Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
IL GRANDE CANTIERE E’ SALVO, MANCANO LE INFRASTRUTTURE COME IL NUOVO METRO’
La paura, quella vera, di non farcela è passata. 
L’attenzione, dicono gli uomini di Expo, continuerà a rimanere alta sino alla fine della corsa. Ma ormai entrando in cantiere guardano al sito come se fosse arrivato il 1° maggio: dove mettere cartelli e segnali, fare in modo che i tornelli da cui dovranno passare fino a 250mila persone al giorno siano adeguati ai flussi, fin dove tracciare i confini di quella sorta di zona a traffico limitato che in un raggio di 3-4 chilometri impedirà alle auto di imbottigliarsi attorno all’area dell’Esposizione.
Perchè con molti padiglioni che hanno preso forma, ormai, varcando le soglie della cittadella di Expo si ha la percezione sempre più precisa di che cosa sarà .
Ma quando mancano 100 giorni esatti al via, ci sono altre istantanee da scattare. Per capire a che punto sia arrivata Expo.
Che cosa ha già portato alla città , quello che ancora manca e ciò che già oggi non arriverà mai.
Giuseppe Sala lo sa. E lo sa il governo. Adesso che si avvicina il momento del via è necessario allontanare le ombre da Expo, cancellare l’immagine legata agli scandali.
Si dovrà raccontare davvero che cosa saranno quei sei mesi, passare ai contenuti.
Sarà questa la sfida degli ultimi 100 giorni: conquistare gli scettici, risvegliare l’entusiasmo della gente. E farlo qui, in casa.
Perchè l’impresa paradossalmente è sempre stata più semplice lontano dall’Italia, così come l’obiettivo è stato centrato sul fronte degli sponsor privati: 350 milioni di euro raccolti e grandi marchi scesi in campo.
Fin dall’inizio dell’avventura, il mondo ha risposto all’appello: lo racconta il numero dei Paesi che hanno aderito (140), gli investimenti (un miliardo) degli Stati che costruiranno 53 padiglioni autonomi.
Lo raccontano i 7,5 milioni di ticket venduti in gran parte a tour operator stranieri.
Qualcosa negli ultimi mesi si è mosso.
I segnali ci sono: i biglietti richiesti all’Expo Gate a Natale e nelle filiali di Banca Intesa, i ragazzi (14mila domande, più dei 10mila posti) che si sono candidati per diventare volontari, l’attività nelle università , le start up che stanno nascendo.
Ma da fare ancora ce n’è.
Che cosa ne è stato della città che il 31 marzo del 2008 festeggiava la vittoria di Parigi? Che cosa ne è stato delle aspettative costruite attorno a Expo?
Perchè è anche questa la domanda da farsi quando il conto alla rovescia è diventato implacabile. In passato, Expo è stata utilizzata come il chiodo a cui appendere qualsiasi tipo di promessa, dalle migliaia di posti di lavoro alla ripresa dell’economia fino alla possibilità di disegnare radicalmente Milano attraverso opere, infrastrutture, cantieri.
Un evento salvifico, capace di curare ogni male: non sarà così, non sarebbe potuto esserlo.
Un risultato, però, Expo lo ha già portato: all’estero, dalla guida Lonely Planet al New York Times, si è tornati a parlare di Milano come una meta del 2015, a riscoprirla.
In piena crisi economica, la strategia della giunta è stata chiara: abbandonare la visione faraonica di un tempo e puntare all’essenziale.
Fare in modo che la città possa presentarsi in ordine, trasformata in una sorta di palcoscenico lucidato per gli appuntamenti che dovranno farla vivere.
Le novità ci saranno, come l’eredità più evidente che lascerà : la nuova Darsena. Ma a 100 giorni, non si sa ancora che cosa sarà del milione di metri quadrati di Rho-Pero quando i padiglioni saranno smontati. È ancora la domanda fondamentale a cui le istituzioni dovranno rispondere.
Per acquistare le aree sono stati spesi soldi pubblici, e soldi pubblici sono stati spesi per allestirla. Il successo di Expo (e il giudizio dei milanesi), alla fine, dipenderà anche da cosa rimarrà .
Il grande evento avrebbe dovuto curare anche un altro male storico: colmare il gap di infrastrutture della Lombardia, far correre opere come la Pedemontana di cui si vaneggiava da decenni.
