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BRASILE, COSI’ IL PIANO “FAME ZERO” DI LULA HA DIMEZZATO LA POPOLAZIONE MALNUTRITA

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

SUSSIDI ALLE FAMIGLIE POVERE A CONDIZIONE CHE I FIGLI VENGANO VACCINATI E MANDATI A SCUOLA… PER OGNI REAL SPESO IL RITORNO E’ DI 1,78

Partiamo doverosamente dai numeri.
Le cifre giustificano l’orgoglio con cui l’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva lo scorso 6 giugno ha illustrato ai delegati della Fao, l’organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, i risultati del programma “fome zero”, lanciato nel 2003 per combattere malnutrizione e povertà  nel paese sudamericano.
Tutti gli indicatori evidenziano un miglioramento: la quota di popolazione malnutrita si è più che dimezzata rispetto al 10,7% del 2002 (fonte la stessa Fao) e la mortalità  infantile è scesa da 28 bambini su mille a 18 su mille.
Dal 2003 l’indice di povertà , cioè la quota di popolazione che guadagna meno di 2 dollari al giorno, è crollato dal 24 al 10% e contemporaneamente l’indice di Gini che misura, su una scala da 1 a 0, l’intensità  delle diseguaglianze, è sceso da 0,59 a 0,52.
Qualunque indicatore si utilizzi, si tratti dell’aspettativa di vita, delle deficienze caloriche o dell’accesso a elettricità  e acqua potabile, il progresso è evidente.
Detto più semplicemente, in un decennio oltre 20 milioni di brasiliani sono stati strappati alla povertà .
I risultati sono ancor più degni di nota se si considera che storicamente il fenomeno povertà  in Brasile è strutturale e quindi particolarmente pernicioso: non dipende dagli alti e bassi della congiuntura economica ma piuttosto da salari da sempre bassissimi che sono alla base delle fortissime diseguaglianze.
Negli otto anni di presidenza Lula i salari minimi sono cresciuti di oltre il 130% in termini nominali, ossia anche per effetto dell’inflazione.
La lotta alla fame e alla povertà  è stata uno dei punti centrali della presidenza di Lula sin dal primo giorno del suo mandato.
Nel discorso di insediamento del gennaio 2003 l’ex presidente lo mise subito in chiaro: “Se alla fine del mio mandato ogni brasiliano sarà  in grado di mettere insieme colazione, pranzo e cena avrò realizzato la missione della mia vita”.
Poco dopo il nuovo governo avviava il progetto “Fome zero”, una serie di misure per alleviare il disagio dei 44 milioni di brasiliani in situazione di grave indigenza, il più ampio programma di assistenza a livello globale.
La parte più nota del progetto è “bolsa familia” ossia l’erogazione di sussidi in contanti alle famiglie povere con figli a condizione che i bambini vengano vaccinati, sottoposti a periodici controlli medici e mandati regolarmente a scuola.
Ogni famiglia con reddito sotto i 140 real al mese (circa 80 euro) riceve 32 real per ogni figlio fino a un massimo di 5.
Come ricorda Vito Cistulli, senior policy officer della Fao, “le chiavi del successo del programma brasiliano sono state l’offerta di una copertura il più ampia possibile, la stretta condizionalità  a cui è subordinata l’erogazione dei sussidi e l’idea di investire sullo sviluppo del capitale umano”.
Da questo punto di vista, valutare i risultati nel lungo termine è molto complesso ma la strada è quella giusta.
“Secondo alcuni studi per ogni real speso in questi programmi il ritorno per l’economia del paese è di 1,78 real”. Il programma è insomma la risposta corretta al finto quesito se quando qualcuno ha fame sia meglio dargli un pesce o insegnarli a pescare. Entrambe le cose, prima si fa fronte alle esigenze immediate e solo dopo si può cercare di sviluppare una capacità  di sussistenza autonoma.
