Destra di Popolo.net

INCOERENZI

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

PER ORA SOLO NOMI IMPROBABILI O IMPRESENTABILI

Siccome è nell’interesse di tutti che il governo Renzi combini qualcosa di buono, si spera vivamente che le anticipazioni sui possibili ministri uscite sui giornali, compreso il nostro, siano tutte false.
E cioè che il turbopremier e il suo entourage si divertano a far filtrare nomi improbabili e impresentabili per nascondere la vera lista dei ministri, da sfoderare al momento giusto per stupirci tutti.
Se così non fosse, ci sarebbe da dubitare non solo della buona riuscita del nuovo governo, ma anche della sanità  mentale del suo capo.
Renzi giurava di non voler cambiare il governo, ma l’Italia.
Ora ha cambiato il governo e l’Italia (almeno quella politica) rischia già  di cambiare lui.
Lui che il 4 dicembre, appena prima di diventare segretario del Pd, domandava a Letta: “Ma come si fa a governare con Alfano, Giovanardi e Formigoni?”.
Ora ce lo spiegherà  lui come si fa, visto che governerà  con Alfano, Giovanardi e Formigoni, mentre persino i più autorevoli suoi supporter rifiutano di entrare nel suo governo.
Per carità , sappiamo bene quali prezzi deve pagare chi deve gestire un’Armata Brancaleone che — stando alle elezioni di un anno fa e agli ultimi sondaggi — rappresenta poco più di un terzo dei votanti e di un quinto degli italiani, e che in Parlamento si regge sul premio di maggioranza del Porcellum raso al suolo dalla Consulta.
Ma un forte segnale di novità  e discontinuità  rispetto al governo Letta è d’obbligo, non foss’altro che per giustificare l’improvviso e improvvido ribaltone a Palazzo Chigi.
Oltrechè per tener fede alla fama di Rottamatore, Innovatore, Demolition Man. Qualche nome nuovo e valido circola (Colao, Guerra, Gino Strada), ma stradomina l’Ancien Règime.
Agli Esteri e all’Interno si dice che lascerà  la Bonino, entrata in Parlamento 38 anni fa, e Alfano.
Ma come fa? L’estate scorsa, quando esplose lo scandalo Shalabayeva, Renzi disse che, se fosse già  stato il segretario del Pd, avrebbe sfiduciato Alfano, colpevole di “una vicenda di cui come italiano mi vergogno, che coinvolge una bambina di sei anni” ed era “indegno scaricare su servitori dello Stato e forze dell’ordine tutte le responsabilità  senza che venga mai fuori un responsabile politico”.
Tutto dimenticato?
Un altro uomo forte del “nuovo” governo Renzi dovrebbe essere Dario Franceschini, che qualcuno vorrebbe financo vicepremier: ma quando, nel 2008, divenne segretario del Pd al posto di Veltroni, Renzi lo chiamò “vicedisastro” perchè aveva condiviso con Uòlter la disastrosa campagna elettorale che aveva portato al trionfo di B..
Come può un vicedisastro diventare il vice-Renzi, o anche soltanto un suo ministro? Per l’Economia si alternano fautori di una mega-patrimoniale, come Barca; rigoristi come la Reichlin, aspirante banchiera londinese, il bocconiano Tabellini e i boiardi Bernabè e Padoan; e vecchi politici come Delrio (sindaco di Reggio Emilia) e addirittura Fassino.
Per dire quant’è grande la confusione sotto il cielo.
Idem per lo Sviluppo e il Lavoro, dove sembra non si riesca a immaginare nulla di più nuovo e discontinuo di un Ichino, un Moretti, un Montezemolo: le quintessenze del vecchio establishment.
La Giustizia, devastata da vent’anni di leggi vergogna trasversali, chiederebbe uno sforzo supplementare di coraggio e fantasia. E invece ecco un “ex” di 18 anni fa come Flick; il solito Vietti che, sebbene abbia materialmente scritto la porcata sul falso in bilancio, pare non piaccia (più) a B.; Guido Calvi, l’avvocato di D’Alema e Geronzi e il coautore di pessime leggi; Andrea Orlando, diplomato al liceo scientifico; e — udite udite — Livia Pomodoro, che già  negli anni 80 lavorava al ministero della Giustizia con la Dc e il Psi e poi con Conso in piena trattativa (dovrà  testimoniare al processo), e tre anni fa concordò con Ghedini un calendario del processo Mills così lento che andò in prescrizione prim’ancora della prima sentenza.
Che cos’è, uno scherzo? Speriamo.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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CHI SI NASCONDE ALL’OMBRA DI RENZI: I RAPPORTI CON LA DESTRA REPUBBLICANA NEOCON E QUELLA ISRAELIANA, MA NON SOLO

