Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
CALANO I CONSENSI PER IL PREMIER E SI MUOVONO GLI SPONSOR DELLA FINANZA CON UN APPELLO SUL CORRIERE DELLA SERA
“In soli 18 mesi finalmente questo governo ha realizzato ciò che nessuno era riuscito a fare prima e
senza i soliti compromessi al ribasso”. Pagina 22 del Corriere della Sera, sabato 22 agosto.
In testa la scritta “Noi continuiamo a sostenere Matteo Renzi!” e sotto tutti gli obiettivi raggiunti o “in via di conclusione” dell’esecutivo guidato dal segretario Pd.
Che, nel momento di maggiore difficoltà politica — tra calo dei consensi elettorali sotto il 30% fino alla minaccia del Vietnam parlamentare della minoranza Pd sul Senato elettivo e di una maggioranza che scricchiola a Palazzo Madama — incassa il sostegno della borghesia del Nord.
Sono in tutto 209 i firmatari dell’appello sul quotidiano di Via Solferino, che lo sottoscrivono in calce — in piccolo — con nomi e cognomi.
Tutti esponenti autorevoli del mondo della finanza, (inclusa Roberta Furcolo, la moglie dell’ad di Mediobanca Alberto Nagel) divisi tra avvocati d’affari, consulenti finanziari, manager e imprenditori.
Chiedono a Renzi “e ai parlamentari che dicono di sostenerlo ad andare avanti” e a opporsi con decisione ai professionisti del no”, ma vogliono coinvolgere anche i “cittadini interessati alle sorti del Paese“.
Vorrebbero che si manifestassero “pubblicamente”, ad esempio con “lettere al giornale, interventi sui blog o altro”.
L’elite economico-finanziaria del Nord che “tifa” per il premier gli riconosce i risultati raggiunti ed evidenzia in particolare quattro elementi.
Il suo “coraggio” per “la volontà di cambiare le cose”, sottolineano il traguardo raggiunto della Buona Scuola che “finalmente utilizza la meritocrazia e rende ogni preside responsabile della scuola che deve dirigere”.
Poi c’è “il Senato” per rendere con la riforma “più efficiente l’attività parlamentare”.
E infine il capitolo “emergenza” migranti. L’unico, però, in cui non compare nessun risultato incassato dall’esecutivo, ma che diventa il gancio per attaccare “le vergognose e ipocrite proposte demagogiche dei partiti di opposizione” che “mirano soltanto ad attirare facili consensi”
Per chi firma sono tanti i risultati raggiunti, anche se ammettono che “molto, certamente, rimane da fare”.
Ad esempio? “Interventi decisi che impongano la moralizzazione della classe politica“, continuo contrasto “alla corruzione e alla criminalità organizzata” — anche se tra gli obiettivi raggiunti elencano l’approvazione del ddl Grasso — e interventi per porre al centro “una autentica cultura della responsabilità “.
Poi invitano l’esecutivo a “impostare una strategia di comunicazione continuativa e mirata per mantenere un filo diretto con il Paese“.
I nomi
Ma, scendendo più nel dettaglio, chi sono i firmatari? Si tratta di professionisti dei salotti buoni, del mondo dell’economia e della comunicazione finanziaria, avvocati d’affari manager e imprenditori, tutti sponsor del premier.
Che è un “uomo politico” determinato a “cambiare davvero le cose in questo Paese, nonostante quotidiano tentativi di fermarlo e condizionarlo in ogni maniera e forma”.
C’è Roberta Furcolo, ex dirigente di Intesa San Paolo e nota per essere la moglie di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. Che, peraltro, già a ottobre 2014 sottolineava l’esigenza di “sostenere gli sforzi del governo (Renzi, ndr) per rendere più competitivo il sistema Italia”.
Oltre a essere Executive Board Member di Aon SpA, multinazionale del settore assicurativo, si è parlato di lei quando il 21 febbraio 2012, durante un incontro a Piazza Affari con l’allora presidente del Consiglio Mario Monti e davanti a 400 esponenti della finanza chiese riguardo l’agenda del governo: “Si prevede di attaccare la casta e ridurre il peso della macchina dello Stato?”. E un suggerimento: “Non cercate troppo il consenso delle parti sociali“. Il premier rispose scherzando: “Se l’accordo non arriverà in tempo o non sarà completo mi ricorderò di lei”.
Nella lista dei firmatari, poi, c’è Chicco Testa, presidente — tra le varie cariche — di Sorgenia e Assoelettrica.
E poi Guido Roberto Vitale (consulente finanziario e fondatore della Vitali&Co.), Giovanni Tamburi (ex banchiere d’affari e finanziere), Andrea Casalini (amministratore delegato di Eataly Net, società di e-commerce legata al gruppo di Oscar Farinetti), Auro Palomba (esperto di comunicazione finanziaria e fondatore della società di “reputation” Community) e il nobile Gaddo della Gherardesca.
Si aggiungono anche Paolo Colonna (ex presidente della società di investimento Permira) e Paolo Cuccia (presidente del Gambero Rosso holding con un passato in Capitalia, Eur, Citicorp, Bulgari, Abn Amro e Acea).
Ma questi sono solo alcuni. In attesa del test al Senato, per ora Matteo Renzi può contare sul sostegno della borghesia del Nord.
Con tutti i suoi nomi e cognomi.