“Un altro punto di forza del caso brasiliano”, prosegue Cistulli, “è stata la continuità  delle politiche di sostegno che ha caratterizzato gli ultimi governi, al di là  del loro colore politico”.
Il governo Lula non partiva infatti da zero.
Una serie di programmi di sostegno erano già  stati avviati dal precedente presidente Fernando Henrique Cardoso, di orientamento più liberale.
Buona parte di questi interventi è stata inglobata nel più ampio piano di Lula che ha avuto il merito di razionalizzare i diversi progetti e migliorarne il coordinamento. Anche i rapporti tra governo centrale e strutture locali sono stati resi più efficienti e fluidi, migliorando la gestione delle risorse.
Si è anche tentato, con un certo successo, di sviluppare una responsabilità  sociale delle imprese private, coinvolgendo nel progetto “fome zero” colossi come Unilever o Ford e diverse catene di supermercati. E si è fatto anche altro.
“Un progetto complementare molto importante”, ricorda Vito Cistulli, “è il programma in cui le istituzioni locali si impegnano ad acquistare prodotti alimentari dai piccoli produttori delle aree rurali creando uno sbocco di mercato in aree molto povere”.
Circa 140mila famiglie sono già  state coinvolte. Per caratteristiche geografiche e fisiche il Brasile non è certo Paese incapace di assicurare un’adeguata offerta alimentare ai suoi 202 milioni di abitanti.
Ma la bassa domanda di viveri dovuta alla povertà  ha spesso frenato gli investimenti, piccoli e grandi, per aumentare la produttività  delle coltivazioni.
Nel corso degli anni la spesa per le politiche sociali è progressivamente aumentata. Solo il programma “bolsa familia” è passato da una dotazione di 2,4 miliardi di real del 2002 (circa 620 milioni di euro) agli attuali 13 miliardi (3,7 miliardi di euro).
In anni di forte crescita è stato relativamente semplice ma ci si chiede se questi programmi siano sostenibili anche in una fase di rallentamento come quella che sta vivendo ora il paese.
Cistulli è però ottimista: “Fome zero incide per una quota estremamente limitata sul totale della spesa pubblica brasiliana, non si arriva neppure all’1%.
La sola ‘bolsa familia’ vale appena lo 0,5% del Pil. Gli interventi sono pertanto sostenibili senza grandi difficoltà  anche in fasi economiche non particolarmente brillanti”.
L’esperienza brasiliana è ormai guardata come un punto di riferimento nelle politiche di lotta alla povertà  e diversi paesi stanno tentando di replicarla.
Ma quali sono le condizioni fondamentali perchè i piani ottengano i risultati sperati? Per Cistulli “innanzitutto un impegno continuativo da parte dei governi che si avvicendano. Poi una copertura degli interventi il più possibile estesa che deve essere però accompagnata da un efficiente apparato amministrativo per individuare con precisione i destinatari. Infine è importante il coordinamento degli interventi”.
Cistulli ricorda come in Africa questi ultimi due elementi spesso lascino a desiderare. “Contrariamente a quanto accade in Brasile, nei paesi africani questi programmi sono spesso finanziati da donatori, con carenze sul fronte del coordinamento. Mancano poi le strutture amministrative in grado di gestire un programma articolato e individuare in modo sufficientemente preciso i destinatari degli aiuti. Quello che andrebbe ripreso dell’esperienza brasiliana — conclude — sono proprio il modello istituzionale e l’organizzazione in grado di implementare i programmi in modo efficace. L’aspetto economico può essere superato dai minori costi di un’amministrazione più efficiente”.