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

DIETRO AL SINDACO LA MORGAN STANLEY, MEDIOBANCA, DE BENEDETTI E CALTAGIRONE

Quando negli anni Ottanta Michael Ledeen varcava l’ingresso del dipartimento di Stato, al numero 2401 di E Street, chiunque avesse dimestichezza con il potere di Washington sapeva che si trattava di una finta.
Quello, per lo storico di Los Angeles, rappresentava solo un impiego di facciata, per nascondere il suo reale lavoro: consulente strategico per la Cia e per la Casa Bianca. Ledeen è stato la mente della strategia aggressiva nella Guerra Fredda di Ronald Reagan, è stato la mente degli squadroni della morte in Nicaragua, è stato consulente del Sismi negli anni della Strategia della tensione, è stato una delle menti della guerra al terrore promossa dall’Amministrazione Bush, oltre che teorico della guerra all’Iraq e della potenziale guerra all’Iran, è stato uno dei consulenti del ministero degli Esteri israeliano.
Oggi Michael Ledeen è una delle menti della politica estera del segretario del Partito democratico Matteo Renzi.
Forse è stato anche per garantirsi la futura collaborazione di Ledeen che l’allora presidente della Provincia di Firenze si è recato nel 2007 al dipartimento di Stato Usa per un inspiegabile tour.
Non è un caso che il segretario di Stato Usa John Kerry abbia più volte espresso giudizi favorevoli nei confronti di Renzi.
Ma sono principalmente i neocon ad appoggiare Renzi dagli Stati Uniti.
Secondo il “New York Post”, ammiratori del sindaco di Firenze sarebbero gli ambienti della destra repubblicana, legati alle lobby pro Israele e pro Arabia Saudita.
In questa direzione vanno anche il guru economico di Renzi, Yoram Gutgeld, e il suo principale consulente politico, Marco Carrai, entrambi molti vicini a Israele.
Carrai ha addirittura propri interessi in Israele, dove si occupa di venture capital e nuove tecnologie.
Infine, anche il suppoter renziano Marco Bernabè ha forti legami con Tel Aviv, attraverso il fondo speculativo Wadi Ventures e, il cui padre, Franco, fino a pochi anni fa è stato arcigno custode delle dorsali telefoniche mediterranee che collegano l’Italia a Israele.
Forse aveva ragione l’ultimo cassiere dei Ds, Ugo Sposetti, quando disse: «Dietro i finanziamenti milionari a Renzi c’è Israele e la destra americana».
O perfino Massimo D’Alema, che definì Renzi il terminale di «quei poteri forti che vogliono liquidare la sinistra».
Dietro Renzi ci sono anche i poteri forti economici, a partire dalla Morgan Stanley, una delle banche d’affari responsabile della crisi mondiale.
Davide Serra entrò in Morgan Stanley nel 2001, e fece subito carriera, scalando posizioni su posizioni, in un quinquennio che lo condusse a diventare direttore generale e capo degli analisti bancari.
La carriera del giovane broker italiano venne punteggiata di premi e riconoscimenti per le sue abilità  di valutazione dei mercati.
In quegli anni trascorsi dentro il gruppo statunitense, Serra iniziò a frequentare anche i grandi nomi del mondo bancario italiano, da Matteo Arpe (che ancora era in Capitalia) ad Alessandro Profumo (Unicredit), passando per l’allora gran capo di Intesa-San Paolo Corrado Passera.
