Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
DIECI MULTINAZIONALI HANNO GIA’ CHIESTO LA DEROGA DAL SALARIO MINIMO
Diamo per scontato che la Grecia ha le sue responsabilità nella grave crisi che probabilmente la porterà fuori dall’Europa, in primis l’aver truccato i conti per entrarvi.
Ma soprattutto aver permesso che, su un Pil di 180 miliardi, vi siano 80 miliardi di evasione fiscale.
Detto questo, vediamo di guardare un po’ oltre l’orizzonte del nostro naso.
Qua si tratta di otto milioni di persone fisiche, di cui due già in condizione di povertà irreversibile, a fronte dei quali l’Europa dei mercanti sa solo compiere ignobili speculazioni.
Andiamo per ordine: il debito si puo’ tagliare?
E’ vomitevole che proprio la Germania che ha usufruito dopo la sconfitta bellica di un taglio del debito del 60% oggi si erga a inflessibile custode del pagamento del debito greco.
Lo tengano a mente le future generazioni: se ricapiterà alla nazione tedesca nessuna pietà , vogliamo vederli strisciare per un boccone di pane, compresi i segnati da Dio.
Al di là delle valutazioni etiche, andiamo sul concreto: in tutte le democrazie liberali, in caso di difficoltà di una azienda a onorare i propri debiti, onde evitare il fallimento, è previsto l’istituto del concordato preventivo.
La prassi, per chi ha un minimo di dimestichezza con le procedure, è che, in via anche informale, chi ha un credito si accontenti di almeno il 30% della cifra.
In pratica, piuttosto che non incassare nulla, si sconta il 70% della somma al creditore.
Se la Baviera ha dimezzato il debito della Carinzia nei suoi confronti, perchè non si può farlo con quello della Grecia?
Dimezzando il debito, si dimezzano anche gli interessi ed è più facile per il Paese debitore onorare la somma dovuta.
Non è vero infatti che sono stati elargiti 300 miliardi alla Grecia, quelli sono i soldi da restituire gravati da interessi da usura, come nella migliore tradizione delle speculazioni finanziarie internazionali.
Il popolo greco di quella cifrà ha visto le briciole, poche balle.
Ma veniamo all’aspetto geopolitico-economico, quello che nessuno sottolinea a dovere.
Prima era toccato alla Polonia, poi al sud est asiatico e alla Romania.
Parliamo delle “terre promesse” per chi delocalizza i propri impianti per produrre a basso costo.
Oggi non è più conveniente produrre in quegli Stati perchè sono aumentati i salari ed ecco che la vittima predestinata ora è la Grecia.
In questi giorni il colosso francese della Bic (penne e rasoi) ha inaugurato ad Atene un nuovo stabilimento per la produzione del nuovo rasoio Flex 5: 100 milioni di investimento e 1200 dipendenti.
Con la crisi i salari in Grecia sono crollati e il piatto fa gola.
Sono una decina le multinazionali (compresa la Barilla) che hanno chiesto al governo ellenico una deroga al salario minimo garantito consentito.
Ora si parla di 250/300 euro al mese per un part-time, mentre il governo ha abbassato il salario minimo d 586 a 510 euro per chi ha meno di 26 anni.
E questo accade proprio nel momento in cui in Cina gli stipendi sono aumentati, il sud-est asiatico comporta alti costi di spedizione delle merci e il nord Africa è scosso da guerre e rivolte.
Ecco che a qualcuno conviene che la Grecia esca dall’euro o accetti di diventare un subcolonia dell’Europa e spinge i falchi a massacrare il popolo greco.
Per trovare manodopera a basso costo e colonizzare una piattaforma vicina per delocalizzare la produzione.
E’ questo il vero obiettivo della finanza internazionale, quella che vuole il fallimento della Grecia.
Altro che Europa dei popoli, è la peggiore Europa del profitto senza merito.
