Destra di Popolo.net

È ARRIVATO L’ANTIRENZI: LANDINI C’È, E SPARA SUL PD

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

LA “COALIZIONE SOCIALE” VARATA DAL SEGRETARIO FIOM PRENDE FORMA ,GIà€ IN PIAZZA IL 28… AD APRILE È PREVISTA ANCHE UNA “LEOPOLDA” ROSSA

Cosa sarà  davvero la “coalizione sociale” di Maurizio Landini si capirà  un po’ alla volta.
Quello che è chiaro da ieri, giorno in cui il segretario della Fiom ha riunito alcune decine di associazioni, strutture sociali, singole persone in una sede Fiom assediata dai giornalisti, è che la Coalizione è stata avviata e che ha un avversario molto preciso: il governo Renzi e le politiche europee di cui è portatore.
“Noi non accetteremo il terreno che ci è imposto da altri”, ha precisato il leader sindacale nelle conclusioni.
“Vogliono decidere come siamo vestiti, quali mutande portiamo, che calzini indossiamo. È il modo migliore per evitare che nasca la coalizione sociale”.
Il riferimento è al Corriere della Sera che ha parlato di un “progetto Podemos”, un modo per alludere “a un perimetro ristretto e poi depotenziarlo”.
Lo stesso atteggiamento assunto da Matteo Renzi quando ha parlato di un Landini “sconfitto che si butta in politica”.
La strada del “partito”, però, è esclusa: “Chi ha in mente questa soluzione può anche andarsene”, dice all’inizio della sua introduzione.
E, non si sa se, folgorati dalla frase, i primi a lasciare la sala saranno proprio i due senatori ex M5S, Maria Mussini e Maurizio Romani, ospiti inaspettati e che abbandoneranno i lavori dopo circa mezz’ora.
Di partiti non si vede traccia. Non c’è Sel nè il Prc.
Sarà  presente Alfonso Gianni, già  stretto collaboratore di Fausto Bertinotti e poi sottosegretario nel governo Prodi, oggi attivo nell’Altra Europa con Tsipras.
Ma è una presenza individuale. Il grosso dei partecipanti compone una rete di associazioni più o meno grandi, più o meno radicali.
C’è Libera con Gabriella Stramaccioni anche se la struttura, come spiegato ieri al Fatto da don Luigi Ciotti non farà  parte in quanto tale della Coalizione.
Ma non è un caso che la sua campagna “100 giorni per un reddito di dignità ” sia tra le prime misure proposte ieri.
Avrebbe dovuto intervenire da Milano via streaming Cecilia Strada, ma un guasto ha impedito il collegamento.
L’Arci è rappresentata da Filippo Miraglia che mette a disposizione i suoi circoli per pratiche mutualistiche; c’è Sandra Bonsanti di Libertà  e Giustizia, Legambiente, il Forum per l’acqua pubblica, ma anche i centri sociali che hanno dato vita allo Strike Meeting, quelli del nord-est, gli studenti della Rete della conoscenza e dell’Udu, la Flc-Cgil, i Comitati “Per una buona scuola”, l’associazione di avvocati free lance e i parafarmacisti, la fabbrica recuperata Rimaflow che sta organizzando una Casa del Mututo soccorso.
Nessuna “costituente di un nuovo partito” e nemmeno una iniziativa in cui “cinque decidono il progetto” spiega Landini.
