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EXPO, GREGANTI BECCATO “APPENA USCITO DAL SENATO”

Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile

LA GUARDIA DI FINANZA DI MILANO HA LA PROVA IN UNA INTERCETTAZIONE… PIERO GRASSO CHIEDE A BRUTI LIBERATI LE DATE DEGLI INGRESSI

Se Palazzo Madama smentisce, la Finanza di Milano conferma e risolve il giallo della presenza di Primo Greganti in Senato.
I militari, titolari dell’indagine sulla cupola degli appalti Expo 2015, sostengono che il compagno G, già  condannato per Tangentopoli, si recasse in Parlamento ogni mercoledì.
Ma fanno di più: in un’annotazione messa agli atti svelano la pistola fumante in grado di risolvere il mistero. Per capire bisogna tornare al 19 febbraio scorso.
In quel momento il telefono dell’ex comunista è intercettato. Mancano due minuti alle undici di mattina. Greganti riceve una telefonata da Sergio Cattozzo, l’ex segretario generale ligure dell’Udc, ritenuto uno dei capi dell’associazione a delinquere ricostruita dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio.
Si legge: “Cattozzo chiama Greganti per evidenziare che l’aereo per Roma (dove si sarebbero dovuti incontrare, ndr) ha accumulato due ore di ritardo”.
A quel punto, viene scritto, “Greganti dice di avere appena finito una riunione al Senato”. Non certo una millanteria. Tanto che, spiegano gli investigatori, “la cella di localizzazione a cui si appoggia il cellulare in uso allo stesso, a titolo di esempio, alle ore 10,58 è ubicata in via dei Cestari, nei pressi di corso Rinascimento/Palazzo Madama”.
Ieri il presidente del Senato Pietro Grasso ha chiesto al procuratore Bruti Liberati date e orari degli ingressi di Greganti. E così, mentre l’interrogatorio di Enrico Maltauro conferma l’esistenza della cupola, le informative della Finanza svelano nuovi contatti e particolari inediti.
Su tutti, la presenza di Greganti in Senato. Presenza della quale i vecchi amici del Pd non si sono mai accorti.
Oltre a questo, colpiscono i 25 mila euro di pensione all’anno che, stando alla dichiarazione dei redditi, sarebbero l’unica fonte di sussistenza di Greganti.
Poco, anzi pochissimo. E decisamente non credibile se solo si pensa che in un anno, lo stesso Maltauro ha dichiarato di aver versato alla cupola una maxi-stecca da 1,2 milioni di euro.
Un cortocircuito segnalato dalla stessa Finanza che, descrivendo la figura di Greganti, spiega: “Basta considerare, quale sintomatico punto di partenza, che le interrogazioni eseguite presso l’Anagrafe tributaria hanno evidenziato, quale unica fonte reddituale per le ultime tre annualità  di imposta” dal 2009 al 2011 “redditi di pensione per un importo di circa 25 mila euro netti” all’anno e che “non risultano dichiarate altre tipologie di reddito”.
Non solo: Greganti non è intestatario di quote di società , nè di immobili. Tanto che il suo cellulare e la sua auto sono intestati al gruppo Seinco di cui sono socie le figlie. Ecco, allora, la conclusione dei militari per i quali il dato appare “oltremodo significativo” se lo si studia “alla luce delle considerazioni svolte circa la fervente attività  di consulenze posta in essere da Greganti a fronte della totale insussistenza di qualsivoglia giustificazione formale delle dazioni percepite”.
Nel mazzettificio bipartisan così Greganti copre la parte del centrosinistra.
Tre mesi fa, infatti, a Roma vede Francesco Riccio ex tesoriere nazionale Ds. L’incontro viene registrato dalla Guardia di finanza.
Il resto, vale a dire il centrodestra, è competenza dell’ex dc Gianstefano Frigerio, anche lui vecchia conoscenza di Mani Pulite.
Perchè contatti e rapporti sono essenziali per gestire al meglio gli affari. E così i finanzieri, in un’altra annotazione, rivelano che nel 2013 Frigerio avrebbe preparato per Berlusconi un “elenco” di nomi di politici “essenziali, soprattutto se c’è una seduta alla Camera o al Senato”.
Si tratta di un’intercettazione con Cattozzo definita “molto importante”.
Scrive la Finanza: “Frigerio chiede a Cattozzo cosa farà  adesso Gigi”. Il riferimento è all’ex senatore Luigi Grillo (arrestato).
A quel punto Cattozzo “dice che Gasparri e Quagliariello avevano portato a Berlusconi un elenco di sei nomi dove il primo dei sei era Gigi (Grillo) e il secondo era Bruno”.
Frigerio “dice che è lo stesso elenco che aveva fatto lui a Berlusconi e dice che gli aveva messo Gigi (Grillo) e Donato Bruno e poi aveva aggiunto la Casellati, Roberto Rosso che sono suoi amici”.
Frigerio poi specifica e dice che i primi due sono essenziali, soprattutto se c’è una seduta alla Camera o al Senato da fare, perchè sono quelli che hanno più mestiere”. Insomma, la cupola vuole tutto e soprattutto punta in alto.
Come dimostra l’intercettazione tra Cattozzo e Frigerio dove i due discutono di “un commissariamento” della Sogin e per questo intendono (senza riuscirci) agganciare l’attuale ministro dell’Ambiente e il portavoce del Pd Lorenzo Guerini, il quale, sentito dal Fatto, è stato categorico: “Mai visto e conosciuto questi personaggi”.

Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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NELLA RETE DI SCAJOLA ANCHE TARANTINI

Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile

IN CORSO L’INTERROGATORIO DELL’EX MINISTRO

E’ cominciato poco dopo le 10 nel carcere di Regina Coeli l’interrogatorio di Claudio Scajola: l’ex ministro dovrà  difendersi di fronte ai pm di Reggio Calabria dall’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare del Pdl Amedeo Matacena e dalla contestazione più grave di concorso esterno in associazione mafiosa.
«Chiarirò tutto, non c’è neanche un indizio che possa collegarmi alla ‘ndrangheta», ha detto ai suoi legali Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito.
Ma le indiscrezioni assicurano che i magistrati siano pronti a contestargli nuovi elementi oltre alle circostanze elencate nell’ordinanza di arresto.
Il procuratore Federico Cafiero De Raho, il sostituto Giuseppe Lombardo e il sostituto nazionale antimafia Francesco Curcio paiono convinti che Scajola faccia parte di una rete più vasta di esponenti di Forza Italia e personaggi legati a quel partito che possa aver avuto un interesse economico e politico a favorire Matacena e i suoi referenti criminali.
Vincenzo Speziali il «mediatore» con i libanesi amico di Scajola era in contatto con Giampaolo Tarantini, l’imprenditore pugliese che portava le donne alle feste di Silvio Berlusconi.
Agli investigatori della Dia è stato affidato il compito di indagare sui partecipanti agli incontri organizzati da Matacena a bordo di uno yacht di 40 metri ormeggiato a Porto Venere intestato a una società  di leasing.
Riunioni pianificate con Bruno Mafrici, consulente calabrese con studio in via Durini a Milano e già  indagato nel filone d’inchiesta sull’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, accusato di riciclaggio aggravato per conto della cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano.
Scajola dovrà  chiarire gli affari che aveva avviato con lo stesso Matacena attraverso il legame stretto che aveva con la moglie Chiara Rizzo.
La donna, tuttora detenuta in Francia con l’accusa di aver messo in piedi un sistema di occultamento del patrimonio del marito attraverso intestazioni fittizie di società  e di aver riciclato i proventi, potrebbe essere trasferita in Italia entro qualche giorno. Tracce di tutto questo sono già  emerse da un primo esame del suo immenso archivio custodito a Villa Ninina, lussuosa dimora ligure, e negli studi di Milano e Roma.
Così come i rapporti con l’ex presidente libanese Amin Gemayel che si sarebbe impegnato ad aiutarlo per far spostare Matacena da Dubai a Beirut fornendogli anche un falso documento di identità .

(da “il Corriere della Sera”)

argomento: Giustizia | Commenta »