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
PER LA GRECIA NESSUN TAGLIO DEL DEBITO E DOVRA’ TRASFERIRE IN UN FONDO ESTERNO ASSET PER 50 MILIARDI E VENDERLI PER RIDURRE IL DEBITO (IMMAGINIAMO A CHI DOVREBBERO VENDERE A PREZZI STRACCIATI)
Mission impossible per Alexis Tsipras con l’unica alternativa sul piatto costituita dall’uscita
dall’euro.
Per poter avviare i negoziati sul nuovo piano di aiuti Atene dovrà approvare in tre giorni un complessissimo piano di riforme e trasferire a un fondo esterno beni pubblici per oltre 50 miliardi di euro.
O, in alternativa, decidere autonomamente di avviare delle trattative per uscire dall’euro, visto che i trattati non prevedono l’espulsione di un Paese dalla moneta unica.
Questi i punti essenziali delle condizioni individuate dall’Eurogruppo dopo 14 ore di riunione per poter iniziare a parlare di un terzo “salvataggio” della Grecia.
Ai quali va aggiunto, cosa non da poco, che ad Atene non sarà concesso nessun taglio del debito, ma solo una rimodulazione dei tempi e dei modi di pagamento.
E’ quanto si legge in una bozza di documento discusso ma non approvato dai ministri delle Finanze della zona euro e da loro trasmesso ai leader politici dei Paesi della moneta unica a valle di una due giorni di trattative costellate da indiscrezioni e duri strappi tra falchi e colombe, che si sono scontrati senza esclusione di colpi per ottenere gli uni una chiusura definitiva ad Atene e gli altri una nuova apertura.
E se a leggere la bozza del documento ministeriale sembra aver prevalso il primo fronte, ma non così nettamente da far approvare il testo, per un verdetto definitivo bisognerà comunque attendere la decisione dei politici che si sono riuniti a metà pomeriggio.
NIENTE TAGLIO DEL DEBITO PER UN MEMORANDUM DA 86 MILIARDI
“L’Eurogruppo sottolinea che nessun haircut (taglio del debito, ndr) può essere intrapreso. Le autorità greche reiterano il loro impegno inequivocabile a onorare i propri obblighi finanziari con tutti i creditori pienamente e nei tempi stabiliti”, si legge nel testo elaborato dall’Eurogruppo e passato all’Eurosummit come base per le conclusioni finali.
“L’Eurogruppo è pronto a considerare possibili misure addizionali per ammorbidire ulteriormente il servizio del debito greco, se necessario, per assicurare che le necessità finanziarie restino a un livello sostenibile. Queste misure, incluso un allungamento del periodo di grazia e dei periodi di ripagamento, saranno condizionate alla piena implementazione delle misure da concordare in un possibile nuovo accordo tra le istituzioni (la ex Troika, ndr) e la Grecia e saranno considerate solo dopo il completamento positivo della prima fase”.
Quanto ai numeri, l’Eurogruppo “prende nota delle urgenti necessità finanziarie della Grecia, che sottolineano il bisogno di progressi molto rapidi per arrivare a una decisione per un nuovo Memorandum.
Le necessità finanziarie sono stimate ammontare a 7 miliardi di euro per il 20 luglio e altri 5 miliardi per la metà di agosto”, recita il documento.
Inoltre l’ammontare totale del nuovo programma di aiuti finanziato dal fondo Esm da 82-86 miliardi dovrebbe comprendere un cuscinetto fra 10 e 25 miliardi di euro per il settore bancario “per affrontare i bisogni di possibili ricapitalizzazioni bancarie“.
LE RIFORME DA ATTIVARE IN 3 GIORNI E IL RITORNO DELLA TROIKA
Per ottenere queste concessioni risibili se non nulle, Tsipras dovrebbe ottenere in tre giorni dal suo Parlamento il via libera a piano di riforme complesso e variegato che passa per “la razionalizzazione del sistema dell’Iva e l’ampliamento dell’imponibile per incrementare gli incassi”; una riforma “per migliorare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico“; l’adozione di un nuovo codice di procedura civile per accelerare la giustizia civile e ridurre i costi; la salvaguardia della “piena indipendenza legale dell’Elstat”, l’istituto di statistica; la creazione del Fiscal Council istituito dal Fiscal Compact per controllare i bilanci e il recepimento della direttiva comunitaria sul nuovo sistema europeo di salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, che affianca l’intervento esterno (bail out) ad appunto quello interno, cioè il contributo a vario titolo di azionisti e correntisti con depositi al di sopra dei 100mila euro.