La Coalizione potrebbe divenire una “associazione di associazioni” ma anche uno spazio in cui dare spazio a singoli e personalità .
Del resto, tra le figure finora coinvolte da Landini ci sono nomi come Stefano Rodotà , Gustavo Zagrebelsky, don Luigi Ciotti, Gino Strada, Sergio Cofferati.
L’importante è che ci sia “un programma condiviso tra soggetti diversi” e “un’azione collettiva” contro le politiche di austerità  in Europa e in Italia, da radicare sui territori. Offrire di nuovo “il diritto alla coalizione” a chi lavora ma anche a chi, ad esempio , difende l’ambiente.
Il problema del rapporto con la politica è però presente.
In diversi invitano a non contrapporsi alla sinistra esistente, in particolare le strutture più legate a Sel.
Landini chiude dicendo che non c’è contrapposizione con i partiti ma la politica che propone è quella basata su un mix di “programma e iniziative: avremo successo se avremo consenso”.
Il progetto non sarà  semplice anche perchè, al momento, poggia sulle spalle della sola Fiom dove, però, sono convinti che “ne valga la pena”.
Qualche segnale positivo è giunto dalla Cgil, ieri assente, ma con alcune strutture che hanno aderito alla manifestazione del 28 marzo lanciata dalla Fiom: sono la Cgil dell’Emilia Romagna, la Flc, il sindacato di scuola e università , e la Fisac-Cgil del Lazio. E il rapporto con la Cgil resta decisivo.
“Anche il sindacato ha bisogno di rinnovarsi” ripete il segretario Fiom e non è un mistero che questa sua iniziativa sia rivolta a offrire una via d’uscita dalla sconfitta subita sul Jobs Act e alle difficoltà  che il sindacato sta vivendo.
Quello del 28 marzo sarà  un appuntamento rilevante. Landini precisa che la Coalizione non deve cercare la prova della piazza a tutti i costi, non ora, e l’appuntamento, “Unions”, è stato già  indetto dalla Fiom.
Lo scontro con Renzi, sarà  evidente, come dimostra il nuovo attacco mosso ieri al premier e al Pd: “Nel silenzio si distruggono i diritti”.
Prima del 28, la coalizione si farà  europea partecipando al Blockupy di Francoforte contro la Bce.
Il 21 marzo ci sarà  invece la giornata per ricordare le vittime di tutte le mafie, promossa da Libera a Bologna.
Ma il primo vero appuntamento nazionale, una sorta di “Leopolda sociale” si svolgerà  a metà  aprile presso un albergo confiscato alle mafie nei pressi di Roma.
Sarà  una grande assemblea con tavoli tematici e l’occasione, quindi, per mettere a punto programma e iniziative future.
Poi, propone Landini alla costituenda Coalizione, ci sarà  il 25 aprile a Milano e il 2 giugno a Bologna, in difesa della Costituzione .
Infine, il radicamento territoriale. La proposta è di organizzare Coalizioni sociali a livello di base: si cita l’esempio del Fondo di solidarietà  creato a Pomigliano ma anche Milano dove la festa della Fiom presso la fabbrica recuperata Rimaflow potrebbe divenire una festa della Coalizione sociale.

Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL GATTOPARLO

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

RENZI E IL TRAGICO CONFRONTO TRA LE PAROLE E I FATTI

L’altra notte Renzi ha fatto un brutto sogno: gli è apparso un giovanotto che diceva di chiamarsi Matteo e pareva proprio il suo gemello.
Solo un filo più magro e giovanile. E ce l’aveva con lui. Insomma, un incubo.     Renzi1: “A che punto è la rottamazione del vecchio?”.
Renzi2: “A buon punto. Ti mostro una slide con le linee guida:si governa con Alfano e Lupi, si fa un patto con Berlusconi e, se quello ti sguscia via, Verdini resta una certezza”.
Renzi1: “Verdini chi? L’unico politico più imputato di B.?”.
Renzi2: “Ovvìa, non venirmi a fare il giustizialista. Ha 5 processi ma nessuna condanna: e la presunzione d’innocenza?”.
Renzi1: “Ma che cazzo c’entra? Mica devi sbatterlo in galera. Non devi fare accordi per non legittimarlo come politico. Non eri tu che chiedevi le dimissioni di Cancellieri e Alfano, neppure indagati, dal governo Letta?”.
Renzi2: “Appunto, mica dal mio. Basta strapotere delle toghe, ricordiamoci Tortora! Manca solo che io disturbi Alfano e Verdini: e poi la riforma costituzionale chi me la vota?”.
Renzi1: “Ah, stai riformando la Costituzione? Hai chiesto agli elettori se sono d’accordo?”.
Renzi2: “Non c’è stato tempo. Ora però mi mando un tweet così mi ricordo di chiederglielo, appena ho un attimo”.
Renzi1: “Scusa, non devi chiederlo adesso: dovevi inserirlo nel programma elettorale”.
Renzi2: “Ehm… ecco… io non ho mai avuto un programma elettorale, a parte quello per il sindaco di Firenze. Piste ciclabili, tramvia, stadio, asili nido: una figata pazzesca”.
Renzi1: “Sì, ma io parlavo delle elezioni per governare”.
Renzi2: “Quelle mi mancano. Però sto cambiando la legge elettorale. Si chiama Italicum”.
Renzi1: “Meno male, almeno quella: ‘Basta col Parlamento dei nominati, i cittadini devono scegliere e poi giudicare i propri rappresentanti, non importa se col Mattarellum, col maggioritario a doppio turno o col proporzionale!’. Ricordi?”.     Renzi2: “Acqua passata. Poi Silvio ha voluto il Senato nominato dalle regioni e la Camera con due terzi di capilista bloccati”.
Renzi1: “Silvio chi, scusa?”.
Renzi2: “Il Berlusca, e chi se no? È tanto simpatico. Peccato che ora abbia cambiato idea e dica che non vota più con noi”.
Renzi1: “Meglio! Così ora puoi restituire la parola ai cittadini”.
Renzi2: “Occhè m’hai preso per grullo? Poi mi tocca candidare pure quelli della minoranza: se le liste le faccio io, li asfalto”.
Renzi1:“Cioè: il patto è morto e tu continui a rispettarlo?”.
Renzi2: “Ma certo, babbeo! Conviene pure a me nominarmi i parlamentari, mica solo a lui!”
Renzi1: “Non capisco. E la lotta alla casta, come va? ‘Niente più sprechi in scorte e voli di Stato! La nostra scorta è la gente!’”.