ANCHE PREVITI LASCIA SILVIO E SOSTIENE ALFANO

Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile

CONDANNATO A SEI ANNI PER LO SCANDALO IMI-SIR, L’EX MINISTRO APPOGGIA NCD NEL CENTRO ITALIA

Scajola chi? Berlusconi ne parla come se dovesse frugare nei ricordi. Acqua passata, vorrebbe convincerci.
Fa il paio con Dell’Utri: i due «da tempo non partecipano alla vita del partito», di qui i vuoti di memoria.
Ma c’è un terzo antico sodale che l’ex Cavaliere potrebbe tranquillamente aggiungere alla lista dei «desaparecidos»: Cesare Previti. Nemmeno lui interviene più alle riunioni forziste.
Tantomeno si fa vivo ad Arcore o a Palazzo Grazioli. E non solo «Cesarone» latita, ma l’intero mondo previtiano brilla per la propria assenza dalle adunanze forziste. L’altro ieri, ad esempio, Tajani ha riempito l’Hotel Parco dei Principi con signore inguainate e attempati esponenti del «generone» romano per la gioia di Berlusconi, che non si aspettava tutta quella gente disposta a sorbirsi le sue disgrazie.
Ma dell’ex ministro, ras della Roma «pariola», nemmeno l’ombra.
Trapela notizia che pure lui se n’è andato. Senza pubblici proclami, ha detto ciao a Forza Italia e al suo leader: ora gravita dalle parti di Alfano, dove la circostanza viene confermata, in verità  con un certo pudore: Previti non è, specie in campagna elettorale, il miglior biglietto da visita per un partito che voglia puntare sulla legalità  (6 anni di carcere incassati per la vicenda Imi-Sir, e uno «stage» ai servizi sociali per il «Lodo Mondadori»).
Però contano i fatti. E questi fatti documentano il nuovo traumatico congedo dal giro stretto berlusconiano dopo il licenziamento della storica segretaria Marinella, dopo l’addio tormentato del portavoce Bonaiuti, dopo lo strappo politicamente doloroso di Bondi.
Primo: già  da novembre il cognato di Previti, onorevole Sammarco, si era unito alle «stampelle della sinistra» (amabile definizione che Berlusconi dà  degli alfaniani).
La circostanza non sfuggì al «Foglio» e a Berlusconi medesimo.
Secondo, l’intero clan previtiano si sta battendo con molta energia per un’affermazione Ncd nel Centro Italia, dove capolista è la ministra Lorenzin. Terzo, nella fitta rete dei colloqui privati il capo-clan non lesina critiche anche severe al suo amico Silvio. Gli rimprovera errori da matita blu.
Anzitutto Previti contesta l’intera linea difensiva adottata da Ghedini e da Longo nei confronti del loro assistito: troppa inutile conflittualità  coi magistrati che tanto, come si è visto, hanno il coltello dalla parte del manico.
Ciò detto, l’ex ministro della Difesa non vede un costrutto logico nella scelta di andare all’opposizione.
Al posto del Cav, lui mai si sarebbe sfilato dal governo Letta, avrebbe continuato a tenere le mani in pasta perchè contare poco (nella sua visione molto pragmatica) è sempre meglio che contare nulla.
Cose dette personalmente a Berlusconi nell’ultima rimpatriata, presente Dell’Utri, che risale a fine ottobre.
Non risulta che da allora si siano più confrontati. Oggi sarebbe impossibile, in quanto Previti è pregiudicato, dunque appartiene esattamente a quella categoria di soggetti che Berlusconi non deve frequentare, per ordine del Tribunale di sorveglianza.
Nel frattempo, le rispettive strade si sono separate.

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

argomento: Costume | Commenta »

LARGO AI NOVANTENNI

Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile

MAI METTERE LIMITI ALLA PREVIDENZA

L’ingegnere Ivan Pescarin è il presidente dell’Aeg, la potente cooperativa dell’energia e del gas di Ivrea.
Giunto al dodicesimo anno di mandato e al settantanovesimo di età , si è chiesto se fosse il caso di cedere il passo alle nuove leve. E si è risposto di no. La forza fisica c’è, la voglia pure. Quanto all’esperienza, il suo punto debole, non può che crescere con il numero delle primavere. Perciò lo statuto in via di approvazione prevede che il presidente della società  possa continuare a presiedere fino a novant’anni.
A quel punto si vedrà : perchè mettere limiti alla Provvidenza?
Accontentiamoci di averli messi alla Previdenza.
La novità  è stata criticata da una parte minoritaria del consiglio di amministrazione. C’era da immaginarselo: i settantenni mordono il freno, avanzano pretese. Portate pazienza, ragazzi, arriverà  anche il vostro turno.
L’importante è la salute: conservarla, intendo, in attesa del tempo delle responsabilità , che con il prolungamento dell’età  media potrebbe slittare per voi al secondo secolo di vita.
Rimane intatto il dramma dell’adolescenza, la fase esistenziale più difficile, che ormai si estende dai sedici ai sessant’anni ed è contraddistinta da sbalzi d’umore, amori infelici, lavori precari. Sarà  invece risolto a breve il problema del ricambio generazionale.
Nel giorno del suo centocinquantesimo compleanno, ritenendo esaurito il suo mandato, l’ingegnere Ivan Pescarin accetterà  con un sospiro la presidenza onoraria.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)

argomento: la casta | Commenta »