Mauro Del Corno
(da “il Fatto Quotidiano”)

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RITARDI, SPORCIZIA, AFFOLLAMENTO SUI MEZZI PUBBLICI DI ROMA: EMERGENZA DA TERZO MONDO

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

OGNI VIAGGIO NELLA CAPITALE E UN’AVVENTURA

È un normale pomeriggio di luglio a Roma.
Sono terminate le proteste dei giorni scorsi che avevano provocato malori, liti, ressa e interventi della polizia nella metro.
È solo un normale pomeriggio con la temperatura da Africa subsahariana ed un tasso di umidità  da premonsone.
Roma appare come una città  liquefatta, diluita, sempre più inafferrabile. Non per il caldo ma per quella disarmante certezza di non avere più certezze.
Alla fermata degli autobus a trenta metri dal Campidoglio un grappolo di persone sudate aspetta guardandosi intorno con aria disorientata: la palina degli arrivi è fuori uso.
Da lì ci sono almeno 6 linee diverse di autobus in grado di portare ad una fermata della metropolitana.
La prima passa dopo dieci minuti di attesa. In pieno centro. Le porte si spalancano su un abisso di umanità  accaldata: se c’è dell’aria condizionata accesa nessuno se ne accorge. Una turista chiede all’autista se è l’autobus per andare alla stazione. «Ahò, e che domande so’? E io me fermo pure».
Sono le due e mezza del pomeriggio.
Alla stazione della metropolitana di Piramide le possibilità  di attesa sono due.
Di lì parte il trenino per Ostia, frequenza uno ogni mezz’ora che con il trascorrere delle ore diventano almeno 45.
Da un altro marciapiede passa la linea B della metropolitana, minimo dieci minuti. Sulla banchina hanno il tempo di affollarsi stuoli di persone. Alessandra ha il costume sotto i vestiti e una bambina per mano, sta arrivando da Ostia: «E’ sempre così: ora hanno anche portato la frequenza dei treni per Ostia da dieci minuti a mezz’ora. Noi però paghiamo sempre la stessa cifra. Anzi, di più».
Quando finalmente arriva il treno ci si ammassa dentro come si può, ognuno con la mano sulla borsa.
Non solo non c’è aria condizionata, non c’è proprio aria.
Si respira soltanto quando si aprono le porte e viene voglia anche di ringraziare per essere arrivati. In fondo, non è successo nulla di grave: non c’è un’emergenza nè uno sciopero, si impiega solo il triplo del tempo. E’ colpa di Alemanno, di Marino e di tutti i sindaci di Roma ma andrà  di sicuro meglio se si lasciano le linee dell’Atac, l’azienda municipale dei trasporti.
Il prossimo treno delle Fs per Fiumicino parte alle 15,35.
Le macchine self-service per acquistare il biglietto sono ovunque nella stazione. Spingendo il primo tasto appare una scritta enorme sullo schermo: «Attenti ai borseggiatori».
In effetti intorno alle macchine circolano da anni inquietanti personaggi che con la scusa di aiutare sono pronti a tutto.
Il treno è puntuale e anche dotato di aria condizionata, la prima in due ore. C’è solo uno strano andirivieni di addetti alla protezione dell’azienda e poi di polizia: hanno trovato una valigia incustodita, è scattato l’allarme.
Dopo alcune verifiche la valigia viene portata via, si parte. «A Roma c’è sempre qualcosa che non va», commenta Leonardo, 50 anni, che sta andando a prendere l’aereo per tornare a casa.
Si arriva a Fiumicino dopo le quattro. Alle partenze internazionali non c’è folla.
Tutto sembra procedere a meraviglia finchè non si intravede la prima mascherina, poi la seconda. Sono passati più di due mesi dall’incendio che aveva messo in ginocchio lo scalo, il terminal T3 è stato riaperto ma la normalità  è lontana.
Accanto agli schermi luminosi delle partenze è stato installato un pannello con un avvertimento molto chiaro: «Velocizzare l’arrivo presso l’area di imbarco».
Come dire: allontanatevi in fretta da qui. E tutti si allontanano in silenzio.
In fondo non è successo nulla di grave, non c’è un’emergenza nè uno sciopero.
E’ solo un normale pomeriggio fra i trasporti della capitale d’Italia.

Flavia Amabile
(da “La Stampa”)

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TROPPO DIVISA PER DECIDERE, L’EUROPA RIMANDA

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

IL VERTICE SI SPACCA, FINLANDIA E ALTRE CINQUE NAZIONI CON LA GERMANIA…   VERSO UN NUOVO INCONTRO LA PROSSIMA SETTIMANA

Riunione molto tesa all’Eurogruppo.
Il piano messo a punto da Atene, votato anche dal Parlamento ellenico, ha incontrato all’interno del vertice dei ministri delle Finanze diverse opposizioni.
Ampio il fronte, guidato dallo stesso presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, che chiederebbe alla Grecia “misure ulteriori”, così come indicato dalle istituzioni nella loro valutazione preliminare, per rispettare i target di bilancio fissati all’interno del piano ellenico.
Ma all’interno di questa area ci sarebbe un più ristretto gruppo di Paesi sostenitori di una posizione ancora più dura.
Non solo la Germania, che avrebbe anche ipotizzato una possibile “Grexit temporanea” per 5 anni, ma anche la Finlandia che sarebbe pronta a votare no a qualsiasi accordo.
Sulla stessa linea anche Slovenia, Slovacchia, Estonia, Lituania e Paesi Bassi.
Una posizione molto dura, che avrebbe impedito di trovare l’unanimità  per rendere valide le decisioni dell’Eurogruppo.
Per questo alla fine i ministri avrebbero convenuto di riaggiornarsi la prossima settimana, con un nuovo Eurogruppo.
La giornata.
Linea durissima della Germania al vertice dell’Eurogruppo.
Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble avrebbe proposto una Grexit per cinque anni, tempo in cui Atene potrebbe ristrutturare il suo debito.
Lo scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung am Sonntag, secondo un’anticipazione, citando un documento del ministero delle Finanze.
Fonti del governo greco hanno però smentito che questa proposta sia stata discussa al tavolo del meeting dei ministri delle Finanze.
Secondo l’agenzia France Presse, il documento esisterebbe ma a quanto risulta non sarebbe stato discusso oggi nel corso del meeting.