Ma è stato un errore pensare di agganciare alla locomotiva qualsiasi strada e desiderio. Negli anni l’elenco si è sempre più assottigliato ed è cresciuta la lista dei collegamenti (oggi ne conta 23) rimandati «oltre l’orizzonte del 2015».
Il capitolo delle infrastrutture connesse si presenterà all’appello con diverse mancanze: si tenta di consegnare almeno entro l’estate l’ultimo spezzone della Zara-Expo che dovrebbe portare ai padiglioni le auto che arriveranno da fuori città , per la Rho-Monza si punta a una miniversione, la metropolitana 4 inaugurerà nel 2022, non prima del 2016 il treno tra i terminal 1 e 2 di Malpensa.
Anche le Vie d’acqua non saranno terminate (ci sarà solo il collegamento con l’Olona) e adesso bisognerà dire se un altro impegno – destinare parte dei fondi per curare le alluvioni di Seveso e Lambro – si potrà mantenere.
Dopo le bufere giudiziarie, quello di Expo è un cantiere che è stato necessario rimettere sui binari.
Per i tecnici, molti ritardi sono stati recuperati e le strutture sotto la diretta responsabilità della spa ormai viaggiano oltre l’80 per cento. I primi tre cluster (cacao, riso e caffè) sono praticamente pronti per essere consegnati ai Paesi.
Entro la prima metà di febbraio arriveranno anche gli altri, così come termineranno le architetture di servizio che accoglieranno bar, ristoranti. Il grosso degli allestimenti interni partirà a marzo.
Ed è a quel punto che i 3.500 operai che oggi lavorano 20 ore al giorno supereranno quota 4mila. Il mondo viaggia ancora a velocità differenti: 20 dei 53 Paesi che stanno costruendo un padiglione autonomo, chiuderanno i cantieri alla fine del mese, altri sono ancora indietro.
Tra i fronti su cui è ancora concentrata l’attenzione c’è il padiglione italiano. Il Palazzo principale, dopo le semplificazioni fatte al disegno interno, ha recuperato il tempo perduto.
Per le strutture lungo il cosiddetto cardo si arriverà con il fiatone.
E poi c’è l’Albero della vita: la struttura inizierà a essere montata nei prossimi giorni. Resta la luce accesa sulla gara (3,9 milioni) per le tecnologie, passata sotto la lente dell’Autorità nazionale anticorruzione: è andata deserta.
Almeno un operatore interessato, però, ci sarebbe stato. Perchè non si è presentato?
Ci sarebbero stati problemi tecnici per caricare sulla piattaforma informatica i documenti necessari. Per questo la spa ha prolungato i termini di una settimana.
Expo ce la farà , dicono i tecnici. Dopo i ritardi nella consegna delle aree (alla fine i terreni sono entrati tutti nella disponibilità della spa solo nell’estate del 2012), dopo le battute d’arresto, il maltempo, dopo le inchieste e gli scandali, gli appalti commissariati e i tanti ostacoli che qualsiasi cantiere deve superare.
Ma è anche questo un altro punto da mettere in conto fin d’ora: per farli correre, quei lavori, per accelerare il percorso e risolvere i problemi, Expo pagherà un prezzo. Per avere il bilancio esatto bisognerà ancora aspettare.
È una delle partite più complesse che si devono chiudere, quella degli extracosti, su cui sono all’opera anche l’Autorità nazionale anticorruzione e l’Avvocatura dello Stato.
Sono state dettate linee guida e c’è una strategia precisa: a partire dagli appalti più delicati – rimozione delle interferenze, piastra, Palazzo Italia – si cercherà di gestire complessivamente varianti e riserve presentate dalle aziende, di chiudere le grane del passato e i “premi” di accelerazione.
E se alla fine la rete protettiva per difendere i cantieri dalla mafia o (con l’arrivo di Raffaele Cantone in emergenza) dalla corruzione funzionerà , questa potrebbe essere davvero una lezione da replicare in futuro.
Alessia Gallione
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
ESPOSTO DELL’ADUSBEF, IPOTESI REATO DI FALSO IN ATTO PUBBLICO: ELENCATI I BIG CHE USUFRUIREBBERO DELLA DEPENALIZZAZIONE
Una denuncia penale alla Procura di Roma. Con trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.