Renzi2:“Vabbè, son cose che si dicono. Poi sali sul treno Roma-Firenze e incontri subito qualche elettore che ti rompe i coglioni perchè non hai mantenuto le promesse. E ti tocca rispondere. Non sai quant’è comodo l’aereo di Stato, ma anche l’elicottero”.     Renzi1: “Però basta poltrone a vita: ‘Due mandati e a casa!’”.
Renzi2: “Se sei dell’opposizione, o ti chiami D’Alema, basta pure un mandato. Ma per i nostri è diverso”.
Renzi1: “Ma almeno i Crisafulli, i De Luca, gli Oliverio, i Chiamparino, i Fassino che son lì dagli anni 70 li hai rottamati?”.
Renzi2: “E perchè? Stanno con me. Crisafulli, se accetta, sarà  il nuovo sindaco di Enna. De Luca è sindaco per la quarta volta di Salerno, purtroppo decaduto, ma ora spero lo eleggano presidente della Campania. Oliverio è il nuovo governatore della Calabria, Chiamparino del Piemonte e Fassino è sindaco di Torino”.
Renzi1: “Però massima trasparenza sui finanziatori del Pd, giusto?”.
Renzi2: “Ma dove vivi? C’è la privacy, sacra e inviolabile”.
Renzi1: “Però il bipolarismo non si tocca, no?”.
Renzi2: “Seee, bravo tu! E se poi perdo le elezioni? Dai retta a me, molto meglio una nuova Dc che galleggia al centro e non si muove di lì, un bidone aspira-tutto che acchiappa di qua e di là . Pensa che ad Agrigento sto sperimentando le primarie del Pd con Forza Italia. Fico, eh? Mi sono inventato pure l’avversario ideale, si chiama Matteo pure lui: lo faccio invitare in tutte le tv così la gente vede che troglodita è, e piuttosto vota me. Tanto la destra la faccio io”.
Renzi1: “Ma noi non siamo la sinistra?”.
Renzi2: “Uffa, ancora queste categorie novecentesche. Ma in che mondo vivi? Non vedi come sono moderni e progressisti Marchionne e Squinzi? Lo Statuto dei lavoratori è un ferro vecchio ideologico. La formula della ripresa è: più licenzi, più assumi. Aritmetica pura. Ora che mi ci fai pensare, devo annunciare le linee guida del Jobs Act-2: i licenziamenti, da facoltativi, diventano obbligatori. Una sferzata di ottimismo”.
Renzi1: “Ma non eri tu che dicevi ‘basta annunci?’”.
Renzi2: “Sì, ma non sai la fatica di scrivere una legge, e poi i decreti attuativi, due palle. Specie se hai una vigilessa all’ufficio legislativo. Molto meglio annunciare: rapidità  e ricreazione”.
Renzi1: “Non ti riconosco più. Mi fai paura. Ma allora perchè sei andato al governo?”.     Renzi2: “O grullo, non l’hai ancora capito? Mica possiamo lasciare che si divertano sempre gli altri e star lì a guardare? Si fa un po’ per uno, finchè dura. Dai, smetti codesto broncetto da gufo e vieni giù a Palazzo Chigi: ci si ammazza dalle risate con la Maria Elena, la Marianna, il Lotti. La gente si beve tutto, e i giornali di più. Pensa, ora credono che riformo la Rai per mandar via i partiti, ahah. Meglio che andare in ottovolante”.
Renzi1: “Non ho parole”.
Renzi2: “Fa niente, #matteostaisereno ahah: qui di parole se n’ha da buttar via, te ne presto qualcuna io”.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA SPESA PUBBLICA CONTINUA AD AUMENTARE: + 27 MILIARDI DAL 2010