(da “Huffingtonpost“)

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RIVELAZIONE DE “LA TRIBUNE”: LA GERMANIA HA AZZERATO 1,5 MILIARDI DI DEBITI ALL’AUSTRIA

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

FIGLI E FIGLIASTRI: PER LA GRECIA NON SI POSSONO FARE TAGLI DEL DEBITO SULLA BASE DEI TRATTATI EUROPEI, PER LA CARINZIA INVECE SI PUO’

“Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati europei”. Parola di Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze del governo di Angela Merkel.
E tanti saluti alla Grecia.
Peccato che, se si tratta dei vicini germanofoni dell’Austria, la musica sia completamente diversa.
È stato infatti raggiunto un accordo politico fra il land tedesco della Baviera e la vicina Carinzia per una ristrutturazione da quasi 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento dello Stato federale austriaco.
Scrive il magazine specializzato in questioni europee Eunews:
La notizia l’ha data il quotidiano economico francese La Tribune. Dopo una lunga e controversa vicenda, lo Stato federale della Carinzia e il land tedesco della Baviera hanno trovato un accordo per tagliare di più della metà  il debito del primo nei confronti del secondo.
La cifra “scontata” sarebbe di 1,45 miliardi di euro, di poco inferiore ai 1,6 miliardi che la Grecia non ha rimborsato entro il 30 giugno scorso al Fondo monetario internazionale, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.
La ristrutturazione del debito è diventata inevitabile e dopo settimane di negoziati fra i rispettivi ministeri delle Finanze, Austria e Bavaria sono finalmente giunti a un accordo politico.
Secondo La Tribune, l’intesa prevede che la BayernLB accetti di ricevere solo 1,3 miliardi dei 2,75 dovuti.
E in Baviera c’è addirittura chi propone di andare oltre e annullare il debito austriaco. Chissà  cosa direbbe Tsipras se lo sapesse.
Insomma, quel che per Atene non si può fare, per i vicini di casa non è stato un problema.

(da “Huffingtonpost”)

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EUROGRUPPO IN SALITA, SULLE PROPOSTE DI TSIPRAS GELO DA BERLINO: “NON SONO CREDIBILI”

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

E’ INIZIATA LA RIUNIONE DEI MINISTRI FINANZIARI DIVISI TRA FALCHI E COLOMBE… PER LA GERMANIA “LE PROMESSE NON BASTANO”

