Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
ORMAI E’ DECISO AD ANTICIPARE LA RESA DEI CONTI PRIMA DELL’8 DICEMBRE
La sensazione del Cavaliere è la stessa che provò dopo essersi sbarazzato di Fini nel 2013 (anche allora
col timbro dell’ufficio di Presidenza): serenità . Anzi sollievo.
Perfino una gioia feroce. L’altra notte ha brindato. E che i calici di vino bianco, il suo di analcolico, fossero alzati proprio per festeggiare la cacciata dei «traditori», prima ancora del ritorno alla vecchia insegna di Forza Italia, lo conferma il discorsino pronunciato da Berlusconi. Il quale ha declamato una per una tutte e 24 le «deliberazioni», come le chiama lui, in base alle quali Alfano non potrà più occupare contemporaneamente le poltrone di segretario e di ministro dell’Interno.
Dello show sono stati testimoni quasi tutti i gerarchi rimasti fedeli, da Fitto a Verdini, dalla Gelmini a Rotondi, da Capezzone a Polverini, più l’ormai immancabile cane Dudù: da quando il suo padrone va sostenendo che «è intelligentissimo» e «gli manca solo la parola», tutti i visitatori fanno a gara per vezzeggiarlo con la sola eccezione di Brunetta (l’hanno udito che intimava al bòtolo: «Levati dai piedi!»).
Questo per mostrare quanto fossero infondate le speranze delle «colombe», alcune delle quali si sforzavano di vedere rosa dopo le parole di Silvio in conferenza stampa: «In fondo non ha chiuso tutte le porte, forse capisce di avere sbagliato…».
A giudicare dal «day after», Berlusconi non si pente di un bel nulla. Anzi, insiste.
Fonti attendibili, persone che di sicuro ieri hanno conversato con lui, preannunciano nuove mosse schiacciasassi con l’intendimento di spianare la fronda interna.
Il Consiglio nazionale dell’8 dicembre, quello dove Alfano medita di aprire un dibattito alto e nobile, magari addirittura di ostacolare il passaggio da Pdl a Forza Italia, quasi certamente si terrà prima, molto prima, entro un paio di settimane.
«Perchè aspettare?», si domanda il Cav. Risposta sorridente: «Non ve n’è ragione».
I suoi spargono la voce di aver raccolto (ma forse è pura «disinformazia») oltre 500 adesioni tra gli 800 membri del parlamento berlusconiano.
E poi l’uomo conta di giocarsi tutta, fino in fondo, la partita disperata della decadenza.
Di spendere tra i banchi del Senato gli ultimi giorni che lo separano dal voto.
Di intervenire in Aula al momento opportuno con parole incendiarie contro la sinistra e contro l’ingiustizia.
Agirà in prima persona. Non si fida più, sussurrano nella sua corte, di quanti gli avevano garantito che nel gruppo non c’era dissenso, tutto a posto, tutto sotto controllo…
Giacchè c’è, proverà a smembrare la truppa dei dissidenti, dove in verità più d’uno tentenna, dalla senatrice umbra che quando il 2 ottobre aderì al documento di Alfano non sapeva bene cosa firmava, all’ex vice-ministro già pentito del suo pentimento.
Ricapitolando. Con Angelino il rapporto è zero via zero.
«Consummatum est», conferma chi sa di latino. Sul Consiglio nazionale, il Cav buone bruciare i tempi.
Lascia cadere perfino l’idea di una separazione consensuale, avanzata con spirito costruttivo da Quagliariello, da Cicchitto, da Lupi.
«Vogliono imitare La Russa, Crosetto e la Meloni? Auguri… Ma visto che i Fratelli d’Italia ci sono già , allora dovranno fare i Cugini d’Italia».
Sprezzante quasi quanto Gasparri.
Da un personaggio così, la dissidenza non può attendersi un bel nulla, a parte la personale cortesia (ieri mattina Silvio ha chiamato Cicchitto per augurargli un buon compleanno).
Del resto, commenta uno dei ribelli, «Berlusconi è peggio di Stalin, che dei liberi pensatori aveva tale considerazione da farli accoppare. Invece lui non solo li fa fuori, ma pretende pure che loro siano d’accordo».
Il capo della fronda, Alfano, sta maturando le sue decisioni. Soffre, riflette e tace.
Avrebbe voluto guadagnare tempo, ma sembra impossibile.
L’ora delle decisioni irrevocabili giunge pure per Schifani, fin qui il più in bilico.
Altri, da Quagliariello a Sacconi allo stesso Cicchitto, hanno già capito come andrà a finire e si preparano alle barricate finali.