Nel 2006 Serra decise tuttavia che era il momento di spiccare il volo. E con il francese Eric Halet lanciò Algebris Investments.
Già  nel primo anno Algebris passò da circa settecento milioni a quasi due miliardi di dollari gestiti.
L’anno successivo Serra, con il suo hedge fund, lanciò l’attacco al colosso bancario olandese Abn Amro, compiendo la più importante scalata bancaria d’ogni tempo.
Poi fu il turno del banchiere francese Antoine Bernheim a essere fatto fuori da Serra dalla presidenza di Generali, permettendo al rampante finanziere di mettere un piede in Mediobanca.
Definito dall’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani «il bandito delle Cayman», Serra oggi ha quarantatrè anni, vive nel più lussuoso quartiere di Londra (Mayfair), fa miliardi a palate scommettendo sui ribassi in Borsa (ovvero sulla crisi) ed è il principale consulente finanziario di Renzi, nonchè suo grande raccoglietore di denaro, attraverso cene organizzate da Algebris e dalla sua fondazione Metropolis.
E così, nell’ultimo anno il gotha dell’industria e della finanza italiane si sono schierati uno a uno dalla parte di Renzi.
A cominciare da Fedele Confalonieri che, riferendosi al sindaco di Firenze, disse: «Non saranno i Fini, i Casini e gli altri leader già  presenti sulla scena politica a succedere a Berlusconi, sarà  un giovane».
Poi venne Carlo De Benedetti, con il suo potentissimo gruppo editoriale Espresso-Repubblica («I partiti hanno perduto il contatto con la gente, lui invece quel contatto ce l’ha»).
E ancora, Diego Della Valle, il numero uno di Vodafone Vittorio Colao, il fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio e l’amministratore delegato Andrea Guerra, il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera con la moglie Afef, l’ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori, il patron di Eataly Oscar Farinetti, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Romiti, Martina Mondadori, Barbara Berlusconi, i banchieri Fabrizio Palenzona e Claudio Costamagna, il numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca, il patron di Lega Coop Giuliano Poletti, Patrizio Bertelli di Prada, Fabrizio Palenzona di Unicredit, Il Monte dei Paschi di Siena, attraverso il controllo della Fondazione Montepaschi gestita dal renziano sindaco di Siena Bruno Valentini, e, soprattutto, l’amministratore delegato di Mediobanca Albert Nagel, erede di Cuccia nell’istituto di credito.
Proprio sul giornale controllato da Mediobanca, “Il Corriere della Sera”, da sempre schierato dalla parte dei poteri forti, è arrivato lo scoop su Monti e Napolitano, sui governi tecnici.
Il Corriere ha ripreso alcuni passaggi dell’ultimo libro di Alan Friedman, altro uomo Rcs. Lo scoop ha colpito a fondo il governo Letta e aperto la strada di Palazzo Chigi a Renzi.
Il defunto segretario del Psi Bettino Craxi diceva: «Guarda come si muove il Corriere e capirai dove si va a parare nella politica».
Gad Lerner ha, più recentemente, detto: «Non troverete alla Leopolda i portavoce del movimento degli sfrattati, nè le mille voci del Quinto Stato dei precari all’italiana. Lui (Renzi) vuole impersonare una storia di successo. Gli sfigati non fanno audience».