Questione non da poco, quest’ultima, visto che un intervento sulle banche greche sembra ormai inevitabile, ma senza il recepimento della direttiva sarebbe tecnicamente impossibile.
Dulcis in fundo, il documento, impone ad Atene di accettare il ritorno delle missioni di controllo della Troika. Il testo parla infatti di “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
E ATENE HA SOLO TRE GIORNI PER DECIDERE
È un documento durissimo quello messo a punto dall’Eurogruppo e consegnato ai capi di stato e di governo come base per le discussioni dell’Eurosummit di questa sera.
Una base, appunto, su cui negoziare e cercare di strappare – queste le speranze di Atene – concessioni.
Il punto di partenza è comunque molto difficile per la Grecia, cui si chiede una lunga lista di azioni. Da una parte, alcune misure da approvare immediatamente, entro mercoledì, dall’altra un elenco di impegni ufficiali, con precise indicazioni sui tempi e le modalità di implementazione.
La bozza contiene un impegno di Atene a “legiferare”, cioè a far passare al voto del parlamento immediatamente, ed entro il 15 luglio, almeno sei misure di riforma, fra le quali l’adozione di un nuovo codice di procedura civile.
Nella bozza si legge: “L’Eurogruppo accoglie con favore gli impegni delle autorità greche a legiferare senza ritardo, entro il 15 luglio, un primo gruppo di misure”.
Queste misure, “prese col pieno accordo preliminare delle istituzioni” (la ex Troika, Commissione europea, Bce, Fmi), includeranno tra l’altro “l’adozione del codice di procedura civile, che costituisce una importante revisione delle procedure e del sistema della giustizia civile e potrebbe accelerare significativamente gli iter giudiziari e ridurne i costi”.
Le altre riforme da votare immediatamente, secondo la bozza, sono quelle relative alla razionalizzazione del sistema di raccolta dell’iva, alcune misure per migliorare la sostenibilità di lungo termine del sistema pensionistico (come parte della più generale riforma di tutto il sistema), una normativa che garantisca la piena indipendenza dell’istituto di statistica nazionale (Elstat), e la trasposizione della nuova direttiva Ue per il salvataggio e la risoluzione bancarie (Brrd).
Inoltre, sempre secondo la bozza, la Grecia dovrà dare piena attuazione alle disposizioni derivanti dal trattato sul “Fiscal compact”, e in particolare rendere operativo il “consiglio di bilancio”, in modo che scattino tagli automatici di spesa quando si profilino deviazioni dagli obiettivi di avanzo primario (il bilancio pubblico al netto della spesa per gli interessi sul debito) concordati nel futuro programma di salvataggio.
Queste le richieste nell’immediato.
Ma ad Atene si chiede di sottoscrivere impegni anche su un ampio elenco di misure da attuare, come base per l’avvio delle negoziazioni sul terzo piano di salvataggio.
Tra questi una liberalizzazione nel settore dei beni e dei servizi, nel settore dell’energia e nel mercato del lavoro, con la reintroduzione dei licenziamenti collettivi.
“Sul mercato del lavoro, occorre intraprendere revisioni rigorose su contrattazioni collettive, azione industriale e licenziamenti collettivi, in linea con il calendario e l’approccio concordato con le istituzioni”, si legge nel testo.
Il fondo da 50 miliardi.
Come suggerito da Berlino, l’Eurogruppo propone poi ai leader di Eurolandia di chiedere alla Grecia un piano di privatizzazioni dettagliato oppure il conferimento di attività da alienare per 50 miliardi di euro, ad un fondo indipendente e già esistente, allo scopo di ridurre il debito pubblico.
