotando dei mezzi necessari le forze dell’ordine.
E la smettano di vergognarsi dei propri successi.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)

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ANTIMAFIA, I NOMI CHE NON TI ASPETTI (ORA SIAMO A POSTO)

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

IL PALADINO DEL CONDONO EDILIZIO, L’INDAGATO, IL NEMICO GIURATO DEL 41 BIS….ECCO I NOMI DELLA COMMISSIONE CHE FANNO DISCUTERE

Ci sono voluti sette mesi. Lunghi travagli interni ai partiti e la solita danza delle nomine e delle poltrone ne hanno bloccato l’insediamento.
Tra i deputati e senatori che siederanno sugli scranni dell’organismo bicamerale, che ha il compito di indagare e approfondire il fenomeno mafioso, non mancano nomine che faranno discutere.
Vediamo quali.

Carlo Giovanardi (Pdl)
Il democristiano cresciuto nella rossa Emilia, passato poi nelle truppe di Silvio Berlusconi, negli ultimi tempi è diventato il difensore delle aziende emiliane bloccate dalla Prefettura perchè a rischio condizionamento mafioso e quindi da tenere fuori dalla ricostruzione post sisma.
Una questione che l’ha impegnato molto in questi mesi tanto da portare in aula diverse interrogazioni per chiedere modifiche alle interdittive antimafia.
Provvedimenti amministrativi emanati dai prefetti sulla base di informative investigative, utilizzati per tenere alla larga imprese sospette dai cantieri pubblici.
Dalle interrogazioni è passato poi alle vie di fatto presentando due emendamenti per modificare drasticamente questo strumento di prevenzione, ritenuto dagli addetti ai lavori indispensabile per prevenire l’infiltrazione mafiosa nei lavori pubblici.
Proposta bocciata dall’ufficio legislativo del ministero dell’Interno, che nero su bianco ha motivato le sue preoccupazioni: gli emendamenti indebolirebbero l’azione dei prefetti.
Ma Giovanardi è stato anche il dirigente di partito che ha criticato duramente la sua ex collega di partito Isabella Bertolini per aver denunciato la presenza di camorristi tra gli iscritti del Pdl modenese.
Sospetto rivelatosi poi vero e che ha obbligato l’ala di Giovanardi ha depennare una serie di nominativi dagli iscritti. Nonostante le affermazioni di Bertolini fossero provate dai documenti, è finita sotto attacco con l’accusa di razzismo verso i meridionali e di voler giocare sporco in vista del congresso regionale.

Carlo Sarro(Pdl) è da sempre vicino alla famiglia di Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario imputato per concorso esterno in associazione camorristica.
Di mestiere avvocato, in Campania, il deputato Sarro si batte da tempo per assicurare a centinaia di cittadini la riapertura dei termini del condono edilizio del 2003 che la regione, a guida centro sinistra, bloccò.
Questione di giustizia spiega. Più volte ha proposto una moratoria sulle demolizioni delle case abusive: “Bisogna tenere in considerazione chi ha fatto ricorso all’abusivismo per necessità ”. Si è reso protagonista di un’aspra polemica contro Libera e Don Luigi Ciotti presentando una interrogazione parlamentare.
L’associazione aveva sottoscritto una petizione per opporsi proprio alla riapertura dei termini di condono edilizio.