Il tutto per accertare se la delega fiscale abbia travalicato le normali competenze «costituendo in tal modo un reato commesso nell’esercizio delle funzioni del ministro o del presidente del Consiglio».
Guai in vista per Matteo Renzi, preso con le mani nel sacco per le impronte digitali lasciate sul luogo del “delitto”.
E’ stato il premier in persona, del resto, ad ammettere che la famosa “manina” di Palazzo Chigi che aveva scritto le norme più contestate era proprio la sua.
Un’ammissione che ora rischia di costargli un’indagine per falso in atto pubblico.
Per l’esposto-denuncia presentato dall’ex senatore Elio Lannutti, presidente dall’Adusbef (Associazione di utenti bancari finanziari assicurativi e postali) alla Procura della Repubblica di Roma in seguito alla vicenda della norma salva-Silvio, spuntata la vigilia di Natale nella delega fiscale dopo che il Consiglio dei ministri aveva già deliberato sul provvedimento.
L’associazione di Lannutti vuole vederci chiaro e per questo chiede alla magistratura di accertare se con la normativa, «probabilmente scritta da studi legali che difendono imputati eccellenti di frodi fiscali a danno della fiscalità generale e dei contribuenti onesti tartassati», anche per colpa «di evasori che sottraggono circa 120 miliardi l’anno» all’Erario, il premier non sia andato oltre i limiti delle norme che regolano le sue competenze e la correttezza dei procedimenti legislativi.
La vicenda è nota.
Con il pretesto della certezza del diritto nei rapporti tra contribuenti e fisco, la norma voluta dal premier avrebbe finito per depenalizzare, con effetto retroattivo, i reati di frode ed evasione fiscale qualora l’Iva o le imposte sui redditi evase non superassero il limite del 3 per cento rispettivamente sull’ammontare dell’imposta o dell’imponibile dichiarato. Risultato: chi più evade più guadagna, senza rischiare la galera, ma solo sanzioni amministrative.
«Chi fattura un milione di euro, poteva evadere fino a 30 mila euro, chi fattura un miliardo poteva evadere, per effetto del 3 per cento, 30 milioni di euro — si legge nell’esposto dell’Adusbef — Uno schiaffo ai contribuenti onesti spina dorsale della fiscalità generale» e un vero e proprio regalo per una serie di famosi personaggi e aziende di primo piano finite nel mirino dell’amministrazione finanziaria e delle procure.
Il caso di Silvio Berlusconi, già condannato in via definitiva per frode fiscale e che ovviamente avrebbe beneficiato pure lui del “condono”, non è neppure il più eclatante. Perchè, come ricorda Lannutti, quella norma rischiava di far saltare una lunga serie di processi in corso.
«Dai presunti fondi neri e tangenti in relazione agli appalti per il Sistri dell’inchiesta Finmeccanica a quella per presunta frode fiscale nella cosiddetta “operazione Brontos”, che vede indagato anche l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo (si parla di 245 milioni di euro sottratti al fisco dal 2007 al 2009), di cui la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio nel giugno scorso».
Tra i potenziali beneficiari c’è anche la famiglia Riva, già proprietaria dell’Ilva di Taranto, finita nei guai proprio per frode fiscale.
Ma c’è anche la famiglia Aleotti, proprietaria della Menarini Farmaceutici, nella bufera per i «178 milioni spesi per acquistare il 4% di Banca Mps», che gli inquirenti sospettano siano arrivati «da 1,2 miliardi di euro accumulati con la contestata truffa sui principi attivi dei farmaci, con la corruzione di pubblici ufficiali e con numerosi reati di frode fiscale». Senza contare i vantaggi che ne avrebbero tratto big dell’imprenditoria «come Prada (ha sborsato 470 milioni, ma la procura di Milano come “atto dovuto” ha ancora aperto un fascicolo per “omessa o infedele dichiarazione dei redditi”, che vede indagati proprio Miuccia Prada, Patrizio Bertelli, e il loro commercialista) e Armani (270 milioni)».
All’esposto, Lannutti ha allegato il parere di due illustri costituzionalisti, tratti dalle interviste rilasciate dai due giuristi al “Fatto Quotidiano”.