Tuttavia, la bozza dell’Eurogruppo puntualizza che questo fondo verrebbe gestito dalle autorità greche, per quanto sotto la supervisione delle istituzioni europee.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
E CHE CONTINUA A SOGNARE, LIBERA E IRRIVERENTE
“L’arte d’arrangiarsi”, storica virtù specificatamente Partenopea, non è soltanto una particolare
sfumatura della più generale capacità di sopravvivere agli eventi.
E’ forza autentica: quella che proviene direttamente dal profondo dell’anima e che ti spinge a non arrenderti mai, anche al cospetto “della montagna” più alta, satura dei sentieri più angusti ed impervi.
Immagino cosa potrebbe diventerebbe questa terra se rivivesse la magia di un’ardente ed appassionata “rumba degli scugnizzi”. Ma degli scugnizzi veraci, però.
Quelli liberi ed irriverenti, capaci di “ridere in faccia” ai camorristi facendoli implodere dalla vergogna; di rivolgere vibranti “pernacchie” all’arroganza del potere deviato e di fare democratica giustizia dei collusi, dei venduti e degli ignobili; di ridare dignità alla storia, alle tradizioni ed alle realtà produttive locali, spingendo nella direzione di una continua internazionalizzazione della relativa cultura, dei prodotti tipici e dei conseguenti flussi.
Daremmo la stura alla più grande rivoluzione democratica dell’Italia dall’origine dei tempi.
Una ventata di libertà capace di cambiare il mondo intero.
Sogni, sogni, sogni…
“Dannati” e appassionati…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
ORA RENZI SI DEDICA ALLA POSTA DEL CUORE: TRA POLITICA, DIETE E CALCIO… IL PREMIER INAUGURA SULL’UNITA’ IL FILO DIRETTO CON I MILITANTI…SE LA FIDANZATA VI HA LASCIATO CHIEDETE CONSIGLI A LUI
In cima alla paginona c’è l’icona di lui, assorto e intenso, camicia bianca e maniche rimboccate, che scrive
C’è anche il suo autografo, tipo rotocalco anni 80, calligrafia a occhio piuttosto volitiva, con tanto di svolazzi e sottolineatura.
Quasi tutti brevi i testi delle 23 lettere, ancora più secche le repliche del segretario premier, a volte appena una battuta.
Il record della cripto-concisione inclusiva a proposito di Marchionne.
Scrive Rita: «Pentito dell’appoggio a Marchionne?». Risposta di Matteo: «Io no. Tu?».
Figlia di questa temperie, la rubrica rispecchia l’impostazione verticale, leaderistica e nel contempo trans-mediale del renzismo.
Il quale renzismo seguita a proiettarsi in tal modo senza alcuna remora di saturazione o di sovraesposizione, per cui ai libri, alle interviste e ai discorsi in Parlamento, alla partecipazione ai programmi radiofonici e a quelli televisivi d’intrattenimento, agli interventi in streaming e alle newletter, a Facebook e a Twitter, agli auto-selfie e alla produzione by Filippo Sensi, ecco che l’onnipresente e infaticabile leader aggiunge oggi le risposte ai lettori dell’Unità .
Che poi magari un domani potrebbero restare delusi nell’apprendere che in realtà non le scrive proprio lui, ma qualche ghost-writer.
Pazienza, queste di ieri sembrano davvero autenticamente renziane.
Come d’altra parte appaiono tali le domande: secondo le norme dello storytelling firmate con il solo e semplice nome di battesimo, Chiara, Francesco, Marco, Luigi, Maria, il massimo dell’eccentricità onomastica riducendosi a Romeo e Tina.
Sul piano più strettamente politico e di governo, limitati paiono gli spunti di questo primo carteggio.
Il premier annuncia generiche “novità ” sulle partite Iva; conferma una certa avversione per i talk-show e ammette, sia pure sdrammatizzandone la portata, la crisi di comunicazione.
Rimarchevole a tale proposito la duplice formula semi-dubitativa: «Forse abbiamo avuto meno tempo per raccontare tutto quello che stiamo facendo, o forse non è stato raccontato benissimo…».
Quindi Renzi benedice il ritorno di Veltroni sulle pagine dell’Unità («Bella idea: Veltroni si legge e si ascolta sempre volentieri»); approva il rimescolamento effettuato da Oliverio nella giunta calabrese («Dà i Mario, il Pd è con te»).