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

CALA SOLO QUELLA PER IL PERSONALE, SALGONO I CONSUMI INTERMEDI…E’ BOOM PER LA SPESA PENSIONISTICA

Nonostante l’allungamento dell’età  lavorativa imposto dalla riforma Fornero, il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, la centralizzazione degli acquisti, i tagli ai Ministeri, alle Regioni, agli Enti locali e alla sanità , la nostra spesa pubblica continua ad aumentare.
Come ricostruisce la Cgia, tra il 2010 e il 2014, le uscite di parte corrente al netto degli interessi sul debito pubblico (costituite dalle spese per il personale, dai consumi intermedi, dalle prestazioni sociali) sono salite di 27,4 miliardi di euro.
Anche in rapporto al Pil, le uscite correnti risultano in deciso aumento: se all’inizio di questo decennio l’incidenza era pari al 41,4 per cento, l’anno scorso la stessa ha toccato il 42,8 per cento.
Nel 2014 la macchina pubblica è “costata” agli italiani 692,4 miliardi di euro.
Di segno opposto, invece, l’andamento delle principali spese in conto capitale, vale a dire gli investimenti.
Se nel 2010 il valore ammontava a 64,7 miliardi di euro, nel 2014 è sceso a quota 49,2 miliardi: in questi 5 anni la caduta degli investimenti è stata spaventosa: – 23,9 per cento, pari a una riduzione in termini assoluti di 15,4 miliardi di euro.
“Pur riconoscendo che gli effetti della crisi hanno contribuito a espandere alcune voci di spesa – dichiara il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi – la tanto sbandierata spending review, purtroppo, non ha ancora sortito gli effetti sperati. Questa situazione, ovviamente, pregiudica in maniera determinante l’obbiettivo primario che il Governo deve perseguire per riagganciare la ripresa, vale a dire il taglio delle tasse. Senza una drastica e strutturale sforbiciata alla spesa pubblica improduttiva, è impensabile ridurre il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese.
Per questo, l’Esecutivo deve riprendere in mano il lavoro lasciato a metà  dall’ex commissario Cottarelli e portarlo a compimento. Altrimenti, il rischio che dal 2016 scattino   le clausole di salvaguardia, con il conseguente aumento dell’Iva, è   sempre più concreto”.
Analizzando le cinque grandi componenti della spesa, si vede che a seguito della riduzione delle unità  di   lavoro e del blocco dei rinnovi contrattuali dei dipendenti della Pa introdotto nel 2010 dal Governo Berlusconi, in questi ultimi 5 anni la “Spesa per il personale” è diminuita del 5 per cento: in termini assoluti il “risparmio” per le casse pubbliche è stato di 8,7 miliardi di euro.
Nonostante la centralizzazione degli acquisti dei beni e dei servizi avviata da qualche anno, i “Consumi intermedi” – che includono anche le spese di manutenzione ordinaria, le spese energetiche, quelle di esercizio dei mezzi di trasporto,   la ricerca/sviluppo e la formazione del personale acquistata all’esterno – sono saliti del 3,4 per cento. In valore assoluto l’aumento ha sfiorato i 3 miliardi di euro.
Oltre agli stipendi, l’altra voce che compone la spesa corrente ad aver registrato una variazione negativa è stata quella relativa a “Le prestazioni sociali in natura acquistate” ovvero gli acquisti dei medicinali, dei   farmaci, l’assistenza medica.
La contrazione è stata pari a 2,5 miliardi di euro (-5,5 per cento).
Sottolineando che l’80 per cento circa della “Spesa per le prestazioni sociali in denaro” è assorbita dalle   pensioni, le uscite per il welfare hanno registrato una vera e propria impennata: l’incremento ha   sfiorato il 10 per cento, mentre in termini assoluti l’aggravio è stato di ben 29,6 miliardi di euro.
Nonostante gli effetti prodotti dalla riforma Fornero, a condizionare in maniera determinante questa espansione ha contribuito soprattutto la spesa pensionistica e, in misura più contenuta, i provvedimenti a sostegno al reddito erogati a famiglie e lavoratori che in questi ultimi anni si sono trovati in difficoltà .
Dal 2014, inoltre, tra le “Prestazioni sociali in denaro” è stato computato anche il bonus degli 80 euro (5,8 miliardi di euro).
Infatti, come ha avuto modo di ricordare il Ministero dell’Economia e delle Finanze qualche giorno fa, le statistiche non classificano il bonus degli 80 euro come un taglio fiscale, bensì come una misura di spesa sociale.
Le “Altre uscite correnti”, infine, sono anch’esse salite in misura importante: se in termini percentuali l’incremento   è stato del 10,1 per cento, in valore assoluto questa voce è aumentata di 6 miliardi di euro.
Dalla Cgia ricordano che in questa voce sono comprese le spese residuali, quali gli ammortamenti e le imposte che versano le Pa.