Franco Fracassi
giornalista, storico, regista

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L’INCONTRO SEGRETO TRA VERDINI E L’EX CARCERATO COSENTINO

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

COSENTINIANI DEL GAL IN SOCCORSO AL GOVERNO RENZI

Roma, Caffè Ciampini, venti minuti alle nove di mattina.
Martedì 18 febbraio, primo giorno di consultazioni di Matteo Renzi (segretario Pd) per il nuovo governo.
Due plurinquisiti berlusconiani prendono un caffè e fumano. Parlano 40 minuti. Le scorte a debita distanza.
Denis Verdini (senatore e coordinatore di FI) e Nicola Cosentino (ex sottosegretario Pdl).
Il primo è lo sherpa berlusconiano per le riforme, amico e concittadino del sindaco di Firenze futuro premier.
Il secondo è il Casalese della politica, sotto processo per camorra, e soprattutto guida spirituale dei dissidenti azzurri in Campania, contro la nomina del coordinatore regionale, il senatore Domenico De Siano, amico di Francesca Pascale.
La discussione tra Verdini e Cosentino è fittissima, a tratti animata.
La sede nazionale di Forza Italia è a pochi passi. Siamo in piazza San Lorenzo in lucina, nella Capitale del potere.
Tutto immortalato da una telecamera de ilfattoquotidiano.it. Tra poche ore, prima di mezzogiorno, da Renzi andrà  la delegazione di Gal, il gruppo autonomista del Senato. Tra i convocati c’è anche Vincenzo D’Anna, cosentiniano di ferro, eletto nel Pdl e dato in prestito a Gal, insieme ad altri senatori berlusconiani.
Nel gruppo di Gal al Senato ci sono altri tre cosentiniani di ferro: Giovanni Mauro, Pietro Langella, Antonio Milio, tutti ex Pdl.
E’ la conferma che la trattativa parallela tra Renzi e Verdini, e che tanto fa spaventare e arrabbiare gli scissionisti di Alfano, va avanti.
Tutto risale a venerdì scorso, giorno di San Valentino. Il ministro ciellino di Ncd Maurizio Lupi telefona infuriato a un suo amico di Forza Italia: “Verdini sta trattando con Cosentino per formare un gruppetto di senatori azzurri e aiutare Renzi a Palazzo Madama. Vuole fotterci, ma non lo consentiremo”.
La manovra di Verdini è doppia: non rimanere fuori dalle trattative per il nuovo esecutivo (e magari chiedere garanzie per B. su giustizia e comunicazioni, al solito) ed emarginare gli odiati cugini del Nuovo Centrodestra.
Doppia trattativa, doppia maggioranza.
I senatori contattati sono undici. Tutti smentiscono. Anche Verdini e Cosentino, che specificano: “Non ci vediamo e parliamo da tempo”.
Oggi la smentita, dal vivo. In una giornata di sole a Roma.
Inoltre, l’ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore del Pdl Campania era uscito dagli arresti domiciliari lo scorso novembre dopo aver passato più di 4 mesi in carcere a Secondigliano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’inchiesta sulla costruzione di un grosso centro commerciale.
La decisione della Cassazione si fondava sulla “constatazione che Cosentino non ricopriva più alcun ruolo politico e non faceva più politica e, dunque, non era necessaria la custodia cautelare”.
Poco dopo l’incontro Verdini-Cosentino al bar Ciampini, la delegazione di Gal ha incontrato alla Camera il premier in pectore, offrendogli la disponibilità  ad appoggiare il governo.
“Gal è un gruppo che ha al suo interno una certa dialettica, sarà  sviluppata con attenzione nei giorni che seguiranno, una volta letto il programma e sentita l’illustrazione che il governo farà  nelle aule del Parlamento”, ha spiegato il capogruppo in Senato Mario Ferrara.
Il cosentiniano D’Anna ha chiesto che nel suddetto programma sia centrale la riorganizzazione dei “fondi per la sanità ”.

Fabrizio d’Esposito e David Perluigi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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SCONFESSATI GRILLO E CASALEGGIO: NEL REFERENDUM ON LINE VINCONO I FAVOREVOLI ALL’INCONTRO CON RENZI

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

PER 500 VOTI VINCE LA LINEA DEL CONFRONTO, INCONTRO IN GIORNATA

Il primo giorno di consultazioni di Matteo Renzi alla Camera si conclude con una sorpresa: il voto della base M5s a favore dell’incontro tra la delegazione grillina e il premier incaricato.
Sconfessando, di fatto, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che in giornata si erano detti contrari alla partecipazione del M5s alle consultazioni.
Della delegazione, che incontrerà  mercoledì il segretario Pd, farà  parte anche lo stesso Grillo.
“La consultazione si è conclusa con 41.240 votanti su 85.408 aventi diritto.
I favorevoli all’incontro con Renzi sono stati 20.843, I contrari 20.397. Domani una delegazione composta da Beppe Grillo e i capigruppo di Camera e Senato, D’incà  e Santangelo, incontrerà  Renzi. Sarà  chiesto lo streaming dell’incontro”.
Così sul blog di Beppe Grillo.