Quello di Alessandro Pace, che definisce una «gravissima violazione delle nostre istituzioni democratiche» la vicenda della “manina” del premier.
«Perchè il presidente Renzi, pur ricoprendo la massima carica politica del nostro ordinamento costituzionale — argomenta — ha usato un sotterfugio per far sì che una sua volizione “individuale” assumesse Ie sembianze di una disposizione legislativa approvata con tutti i crismi dal Consiglio dei ministri, contro la verità dei fatti».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il collega Federico Sorrentino: «E’ che siamo al di là di una leggerezza. Siamo di fronte a un falso in atto pubblico. Che per un premier, un ministro o comunque un funzionario pubblico è particolarmente grave» , sostiene Sorrentino.
Questa la denuncia di Lannutti. Adesso toccherà ai magistrati stabilire se tutto l’affaire e l’ammissione di responsabilità del premier Renzi sulla scrittura del famigerato decreto fiscale costituiscano un falso in atto pubblico così da meritare la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.
L’obiettivo del presidente dell’Adusbef è anche quello di «prevenire la reiterazione di un danno valutato almeno 16 miliardi di euro» ed evitare che un’altra “manina” possa spuntare di nuovo quando il 20 febbraio il governo tornerà ad occuparsi della materia.
Primo Di Nicola
(da “il Fatto Quiotidiano”)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
“NON SAREMO LA STAMPELLA DI RENZI”
“Non saremo mai stampella di Renzi”, assicura il senatore FI Vittorio Zizza, che condisce il suo sostegno
alla linea con lo slogan ‘Je suis Fitto’ a caratteri cubitali su una foto del leader della fronda ‘azzurra’, pubblicata su Fb, e ritwittata dallo stesso Raffaele Fitto.
E in breve diventa condiviso da molti sostenitori del principale avversario interno di Berlusconi
Intanto Raffaele Fitto, contrario a seguire il Patto del Nazareno sull’Italicum, aveva espresso tutta la sua amarezza sulle decisioni dei vertici di Forza Italia: “In politica si possono fare molte cose ma non tradire gli elettori. I cittadini ci hanno votato nel 2013 per una chiara alternativa alla sinistra, e invece, ancora una volta, si profila il grave errore di un supporto a Renzi sconcertante per i nostri elettori, e ancor più per i delusi e astenuti”.
L’eurodeputato azzurro aveva sottolineato: “Il mix di legge elettorale e cosiddetta riforma costituzionale avrà un unico effetto: rendere più difficile l’alternativa alla sinistra. Insieme a tanti amici, faremo tutto il possibile per evitare che Forza Italia, nata per dare voce al centrodestra liberale, muoia come piccola lista civica renziana. E la prospettiva di un governo di fatto Renzi-Berlusconi è un colpo alle speranze e alle attese dei nostri elettori”.
Oggi Berlusconi ha difeso la scelta di andare avanti con l’Italicum e ha attaccato i frondisti nell’incontro con i deputati azzurri e gli ha posto un aut aut: “La vostra posizione ci indebolisce, vi chiedo di cambiare linea o di cercare un’altra strada”.
Ma per ora pare non abbiano alcuna intenzione di andarsene
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
HANNO MINACCIATO I GIOCATORI: E LEI PRESENTA DENUNCIA PENALE CONTRO I TEPPISTI: “NON HO PAURA DI LORO”
Il miglior modo di combattere la violenza degli ultras? Non avere paura di loro.
E’ la lezione che arriva dalla Sicilia e dalla presidentessa di una squadra del campionato di Eccellenza. Stefania Amato, avvocato, gestisce il Paternò, storica società della provincia di Catania con un passato in Lega Pro.
Proprio i recenti scarsi risultati della squadra hanno spinto i tifosi a minacciare i giocatori, costretti a togliere la maglia dopo l’ultima sconfitta in campionato.
Inaccettabile per la presidentessa che ha reagito senza fare sconti: curva chiusa agli ultras fino al termine della stagione.
“Questi non sono tifosi ma soltanto facinorosi che danneggiano la società e non fanno sicuramente bene alla squadra. L’avere obbligato e minacciato i giocatori a consegnare loro le magliette è stato un comportamento assurdo”, ha dichiarato la Amato al sito de La Sicilia.