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LE RIFORME E LA DESTRA: DI QUALE OPPOSIZIONE HA BISOGNO L’ITALIA

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

C’E’ DAVVERO NECESSITA’ DI UNA DESTRA OGGI IN ITALIA?

Sono passati più di vent’anni da quando, con la discesa in campo di Berluconi (1994) e l’abbandono del fascismo da parte di Fini (1995), “essere di destra” ha cessato di essere un tratto inconfessabile.
In questi lunghi anni la destra è stata un po’ al governo, un po’ all’opposizione, ma la sua legittimità  e il suo ruolo non sono mai stati veramente in discussione.
Oggi le cose stanno cambiando. Non perchè gli italiani stiano tornando a demonizzare la destra, ma perchè la destra, o meglio le forze politiche che pretendono di rappresentarla, stanno accuratamente distruggendo quel poco che in vent’anni erano riuscite a costruire.
Lo spettacolo è davvero penoso.
La Lega di Salvini ha dimenticato di botto le sue radici federaliste, liberiste e anti-centraliste, e si sta ridefinendo essenzialmente come forza anti-immigrati e anti-Europa.
In questo processo   ha già  perso un pezzo dell’elettorato veneto e un leader importante, come il sindaco di Verona Flavio Tosi.
Del partito di Alfano non è neppure il caso di parlare, tanto la sua immagine è schiacciata su quella del governo, di cui appare come una semplice e pallida ombra. Resterebbe Forza Italia, ma non è chiaro neppure quante siano le fazioni che se ne contendono le spoglie, dopo che il patto del Nazareno ha innescato la balcanizzazione del partito
Qualcuno ora ipotizza che, tornato libero (fine dell’affidamento ai servizi sociali) e resuscitato politicamente (assoluzione nel processo Rubi), Berlusconi possa rimettere insieme i cocci del suo partito, rilanciare Forza Italia, e da quella posizione tornare a svolgere il ruolo di federatore del centro-destra. Sarò ingenuo, ma mi sfugge completamente come una tale operazione possa andare in porto.
Contro la ricostituzione di uno schieramento di centro-destra, capace di contendere il governo a Renzi, militano ragioni minori ovvie, e ragioni maggiori forse meno ovvie. Fra le ragioni ovvie: le 6-7 fazioni in campo sono litigiose e avide di potere; Berlusconi non si farà  da parte, ma ormai la sua presenza è un “valore sottratto” più che un valore aggiunto; il premio di maggioranza previsto dall’Italicum non va alla coalizione ma al partito (un’incredibile concessione di Berlusconi al Pd di Renzi).
Ci sono però anche ragioni più serie, ovvero più strutturali, per cui la ricostituzione di un’opposizione di destra credibile, competitiva con il “partito di Renzi”, appare oggi un’impresa disperata.
Le riassumerei con una domanda: c’è bisogno di una destra oggi in Italia?
Per certi versi sì, su terreni secondari come le politiche dell’immigrazione, o la lotta contro la criminalità , in cui è chiaro che il duo Renzi-Alfano non è in grado di intercettare il sentimento di tanti elettori, sconcertati dall’impotenza dello Stato di fronte al mancato rispetto delle regole.
Ma sulle cose fondamentali, sulle cose da cui dipende il futuro economico-sociale del Paese, forse non è una ricomposizione dello schieramento di destra quello che manca all’Italia.
È vero, quello di cui avremmo bisogno è una scossa al sistema, che faccia dimagrire lo Stato e ridia ossigeno ai produttori.
Il punto, però, è che, quando ha governato, la destra non è mai stata nè capace nè incline a fornire una tale scossa.
E quel poco (e spesso pasticciato) che Renzi sta facendo in questa direzione, è comunque di più di quello che la destra ha saputo fare quando era al comando.
Il dramma dell’Italia è che nè la destra nè la sinistra hanno una matrice liberale, ma la sua anomalia — ciò che rende, anche in questo, eccezionale il nostro straordinario paese — è che la destra, questo carrozzone che ora Berlusconi si accinge a rimettere in cammino, è ancora meno liberale della sinistra.
Detto più esplicitamente, e ancora più crudamente: nulla assicura che, se andasse al governo, l’ennesima ammucchiata guidata da Berlusconi non finirebbe, come in passato, di lasciarsi paralizzare dai contrasti interni.
Questo significa che Renzi va lasciato lavorare in pace, e che non c’è alcun bisogno di un’opposizione?
Tutt’altro, di un’opposizione c’è sicuramente bisogno.
Il mio dubbio è che l’opposizione che servirebbe oggi in Italia sia un’opposizione di destra.
Renzi è già  abbastanza di destra da lasciare ben poco spazio a un’opposizione dello stesso tipo. Pensate a quel che ha fatto o sta facendo sulla Costituzione, la legge elettorale, l’articolo 18, gli sgravi sul costo del lavoro, la riforma della magistratura (responsabilità  civile dei giudici), la gerarchia nella scuola (potere di assunzione ai presidi).
Vi sembrano cose di sinistra? No, sono cose abbastanza di destra.
Tutta la destra che l’Italia può realisticamente concedersi sta già  nell’agenda di Renzi. E infatti Renzi miete consensi anche nell’elettorato tradizionale della destra, fra i lavoratori autonomi, i professionisti, gli imprenditori
Il punto debole di Renzi, sul piano sociale, sono gli esclusi, gli outsider, le donne e i giovani cui ama rivolgersi ma per i quali sta facendo pochissimo.
Impegnato com’è a catturare il consenso di entrambe le basi sociali, quella tradizionale della sinistra (con gli 80 euro in busta paga) e quella tradizionale della destra (con il Jobs Act), Renzi sta scordando la Terza società , fatta di disoccupati, lavoratori in nero, donne e giovani “scoraggiati” che un lavoro non lo cercano più perchè hanno perso ogni speranza di trovarlo.
Sono 10 milioni di persone, cui pensano in pochi, e che non sembrano interessare nè la destra nè la sinistra, nè il governo nè l’opposizione, nè i populisti alla Grillo nè i nostalgici alla Landini e Cofferati.
Ecco perchè dico che ci vorrebbe una vera opposizione, ma nulla fa pensare che avremo il piacere di vederne presto una in campo.