Ugo Magri
(da “la Stampa”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
MOLTI ITALIANI VOGLIONO CHIUDERE CON IL PASSATO, HANNO MENO SENSO DI APPARTENENZA E BADANO AI PROBLEMI CONCRETI…UN 50-60% DEGLI ELETTORI PDL SEGUIRANNO IL CAVALIERE, SUGLI ALTRI C’E’ INCERTEZZA
Forza Italia può anche tornare ma, forse, rispetto agli esordi del partito, sono cambiati gli elettori. È cambiato il Paese, da qualche anno alle prese con la crisi economica.
Sia chiaro, i sondaggisti offrono prospettive tra loro diverse alla scelta di Silvio Berlusconi di tornare al simbolo che, a partire dal ’94, gli garantì il successo, ma su un punto da Nando Pagnoncelli ad Alessandra Ghisleri a Roberto Weber, tutti sembrano in sintonia: è l’italiano ad essere molto cambiato, da allora.
Di certo genera curiosità il livello di appeal che il ritorno di Forza Italia potrebbe avere sugli elettori, ma gli esperti di sondaggi garantiscono di non avere ancora dati, numeri, risposte: Alessandra Ghisleri promette di «avere i primi riscontri nei primi giorni della prossima settimana», ma – naturalmente – sulla base dell’esperienza, tutti hanno un’idea di ciò che potrebbe accadere.
Soprattutto perchè il vecchio-nuovo simbolo, Forza Italia, troverebbe un Paese molto diverso da quello che fu: «C’è la crisi – precisa subito Nando Pagnoncelli (di Ipsos) – ed è quella, indiscutibilmente, la preoccupazione dell’italiano, oggi. Adesso l’elettore è molto meno tifoso, più pragmatico, e rispetto al passato perfino più disposto a entrare nel merito delle questioni. È una fase fluida, basta un niente per spostare voti ma di certo, nell’elettorato, c’è meno senso di appartenenza di prima, e molto meno rispetto a quando c’era Forza Italia. Gli ultimi vent’anni hanno lasciato un segno, nel Paese e nei comportamenti dei votanti, che oggi sembrano più attenti a questioni pratiche e disposti, per cercare di risolverle, anche ad accettare un governo che magari non è quello auspicato al momento del voto, com’è quello guidato da Enrico Letta». Alessandra Ghisleri di Euromedia Research si rifiuta di fare previsioni: «È un momento di difficile lettura, unico, stiamo lavorando per capire quanto possa valere il ritorno al simbolo. Ma di certo, adesso, la gente si pone nei confronti della politica in modo molto severo».
Poi, naturalmente, Ghisleri precisa che «il marchio è amatissimo e Silvio Berlusconi è il leader ideologico di tutto il suo popolo».
E però la domanda rimane: quanto vale, in termini percentuali, il ritorno al vecchio simbolo? «Di certo gli elettori vivono con frustrazione la politica e il valore del ritorno di Forza Italia può variare a seconda di molti elementi, a cominciare dalla percezione della gente: gli elettori la percepiranno come un’operazione di facciata oppure di contenuto?».
Roberto Weber (di Ixè) ha una certezza: «Le scissioni sono sempre un elemento di debolezza, garantiscono perdita di voti, a tutte le parti coinvolte. Noi sappiamo che un 50-60 per cento dell’elettorato Pdl seguirebbe Berlusconi, ma la quota rimanente, evidentemente, no. E, altro dato sul quale riflettere, nel giorno in cui si ipotizza la creazione di un gruppo autonomo il Pdl perde tre punti percentuali. In più, adesso rispetto al passato, il populismo ha un rivale in più, che in effetti è in crescita».
Lo conferma anche Nando Pagnoncelli: «Beppe Grillo era al 16 per cento a fine giugno e adesso è al 21. Del resto siamo l’unico Paese nel quale ogni governo alle elezioni successive perde».
Rimangono, sull’ipotetico sondaggio legato al gradimento del ritorno a Forza Italia, numerosissime incognite: gli scissionisti faranno un gruppo autonomo? E la decadenza? E Alfano cosa farà ?
Variabili che, allo stato, non sono quantificabili. Quindi, evidentemente, i sondaggi possono attendere. Ma le opinioni dettate dalla conoscenza della materia, no: per Weber, allora, «bisogna certo tenere presente che Berlusconi ha notevoli capacità in campagna elettorale, quindi anche questa è una variabile da tenere in considerazione. E però il gradimento del quale gode il Cavaliere è soprattutto all’interno dei suoi elettori ma per il resto la sua immagine, all’esterno, non tra i suoi fedelissimi, appare logorata».