Nel comunicato emesso dalla società si legge che il provvedimento è stato pensato “anche perchè avvenuti nei confronti di una donna, come la presidente Stefania Amato”. Il massimo dirigente della squadra siciliana non ha paura degli ultras e ha deciso di perseguirli a livello penale.
Il Paternò non ha aspettato le decisioni del Giudice Sportivo e ha applicato in modo preventivo una sorta di Daspo ai propri tifosi: “Non tocca a me disporre questo tipo di divieti – chiarisce la presidentessa – ma alle forze dell’ordine alle quali ha esposto denunzia per le minacce nei confronti dei miei giocatori”.
Non è la prima volta che degli ultras costringono i calciatori a togliere le maglie.
Era successo in un Genoa-Siena del 22 aprile 2012, quando i tifosi liguri riuscirono a fermare l’incontro e a farsi consegnare il bottino.
Stefania Amato invece è stata intransigente, anche a costo di scontrarsi con una realtà difficile da gestire: ” Intendo portare avanti il progetto Paternò sul quale c’è un importante investimento. Resterò al timone del Paternò a prescindere, dicendo ai contestatori ‘dura lex sed lex'”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
IL PARROCO DI CAIVANO DENUNCIA LE MALATTIE TUMORALI E LE LEUCEMIE CHE QUALCUNO VORREBBE FAR DIMENTICARE
Pubblica le loro foto in un letto d’ospedale. E lo fa per raccontare la loro storia di cancro al cervello e di
sofferenza: a soli otto anni.
Don Maurizio Patriciello torna a parlare così di Terra dei Fuochi, l’area compresa tra Napoli e Caserta dove sono stati interrati rifiuti tossici e dove si registra un’alta percentuale di mortalità e malattie infantili.
Il parroco di Caivano lo fa come sempre sulla sua pagina Facebook.
«Aurora e Mattia. Hanno entrambi 8 anni. Entrambi sono ricoverati in ospedale. Mattia dona ad Aurora uno spicchio del suo mandarino. Stupendo. Impariamo da loro. Preghiamo per loro. Ho ricevuto dai genitori il permesso di pubblicare la foto. Per portare queste meravigliose creature nelle vostre case e nei vostri cuori. Per far sapere a tutti che Aurora e Mattia sono tra coloro che nella “Terra dei Fuochi” lottano, soffrono, sperano. Dio li benedica mille volte. Padre Maurizio Patriciello».
Così il parroco di Caivano poche ore fa sulla sua pagina Facebook
La Spoon River di Caivano
Ed ancora Patriciello scriveva il 19 gennaio scorso: «Il numero dei morti inganna. Alle giovani mamme portate al camposanto occorre aggiungere i figlioletti che rimarranno a casa immersi in un mare di dolore. Nelle bare dei bambini che hanno messo al mondo, i genitori rinchiudono anche i loro cuori. La matematica in questi casi mente. Non dice il vero. Non lo può dire perchè non le compete. Occorre mettersi in ascolto del dolore. Andare negli ospedali di Napoli e dintorni dove tanti pazienti non hanno nemmeno un letto per riposare. Dove le liste di attesa per un ricovero sono lunghe come l’ elenco telefonico. Occorre portarsi al cimitero di Frattaminore, Acerra, Orta, Caivano e degli altri cento paesi della “ Terra dei fuochi”. Senza paura. Senza paraocchi. Senza il desiderio di imbrogliare il prossimo. Occorre entrare nelle case dove si stanno spegnendo i nostri cari e, umilmente chiedere come stanno facendo per tirare avanti…L’ ho visto con mio fratello Giovanni. Attorno al letto dove viveva le sue ultime ore eravamo in tanti a tentare di lenire il suo dolore. Ritorniamo a essere uomini..».
Ed ancora: «Che strano modo di ragionare. In Campania, dice qualcuno, solo l’1 % del territorio è stato avvelenato. Qualcun altro arriva al 2% e così via. Nessun problema, quindi. E, soprattutto, i cittadini residenti nelle zone più inquinate, sono pregati di non fare gli “ allarmisti”. Di mettersi il cuore in pace e sopportare lo scempio che da anni camorra, industriali disonesti e politici collusi e corrotti hanno provocato per far soldi. Tanti, tanti soldi. In fondo, sembrano dire, qualche morte in più dovuta al danno ambientale non è poi una tragedia. Che strano modo di ragionare.. Ogni uomo è unico, prezioso e irripetibile. Se anche un solo bambino, una sola giovane mamma, un solo papà fosse morto a causa dell’ inquinamento della “ Terra dei Fuochi” già sarebbe troppo. Troppo e insopportabile».