Luca Ricolfi
(da “il Sole24ore”)

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BERLUSCONI MEDITA IL COLPO CLAMOROSO: APPOGGIARE TOSI IN VENETO

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

INFASTIDITO PER GLI ATTACCHI DI SALVINI E LA PIEGA POPULISTA DELLA LEGA, SILVIO NON ESCLUDE DI ALLEARSI CON IL SINDACO DI VERONA

Berlusconi si è proprio rotto di questo «goleador», i cui atteggiamenti iniziano a ricordargli quelli di Balotelli, la «mela marcia» che temeva potesse rovinare l’armonia nello spogliatoio rossonero.
E se da presidente del Milan ci mise del tempo prima di liberarsi del giocatore, da leader di Forza Italia sta esaurendo la pazienza verso il segretario del Carroccio, quella «testa matta» – è la sua definizione – che gioca per sè irridendo persino la squadra.
Non gli va giù il modo in cui Salvini lo tratta, insomma.
Così venerdì, dopo essersi sentito etichettare come un leader «del passato», ha deciso che era giunto il momento di reagire.
E quando ad Arcore, durante una riunione sulle Regionali, gli hanno chiesto se l’eventuale candidatura di Tosi in Veneto fosse un’opzione da scartare, ha risposto d’istinto: «No, no. Questo asso teniamolo nel mazzo…».
È da vedere se davvero Berlusconi romperà  con il segretario della Lega per allearsi con il sindaco di Verona.
Sarebbe un evento clamoroso, non solo perchè con Zaia – che è stato suo ministro – ha un ottimo rapporto, mentre con Tosi ci sono vecchie storie tese.
Ma il problema è Salvini, la sua linea, gli atteggiamenti che proprio non gli piacciono. L’altro giorno, a pranzo con il presidente del Ppe Daul, ha fatto una tirata dopo che l’ospite gli aveva raccomandato l’unità  del centrodestra alle prossime elezioni: «In Francia abbiamo perso praticamente dappertutto per questo problema».
«E io mi sto impegnando», ha replicato il leader di Forza Italia: «Io dico che dobbiamo andare tutti insieme, però Salvini…».
E giù una collezione di apprezzamenti: «Non mi piacciono i suoi toni arroganti, non mi piace il suo populismo, non mi piace la deriva estremista che ha fatto prendere alla Lega».
Pensava di applicare con l’uomo in felpa lo stesso metodo adottato con il ragazzo in maglietta, che trangugiò a Milanello nella speranza gli facesse gol.
Ma quella è la sua squadra, questo invece è un altro partito, con un altro capo, peraltro assai diverso da Bossi.
E allora, visto che Salvini continua a comportarsi come Balotelli, il presidente (di Forza Italia) ha deciso di dargli un avvertimento, strizzando l’occhio a Tosi.
Di lui gli hanno parlato a tavola alcuni fedelissimi, «in Veneto ha la Chiesa che lo sostiene».
Di lui ha letto venerdì una nota, nella quale il sindaco di Verona sosteneva che «se Berlusconi si candidasse alle primarie del centrodestra, le vincerebbe».
Un vero e proprio controcanto a Salvini, che poche ore prima aveva liquidato l’argomento: «Berlusconi non può essere più leader».
Quella dell’ex premier sarà  una mossa tattica, presto lo si capirà , perchè l’idea di tenere «l’asso nel mazzo» potrebbe servire a provocare una reazione nella Lega.
Soprattutto in Zaia, che da candidato in Veneto è esposto per quanto sia favorito, e che avrebbe vinto senza far nemmeno campagna elettorale se solo avesse potuto ripresentarsi con la stessa squadra di governo regionale.
Non a caso Tosi, che promette di far danni nella Lega, si è espresso in quel modo verso Berlusconi.
In politica nulla è fatto gratis, e c’è un motivo quindi se il sindaco di Verona ripete che «bisogna riunificare il centrodestra», se anche Alfano prova a verificare le reali intenzioni del «dottore» e gli offre una sponda: «Quando Tosi sceglierà  se candidarsi, valuteremo. Certo, se Forza Italia ci stesse, potremmo condividere una candidatura in Veneto».
È chiaro che su al Nord non è in gioco (solo) una poltrona da governatore ma si sperimentano i futuri assetti di quello che fu il campo dei moderati.
E il ministro Lupi esorta Berlusconi a fare ciò che sempre ha fatto: «Dalla nascita del Pdl, all’idea del governo delle larghe intese, fino al patto del Nazareno, ha avuto sempre l’intuito per costruire progetti importanti, tranne poi interromperli. La storia gli offre ora un’altra possibilità , riproponendolo davanti a un bivio: può essere protagonista di un progetto nuovo o decidere di percorrere la strada segnata da Salvini».
In effetti, per una mano, Berlusconi può tenere il banco al tavolo del centrodestra.
E dal mazzo per il momento non ha ordinato di scartare Tosi: «No, no. Teniamolo».