E così, prima ancora di valutare il gradimento del ritorno a Forza Italia, Weber considera il cambiamento dell’Italia, degli italiani: «Rispetto a qualche anno fa è cambiato il contesto, i segnali dei sondaggi dicono che gli elettori hanno voglia di chiudere con il passato e un ritorno ad un simbolo già usato è, per me, non la strategia di un partito in espansione ma una mossa difensiva».
Alessandro Capponi
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE DEL SENATO PRONTO A STACCARE DAL GRUPPO PDL 15 ELETTI. ANCHE GASPARRI PENSA ALLA FUGA
Fino a giovedì sera, alla vigilia del fatidico Venticinque Ottobre del fu Pdl, Renato Schifani si muoveva
con fare sornione e passo felpato tra i due clan berlusconiani, falchi e colombe. Accreditato di un solido legame con il corregionale Alfano (i due hanno archiviato l’era azzurra Miccichè-Prestigiacomo in Sicilia), l’ex presidente del Senato oggi capogruppo a Palazzo Madama ha scelto solo all’ultimo minuto.
E così c’è anche il suo nome tra i cinque disertori governisti dell’ufficio di presidenza di venerdì scorso.
L’house organ dei falchi di B., il Giornale di Sallusti, ha subito segnalato con evidenza, in prima pagina, il tradimento: “E alla fine Schifani gettò la maschera”.
Gli “schifaniani”
Il peso di Schifani quando si aprirà la crisi di governo sulla decadenza del Cavaliere, nell’ultima metà di novembre, sarà decisivo per mettere in sicurezza il governo Napolitano-Letta.
Altri quindici senatori, che fanno riferimento al capogruppo del Pdl, dovrebbero infatti aggiungersi ai già noti 24 (20 del Pdl e 4 di Gal) che hanno firmato l’ultimo documento a favore delle larghe intese.
A quel punto, con un gruppo di 40 senatori, la maggioranza supererebbe quota 180.
Il piano è partito alcuni giorni fa. In caso di spaccatura irreversibile tra “Silvio” e “Angelino”, Schifani avrebbe valutato persino la tentazione di un gruppo autonomo, distinto dalle due fazioni in lotta tra di loro. Tutto è possibile.
In ogni caso l’elenco custodito dall’ex presidente del Senato comprende: Donato Bruno, Simona Vicari, Giuseppe Esposito, Franco Cardiello, Massimo Cassano, Franco Carraro, Bruno Alicata, Antonio D’Alì, Emilio Floris, Cosimo Sibilia, Salvatore Sciascia, Andrea Mandelli.
Scilipoti c’è
Fin qui i nomi sono dodici. Il tredicesimo dovrebbe essere Domenico Scilipoti. Non poteva essere che lui, il tredicesimo.
L’immortale icona Responsabile nella scorsa legislatura è stato sondato da un emissario di Schifani e avrebbe dato la sua disponibilità a far parte dei governisti.
Battuta dell’emissario al cronista: “Scilipoti si butta sempre con chi governa”. Non solo. A muovere lui, ma anche tanti altri, è la “paura fottuta” che la legislatura possa finire dopo appena un anno.
Il gruppo di Schifani dovrebbe quindi raggiungere i quindici con l’innesto di Maurizio Gasparri e del suo fedelissimo Enzo Fasano. L’ex an, già ministro , è stato etichettato come pontiere o ricucitore, ma nella resa dei conti finale dovrebbe scegliere le colombe. Se non altro perchè è nella lista nera dei falchi che si apprestano a occupare i posti chiave di Forza Italia.
Ministri divisi
La questione di un posto certo alle prossime elezioni, comunque di un futuro assicurato, non è secondaria nel tormentone scissionista che sta squassando la destra del Condannato.
Lo conferma la divisione tra i cinque ministri del Pdl. Alfano, Lupi e De Girolamo si stanno battendo per evitare la spaccatura definitiva.
L’ex segretario del Pdl viene descritto come “avvilito”. Al centro di tutto c’è il suo rapporto politico e umano con il Cavaliere. Anche per questo “Angelino”, e con lui Lupi e la De Girolamo, vorrebbero evitare lo strappo.
Diverso il discorso per gli altri due ministri del Pdl, Gaetano Quagliariello e Beatrice Lorenzin, ormai in piena orbita Quirinale.