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FINANCIAL TIMES: “CON IL NUOVO GOVERNO NON CAMBIA NULLA”

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

WASHINGTON POST: “L’ITALIA, MALATO D’EUROPA, E’ PRONTA A RIFORME RADICALI?”…C’E’ PESSIMISMO NELLE ASPETTATIVE DELA STAMPA ESTERA

“L’Italia è finalmente pronta per riforme radicali?” Se lo chiede il Washington Post, in un editoriale dedicato all’evoluzione politica italiana.
“Nel corso dei secoli, molti paesi sono stati a turno definiti il malato d’Europa; se c’è uno Stato, oggi, che si merita il titolo, quello è l’Italia”, perchè “combina dentro di sè la grandezza (ha il terzo Pil tra i 18 membri dell’Eurozona) e le disfunzioni (una crescita negativa del 7% negli ultimi cinque anni, il 12,7% di disoccupazione, un debito nazionale più grande del 30% rispetto alla sua produzione economica). Le sofferenze dell’economia italiana sono legate a un profondo malessere politico radicato in un’ingarbugliata storia di corruzione, burocrazia e di interessi di parte”.
In questo contesto, l’austerità  non basta, anche se necessaria “non può salvare la sua economia”. L’Italia deve crescere e “la crescita ha bisogno di riforme, economiche e politiche”, riforme che devono essere “radicali”, come dice lo stesso Renzi.
“Non sarebbe di sicuro il primo politico italiano ad assumere l’incarico con la promessa di ampie riforme, per poi soccombere alle consuetudini radicate e agli interessi di parte”, ma “la disperazione sta portando gli italiani a capire che il cambiamento, anche il cambiamento doloroso, è necessario. Se il governo alla fine dovesse riuscire a far passare le riforme strutturali, l’impatto sull’Italia, e sull’Europa, potrebbe essere storico, e degno del pieno sostegno del resto d’Europa e degli Stati Uniti”.
Il Financial Times definisce “ambiziosa” l’agenda di riforme annunciata da Matteo Renzi per i primi 100 giorni di governo.
Per il quotidiano della City, “gli investitori non si aspettano molto da Renzi”: in primo luogo perchè “Renzi è il 62* premier in 68 anni”; in secondo luogo perchè “ha lo stesso sostegno politico, o la stessa carenza di sostegno politico, del suo predecessore, Enrico Letta”.
Come Letta e Monti prima di lui, non è stato eletto e “le sue prospettive di avviare grandi riforme sono certamente limitate dall’assenza di sostegno popolare e parlamentare, sebbene questo non gli abbia impedito di presentare un ambizioso programma”.
Anche il Wall Street Journal dedica un ampio servizio all’ascesa dirompente di Renzi, che in pochi giorni “ha guidato la rivolta contro il collega Letta”, è salito al Quirinale, ha accettato l’incarico di formare un nuovo governo ed ha “promesso un’azione rapida ed ambiziosa”.
Ma, avverte il quotidiano finanziario americano, “con soli cinque anni di esperienza come sindaco di Firenze, avrà  bisogno di alleati che siano pesi massimi nel gestire il tentacolare apparato politico e attuare la sua ambiziosa agenda”

(da “Huffingtonpost”)