«Io sono Michele»
E sempre il 19 gennaio: «Frattaminore, il paese che mi ha visto nascere, piange oggi un’altra vittima. Michele se ne è andato in soli due mesi a 49 anni. Cancro al cervello. Lascia la moglie e 4 figlioli. La “ Terra dei fuochi” non si smentisce. La “Terra dei Fuochi” continua, suo malgrado, a uccidere i suoi stessi figli. Come sarebbe bello essere smentiti. Come sarebbe bello se i tanti “ scienziati”, improvvisati e prezzolati, potessero provare il contrario. Io sono solo un prete. Un povero prete di periferia che cerca di richiamare l’ attenzione su un dramma dalle dimensioni immani. Basterebbe andare dai due parroci di Frattaminore — don Giorgio e don Aldo – e pregarli di controllare nei registri dei defunti quante persone sono morte nell’ ultimo anno, di quale malattia e a che età . I fatti, purtroppo, sono questi. Dio benedica tutti e ci dia tanta forza e coraggio per continuare a combattere. Non si può vivere chiedendosi angosciati: a chi toccherà domani? Non è possibile rimanere con le mani in mano ad aspettare il proprio turno. Il ministro Gian Luca Galletti, quando venne in parrocchia, affermò: « Questo è un problema nazionale e deve essere risolto da tutta la Nazione». Ma quando? Quando si comincerà a fare sul serio, Ministro? Quanti altri morti dobbiamo piangere? Quante altre disonesti dovranno arricchirsi sulla nostra pelle? Oggi “ io sono Michele”. E chiedo a tutti gli abitanti della “ Terra dei Fuochi” di essere Michele. Ogni dramma che si consuma sulla terra lo sentiamo nostro. Ma vogliamo che anche la tragedia che ci ucccide venga conosciuta, affrontata, risolta».
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
IN DISSENSO DA FORZA ITALIA: “MA DI QUANTI LACCHE’ AVETE BISOGNO?”
Intervento “colorito” del senatore di Gal, Vincenzo D’Anna, durante la discussione in Aula sulla legge elettorale.
Il parlamentare, appartenente a una minoranza interna di Forza Italia e sostenitore dell’emendamento Gotor, poi bocciato, punta il dito contro “i muti astanti, che votano senza alcun sussulto i nominati”: “Gotor cosa ci dice? In medio stat virtus. Fatevi il 25 o il 30 per cento, ma di quanti camerieri e lacchè avete bisogno? Io credo che un paio di centinaia bastino per indossare una livrea, per sentirsi dire: quanto sei bello e intelligente; sei un genio. Sapete bene che il fumo più tossico per la mente dell’uomo è l’incenso”.
Qua — continua — “avete un sacco di persone che si sono intossicati dei salamelecchi e degli inchini talmente profondi che a molti di loro gli si vede il culo a furia di abbassarsi e non è un bel vedere, cari amici”.
D’Anna è rimproverato dalla presidente Linda Lanzillotta, ma si giustifica: “E’ un termine anatomico. L’ha usato il papa. Credo che sia consono. C’è anche una forma idiomatica: faccia da culo. Chiedo comunque scusa, lo dicevo tanto per non metterla nella semantica”.
Stoccata finale a Denis Verdini: “Dove vogliamo andare? A fare il Partito della Nazione con Matteo Renzi. Allora, caro Denis, te lo dico pubblicamente: chiamami quando farai il Partito della Nazione perchè in una nuova casa io ci devo entrare dalla porta e non come un mendicante dalla porta di servizio”
Gisella Ruccia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
“NON SI PERMETTA DI DEFINIRCI PARASSITI O E’ FINITA”
Tira aria di scissione nel partito democratico dopo lo strappo consumato in mattinata tra la maggioranza
di Matteo Renzi e la minoranza.