Riguardo ai gufi, il premier gli contrappone gli incoraggianti progressi dell’economia concedendosi di citare il più risoluto Califano: «Tutto il resto è noia».
A tutti cerca di trasmettere entusiasmo («ci riusciremo»), a molti chiede di dare «una mano»
Per quanto attiene agli sviluppi di un certo stile post-politico di comando, basta dare un’occhiata a un piccolo saggio appena uscito dei professori e politologi Marco Mazzoni e Antonio Ciaglia, “Il gossip al potere. Il politico celebrità nell’era della politica pop” (Apogeo), per comprendere il senso di alcune risposte.
Così, invitato da un iscritto a una non meglio identificata Festa dell’Unità per mangiare lo gnocco fritto, Renzi ha colto il destro per negare di essere ingrassato.
Allo stesso modo, da tifoso, ha ritenuto opportuno intervenire sulla campagna acquisti della Fiorentina — e qui ne ha approfittato per riconoscere positivamente l’opera del presidente Della Valle.
Più difficile la valutazione dell’impatto sui lettori del giornale di Gramsci.
Ma nel complesso — ed è forse un’impressione più significativa delle stesse risposte – quelli che gli fanno domande nulla da Renzi sembrano aspettarsi, se non una verità calata dall’alto, senza intermediazioni, nè niente.
Chi lo ringrazia, nel frattempo, chi si dice fiducioso, chi gli scrive “bravo”, chi gli scappa addirittura fuori un mezzo inno di Forza Italia («Avanti, siamo in tanti a crederci»).
La massima critica compatibile è che lui «esagera»; «non ti capisco più», scrive uno, che pure nel congedarsi lo saluta «con affetto».
In realtà , e al netto di sforbiciate e domesticamenti redazionali, ancora una volta questa paginona annuncia e sanziona la fine del partito come luogo di discussione. Tutto è affidato al capo, anche la posta del cuore.
E per quanto Renzi ammetta, come ieri, che “un premier da solo non fa niente” e che il Pd deve fare “il suo mestiere”, beh, bisogna vedere che significa – e magari per ora è più comodo lasciare che tutto vada avanti così.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL TENTATIVO DI DARE VITA A UN NUOVO SOGGETTO POLITICO, UNA “SINISTRA MODERNA”
Potrebbe anche chiamarsi Pds, Partito della Sinistra. O, più semplicemente, la Sinistra. 
Diversi sono i nomi allo studio. Si vedrà .
Intanto c’è la conferma: a ottobre nascerà il tanto atteso nuovo soggetto che finora siamo stati costretti a definire, un po’ Nanni Moretti un po’ John Carpenter, la «cosa rossa», l’arcipelago delle varie sinistre, ex Pd, ex grilline, ex comuniste, ambientaliste, sindacaliste che cercano una casa comune.
Sel diventerà altro. Nichi Vendola ha indicato la rotta ieri, proponendosi come federatore di un nuovo partito, che verrà battezzato, con tanto di nuovo simbolo, in una grande convention d’autunno, nella speranza di mettere insieme Pippo Civati e il suo movimento «Possibile» e la coalizione sociale di Maurizio Landini.
In platea, durante l’assemblea nazionale di Sel che ha ratificato la decisione, si intravede anche il vecchio avversario di Rifondazione, Paolo Ferrero: «Bersani ci ha diviso, Renzi ci ha riunito» dice.
Ci sono anche due ex 5 Stelle e a nome dei fuoriusciti Pd c’è Stefano Fassina.
Vendola si tiene ancora prudente sullo scioglimento di Sel. Parla di «investimento» e assicura che si eviteranno le esperienze fallimentari del passato.
A solo sentirla nominare, la Sinistra Arcobaleno, il flop del 2008, si infervora: «Non faremo più cartelli elettorali improvvisati che siano un semplice accrocchio di ceti politici».
Sul vento nuovo di Syriza e Podemos, l’obiettivo è «una sinistra moderna» capace di tentare i delusi del Pd, lontana «dalla sinistra del rancore, dei custodi delle tombe».