Vincenza Bruno Bossio (Pd) è deputata calabrese del Partito Democratico. Condivide la passione per la politica con il marito Nicola Adamo, ex vicepresidente della regione Calabria durante la giunta Loiero.
Bossio e marito sono usciti puliti dall’inchiesta Why not, Adamo resta, invece, imputato di corruzione e altri reati in un’altra inchiesta, condotta dalla Procura di Catanzaro, sull’eolico in Calabria.
Giovanni Bilardi (Gal) è un senatore del gruppo Gal, il centrodestra di governo. Ex consigliere regionale in Calabria dove era capogruppo della “Lista Scopelliti’. E’ indagato dalla procura di Reggio Calabria per peculato nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi per le spese dei gruppi regionali.
Donato Bruno (Pdl) è il candidato presidente del Pdl per la commissione antimafia. Avvocato, parlamentare di Forza Italia dal 1996, molto vicino all’ex ministro e pregiudicato Cesare Previti. Del tema criminalità  Bruno si è più volte occupato difendendo a spada tratta i colleghi a processo per collusioni e viaggiando controcorrente sulle misure che, negli anni, lo stato ha messo in campo contro il crimine organizzato.
Tra queste c’è quella del cosiddetto carcere duro per i boss, quel 41 bis che i mafiosi odiano, ma che in molte occasioni sono riusciti comunque ad aggirare. Donato Bruno, nel 2002, all’Ansa spiegava la sua opinione sul punto: “Personalmente io abrogherei il 41 bis, che è solo una tortura per i detenuti” esprimendo la sua contrarietà , per vizi di costituzionalità , a renderlo definitivo, ipotesi in discussione, in quei giorni, in Parlamento.
Non solo Previti, però. Bruno ha avuto a cuore anche le sorti del capogruppo in Senato del Pdl Renato Schifani, attualmente indagato dalla Procura di Parlermo per concorso esterno. Quando, lo scorso luglio, il gip non ha accolto la richiesta di archiviazione della pubblica accusa chiedendo un supplemento di indagine, Bruno ha reagito così: «Decisione inspiegabile che ci lascia rammaricati».

Claudio Fazzone (Pdl
) è il plenipotenziario del partito in provincia di Latina.
Si è battuto come un leone contro lo scioglimento per condizionamento mafioso del comune di Fondi, assecondato dall’allora governo Berlusconi che decise di salvare l’ente locale nonostante fossero provate le infiltrazioni criminali. In ogni sede, anche giudiziaria, ha retto l’impianto accusatorio, la mafia a Fondi c’era, Fazzone parlava, invece, di complotto politico e mediatico. Nella relazione, redatta dal prefetto Bruno Frattasi, spuntava anche il nome del senatore, ora commissario antimafia.
Era in una società  con il sindaco Luigi Parisella e il cugino del primo cittadino Luigi Peppe. Così veniva descritto in una interrogazione parlamentare l’intreccio: “Il signor Luigi Peppe, oltre ad essere cugino del sindaco, è fratello di Franco Peppe (condannato nel processo Damasco II a 6 anni lo scorso giugno, ndr), soggetto in rapporti certi con la famiglia Tripodo, ed in particolare con Antonino Venanzio Tripodo”.
Scrivi Tripodo e leggi ‘ndrangheta. A firmare l’interrogazione Laura Garavini, capogruppo del Pd nella commissione antiamafia della passata legislatura. Ora Garavini in antimafia si troverà  proprio Fazzone come commissario.

Rosanna Scopelliti (Pdl), giovanissima deputata calabrese, è un nome importante dell’antimafia sociale, fondatrice dell’associazione Ammazzateci tutti, e figlia del giudice Antonino Scopelliti, ucciso da Cosa nostra con la collaborazione della ‘ndrangheta di Reggio Calabria.
Una figura che dovrebbe essere di garanzia per la commissione.
Sulla sua nomina non ci sarebbe nulla da eccepire. Se non per alcune prese di posizione che hanno fatto discutere all’interno dei movimenti antimafia, mondo da cui lei proviene.
Ha criticato l’ex ministro dell’Interno Cancellieri per aver sciolto il consiglio comunale di Reggio Calabria, feudo dell’attuale governatore Pdl della Calabria Giuseppe Scopelliti.
Una mossa imprudente la definì. E scatenò la risposta di Sonia Alfano, la figlia di Beppe, giornalista ucciso dalla mafia e presidente della commissione antimafia europea.
E proprio Rosanna Scopelliti, figlia del giudice dalla schiena dritta, onesto servitore dello Stato, ha partecipato alla manifestazione contro i giudici organizzata dal suo partito il 4 agosto scorso. Non deve essere stata una bella esperienza, con la folla che insultava magistrati e Cassazione.