“Proposte non credibili. Diremo ai colleghi greci che non hanno fatto nulla per rafforzare la fiducia”.
Berlino gela così il piano da 12 miliardi presentato da Atene all’ex Troika. Che per i tecnici è, sì, “una buona base di partenza”, ma non sarà  sufficiente a sbloccare il terzo giro di aiuti internazionali da 74 miliardi di euro per evitare il fallimento della Grecia e il rilancio del Paese.
Insomma, serviranno “misure supplementari” per raggiungere gli obiettivi di bilancio, ma soprattutto serviranno maggiori riforme rispetto a quelle promesse dal premier Alexis Tsipras.
La Frankfurt Allgemeine Sonntagszeitung raffredda con queste parole gli ottimisti che speravano in un rapido accordo durante l’Eurogruppo iniziato oggi pomeriggio, come annunciato su Twitter dal ministro delle Finanze finlandese, Alexander Stubb.
Peggio, il fatto che il piano Tsipras abbia ottenuto il via libera del Parlamento greco con i voti dell’opposizione e spaccando la maggioranza di governo preoccupa molti governi: “Difficile portare avanti le riforme senza un ampio consenso” ha detto il ministro dell’economia irlandese Michel Noonan.
Con ogni probabilità , l’incontro non basterà  a raggiungere un’intesa: il destino di Atene verrà  rimandato alla riunione di domani del Consiglio europeo.
“Siamo qui per fare molti progressi” ha detto il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde.
Questione di fiducia.
A pochi minuti dall’inizio della riunione dei ministri finanziari, è il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem a dire che “sarà  un incontro abbastanza difficile, ancora non ci siamo, ci sono molte critiche alle proposte greche sulla sostanza e un grosso problema di fiducia”.
Il Governo greco, dunque, deve “mostrare grande impegno per ricostruire la fiducia”.
Il ruolo della Germania.
Il nodo delle trattative riguarda la ristrutturazione del debito complessivo per la quale è necessario un accordo politico che passerà  per la volontà  dei capi di governo dopo che i ministri delle Finanze avranno fatto le loro valutazioni tecniche.
A rompere il silenzio ufficiale della Germania (che per ore si è limitata a dire “l’esito delle trattative è aperto a ogni risultato”) è il ministro dell’Economia Wolfgang Schaeuble: “Il negoziato – ha detto – è estremamente difficile” perchè le nuove proposte greche presentano “lacune finanziarie. Le promesse non bastano. Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati”.
Intanto, la stampa tedesca spiega che il nuovo programma non dovrà  essere basato solo sulle “azioni prioritarie” presentate da Atene ma dovrà  anche “contenere” indicatori strutturali e quantitativi “per il futuro”.
La sensazione è che sul futuro di Atene sia stia giocando un’importante partita politica in Germania: da un lato proprio il falco Schaeuble cha avrebbe definito il piano greco “uno scherzo”, dall’altro la cancelliera Angela Merkel che lavora per mantenere la Grecia nell’euro.
I falchi.
Tra i più scettici ci sono gli olandesi: “Il piano è debole in alcune aree, cominceremo i negoziati quando tutte le condizioni saranno riempite, ma c’è seria preoccupazione sull’attuazione visto che i greci stanno proponendo qualcosa che una settimana fa era stata rigettata al referendum” ha detto il viceministro delle finanze olandese Eric Wiebes.
Il vicepresidente della Commissione Ue, Vladis Dombrovskis, riconosce i “chiari progressi” greci, ma sottolinea “perplessità  e dubbi” che permangono da parte di vari paesi.
Le colombe.
In particolare i falchi vorrebbero un “chiaro intendimento comune su contenuti e tempi degli obblighi” con il governo greco sulle proposte presentate “per avere una base chiara su cui possa essere concordato un programma Esm”.
A mediare tre le parti ci sono le colombe, con i francesi in prima linea: il ministro delle Finanze, Michel Sapin, sta aiutando la delegazione greca ad apportare alcune correzioni al testo definitivo, mentre il Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, dice: “Il piano di Atene è un gesto significativo”.
A questo punto è ipotizzabile che si arrivi a uno sblocco dei fondi necessari per rimborsare i debiti in scadenza con il Fmi e la Bce (il prossimo 20 luglio) e si valutino per gradi i risultati raggiunti dalla Grecia.

(da “La Repubblica”)

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SREBRENICA: IL PREMIER SERBO VUCIC CACCIATO A SASSATE DALLA CERIMONIA COMMEMORATIVA

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

COLPITO DA PIETRA IN VISO HA ABBANDONATO LE CELEBRAZIONI

Il premier serbo Alaksandar Vucic ha lasciato la cerimonia per Srebrenica dopo essere stato colpito da una pietra lanciata dalla folla inferocita che lo contestava. Leggermente ferito, Vucic ha abbandonato le celebrazioni del genocidio e sta tornando a Belgrado.
Lo scrivono i media serbi.
“La delegazione guidata da Vucic ha lasciato la cerimonia dopo un attacco durante il quale il premier è stato colpito alla testa e gli si sono rotti gli occhiali”, ha riportato l’agenzia di stampa ufficiale Tanjug.
Vucic aveva appena deposto un fiore davanti al monumento che ricorda i nomi delle oltre 6.200 vittime identificate e sepolte nel cimitero commemorativo di Srebrenica quando la folla ha iniziato a scandire allah akbar (dio è grande), lanciando pietre contro il premier.
Circondato dalle guardie del corpo, Vucic è riuscito a lasciare il cimitero tra gli appelli alla calma degli organizzatori.
Secondo Blic online, all’ingresso del cimitero dove era in programma oggi la tumulazione di alcune delle vittime del genocidio, la folla inferocita è riuscita ad abbattere le barriere di protezione, dirigendosi verso Vucic e i suoi collaboratori, gettando pietre, bottigliette d’acqua e scarpe.
“Era orribile, hanno lanciato sassi, scarpe, qualunque cosa avessero sotto mano”, ha detto a Blic un membro della delegazione serba.
La folla gridava “Cetnici, tornate a casa”. Il primo ministro è stato colpito da una pietra in faccia, è stato ferito, ma non era spaventato. Gridavano Allah è grande”.
Le autorità  serbe hanno reagito duramente all’aggressione parlando di “atto di guerra” e di “tentato omicidio”.
Negli anni passati nel cimitero di Potocari sono state già  sepolte le spoglie di 6.241 bosniaci musulmani massacrati dalle milizie serbe nel luglio 1995.