Per loro vale quello che si dice per Gasparri, Cicchitto e tanti altri: anche in caso di ricucitura non eviterebbero l’epurazione chiesta dai falchi.
Su questo lo stesso Berlusconi si sarebbe espresso con chiarezza: “So chi mi ha tradito”.
E dalla corte del Condannato raccontano che si riferisse più a Quagliariello che ad Alfano.
Ghedini, vero falco
In queste ore, non è un gioco di parole, ci sono i falchi delle colombe (Giovanardi e Cicchitto) e gli iperfalchi dei lealisti. Ossia quelli che vogliono la rottura.
Il falco berlusconiano più intransigente, secondo il racconto di alcuni ministri, è Niccolò Ghedini. È lui che avrebbe detto al Cavaliere: “Se fai saltare il governo fai saltare anche la decadenza e puoi ricandidarti”. “Palle, tutte palle”, sibilano i ministri.
In ogni caso tutto ruota attorno alla decadenza di Berlusconi. Per questo la data dell’8 dicembre, quando si terrà il consiglio nazionale annunciata, rischia di essere superflua se al Senato si voterà a novembre.
Quagliariello l’ha detto ieri: “Il nodo è tra chi pensa che il governo debba andare avanti in caso di decadenza e chi no”.
Il resto è fuffa, come l’ipotesi della separazione consensuale.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
L’ANNUNCIO L’8 DICEMBRE…. RICHIAMATI IN SERVIZIO DELL’UTRI, ERMOLLI, BERTOLASO E GALAN PER RILANCIARE FORZA ITALIA
“Se lo chiedessimo a mia figlia Marina, se lo facessimo tutti, nonostante le sue riserve, forse a questo punto accetterebbe». Attorno a Silvio Berlusconi sono rimasti i fedelissimi.
Venerdì tarda sera, dopo il tormentato Ufficio di presidenza che ha sancito l’azzeramento del Pdl e la rinascita di Forza Italia.
A Palazzo Grazioli si ritrovano Fitto e Carfagna, Gelmini e Romano, Brunetta e Galan, Bernini e l’ideatore dell’Esercito di Silvio, Simone Furlan.
I ministri «traditori» sono già lontani, rientrati a Palazzo Chigi, la partita con loro il Cavaliere la considera ormai chiusa.
«Sono addolorato dalla rottura con Angelino. Lui era davvero il mio erede, ma sono le cose della vita, pazienza» dice al cospetto degli ospiti.
Ed è lì, risalito in salotto dopo la conferenza stampa, quando attorno a lui restano in pochissimi, che il leader apre per la prima volta all’ipotesi che fino ad ora aveva sempre escluso.
La «discesa in campo» dell’amata primogenita, presidente Fininvest e Mondadori. Pupilla di Fedele Confalonieri che invece resta ancora profondamente contrario, come del resto Gianni Letta.
Ma il padre ormai sembra non ascoltare più i consigli dei moderati dell’inner circle. Sono altre le sirene. E altre le fascinazioni.
Come quella di contrapporre alla marcia trionfale di Renzi, proprio l’8 dicembre, l’investitura di Marina.
Il Consiglio nazionale Pdl in quella data, alla presenza dei suoi 800 componenti, dovrà ratificare il passaggio a Forza Italia deciso due giorni fa dal leader.
La suggestione che piace molto ai falchi, da Verdini a Bondi alla Santanchè è proprio quella: approfittare della platea e dei riflettori per lanciare la quarantenne che con tanto di brand Berlusconi potrà sfidare il sindaco di Firenze.
Designata lo stesso giorno. Per partire subito in una (virtuale) campagna elettorale che dovrà fare i conti però con un governo ancora in carica.
L’ex premier apre alla svolta familiare, con cautela, ma ne parla come di una mossa a questo punto possibile, per non dire obbligata dalla sua decadenza e dall’interdizione che impedirebbero comunque la sua corsa alla premiership.
Tanto più che dal giorno in cui la decadenza sarà votata al Senato muterà lo scenario. Berlusconi lo ha ripetuto, prima che i suoi ospiti si congedassero per raggiungere il ristorante Fortunato al Pantheon.
«Ritireremo il sostegno al governo, ma vedrete che tanto sarà Renzi da lì a poco ad aprire la crisi». Sicuro del voto tra febbraio e aprile.
Non a caso in quella stessa sede ha parlato di chi dovrà prendere le redini della macchina organizzativa di Forza Italia. Volti e nomi di pretoriani più che fidati. H
a rifatto il nome di Marcello Dell’Utri, visto entrare e uscire a più riprese nelle ultime settimane a Grazioli. E poi Bruno Ermolli, cda Mediaset, ma soprattutto scudiero di mille battaglie al suo fianco dagli anni Settanta.
