CENTO GIORNI A EXPO: PRONTE 80 STRUTTURE SU 100, MA MOLTI PROGETTI NON SARANNO REALIZZATI
IL GRANDE CANTIERE E’ SALVO, MANCANO LE INFRASTRUTTURE COME IL NUOVO METRO’
La paura, quella vera, di non farcela è passata.
L’attenzione, dicono gli uomini di Expo, continuerà a rimanere alta sino alla fine della corsa. Ma ormai entrando in cantiere guardano al sito come se fosse arrivato il 1° maggio: dove mettere cartelli e segnali, fare in modo che i tornelli da cui dovranno passare fino a 250mila persone al giorno siano adeguati ai flussi, fin dove tracciare i confini di quella sorta di zona a traffico limitato che in un raggio di 3-4 chilometri impedirà alle auto di imbottigliarsi attorno all’area dell’Esposizione.
Perchè con molti padiglioni che hanno preso forma, ormai, varcando le soglie della cittadella di Expo si ha la percezione sempre più precisa di che cosa sarà .
Ma quando mancano 100 giorni esatti al via, ci sono altre istantanee da scattare. Per capire a che punto sia arrivata Expo.
Che cosa ha già portato alla città , quello che ancora manca e ciò che già oggi non arriverà mai.
Giuseppe Sala lo sa. E lo sa il governo. Adesso che si avvicina il momento del via è necessario allontanare le ombre da Expo, cancellare l’immagine legata agli scandali.
Si dovrà raccontare davvero che cosa saranno quei sei mesi, passare ai contenuti.
Sarà questa la sfida degli ultimi 100 giorni: conquistare gli scettici, risvegliare l’entusiasmo della gente. E farlo qui, in casa.
Perchè l’impresa paradossalmente è sempre stata più semplice lontano dall’Italia, così come l’obiettivo è stato centrato sul fronte degli sponsor privati: 350 milioni di euro raccolti e grandi marchi scesi in campo.
Fin dall’inizio dell’avventura, il mondo ha risposto all’appello: lo racconta il numero dei Paesi che hanno aderito (140), gli investimenti (un miliardo) degli Stati che costruiranno 53 padiglioni autonomi.
Lo raccontano i 7,5 milioni di ticket venduti in gran parte a tour operator stranieri.
Qualcosa negli ultimi mesi si è mosso.
I segnali ci sono: i biglietti richiesti all’Expo Gate a Natale e nelle filiali di Banca Intesa, i ragazzi (14mila domande, più dei 10mila posti) che si sono candidati per diventare volontari, l’attività nelle università , le start up che stanno nascendo.
Ma da fare ancora ce n’è.
Che cosa ne è stato della città che il 31 marzo del 2008 festeggiava la vittoria di Parigi? Che cosa ne è stato delle aspettative costruite attorno a Expo?
Perchè è anche questa la domanda da farsi quando il conto alla rovescia è diventato implacabile. In passato, Expo è stata utilizzata come il chiodo a cui appendere qualsiasi tipo di promessa, dalle migliaia di posti di lavoro alla ripresa dell’economia fino alla possibilità di disegnare radicalmente Milano attraverso opere, infrastrutture, cantieri.
Un evento salvifico, capace di curare ogni male: non sarà così, non sarebbe potuto esserlo.
Un risultato, però, Expo lo ha già portato: all’estero, dalla guida Lonely Planet al New York Times, si è tornati a parlare di Milano come una meta del 2015, a riscoprirla.
In piena crisi economica, la strategia della giunta è stata chiara: abbandonare la visione faraonica di un tempo e puntare all’essenziale.
Fare in modo che la città possa presentarsi in ordine, trasformata in una sorta di palcoscenico lucidato per gli appuntamenti che dovranno farla vivere.
Le novità ci saranno, come l’eredità più evidente che lascerà : la nuova Darsena. Ma a 100 giorni, non si sa ancora che cosa sarà del milione di metri quadrati di Rho-Pero quando i padiglioni saranno smontati. È ancora la domanda fondamentale a cui le istituzioni dovranno rispondere.
Per acquistare le aree sono stati spesi soldi pubblici, e soldi pubblici sono stati spesi per allestirla. Il successo di Expo (e il giudizio dei milanesi), alla fine, dipenderà anche da cosa rimarrà .