“Renzi lo sa benissimo: c’era una possibile mediazione sull’Italicum e loro non hanno voluto mediare. Ora spetta a lui dire se si può partire dall’unità del Pd”, ha risposto Pierluigi Bersani risponde al giornalista sulla spaccatura dentro il Pd sulla riforma della legge elettorale.
“Dare del parassita a Corsini, Gotor, Mucchetti, è pericoloso. E’ gente per bene che non chiede niente e va trattata con rispetto. Se viene meno il rispetto, è finita”.
Il maxi-emendamento Esposito che segna un deciso passo avanti verso l’approvazione dell’Italicum è stato approvato al Senato e 140 esponenti della minoranza interna del Partito Democratico sono in riunione nella sala Berlinguer di Montecitorio.
L’idea era quella di discutere di riforme e legge elettorale, ma la riunione si è trasformata in un’assemblea delle anime non-renziane del partito.
Tra i presenti, oltre a Pier Luigi Bersani, ci sono Rosy Bindi, Gianni Cuperlo, Pippo Civati, Stefano Fassina, Sesa Amici, Francesco Boccia, Miguel Gotor, Corradino Mineo, Nico Stumpo, Cesare Damiano, Francesco Russo.
Per sentire che aria tira è presente anche il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza. “Non è una riunione di corrente, è una riunione di partito”, ha ironizzato Giacomo Portas.
La situazione è fortemente tesa e lo scontro è andato oltre le intenzioni dello stesso Matteo Renzi, che non ha gradito l’epiteto “parassiti” con cui il senatore Esposito ha appellato i membri della minoranza in un’intervista su La Repubblica.
Non arriva per caso, poco dopo le 13, il richiamo di Lorenzo Guerini, fedelissimo del premier: “Il Pd discute anche aspramente, ma sempre con senso di lealtà e di responsabilità . I toni non devono andare oltre misura”.
Ora Renzi comincia a tenere il peggio.
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
CERTIFICATA LA NUOVA MAGGIORANZA: AL SENATO SONO 170 CHE DEVONO SALVARE LA POLTRONA… E SENZA DUE TERZI DI FORZA ITALIA RENZI STASERA TORNAVA A CASA DI CARRAI
Senza il voto di 46 senatori di Forza Italia, invece che sparare cazzate da Davos, stasera Renzi sarebbe dovuto tornare a casa di Carrai, confidando nell’affitto gratis e nella badante Boschi.
O in subordine a fare perdere i ragazzi nei boschi, come era abituato a fare in qualità di caposcout in quel di Firenze.
La maggioranza al Senato è infatti di 162 e il conto è presto fatto: 170 voti raccolti meno 46 voti forzisti = 124.
Così ora è ufficiale: il governo cambia in Renzusconi in base a un osceno patto di interessi: chi per restare aggrappato al potere, chi per non doversi aggrappare alle sbarre di una cella.
Ovviamente lo fanno perchè il “Paese ha bisogno di riforme”, quelle riforme di merda tanto care alla finanza internazionale che porteranno sempre più squilibri sociali e aria di regime, come nel caso della opzione di quasi tutti i parlamentari nominati e non scelti dagli elettori.
Il dato nuovo consiste nella tenuta dei dissidenti di entrambi gli schieramenti: vediamo dati alla mano cosa è successo.
In Forza Italia sono stati 18 a dare luce verde a Gotor, esattamente10 forzisti e 8 di Grandi autonomie e libertà .
Gli assenti che si sono sfilati e non hanno appoggiato il governo sono 6.
La fronda del Pd è rimasta compatta: dei 29 firmatari del documento, Gotor fa il pienone, o quasi. In 27 rimangono con lui.
Ma Felice Casson è impegnato al Copasir, e Rosaria Capacchione non è riuscita a partecipare al voto. A loro però si è aggiunto Roberto Ruta.
In totale sono quindi sempre 29 e gli astenuti che non sono corsi a salvare il governo sono ben altri 12.
Le prime pedine di questa complicata partita a scacchi sono state mosse ed è ormai palese che il governo ha cambiato divisa e gli elettori sono stati traditi.
Ha ragione Fitto quando dice: “In politica si possono fare molte cose ma non tradire gli elettori: i cittadini ci hanno votato nel 2013 per una chiara alternativa alla sinistra, non per essere di supporto a Renzi “.