Ma diversa anche dal partito della Nazione di Matto Renzi che ha segnato il de profundis per il centrosinistra.
Il primo banco di prova saranno le amministrative del 2016, dove l’alleanza con il Pd «non sarà più la regola, ma l’eccezione».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
“TSIPRAS HA COSTRETTO IL GOVERNO TEDESCO A SCOPRIRE L’OBIETTIVO DELLA SUA POLITICA”
«Tsipras ha fatto la mossa del cavallo…».
O il gioco dell’oca, onorevole Stefano Fassina?
«No, col nuovo memorandum Tsipras ha costretto il governo tedesco a rendere chiaro l’obiettivo: far fuori l’unico governo che, per difendere l’ interesse nazionale, ha osato mettere in discussione l’ordine tedesco che domina l’eurozona».
Lei ha fatto parte della «Brigata Kalimera» volata ad Atene per sostenere il referendum. Non si è pentito?
«Nessun imbarazzo, no. Tsipras ha riaperto la partita tra politica ed economia. E adesso, visti i risultati, il governo tedesco cerca di buttare fuori la Grecia dall’eurozona per dare una punizione esemplare a chi tenta di alzare la testa. Prova ne sia la proposta ipocrita di Schà¤uble, cinque anni di Grexit».
Il piano Tsipras non è più duro di quello della ex Troika?
«Per quanto ammorbidito nel suo impatto sociale somiglia troppo, perchè il governo tedesco continua a tenere la porta chiusa sulla ristrutturazione del debito. L’impianto delle Prior actions di Atene è in continuità con i memorandum precedenti e con la linea liberista che la Germania impone all’eurozona, aggravando le condizioni di tutte le economie e portando l’euro al naufragio».
Ammetterà che il referendum è servito a poco…
«È servito a ridimensionare l’impatto sulla parte più debole della popolazione, ridistribuendo i costi dell’aggiustamento fiscale verso fasce di reddito più alte. Ma rimane un impianto che aggrava le condizioni della Grecia».
Tsipras ha le sue colpe?
«No, la questione vera è l’insostenibilità del mercantilismo liberista dettato dalla Germania. Il governo Renzi, invece di avviare un’operazione verità nel semestre di presidenza, ha puntato a fare il bravo scolaretto alla ricerca della benevolenza della maestra Merkel».
Anche l’ala dura di Syriza sconfessa Tsipras.
«Il dissenso è molto circoscritto. La valutazione negativa sul memorandum, imposto dopo una battaglia durissima, è unanime dentro Syriza e lo stesso Tsipras condivide. Mi stupisce che tanti commentatori, che consideravano il memorandum la salvezza della Grecia, da quando è stato approvato dal parlamento lo valutino la condanna di Atene».
Tutto sulla pelle dei greci.
«Vedo tanta propaganda. Quando è arrivato Tsipras il Paese aveva già perso 25 punti di Pil, stipendi e pensioni erano stati tagliati e la disoccupazione era aumentata. Lui ha cercato di riscrivere un’agenda che stava uccidendo la Grecia, ma è stato lasciato solo, anche da governi progressisti. Chi pensa che le cose prima andavano bene e poi i capricci di Tsipras hanno causato la recessione, racconta un film inventato».
Come se ne esce?
«Con un accordo che comprenda la ristrutturazione del debito, insostenibile anche per il Fmi. La medicina ha aggravato la malattia. Il salvataggio della Grecia ha salvato le banche francesi e tedesche. Bisogna costruire un’alleanza tra tutti i Paesi che subiscono gli effetti negativi del dominio tedesco. Spagna, Grecia, Italia e Francia, che fa finta di contare qualcosa con i vertici a due di Parigi».
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
EUROSUMMIT IN UN CLIMA TESISSIMO: “RIFORME ENTRO UNA SETTIMANA O NIENTE ACCORDO”
Stop ai negoziati fino a quando la Grecia non avrà realizzato un primo pacchetto di riforme. 