Giovanni Tizian e Nello Trocchia
(da “l’Espresso”)

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GRILLO E LA MALAPOLITICA: LA TRADUZIONE DEL GRILLO-PENSIERO

Ottobre 12th, 2013 Riccardo Fucile

“NON CREDIAMO IN NULLA E NON VOGLIAMO CAMBIARE NULLA: DICIAMO SOLO QUELLO CHE LA GENTE VUOL SENTIRSI DIRE IN QUEL MOMENTO, PER OTTENERE VOTI E FARCI GLI AFFARI NOSTRI”

Per una volta a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio possiamo dire soltanto grazie. Con il loro post, ormai giustamente famoso, sul reato di clandestinità  i fondatori del movimento 5 stelle hanno infatti disvelato i meccanismi della disastrosa Seconda Repubblica e della mala politica italiana molto meglio che in centinaia di comizi. Trattandosi di persone geniali, sono bastate loro due righe.
«Se avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità  durante le elezioni, avremmo preso percentuali da prefisso telefonico».
La traduzione del Casaleggio pensiero è meravigliosamente semplice e suona così.

«Noi non crediamo in nulla, non abbiamo principi, non siamo nè di destra nè di sinistra, come del resto abbiamo sempre detto, e non vogliamo cambiare nulla. Diciamo soltanto quello che la gente vuol sentirsi dire in quel preciso momento, per ottenere voti e consenso e poterci di conseguenza fare gli affari nostri, acquistare potere e piazzare chi vogliamo in Parlamento e ovunque. Col tempo faremo eleggere i figli in regione e le fidanzate alla Camera o alla Rai. Come prima di noi hanno fatto Bossi, Berlusconi e Di Pietro. E noi che siamo, più fessi?
Il programma non c’entra niente. Sull’immigrazione (e su molto altro) non c’è neppure una parola. S’intende che se e quando la gente cambierà  idea, lo faremo anche noi, secondo convenienza. L’abbiamo appena fatto sull’indulto, che invocavamo due anni fa, e sulla legge elettorale. Quando sei sempre d’accordo con la maggioranza, nessuno in questo paese ti rimprovererà  mai di essere incoerente. Neppure se voti con Berlusconi e con la Lega, come abbiamo rimproverato di aver fatto al Pd e continueremo, si capisce, a rimproverargli nei secoli dei secoli.
Tanto l’Italia è in rovina e non saremo certo noi a risolverne i problemi. L’unica è risolvere i nostri. Chi non è d’accordo può accomodarsi alla porta, perchè se “uno vale uno” è pur sempre vero che due, Grillo e Casaleggio, valgono più di tutti voi che non eravate e non sarete nessuno. Concedere libertà  alla servitù è stato fatale ai nostri maestri Bossi e Berlusconi. Tranquilli, non ripeteremo l’errore. Non per nulla abbiamo fatto depositare il marchio del partito dagli avvocati. Viva la costituzione!»

Grazie Beppe e Gianroberto, grazie ancora e, se volete, potete aggiungere altri grazie più nel vostro stile.
Era ora che qualcuno spiegasse agli italiani i meccanismi che ci hanno condotto in un ventennio a un passo dal baratro, guidati da una classe dirigente, si fa per dire, formata da capipopolo tanto popolari quanto cinici, cialtroni, reazionari e ignoranti.
Grillo e Casaleggio sono soltanto gli ultimi della lunga serie. Proprio per questo, qualche speranza esiste.
In fondo se si sono ribellati al padrone i leghisti e ora perfino i cortigiani di Berlusconi, forse possono farcela anche i parlamentari grillini.
Magari non Crimi, ma quelli intelligenti sì. Senza contare il luminoso esempio del Pd, che continua a far fuori un leader all’anno e ora sta volando nei sondaggi con un citofono al posto del segretario.
I capi che hanno sempre ragione non hanno mai portato fortuna all’Italia. Per finire, non è il caso comunque che Grillo e Casaleggio inseriscano la pena di morte nel prossimo programma elettorale.
Per i clandestini in fuga dalle guerre esiste già .
In Usa negli ultimi trent’anni sono morti meno assassini di quanti innocenti siano morti questa settimana nel canale di Sicilia.

Curzio Maltese

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