Poi Guido Bertolaso, ex discusso capo della Protezione civile. Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura, al quale spetterà il talent scouting.
Un ruolo lo avrà anche Furlan coi suoi soldati di Silvio.
La campagna mediatica, quella sì, partirà subito dopo l’8 dicembre.
Un martellamento sul governo attraverso tv e giornali di casa, per accusare la manovra «tutta tasse e sacrifici».
Ma da qui ad allora l’uscita dalla maggioranza sarà sancita dal voto di decadenza al Senato. A quel punto Alfano e i ministri, se resteranno nell’esecutivo, si ritroveranno sotto tiro anche loro.
Intanto hanno concordato ieri di congelare la scissione, la formazione del gruppo autonomo. Meglio attendere prima le mosse del Cavaliere, la decadenza con quel che ne conseguirà .
Si tratterà di attendere ancora una paio di settimane, forse tre. Il fatto è che sta crescendo in queste ore nei gruppi parlamentari Pdl un terzo partito, tra lealisti e alfaniani, quello degli attendisti, i tanti che preferiscono capire le mosse di Berlusconi prima di sbilanciarsi.
Chi non vuole attendere è Raffaele Fitto. Lui come Verdini e altri stanno accarezzando l’idea di anticipare il Consiglio nazionale di dicembre.
Vorrebbero andare subito alla conta. L’ex governatore nella sua Puglia, la Carfagna in Campania come la Gelmini in Lombardia e Matteoli in Toscana e Giro nel Lazio sono già alla caccia delle firme di sostegno a Berlusconi per il passaggio a Forza Italia. Contano di raccogliere entro inizio settimana le 600 su 800 che garantirebbero il 67 per cento, pari ai due terzi necessari per spuntarla.
Alfano e i governativi stanno facendo altrettanto per impedirlo e raggiungere quota 34 per cento.
Berlusconi non ha dubbi, come confidava ieri agli interlocutori sentiti da Arcore: «Sono convinto di aver fatto la cosa giusta. Non avevo altra possibilità per tentare di salvarmi».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
SU BERLUSCONI: “E’ STATO TRADITO DAL PARTITO COME ME”
Umberto Bossi si prepara a riprendersi la segreteria federale della Lega Nord. 
Ai cronisti che gli chiedevano se si sarebbe ricandidato al prossimo congresso del Carroccio, ha risposto: “Penso di sì. In giro c’è una montagna di gente che si è spaventata nel vedere quello che è accaduto. Le espulsioni e il sospetto che la Lega possa finire mi spingono a tornare per sistemare le cose”.
Il nuovo leader del partito sarà scelto dalle primarie del movimento e poi nominato ufficialmente dal congresso federale che si terrà a Torino il 15 dicembre.
L’attuale segretario Roberto Maroni ha annunciato l’intenzione di non volersi ricandidare per lasciare spazio a “giovani rampanti”.
Per evidenti ragioni anagrafiche, il governatore della Lombardia non pensava certo a un ritorno del suo predecessore, ma guardava nella direzione di Matteo Salvini e Flavio Tosi.
Il Senatur potrebbe quindi competere nell’ascesa alla segreteria con il sindaco di Verona, ormai diventato uno dei suoi maggiori oppositori interni.
Ma non parla di solo del suo partito Umberto Bossi, durante la cerimonia di intitolazione di una piazza di Lazzate (Monza e Brianza) a un ex sindaco leghista. “Forza Italia? La sola parola Italia mi fa venire l’orticaria”, ha risposto a chi gli ha chiesto un commento sulla rinascita del partito di Berlusconi.
E sul Cavaliere ha aggiunto: ”Tutti dicono che decadrà ma, anche se decade, Berlusconi ha i voti e li può indirizzare. Anche lui è stato tradito dal suo partito perchè il sistema si è comprato gli uomini chiave del suo partito ed è capitato più o meno anche a me così”.
Il senatur è intervenuto anche su una possibile discesa in campo di Marina Berlusconi: ”Basta lui a far politica, non c’è bisogno della figlia. Lascerei perdere i figli… perchè uccidono”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
“IL METODO BOFFO? COME L’OLIO DI RICINO E LE PURGHE”…”SPERO CHE MATTEO RENZI ARCHIVI LE IDEOLOGIE DI SINISTRA”
“Matteo Renzi ha ben chiaro che alcuni cascami ideologici che ci sono nella sinistra vanno archiviati. Ci riuscirà ? Speriamo”.