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“NAPOLITANO? DE GENNARO E LETTA CE L’HANNO PER LE PALLE, SANNO DI GIULIO”

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

L’INTERCETTAZIONE TRA DARIO NARDELLA, VICE DI RENZI, E MICHELE ADINOLFI, COMANDANTE IN SECONDA DELLA GUARDIA DI FINANZA

Il 5 febbraio 2014, quando già  la staffetta era matura, alla Taverna Flavia di Roma pranzano in quattro: il vicesindaco (poi sindaco) di Firenze Dario Nardella, il generale della Guardia di Finanza allora a capo di Toscana ed Emilia-Romagna Michele Adinolfi, oggi comandante in seconda della Gdf, il presidente dei medici sportivi Maurizio Casasco e l’ex capo di gabinetto del ministro Tremonti nonchè presidente di Invimit, società  di gestione del risparmio che amministra immobili pubblici ed è di proprietà  del ministero dell’Economia, Vincenzo Fortunato.
I carabinieri del Noe guidati dal colonnello Sergio De Caprio intercettano il colloquio con una cimice sotto il tavolo.
Due le partite: la nomina a sorpresa del generale Saverio Capolupo, anzichè di Adinolfi, al vertice della Finanza da parte del morituro governo Letta.
E la staffetta tra questi e Renzi, amico dei commensali.
In questo contesto l’attuale numero due della Guardia di Finanza dice che il figlio di Napolitano “Giulio oggi a Roma è potente, è tutto”.
Poi sembra dire che il capo dello Stato sarebbe ricattabile perchè “l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e (Enrico, ndr) Letta ce l’hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”.
Nardella non fa una piega, anzi.
Scrive il Noe: “Nardella dice che la strada è più semplice. Bisogna fare la legge elettorale e andare alle elezioni anticipate”.
Poi dice che Letta gli sembra “andreottiano” e “attaccato alla seggiola”.
E allude malizioso: “A meno che non ci sia anche da coprire una serie di cose, come uno nomina sei mesi prima il comandante, perchè… a me è venuta la Santanchè pensa, che dice tanto tutti sanno qual è la considerazione di Giulio Napolitano. Prima o poi uscirà  fuori”.
Insomma, il segreto non sarebbe più tale. “Se lo sa la Santanchè, vabbè ragazzi”.
Adinolfi resta sul tema: “Giulio oggi a Roma è tutto o comunque è molto. Giusto? Tutto, tutto… e sembra che… l’ex capo della Polizia … Gianni De Gennaro e Letta ce l’hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”.
Nardella commenta criptico: “A quello si aggiunge, quello è il colore…”, seguono parole incomprensibili. Fortunato pensa al potere del figlio del presidente: “Comunque lui è un uomo, c’ha studi professionali, interessi. Comunque tutti sanno che lui ha un’influenza col padre. Come è inevitabile… ha novant’anni c’ha un figlio solo”.
Nardella concorda: “È fortissimo!”. Adinolfi: “Non è normale che tutti sappiano che bisogna passare da lui per arrivare” e Nardella sembra accennare a un possibile conflitto di interesse: “Consulenze, per dire consulenze dalla pubblica amministrazione”.
A conferma dell’ipotetica relazione tra la nomina di Capolupo e una presunta ricattabilità  di Giulio Napolitano c’è una telefonata del giorno seguente.
Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e delegato per la Legalità  di Confindustria nazionale, parla con Adinolfi.
Mentre aspetta Montante confida a qualcuno vicino: “Perchè è stato prorogato… chissà  perchè… Figlio di puttana ha beccato ha in mano tutto del figlio di Napolitano, tutto… me l’ha detto Michele… ha tutto in mano sul figlio di Napolitano”. Dove Michele, secondo i carabinieri, è Adinolfi.
Non è chiaro, dalla registrazione, cosa abbia in mano Capolupo.
Potrebbero essere parole in libertà  ma una democrazia non tollera ombre.
Anche Giorgio Napolitano non esce bene dalle intercettazioni, come quella di una conversazione tra Fabrizio Ravoni, già  al Giornale dei Berlusconi e poi a Palazzo Chigi con Berlusconi e Fortunato.
Il Noe definisce “interessante” la conversazione del 5 febbraio 2014 in cui il burocrate più potente ai tempi di Tremonti, “in contrasto con l’attuale governo Letta sente il bisogno di esternare circa un ruolo anomalo di Giulio Napolitano.
Il discorso — prosegue il Noe — parte da Fortunato che racconta a Ravoni le sue considerazioni sull’azione del Presidente della Repubblica, che avrebbe favorito provvedimenti favorevoli al figlio Giulio imponendo il rigore su altri: ‘Guarda è un uomo di merda io so’ convinto da tempo… prima ha fatto cadere questo poi ha spostato il rigore a parole perchè tra l’altro quando si trattava di far passare i provvedimenti per l’Università  che gli stavano al cuore al figlio era il primo a imporci le norme di spesa ma comunque poi ha imposto a tutto il paese un anno di governo Monti al grido rigore, rigore, rigore…’”.
E il Noe ricorda che Napolitano jr. è professore ordinario a Roma tre.

