IL FANTASMA DI FINI AGITA ANGELINO
ALFANO CONTA LE TRUPPE, SONO 23 I SENATORI PRONTI ALLO STRAPPO, MA L’INCUBO DI UN SECONDO “CHE FAI, MI CACCI?” LO TERRORIZZA
Il segnale arriva da ministro delle riforme Gaetano Quagliariello, colomba della prima ora, che in un’intervista a Sky Tg24 dice: “Il fatto che membri dell’ufficio di presidenza, come Alfano, non siano stati presenti ieri non è un caso: indica una distanza nel metodo e nella linea politica”.
Il day after dell’ufficio di presidenza in cui Silvio Berlusconi ha sospeso le cariche, a partire da quella del segretario Angelino Alfano, e ha rilanciato Forza Italia si apre all’insegna della conta.
“Il nodo di fondo – prosegue il ministro – è uno ed è quello del governo: alcuni pensano che debba andare avanti perchè una crisi sarebbe devastante. Altri, invece, pensano che questo governo non stia facendo i bisogni del Paese”.
E questo, sottolinea, “non è un punto di secondo ordine, ma centrale”.
Ma proprio qui, afferma Quagliariello, si trova una contraddizione “nel documento votato ieri” dall’ufficio di presidenza del Pdl: “da un lato si dice che il governo deve andare avanti, dall’altro si dice che la giustizia può diventare dirimente” in caso di voto per la decadenza di Berlusconi.
Intanto Alfano è indeciso sul da farsi.
Per ora rinuncia allo strappo, anche se ha avuto la rassicurazione che a Palazzo Madama lo seguirebbero 23 senatori.
Dalla sua cerchia ristretta trapela che sta vivendo il momento con grande tensione, quasi prigioniero del dilemma, se rompere o restare dentro.
Alfano conosce troppo bene le regole della casa per dimenticare il “trattamento” che Berlusconi riserva ai traditori.
Ma i suoi lo spingono al grande gesto: “Angelino non puoi farti trattare così – gli ripetono in continuazione i ministri a lui vicino – è una questione di dignità .
Però il vicepremier teme di fare la fine di Gianfranco Fini.
Davanti a lui aleggia il “fantasma” della sorte che è toccata all’ex presidente della Camera. E il ricordo di quando Fini sfidò a viso aperto il Cavaliere con la celebre frase: “Che fai, mi cacci?”.
Ad agitare il sonno di Alfano ci sono poi i sondaggi sul risultato di un suo eventuale partito alle prossime elezioni Europee: sotto il 4 per cento.
Parole apparentemente distensive arrivano dai ministri Nunzia De Girolamo e Maurizio Lupi, che puntano a prendere tempo e ad arrivare al consiglio nazionale, che dovrebbe sancire ufficialmente la rimessa in campo di Forza Italia.
“Noi pensiamo – dice la De Girolamo – che Berlusconi sia il leader del nostro partito, non l’abbiamo mai messo in discussione: è il numero uno e resta il numero uno. È in discussione tutto ciò che viene dopo il numero uno”.
E poi le parole che segnalano la conta in atto: “Ovviamente l’8 dicembre – aggiunge – discuteremo su chi veramente vuole bene a Silvio Berlusconi, come vuole bene a Silvio Berlusconi e come proteggerlo in una fase come questa, così complessa per la sua vita politica e personale. E chi, invece, lo tira solo per la giacca”.
Dello stesso avviso Lupi: “Non vogliamo la scissione – dice al Corriere della sera – al consiglio nazionale ci confronteremo”.
Parole distensive solo in apparenza – dicevamo – dato che, in vista del consiglio nazionale dell’Immacolata sono iniziate a partire le telefonate degli alfaniani sul territorio, tra i leader locali del partito, per vedere se ci sono i numeri per sfidare i lealisti.
I conti però non tornano, e i numeri sono bassi. Difficile trovare una maggioranza che al consiglio, oltre che a votare un documento politico, voti di fatto contro Berlusconi. Il no secco al ritorno di Forza Italia arriva invece dai pasdaran come Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni, che andrebbero subito alla scissione.
L’ex presidente della Regione Lombardia dice, in un’intervista alla Stampa: “Lo scioglimento del Pdl può essere deciso soltanto dal Consiglio nazionale. Quella di ieri è solo una proposta, non ha valore esecutivo. Alfano resta regolarmente in carica, almeno fino all’8 dicembre. Continua ad avere il potere di firma e qualunque suo atto sarà valido”.
Ma la certezza che si arrivi a un confronto l’8 dicembre è assai labile.
Difatti i punti dolenti su cui il Cavaliere potrebbe rompere prima col governo sono due: la legge di stabilità sui ci sono numerose critiche.
E naturalmente la decadenza. Berlusconi è stato chiaro dicendo che non vede come si potrebbe rimanere alleati con i propri carnefici.
Insomma, la conta è partita. Ed è partito anche, tra lealisti e alfaniani, il gioco del cerino.
Almeno fino al giorno dell’Immacolata. Poco più di un mese.
(da “Huffington post”)
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