Sono queste le parole di Gianfranco Fini, ex presidente della Camera, tornato in televisione ospite del programma di Lucia Annunziata “In mezzora”.
“Anche il centrodestra – aggiunto – ha bisogno di uomini e donne nuove”.
“Non do consigli ad Alfano, ne capisco il travaglio” ma, spiega Fini “fino a quando potrà dirsi ‘diversamente berlusconiano? Si è visto che Berlusconi si rapporta in un certo modo con i suoi: o stai con lui o contro di lui”.
“Il governo Letta – dice Fini – deve continuare perchè è l’unico possibile, perchè affondare il governo Letta significa affondare l’Italia. Deve continuare fino al 2015 con il percorso scritto”.
Alla richiesta di quale sia la sua collocazione, Fini ha risposto: “Nel centro destra con una dimensione europea ed un profilo riformatore”.
“Non è importante – aggiunge – essere al governo è essenziale avere una cultura di governo”.
“Risultato elettorale di Fli disastroso”.
“Il risultato elettorale è stato un clamoroso insuccesso di Fli e ho sempre detto che non esistono uomini per tutte le stagioni”, dice Fini.
E annuncia che non si candiderà per le europee. “Sarei ipocrita se dicessi che sono lieto di non essere in Parlamento”, ma la politica è anche “la polis”.
Reato di clandestinità .
“Il reato di immigrazione clandestina non c’entra nulla con la Bossi-Fini. E’ stato introdotto nel 2009”.
Fini poi aggiunge: “E’ ininfluente. Personalmente non lo trovo infamante e lo manterrei, ma non incide di una virgola” su coloro che arrivano disperatamente nel canale di Sicilia.
“Uomini e donne – spiega l’ex presidente della Camera – che scappano non per cercare un lavoro, ma da guerre, epidemie e fame”. Io lancio un appello all’Ue, che è “una specie di fantasma”: “diritto d’asilo per ragione umanitaria. Poi i 27 paesi dell’Unione” si fanno carico di ospitarli.
(da “Huffington post”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO CONTA LE TRUPPE, SONO 23 I SENATORI PRONTI ALLO STRAPPO, MA L’INCUBO DI UN SECONDO “CHE FAI, MI CACCI?” LO TERRORIZZA
Il segnale arriva da ministro delle riforme Gaetano Quagliariello, colomba della prima ora, che in
un’intervista a Sky Tg24 dice: “Il fatto che membri dell’ufficio di presidenza, come Alfano, non siano stati presenti ieri non è un caso: indica una distanza nel metodo e nella linea politica”.
Il day after dell’ufficio di presidenza in cui Silvio Berlusconi ha sospeso le cariche, a partire da quella del segretario Angelino Alfano, e ha rilanciato Forza Italia si apre all’insegna della conta.
“Il nodo di fondo – prosegue il ministro – è uno ed è quello del governo: alcuni pensano che debba andare avanti perchè una crisi sarebbe devastante. Altri, invece, pensano che questo governo non stia facendo i bisogni del Paese”.
E questo, sottolinea, “non è un punto di secondo ordine, ma centrale”.
Ma proprio qui, afferma Quagliariello, si trova una contraddizione “nel documento votato ieri” dall’ufficio di presidenza del Pdl: “da un lato si dice che il governo deve andare avanti, dall’altro si dice che la giustizia può diventare dirimente” in caso di voto per la decadenza di Berlusconi.
Intanto Alfano è indeciso sul da farsi.
Per ora rinuncia allo strappo, anche se ha avuto la rassicurazione che a Palazzo Madama lo seguirebbero 23 senatori.
Dalla sua cerchia ristretta trapela che sta vivendo il momento con grande tensione, quasi prigioniero del dilemma, se rompere o restare dentro.
Alfano conosce troppo bene le regole della casa per dimenticare il “trattamento” che Berlusconi riserva ai traditori.
Ma i suoi lo spingono al grande gesto: “Angelino non puoi farti trattare così – gli ripetono in continuazione i ministri a lui vicino – è una questione di dignità .
Però il vicepremier teme di fare la fine di Gianfranco Fini.
Davanti a lui aleggia il “fantasma” della sorte che è toccata all’ex presidente della Camera. E il ricordo di quando Fini sfidò a viso aperto il Cavaliere con la celebre frase: “Che fai, mi cacci?”.
Ad agitare il sonno di Alfano ci sono poi i sondaggi sul risultato di un suo eventuale partito alle prossime elezioni Europee: sotto il 4 per cento.