Vincenzo Iurillo e Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)

la replica di Giulio Napolitano

“Il Fatto Quotidiano di oggi riferisce di una conversazione   da taverna fra una serie di persone, da me mai frequentate, le quali, per spiegare il loro mancato ottenimento di vantaggi e nomine sostengono che ciò sarebbe dovuto al fatto, risibile e assurdo, che io sarei “ricattato” o “ricattabile”
Nei nove anni di presidenza di mio padre ho sempre assunto un profilo pubblico e professionale volutamente in disparte, rifiutando moltissimi incarichi che anche indirettamente avrebbero potuto riverberarsi negativamente sulla attività  e la immagine del presidente della Repubblica.
Tant’è che i commensali, nei cui confronti valuterò le azioni da intraprendere, non riescono ad evidenziare un solo fatto, evento, provvedimento che in qualche modo mi avrebbe favorito
Rimane una domanda di fondo: come sia possibile che conversazioni manifestamente irrilevanti, per la loro forma e il contenuto, siano potute entrare nella carte di un procedimento penale che riguarda tutt’altre vicende e da qui diffuse ad arte. Ma si tratta di malattia antica che va ben oltre il maldestro tentativo di gettare fango sulla mia persona”.

Giulio Napolitano

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IL CASO “LETTA INCAPACE, BERLUSCONI E CON ME” SVELA LA STRATEGIA DI RENZI

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

“LUI NON E’ CAPACE, NON E’ CATTIVO, L’ALTERNATIVA E’ GOVERNARLO DA FUORI”