FRATELLI D’ITALIA S’INVENTA L’ANNIVERSARIO DI ALMIRANTE PER SUCCHIARE 2.500 EURO A COMIZIO E BOCCHINO SI RICICLA

Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile

VERGOGNA D’ITALIA SPECULARE SUI SOLDI DEI MILITANTI MISSINI GESTITI DALLA FONDAZIONE AN IN CUI E’ ENTRATO ANCHE L’EX DELFINO DI FINI CHE ORMAI FA COPPIA FISSA CON ALEMANNO

Ieri, nella comunità  politica degli ex An, divisa e litigiosa e senza più una casa del padre, il passaparola è stato fitto, tra i veleni e l’incredulità .
“Adesso hanno messo in mezzo pure Giorgio Almirante per prendere voti, che vergogna”. Loro, il soggetto, sono gli ex camerati missini dei Fratelli d’Italia, che oggi radunano Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Gianni Alemanno.
La storia è questa. FdI, che include anche il liberal- democristiano Guido Crosetto, ex berlusconiano, ha la maggioranza nella fondazione di An, che detiene simbolo e patrimonio del vecchio partito liquidato da Fini.
Così, per aggirare il tetto del finanziamento della campagna per le Europee, secondo i veleni degli ex An rivali sparsi un po’ dovunque, a partire da Forza Italia, organizzerà  manifestazioni in tutto il Paese per i ventisei anni della morte di Giorgio Almirante, storico leader missino.
L’anniversario cade il prossimo 22 maggio   (quest’anno ricorre anche il centenario della nascita, a giugno) e il cda della fondazione, in cui i omponenti di FdI sono maggioritari, ha deliberato un contributo di 2.500 euro per ciascuna manifestazione. Le iniziative sono tutte nelle due settimane finali della campagna per le Europee e di fatto saranno comizi mascherati di Fratelli d’Italia nel nome di Giorgio Almirante, senza quindi figurare nel rendiconto finale delle spese elettorali. Furbizia nera.
Nelle “specifiche operative”approvate dalla fondazione è previsto il pagamento della sala da affittare e del materiale tipografico e il periodo coperto è indicato in grassetto nero: “Per il ciclo di manifestazioni che potranno tenersi dal 12 al 25 maggio, la Fondazione Alleanza Nazionale potrà  erogare un contributo”.
Le sorprese, però, non finiscono qui.
Nel consiglio d’amministrazione della fondazione compare anche Italo Bocchino, l’ex braccio destro finiano di Futuro e libertà .
La novità  è che Bocchino non è schierato con gli altri finiani presenti nel cda ma si starebbe riciclando in Fratelli d’Italia sotto l’ala protettiva di Gianni Alemanno.
Il redivivo finiano, in molti   ambienti di destra giudicato “traditore” è stato avvistato in varie occasioni al fianco dell’ex sindaco di Roma, candidato per FdI nella circoscrizione meridionale.
Una coppia inedita, Alemanno e Bocchino.
Il genero di Pino Rauti buonanima (Rauti fu l’avversario di Almirante in due congressi epici del Msi, a Sorrento e Rimini) e l’allievo prediletto di Pinuccio Tatarella, teorico del centrismo di destra.
Giusto per avere un’idea. Nella vecchia An, la monarchia unanimista di Fini era blindata da tre correnti in guerra tra di loro per gli assetti interni: la destra protagonista di Gasparri e La Russa (gli ex tatarelliani), la destra sociale di Alemanno e Storace, la destra liberal di Matteoli e rso.
Sia la Meloni, sia Bocchino erano nella destra protagonista.
Oggi che la diaspora provocata dalla nascita del Pdl e dalla successiva e fallimentare scissione finiana di Fli sta ricomponendo spezzoni dei postmissini, FdI tenta di accreditarsi come la nuova casetta del padre (contrari gli ex An azzurri come Gasparri e Matteoli e soprattutto la Destra di Storace).
Anche per questo, dopo un’accesa assemblea di alcuni mesi fa, la componente di FdI della fondazione di An si è impossessata del simbolo e l’ha inserito nel logo per le Europee, dove la scommessa mortale è quella di superare la soglia del quattro per cento.
Internamente, l’arrivo dell’ex sindaco della Capitale ha creato due blocchi contrapposti. Da un lato la Meloni e il romano Rampelli, dall’altro gli ex colonnelli La Russa e Alemanno, Bocchino incluso.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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