Parole apparentemente distensive arrivano dai ministri Nunzia De Girolamo e Maurizio Lupi, che puntano a prendere tempo e ad arrivare al consiglio nazionale, che dovrebbe sancire ufficialmente la rimessa in campo di Forza Italia.
“Noi pensiamo – dice la De Girolamo – che Berlusconi sia il leader del nostro partito, non l’abbiamo mai messo in discussione: è il numero uno e resta il numero uno. È in discussione tutto ciò che viene dopo il numero uno”.
E poi le parole che segnalano la conta in atto: “Ovviamente l’8 dicembre – aggiunge – discuteremo su chi veramente vuole bene a Silvio Berlusconi, come vuole bene a Silvio Berlusconi e come proteggerlo in una fase come questa, così complessa per la sua vita politica e personale. E chi, invece, lo tira solo per la giacca”.
Dello stesso avviso Lupi: “Non vogliamo la scissione – dice al Corriere della sera – al consiglio nazionale ci confronteremo”.
Parole distensive solo in apparenza – dicevamo – dato che, in vista del consiglio nazionale dell’Immacolata sono iniziate a partire le telefonate degli alfaniani sul territorio, tra i leader locali del partito, per vedere se ci sono i numeri per sfidare i lealisti.
I conti però non tornano, e i numeri sono bassi. Difficile trovare una maggioranza che al consiglio, oltre che a votare un documento politico, voti di fatto contro Berlusconi. Il no secco al ritorno di Forza Italia arriva invece dai pasdaran come Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni, che andrebbero subito alla scissione.
L’ex presidente della Regione Lombardia dice, in un’intervista alla Stampa: “Lo scioglimento del Pdl può essere deciso soltanto dal Consiglio nazionale. Quella di ieri è solo una proposta, non ha valore esecutivo. Alfano resta regolarmente in carica, almeno fino all’8 dicembre. Continua ad avere il potere di firma e qualunque suo atto sarà valido”.
Ma la certezza che si arrivi a un confronto l’8 dicembre è assai labile.
Difatti i punti dolenti su cui il Cavaliere potrebbe rompere prima col governo sono due: la legge di stabilità sui ci sono numerose critiche.
E naturalmente la decadenza. Berlusconi è stato chiaro dicendo che non vede come si potrebbe rimanere alleati con i propri carnefici.
Insomma, la conta è partita. Ed è partito anche, tra lealisti e alfaniani, il gioco del cerino.
Almeno fino al giorno dell’Immacolata. Poco più di un mese.
(da “Huffington post”)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
UN ROSSO DI OLTRE 2 MILIONI DI EURO L’ANNO…SI PENSA ALLA RIDUZIONE DEGLI STIPENDI DEI REDATTORI, AI PREPENSIONAMENTI O A UNA COOPERATIVA DI GIORNALISTI
Le vie del berlusconismo sono infinite. Il Pdl naviga in acque agitate e, paradossalmente, ne beneficia il giornale storico della destra: il Secolo d’Italia.
Visto che le sorti politiche di Silvio Berlusconi restano incerte, tutte le anime di destra fuori e dentro il Popolo delle Libertà si organizzano per trovare un posto al sole, in attesa delle prossime elezioni.
E quale mezzo migliore di un quotidiano per coltivare elettori?
Ecco perchè, molto probabilmente, le numerose correnti politiche presenti nella Fondazione An (che pubblica il giornale diretto da Marcello De Angelis) hanno deciso di salvare il giornale romano.
Salvare o almeno tentare di salvare, perchè per far quadrare i conti si sta pensando a uno stato di crisi che porti alla riduzione degli stipendi dei redattori oppure ai prepensionamenti o ancora si vorrebbe creare una cooperativa di giornalisti.
Solo negli ultimi due anni, il rosso è stato di 2,2 milioni di euro (nel 2011) e di altri 2,1 milioni (nel 2012).
Perdite che hanno portato alla decisione di abbandonare la carta stampata e proseguire le pubblicazioni solo su internet da gennaio.
All’interno della Fondazione coabitano, tra gli altri, gli ex di Alleanza Nazionale confluiti nel Pdl, gli ex solidali di Gianfranco Fini, Fratelli d’Italia e i politici più vicini a Gianni Alemanno.
Non è stato immediato mettere tutti d’accordo, tanto è vero che il cda della Fondazione è andato più volte deserto e non veniva mai deciso quante risorse destinare al quotidiano.
Il risultato è stato che a metà ottobre la redazione ha denunciato il mancato pagamento degli stipendi di settembre, anche se i problemi sono iniziati ben prima.