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A.A.A. CERCASI DONNA MINISTRO POSSIBILMENTE BELLA PRESENZA

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

DONNE “FEDELI” CERCANSI: MATTEO E IL REBUS DELLE QUOTE ROSA

Il toto quote rosa impazza e si cercano «le ministre» che nella squadra di Matteo Renzi dovrebbero occupare la metà  delle poltrone.
E ieri nei palazzi istituzionali come nei palazzi dei partiti si cercavano candidate adatte.
Adagiato su un divanetto del Transatlantico, accanto al bar, Matteo Orfini (probabile ministro alla Cultura o all’Ambiente) chiedeva a una dei suoi: «Ma noi una donna decente giovane e in gamba non ce la abbiamo?».
Evidentemente non rientra più in questa categoria Marianna Madia, la responsabile lavoro della segreteria di Renzi, fedelissima di Orfini e adesso di Renzi (ma prima ancora di Bersani sostenuto contro l’attuale premier incaricato).
Insomma la onorevole di bella presenza – ma di qualche assenza quando si tratta di riconoscere i ministri (pensava di parlare con il ministro Giovannini e invece stava parlando con Zanonato) – sembra finita in una terra di nessuno.
Troppi cambi di corrente. Un curriculum deboluccio.
Mentre Matteo Renzi che sta valutando con cautela, spaccando i dubbi a metà , su una cosa è certo, quella di voler con se fedelissimi. Già  le larghe intese creano problemi alla stabilità , meglio che non ci siano congiurati amici.
Cercasi ministra. E se Emma Bonino sembra certa, Paola Severino sembra gradita. La Boschi sembra imposta dal neo premier. La Lorenzin da Alfano. Per le altre è meno facile.
Stefania Giannini di «Scelta civica» all’Istruzione? La più accreditata. Per adesso. Perchè Matteo Renzi in quella poltrona vorrebbe avere una «sua» ministra visto che sul tema vuole intervenire a gamba tesa dopo i nodi delle riforme e delle tasse.
E allora quel posto potrebbe essere di Simona Bonafè, renziana della prima ora, componente della commissione cultura, scienze e istruzione della Camera dei Deputati.
In corsa anche Maria Elena Boschi, mentre sembra che la governatrice Deborah Serracchiani resterà  in Friuli.
E in questo toto quote-rosa all’ambiente potrebbe andare Chiara Braga, classe 1979, urbanista, componente della commissione Ambiente e della commissione bicamerale per i procedimenti di accusa.
Sembra certa Roberta Pinotti, senatrice, sottosegretario al Ministero della Difesa, folgorata sulla via di Renzi dopo un incontro a palazzo Vecchio, a Firenze.
Alla Leopolda le chiese di coordinare un tavolo sulla Difesa. Lei rispose che avrebbe preferito un tavolo delle donne «perchè bisogna finalmente passare dal parlarne al farle agire», spiegò.« Non basta metterle nel 50 per cento degli organismi. Devono avere agibilità ». Un monito buono per adesso.
AAA cercasi donna competente, non richiesta bella presenza.

Maria Corbi

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RENZI, UN PREMIER A MISURA DI FAN