Le strategie per prendere il posto di Enrico Letta, spiegate dalla viva voce di Matteo Renzi in una telefonata dell’11 gennaio 2014, meno di un mese prima di suonare la campanellina dello sfratto al suo predecessore.
Renzi, si scopre oggi, propose a Letta l’onore delle armi, uno specchietto per le allodole o una promessa che non si poteva mantenere e nemmeno rifiutare: il Quirinale nel 2017 in cambio di Palazzo Chigi.
Ma Letta, che Renzi definisce “un incapace”, non accetta e così l’allora sindaco lo asfalta.
Nell’indagine di Napoli sulla Cpl Concordia c’è la vera trama della svolta politica.
Il 10 gennaio 2014 Renzi va a Palazzo Chigi con Delrio.
Qui avrebbe fatto la proposta all’allora premier, come racconta l’indomani. Ore 9.11, Renzi risponde al comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, allora indagato per una sospetta fuga di notizie che sarà  archiviato su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock.
Renzi parla sul suo cellulare, una “utenza intestata — annotano i carabinieri del Noe — alla fondazione Big Bang”. Quel giorno compie 39 anni.
Renzi (R): Signor generale!
Adinolfi (A): Mi dicono fonti solitamente ben informate che ti stai avviando anche tu verso una fase di rottamazione.
R: È la disinformatia del partito…
A: Come stai amico mio? Tanti auguri, tanti auguri e complimenti. Matteo, spero di vederti in qualche occasione.
R: Con molto, molto piacere. La settimana prossima sarà  un po’ decisiva perchè vediamo se riusciamo a chiudere l’accordo sul governo. E…
A: Rimpastino?
R: Sì, sì. Rimpastino sicuro. Rimpastone, no rimpastino! Il problema è capire anche… se mettere qualcuno dei nostri…
A: È lì il punto! O stare fuori, va bene?
R:No, bisogna star dentro.
A: Oppure stare dentro.
R: Stare dentro però rimpastone.
A: Significa arrivare al 2015.
R: E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perchè lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
A: È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
In sostanza Renzi anticipa a un generale, non un suo consulente ma al limite un suo controllore, una strategia che nessuno ha mai svelato: la staffetta (il “rimpastone”) con un risarcimento, il Quirinale nel 2017, per l’inquilino sfrattato da Palazzo Chigi. Proposta rifutata.
Due i problemi, spiega Renzi al generale: Letta jr ha 46 anni, dovrebbe aspettarne tre per il compimento dei 50, soglia minima per il Colle, e non si fida.
Inoltre “il numero uno” alias Napolitano, giustamente, è contrario.
R: Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace. E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
A: Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica.
R: Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
A: E allora?
R: L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già  detto.
A: Sì sì, certo certo.
R: Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.
A: Sì sì, ho capito.
R: Purtroppo si fa così.
A: Non ci sono alternative, perchè quello, il numero uno non molla e quindi che fai?
Renzi conferma che Napolitano è contrario e aggiunge: Berlusconi è favorevole.
Il patto del Nazareno c’era già  8 giorni prima di essere siglato. L’incontro Renzi-Berlusconi è del 18 gennaio, ma fu annunciato il 16, cinque giorni dopo la telefonata.
R: E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
A: Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
R: Grazie.
A: (…) Se vuoi il colore lo puoi cambiare, ci sono dei rossi e dei neri, va bene? (ride)
R:No ma va bene, poi io amo il calcio minore per cui va bene.. un abbraccio forte.
A: Che stronzo! Ciao, ciao. Buon compleanno, buona giornata.
Per comprendere l’ultimo passaggio bisogna sapere che Adinolfi è milanista e amico fraterno di Adriano Galliani da trenta anni.
Inoltre è amico di Gianni Letta, come dimostrano altre conversazioni depositate nelle quali Letta senior lo sponsorizza mentre Letta jr lo fa fuori dalla corsa a comandante generale.
Inoltre è considerato vicino a Berlusconi. Forse per questo Renzi gli parla del leader di Forza Italia quasi come se fosse un amico comune, a differenza di Napolitano.
Se questo aiuta a capire perchè Renzi, notoriamente viola, accetti una cravatta da un rossonero, non spiega perchè il leader della sinistra italiana si faccia chiamare “stronzo” da un amico di Berlusconi, che vuole promuovere a capo della Finanza.
Ma questa è un’altra storia.

Vincenzo Iurillo e Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)

argomento: Letta Enrico | Commenta »

CASO MARO’, I MEDIA INDIANI: “IL GOVERNO DI NEW DELHI APRE ALL’ARBITRATO INTERNAZIONALE”

Luglio 11th, 2015 Riccardo Fucile

“HINDUSTAN TIMES”. “UNA MOSSA OBBLIGATA”

Potrebbe presto sbloccarsi il caso dei marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre: il governo di New Delhi sembrerebbe intenzionato a indirizzarsi verso la celebrazione di un arbitrato internazionale.
Lo riporta il quotidiano Hindustan Times, che cita fonti interne.
Si tratterebbe, tuttavia, di una scelta quasi obbligata, dopo che l’Italia “ha formalmente chiesto” questa risoluzione “nell’ambito della Convenzione dell’Onu sul diritto del mare (Unclos)”, di cui Roma è una delle firmatarie.
“Se in una controversia una delle parti cerca un arbitrato, l’altra dovrà  accettare”, ha spiegato al giornale indiano un funzionario del ministero che ha preferito non svelare la propria identità .
I due militari italiani sono accusati di aver ucciso due pescatori indiani al largo della costa del Kerala il 15 febbraio 2012.
Domenica i rappresentati dei ministeri degli Interni, degli Esteri e della Giustizia si riuniranno per decidere quale posizione assumere davanti alla Corte Suprema, che dovrà  anche esaminare la richiesta di Latorre di rimanere in Italia.
Il fuciliere, tornato a casa dopo un ictus cerebrale, dovrebbe infatti ripartire per l’India tra pochi giorni, il 15 luglio, ma la richiesta di un arbitrato internazionale, riporta l’Hindustan Times, potrebbe prolungare l’autorizzazione concessa per questioni di salute.
La vicenda potrebbe essere riesaminata in aula già  la prossima settimana.
Resta il fatto che un arbitrato internazionale ha una durata solitamente non inferiore a due anni, prima di trovare una soluzione.

(da “il Fatto Quotidiano“)

argomento: Giustizia | Commenta »

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