Sembra questo l’orientamento arrivato dall’Eurogruppo ancora in corso e che precede l’Eurosummit in programma per questa sera.
Per affrontare uno dei nodi più delicati della trattativa, la mancanza di fiducia nei confronti del governo greco, i ministri delle Finanze dei Paesi dell’area euro potrebbero chiedere quindi ad Atene gesti concreti per poi far ripartire la discussione sul terzo piano di aiuti.
“Non ci sarà un accordo a qualunque costo, dovremo valutare se i vantaggi sono superiori agli svantaggi”.
Diversa la posizione del presidente francese Franà§ois Hollande.
La Francia, ha spiegato, “farà di tutto per trovare un accordo stasera e permettere alla Grecia di restare nell’Euro oltre che all’Europa di andare avanti”:
La giornata.
L’Eurozona si gioca oggi l’ultima chance per evitare la Grexit. Questa mattina è ripresa a Bruxelles la riunione dell’Eurogruppo e la possibilità che i ministri delle Finanze possano trovare un accordo sull’apertura dei negoziati con Atene per un terzo salvataggio appare quanto meno lontana.
Secondo indiscrezioni, ieri notte intorno al tavolo dell’Eurogruppo si sarebbe consumato uno scontro tanto duro tra il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble e il presidente della Bce Mario Draghi da ‘consigliare’ di chiudere lì l’incontro.
In particolare Schaeuble, davanti a Draghi che sostanzialmente spiegava come evitare la Grexit, lo avrebbe apostrofato dicendogli: “Non prendermi per stupido!”.
La riunione è quindi ripresa stamane e la speranza è che il clima sia più disteso.
Nel pomeriggio la palla passerà comunque ai capi di Stato e di governo dell’Eurozona, ai quali spetterà decidere se dare altro tempo ad Atene – c’è chi dice una settimana – per passare dalle parole ai fatti varando almeno alcune delle più importanti riforme e riguadagnando così la fiducia dei partner.
“Continuiamo a lavorare per raggiungere un accordo per iniziare i negoziati, e noi riteniamo che ci siano le condizioni per farlo”, ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan all’arrivo all’Eurogruppo. La Grecia però deve “prendere iniziative concrete a partire da domani” per ricostruire la fiducia.
Intanto, il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha deciso di annullare il vertice a 28 per consentire al vertice dell’Eurozona di poter lavorare fino alle ore piccole.
Matteo Renzi, dal canto suo, ha ribadito che un’Europa senza la Grecia è “impensabile”. Ma il collasso della Grecia è incombente e l’unico modo per evitarlo sarà la prosecuzione – per quanto condizionata e limitata – del programma di sostegno della Bce alle banche elleniche.
Un’ipotesi che però Schaeuble, al momento, vede come fumo negli occhi.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL “MUSEO DEI MESTIERI” HA IL PATROCINIO DEL QUIRINALE, DI PALAZZO CHIGI E DI SETTE MINISTERI… MA NON HA MAI APERTO E I REPERTI DEPERISCONO IN UNA CHIESA
C’è un museo che per quattro anni ha ricevuto tutti i più importanti patrocini italiani, dalla Presidenza della Repubblica in giù. Peccato che non esista.
E’ il Museo dei mestieri artigiani della Toscana, uno dei più fulgidi esempi del cortocircuito tra arte e politica.
Se ne sta abbarbicato sui colli toscani di Sasso Pisano, piccolo borgo medievale di Castelnuovo di Cecina, 470 anime.
Si propone al mondo come “esposizione permanente di oggetti riferibili a tutte le più alte espressioni della creatività toscana” grazie a un inventario piuttosto eclettico: raccoglie sotto lo stesso tetto vasi in terracotta donati da storiche aziende della zona, spartiti e inediti di Andrea Bocelli che è di quelle parti, oggetti spaziali della Nasa, un corpetto da marinaio del 1800 e il mezzo busto di Papa Giovanni Paolo II.
Insieme ad altri pezzi unici c’è anche la scacchiera autografa del campione di dama alla cieca Michele Borghetti. Tanta roba insomma, pure troppa.