Febbraio 19th, 2014 Riccardo Fucile

IMMAGINI PER OGNI OCCASIONE: DALLE AUTO AL CALCIO, ALLE FOTO CON I SUPPORTER

Il nodo della cravatta è perfetto, informano le cronache minute di giornata.
La Giulietta con cui arriva al Quirinale è bianca. Sarà  la Giulietta del portavoce, Filippo Sensi? Mah.
Però è la stessa Giulietta con cui dopo se ne va. Era lui, al volante.
Lascia il Quirinale e, strappo alla regola, invece di girare alla sinistra della statua equestre, gira alla sua destra.
Ah, a proposito: poco fa era uscita un’auto simile ma non era la sua. Per l’occasione ha rispolverato il look istituzionale. Gallerie fotografiche ricordano quando dal presidente ci andò in grigio chiaro. Lui però ama il look informale, camicia bianca coi primi bottoni slacciati.
Possiede giacche morbide sui fianchi e cravatte color glicine. Il famoso giubbotto di pelle alla Fonzie che «copiò da me», rivendica Roberto Formigoni sulle agenzie. Talvolta il «Marchionne style», cioè maglione blu, talaltra il total black.
Dunque: oggi aveva la Giulietta bianca, ieri la Mercedes nera, l’altro ieri la Smart blu. Ne siamo sicuri perchè ci è andato a messa a Pontassieve. Abbiamo letto che sono arrivati anche la moglie e i figli. Poi è tornato a casa. Poi ha caricato i bagagli ed è andato a Roma. Un giorno spuntò anche una Smart nera.
Però ama il treno e quando ci sale legge i giornali. Oppure, twitta, certo. Qualche volta prende il taxi: ci sono le foto. A Firenze gira in bici.
Gli spunti sono molti anche se non si tocca il sublime della volta in cui Mario Monti, presidente incaricato, uscì dall’Hotel Forum, accanto ai Fori Imperiali, e ai cronisti disse soltanto: «Che bella giornata».
E noi cronisti trovammo che fosse una battuta magnifica e ogni tre per due dicevamo «che bella giornata».
Poi c’era il cane di Monti di cui non si conosceva il nome per la tradizionale riservatezza del professore. E il barbiere di Milano che aprì di domenica mattina per sistemare la bocconiana acconciatura e qualcuno gridò ai diritti sindacali violati, altri al deciso cambio di direzione di un’Italia che aveva da rimboccarsi le maniche. Anche stavolta c’è il barbiere, si chiama Tony. È stato lui a consigliare il taglio del ciuffo (segue galleria fotografica di testa con ciuffo e testa senza ciuffo) e chiede se le basette non stiano una meraviglia.
Poi c’è il titolare della pizzeria Far West di Pontassieve. È foriero di dettagli: mangia la margherita, sempre e soltanto la margherita.
Lui ha provato a metterci due acciughine ma niente. Mangia il primo quarto di pizza con le mani e il resto con le posate. Intanto che sta finendo la prima ordina la seconda e talvolta ne mangia un’altra mezza.
Totale: due pizze e mezzo. Niente birra, solo coca. Paga sempre.
La mattina va a correre alle 5.30 e si fa venti-ventidue chilometri.
Fitta l’aneddotica del barista, della compagna di classe, dell’amico scout.
E allora se ne va dal Quirinale, guida ancora lui.
Arriva sul lungotevere e c’è rosso e allora che fa? Si ferma. Gli operai al lavoro lo riconoscono e lo festeggiano: «Dajeee!».
In via del Tritone uno gli lascia strada e lo saluta. Va al Senato e incontra una scolaresca di Sulmona. Ciao ragazzi, gli dice. Dammi cinque! Si danno il cinque (galleria fotografica di mani che si battono il cinque e di un pollice alzato a un vigile urbano). Toh, c’è un suo omonimo! È un commesso di Palazzo Madama. Che combinazione. Fa la foto al tesserino. Ma sarai mica di Firenze? No, dice l’omonimo, sono di Roma. Ciao. Ciao.
Va alla stazione. È attorniato da giornalisti ma non parla. Saluta gli altri viaggiatori, si fanno un po’ di selfie. Lo esortano a cambiare l’Italia. Ci proverò, risponde lui. Escono alti auspici degli scienziati per la scienza, dei presidi per la scuola, del telefono rosa per le donne. Arriva a Firenze. Ancora folla, ancora cronisti, ancora bocca cucita, ancora selfie. Uno grida: adesso vinci lo scudetto.
Giovanni Galli, portiere del Milan e suo avversario cinque anni fa per Palazzo Vecchio, dice che «come calciatore è scarso» (galleria fotografica di antiche e recenti prestazioni atletiche). Si clicca per leggere tutti i tweet. Tweet in cui dice «con tutta l’energia e il coraggio». Tweet in cui saluta il trionfatore in Sardegna, cioè @F_Pagliaru. L’hashtag è #cominciamoildomani (segue galleria fotografica con i suoi storici hashtag).
Ps. Per dare il contributo a una così ricca e minimalista cronaca, forniamo un succoso particolare: aveva la mano sinistra bruciacchiata. Ve ne siete accorti? La scottatura se l’è procurata un quindici giorni fa mentre preparava la cena ai bambini. Uova al tegamino.

(da “La Stampa“)

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