Come hanno ragione i dissidenti di sinistra ad affermare che sono stati eletti in alternativa al centrodestra, non per fare inciuci con Berlusconi.
Qualcosa sta cambiando, il tempo dirà in che direzione.
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
A BERLUSCONI RENZI HA CONCESSO LA NORMA SALVA-SILVIO, IL NON INTERVENTO SULLA PRESCRIZIONE E UN PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON OSTILE… TUTTO PER NON PERDERE LA POLTRONA
Matteo Renzi punta a chiudere il passaggio della legge elettorale in Senato entro la prossima settimana,
prima che il Parlamento si riunisca in seduta comune a Montecitorio per eleggere il nuovo capo dello Stato.
Così, per portare a casa l’Italicum, il premier si affida all’alleato del Nazareno.
E’ bastata un’ora di colloquio, martedì, per trovare l’accordo: “Voteremo compatti per l’emendamento Esposito”, annunciava Silvio Berlusconi ai suoi al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con il leader del Pd.
Cosa ha fatto cambiare idea all’ex Cav, che per mesi ha temporeggiato e fino a pochi giorni fa sembrava intenzionato a dare ancora battaglia?
Tutti gli indizi portano in un’unica direzione.
A Silvio Berlusconi Matteo Renzi ha fatto tre promesse: la cosiddetta norma salva-Berlusconi, l’impegno di non intervenire sulla prescrizione e un presidente della Repubblica non ostile.
Il quotidiano La Stampa parla di “grandi vantaggi per tutto e in special modo per Berlusconi, al quale non potrà essere negata una prelazione sul prossimo Presidente, nè una riabilitazione piena dalla condanna, magari attraverso la famosa norma ‘salva-Berlusconi’ contenuta nel decreto fiscale”.
Ovvero quell’articolo 19 bis al decreto attuativo della delega fiscale che consentirebbe all’ex Cav, condannato a 4 anni e 2 di interdizione dai pubblici uffici nel processo per i diritti tv Mediaset, di chiedere al giudice di far decadere la sentenza perchè il reato si è estinto.
Un’ipotesi confermata da quanto confidato ieri da Denis Verdini, l’uomo cui Berlusconi ha affidato il dossier riforme, ai ribelli capitanati da Raffaele Fitto per convincerli a sotterrare l’ascia di guerra almeno sull’Italicum: “Non dimenticate che Renzi ha congelato l’articolo 19 bis”. Congelato perchè quando bloccò la norma per mettere a tacere le polemiche, Renzi non annunciò che avrebbe riformato il testo ma si limitò a spiegare che “questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale”.
E di fronte a ciò il Cavaliere è pronto anche a spaccare il partito, salendo sulla barca del premier e lasciando a terra il ras pugliese e tutti i suoi dissidenti.
Ma sul tavolo ci sarebbe dell’altro, ovvero la promessa incassata tempo fa da Matteo Renzi di non procedere ad una riforma della prescrizione.
Uno dei fronti giudiziari con cui Berlusconi deve fare i conti è il processo sulla compravendita dei Senatori in corso a Napoli in primo grado: poichè nell’autunno di quest’anno la prescrizione interverrà ad annullare definitivamente il procedimento, l’alleato Silvio non vuole scherzi.
Sul tema, scrive La Repubblica, “l’accordo con gli uomini dell’ex Cavaliere è di antica data”. Per questo “non sono ammessi giochi sottobanco o peggio sgambetti furbeschi. Come quelli che secondi FI, ma anche Ncd, sarebbero stati fatti a Montecitorio una settimana fa”.
Quando si è ricominciato a parlare di una riforma “che blocca l’orologio dell’azione penale dopo la sentenza di primo grado e lo congela per due anni, per dare tempo ai giudici dell’appello di riesaminare il caso”.
Un principio che, applicato al caso De Gregorio, potrebbe costare all’ex Cav una nuova condanna.
Il 29 gennaio, poi, il Parlamento si riunisce in seduta comune a Montecitorio per eleggere il successore di Giorgio Napolitano.
Un successore che — ed è la terza contropartita di B. — non dovrà essere ostile all’ex Cav.
Tra i nomi che con maggiore insistenza si rincorrono da settimane sono quelli di Giuliano Amato, Anna Finocchiaro e Pier Ferdinando Casini, graditi a Berlusconi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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