Il museo viene inaugurato l’11 giugno 2011, alla presenza delle autorità locali e delle telecamere della Rai che accorrono per il lieto evento.
Alla vigilia, del resto, erano fioccati patrocini delle più alte istituzioni dello Stato italiano: la Presidenza della Repubblica riconosce l’Alto Patronato e fa stampare alla Zecca di Stato una medaglia di rappresentanza in oro.
Non manca il francobollo celebrativo e neppure una maglia della nazionale di calcio che la Figc ha fatto realizzare appositamente.
Concede il patrocinio anche Palazzo Chigi e pure le presidenze di Camera e Senato, insieme a ben sette ministeri, compreso quello dei Trasporti.
Plaudono i ministri Giancarlo Galan e Mara Carfagna che inviano felicitazioni e per par condicio si fa vivo pure Pierluigi Bersani, allora segretario del Pd, con una lettera nella quale auspica che il taglio del nastro coincida con il 150esimo dell’Unità d’Italia.
Insomma, mobilitato tutto l’arco politico d’Italia.
Non è bastato: a distanza di quattro anni e nonostante le adesioni, l’esposizione esiste solo sulla carta.
Lo conferma con un certo imbarazzo l’ufficio turistico del Comune di Castelnuovo che si guarda bene dal menzionarlo, consigliando piuttosto una visita ai musei della Geotermia e della Civiltà contadina che, esistendo, sono quantomeno visitabili.
Il problema? Le opere che dovevano essere conservate e rese fruibili al pubblico sono ancora stipate nella stanzetta di una chiesa, cioè di una struttura privata.
I donatori chiedono ora di riaverle indietro, lamentano il “pessimo stato di conservazione” e minacciano azioni legali.
L’amministrazione, del resto, sembra non volerne sapere più. Il museo resta quindi sospeso tra la vita e la morte: tecnicamente è, appunto, un fantasma. Ma con molti patrocini.
Ragioni e torti della surreale vicenda, come spesso accade, stanno da una parte e dall’altra.
Chi ne ha a cura le sorti continua a fare sopralluoghi nell’improbabile magazzino, lamenta la mancanza di un inventario dei beni donati, denuncia la scomparsa di alcuni manufatti, intima lo sblocco delle autorizzazioni e dei fondi per realizzare il museo dei mestieri artigiani.
L’ultimo sopralluogo lo compiono alcuni consiglieri comunali il 20 marzo 2015.
Documentano con foto alcuni vasi collocati al di fuori della struttura ed esposti alle intemperie. “All’interno, appoggiata ad un muro, una vetrata in vetro e argento che già presenta una grossa incrinatura e soprattutto non adeguatamente custodita visto che può essere raggiunta e toccata da chiunque entri nella chiesa nei giorni di apertura della stessa”.
Idem per un busto in marmo di Giovanni Paolo II, anch’esso donato da privati. Annotano ancora i consiglieri: “Non è stato possibile visionare il resto del materiale a causa della cattiva custodia: scatole una sopra l’altra ammassate in maniera disordinata e soprattutto non tenendo conto del materiale fragile, per esempio ci è stato possibile intravedere dei vasi di porcellana, presupponendo che fossero quelli donati dalla Richard Ginori, sotto scatole molto pesanti”.
Alle accuse d’inerzia risponde l’amministrazione comunale che, per bocca dell’assessore Francesco Grassi Nardi, rileva l’impossibilità a dar corso alle richieste, giacchè un museo non è un insieme raffazzonato di opere ma una precisa definizione giuridica subordinata all’acquisizione di un giudizio condiviso del valore dei reperti, tale da poter essere poi inserito negli elenchi del Ministero dei Beni Culturali.
Giudizio che può essere artistico, culturale, archeologico e perfino politico.
Così la telenovela va avanti tra accuse, minacce e polemiche.
L’ultima puntata, per gli aficionados, è un’interrogazione parlamentare a firma della senatrice del M5S Manuela Serra, nella quale si chiede al ministro Dario Franceschini di sbrogliare definitivamente la matassa del museo che volevano tutti e nessuno ha aperto.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)
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