Lo scorso agosto, per esempio, la capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Giorgia Meloni, ha lanciato l’allarme “messa in liquidazione” per il giornale fondato nel 1952. Ma gli stipendi hanno saltato qualche mensilità fin dal settembre 2012.
E dire che la Fondazione An custodisce il patrimonio della destra italiana costituito da risorse liquide, investimenti e proprietà immobiliari.
Tanto che la crisi del Secolo d’Italia non ha impedito, a luglio, di approvare un bando che ha messo a disposizione 1 milione di euro per progetti e proposte a tutela e promozione del patrimonio politico, storico e sociale della destra italiana.
Secolo d’Italia escluso, ovviamente.
Adesso, al di là che il Secolo chieda o meno lo stato di crisi, dalla redazione uscirà comunque uno degli ex onorevoli che, a fine carriera politica, sono tornati a lavorare (da casa e senza vincoli editoriali) al giornale.
Si tratta di Gennaro Malgieri, che percepisce un importante stipendio da ex direttore dello stesso quotidiano e si avvicina all’età pensionabile.
In redazione resiste però un nutrito gruppo di ex, da Mario Landolfi a Italo Bocchino e Silvano Moffa.
Camillo Dimitri
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
LA PITONESSA HA APPENA VENDUTO UN PACCHETTO DI AZIONI DELLA SOCIETA’ DELL’EX MARITO CANIO MAZZARRO… TITOLI STRAPAGATI E CEDUTI A UN PREZZO INFERIORE DEL MERCATO
Daniela Santanchè ha problemi di Borsa. Nel senso di listino, mercato azionario. 
La pasionaria berlusconiana, in arte “la pitonessa”, si è infilata in un tunnel di affari sballati.
Titoli comprati e poi venduti a stretto giro di posta. Una girandola di cui è difficile afferrare il senso a meno che l’intraprendente Santanchè, che ama vantare il suo curriculum da business woman tutta d’un pezzo, non abbia perso d’improvviso la capacità di far di conto, di calcolare perdite e guadagni.
Oppure, ma è solo un’ipotesi, può essere che la parlamentare Pdl abbia deciso di darsi alla beneficenza a favore di qualche ignota controparte
Tre giorni fa, per dire, è passato di mano in Borsa il 5,5 per cento di Bioera, piccola azienda specializzata nei prodotti bio, cosmetici e non.
A vendere è proprio lei, la Santanchè, che incassa circa 740 mila euro.
Le azioni vengono scambiate a 37 centesimi ciascuna. Quel giorno, però, la quotazione di Bioera ha sfiorato i 40 centesimi.
Poco male, si dirà , lo sconto serve da incentivo all’acquirente di un pacchetto azionario di una certa consistenza.
A ben guardare, però, si scopre che la pitonessa aveva comprato quelle stesse azioni solo cinque mesi prima.
E l’acquisto era stato concluso a un prezzo ben superiore: 0,45 euro.
Particolare importante: quel giorno, era il 24 maggio, i titoli Bioera quotavano intorno ai 23 centesimi.
Dunque l’imprenditrice con targa Pdl ha strapagato un pacchetto di titoli che poi ha rivenduto nel giro di poche settimane a un prezzo inferiore.
Sorprendente, a dir poco.
Va detto che Bioera assomiglia molto a un affare di famiglia, o quasi.
La società è controllata da Giovanni Canio Mazzaro, l’ex marito della Santanchè che possiede la maggioranza del capitale.
A maggio la pitonessa berlusconiana aveva comprato una quota del 15 per cento circa risolvendo una lunga disputa legale che opponeva Mazzaro al fondo First Capital. Quest’ultimo è uscito di scena girando le sue azioni alla nuova entrata.
Tempo un paio di mesi e Mazzaro ha restituito il favore rilevando, tramite Bioera, il 40 per cento di Visibilia, la concessionaria di pubblicità fondata, gestita e controllata dalla Santanchè
Che c’entrano i prodotti biologici con gli spot? Mistero.
E infatti Bioera per completare l’acquisizione ha dovuto cambiare il proprio statuto allargando l’oggetto sociale.
Fosse solo questo, il problema. Bioera viaggia in perdita.
Nei primi sei mesi di quest’anno ha perso un milione su 24 di ricavi.
E anche Visibilia che ha chiuso il 2012 in stentato pareggio (rosso di 30 mila euro) ha dovuto ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti.
Moglie e marito separati nella vita ma uniti nelle perdite.
Vittorio Malagutti
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