Francesco Verderami

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LA MORETTI CI CREDE: “SARO’ IL SINDACO DEL VENETO”. E A PADOVA SONO IN DUEMILA AD ASCOLTARLA

Marzo 15th, 2015 Riccardo Fucile

“CON ZAIA IL VENETO NELLA SANITA’ E’ PASSATA DAL 2° AL 5° POSTO, VOGLIO RIPORTARLO IN TESTA”… E PUNTA SUL LAVORO E SUGLI AIUTI ALLE PICCOLE IMPRESE… IN 49 GIORNI HA VISITATO 286 COMUNI VENETI SU 579

“Sarò il sindaco del Veneto e sarò sempre tra la gente, in ascolto”. Così Alessandra Moretti questa sera a Padova ha dato il via ufficiale alla campagna elettorale per le regionali, dove sarà  in competizione con Luca Zaia e l’ormai ex leghista Flavio Tosi, oltre al pentastellato Jacopo Berti
Lavoro, imprese e sanità , sono i punti in testa al programma elettorale dell’esponente del Pd, uscita vincitrice dalle primarie del centrosinistra in Veneto.
Una Moretti che si è presentata battagliera davanti a oltre duemila simpatizzati nel ‘Centro Papa Luciani’ di Padova.
“Ho iniziato il mio tour in tutti i comuni del Veneto il 16 gennaio – ha ricordato – Eravamo già  convinti che il centrosinistra a maggio avrebbe vinto le elezioni, e non sulle macerie del centrodestra, che allora era ancora compatto, con la Lega non divisa. Vogliamo una regione che torni protagonista e leader della ripresa economica, della politica nazionale ed europea”.
Più volte l’ex europarlamentare è tornata sulle questioni relative al lavoro.
“La domanda più drammatica – ha affermato – è quella del lavoro, su cui c’è una Regione che non ha saputo dare risposte e che ha lasciato soli i cittadini. Partiremo nei primi cento giorni del nostro mandato con un piano straordinario sul lavoro, per valorizzare il jobs act del governo Renzi declinandolo con le nostre specificità “. Fondamentale per Moretti sarà  anche “riportare la sanità  veneta a livelli di eccellenza, dopo il declassamento dal secondo al quinto posto nella classifica nazionale”.
Infine la candidata Dem ha promesso vere forme di sostegno all’impresa “che sappia vincere le nuove sfide della competizione internazionale, attraverso anche una Regione che deve saper semplificare e sburocratizzare, rilanciare il Veneto”.
Sui rumor di possibili trattative, tra lei e il candidato Flavio Tosi, Moretti ha risposto così ai cronisti: “sono dietrologie banali. Io penso a parlare ai veneti di proposte vere, concrete. Smettiamola con politica degli intrallazzi e degli inciuci, che non ha mai fatto parte del mio dna”.

(da “Huffingtonpost“)

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