Il grande evento avrebbe dovuto curare anche un altro male storico: colmare il gap di infrastrutture della Lombardia, far correre opere come la Pedemontana di cui si vaneggiava da decenni.
Ma è stato un errore pensare di agganciare alla locomotiva qualsiasi strada e desiderio. Negli anni l’elenco si è sempre più assottigliato ed è cresciuta la lista dei collegamenti (oggi ne conta 23) rimandati «oltre l’orizzonte del 2015».
Il capitolo delle infrastrutture connesse si presenterà all’appello con diverse mancanze: si tenta di consegnare almeno entro l’estate l’ultimo spezzone della Zara-Expo che dovrebbe portare ai padiglioni le auto che arriveranno da fuori città , per la Rho-Monza si punta a una miniversione, la metropolitana 4 inaugurerà nel 2022, non prima del 2016 il treno tra i terminal 1 e 2 di Malpensa.
Anche le Vie d’acqua non saranno terminate (ci sarà solo il collegamento con l’Olona) e adesso bisognerà dire se un altro impegno – destinare parte dei fondi per curare le alluvioni di Seveso e Lambro – si potrà mantenere.
Dopo le bufere giudiziarie, quello di Expo è un cantiere che è stato necessario rimettere sui binari.
Per i tecnici, molti ritardi sono stati recuperati e le strutture sotto la diretta responsabilità della spa ormai viaggiano oltre l’80 per cento. I primi tre cluster (cacao, riso e caffè) sono praticamente pronti per essere consegnati ai Paesi.
Entro la prima metà di febbraio arriveranno anche gli altri, così come termineranno le architetture di servizio che accoglieranno bar, ristoranti. Il grosso degli allestimenti interni partirà a marzo.
Ed è a quel punto che i 3.500 operai che oggi lavorano 20 ore al giorno supereranno quota 4mila. Il mondo viaggia ancora a velocità differenti: 20 dei 53 Paesi che stanno costruendo un padiglione autonomo, chiuderanno i cantieri alla fine del mese, altri sono ancora indietro.
Tra i fronti su cui è ancora concentrata l’attenzione c’è il padiglione italiano. Il Palazzo principale, dopo le semplificazioni fatte al disegno interno, ha recuperato il tempo perduto.
Per le strutture lungo il cosiddetto cardo si arriverà con il fiatone.
E poi c’è l’Albero della vita: la struttura inizierà a essere montata nei prossimi giorni. Resta la luce accesa sulla gara (3,9 milioni) per le tecnologie, passata sotto la lente dell’Autorità nazionale anticorruzione: è andata deserta.
Almeno un operatore interessato, però, ci sarebbe stato. Perchè non si è presentato?
Ci sarebbero stati problemi tecnici per caricare sulla piattaforma informatica i documenti necessari. Per questo la spa ha prolungato i termini di una settimana.
Expo ce la farà , dicono i tecnici. Dopo i ritardi nella consegna delle aree (alla fine i terreni sono entrati tutti nella disponibilità della spa solo nell’estate del 2012), dopo le battute d’arresto, il maltempo, dopo le inchieste e gli scandali, gli appalti commissariati e i tanti ostacoli che qualsiasi cantiere deve superare.
Ma è anche questo un altro punto da mettere in conto fin d’ora: per farli correre, quei lavori, per accelerare il percorso e risolvere i problemi, Expo pagherà un prezzo. Per avere il bilancio esatto bisognerà ancora aspettare.
È una delle partite più complesse che si devono chiudere, quella degli extracosti, su cui sono all’opera anche l’Autorità nazionale anticorruzione e l’Avvocatura dello Stato.
Sono state dettate linee guida e c’è una strategia precisa: a partire dagli appalti più delicati – rimozione delle interferenze, piastra, Palazzo Italia – si cercherà di gestire complessivamente varianti e riserve presentate dalle aziende, di chiudere le grane del passato e i “premi” di accelerazione.
E se alla fine la rete protettiva per difendere i cantieri dalla mafia o (con l’arrivo di Raffaele Cantone in emergenza) dalla corruzione funzionerà , questa potrebbe essere davvero una lezione da replicare in futuro.
Alessia Gallione
(da “La Repubblica”)
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