Eleonora Bianchini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
FELTRI SI RACCONTA: VITA, CARRIERA, SFIDE E VELENI…”RENZI E’ UN RAGAZZOTTO CHE SI CREDE ONNIPOTENTE”
“Ai soldi ho sempre guardato, sarà perchè sono nato povero. Mio padre è morto quando avevo sei anni: ho solo qualche flash, sfocato, di lui. Mia madre aveva tre figli e ha dovuto lavorare sempre: siamo cresciuti così, un po’ per contro nostro”.
Vittorio Feltri si racconta al Fatto Quotidiano, da quando a 14 anni e mezzo faceva “il fattorino per un negozio di cristalli” al passaggio “a una bottega di confezioni” fino al “corso di vetrinista” utile per il suo mestiere perchè “fare una vetrina è come fare una prima pagina”.
Quel diplomino “ancora lo conservo”, mentre “la laurea superflua in Scienze politiche non ricordo dove l’ho messa”.
Poi l’assunzione in Provincia, “sono stato il capostipite dei fannulloni” dice, “però a me non piaceva, mi annoiavo. E allora ho cominciato a collaborare all’Eco di Bergamo”.
Aveva 20 anni il primo incarico da “vice critico cinematografico” e un matrimonio perchè “ho messo incinta una ragazza” e nascono “due gemelle. Ma lei è morta, in conseguenza del parto – racconta Feltri – È stato uno choc terrificante, non sapevo cosa fare, dove mettere queste bambine”.
Le portò al brefotrofio e lì c’era “una signora giovane. Teneva anche le mie gemelle, le guardava, le curava: l’ho sposata. Lei non mi voleva, l’ho corteggiata a lungo e poi alla fine ce l’ho fatta. E ha preso le bambine, le ha fatte diventare grandi”.
Dall’Eco di Bergamo è nata una carriera che lo ha portato alla Notte, inizialmente come praticante per tre mesi, poi assunto grazie a un articolo su una prostituta accoltellata in casa dal fidanzato davanti a una bambina di tre anni mentre affettava il panettone.
Poi al Corriere della Sera, l’Europeo e quindi all’Indipendente: “l’ho trasformato da sala da thè in una trattoria. Ho sfruttato tantissimo Mani pulite” spiega Feltri, anche perchè Antonio Di Pietro “era stato a Bergamo a fare il pm: mi dava delle notizie pazzesche. Quando è scoppiata Tangentopoli, Di Pietro mi ha chiesto di dargli una mano. Gli ho fatto un’intervista e sono diventato una specie di organo ufficiale di Mani Pulite”.
Ed ancora il passaggio al Giornale del dopo Indro Montanelli, quello di Silvio Berlusconi: “Mi sono fatto pagare bene. Non che guadagnassi male dall’altra parte: 500 milioni. E qui un miliardo. Nel 1994 hai presente cos’era un miliardo? E chi è lo scemo che ci sputa su?”.
Feltri spiega che “a me piaceva l’idea di sostituire Montanelli e di mantenere le copie di Montanelli. E sono raddoppiate. Io non mi sto dando delle arie, perchè le opinioni si discutono, i fatti no”.
E faceva il direttore del quotidiano del premier: “mica dicevo che Berlusconi era un cornuto. Come alla Stampa: non ho mai visto un articolo che dicesse che le Fiat sono bare a rotelle”.
Comunque poi Feltri fonda Libero “perchè ne avevo piene le balle. Dopo quattro anni .. i giornali sono come le donne, a un certo punto ti stufi”.
Vittorio Feltri guarda la situazione politica e vede un Silvio Berlusconi “politicamente morto” e un Matteo “innovatore per finta”.
Sul primo fronte, il direttore editoriale del Giornale spiega che “nel 2008 il centrodestra era un bel salame. La prima fetta la taglia Casini, che se ne va. La seconda Fini. La terza Alfano. Poi altra fetta la Meloni, insieme con quello .. La Russa. A Berlusconi è rimasto il culetto. So che a lui piace il culetto, però è il culetto”.
Sul secondo fronte, “ho fatto il tifo per Renzi quando doveva diventare segretario del Pd, mi sembrava se non altro un innovatore. Ma era un innovatore per finta”.
È, secondo Feltri, “un ragazzotto con la sindrome di onnipotenz, del faso tuto mi. Ma non è nemmeno capace di usare le persone che gli servono”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
L’ECONOMIA SOMMERSA SUPERA I 41 MILIARDI, COSI’ SPARISCONO 15 MILIARDI DI CONTRIBUTI E 10 DI GETTITO FISCALE: SONO QUESTI I PROBLEMI DA AFFRONTARE NEL NOSTRO PAESE
In Italia c’è un esercito di 2 milioni di persone che lavorano in nero «completamente sconosciute alle
autorità ».
E producono – secondo un’analisi della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro sull’attività ispettiva di Ministero del Lavoro-Inps-Inail del 2014 e de primi 6 mesi 2015 – un’economia sommersa di «41 miliardi e 837 milioni» e «una evasione di 25 miliardi di imposte e contributi».
Uno su tre non in regola
Il fenomeno del lavoro sommerso, evidenziano i Consulenti del lavoro, in Italia continua a essere rivelante: durante il 2014 sono state ispezionate 221.476 aziende da Ministero del Lavoro, Inps e Inail che hanno sollevato il velo su «77.387 rapporti non denunciati, quindi gestiti `in nero’, una percentuale del 34,94%».
Nel primo semestre 2015, invece, «è andata un po’ meglio, ma su 106.849» imprese passate al setaccio sono stati individuati circa 31.394 occupati totalmente `in nero’, «ossia il 29,38%».
In Italia sono presenti circa 6 milioni di imprese registrate alle Camere di commercio, oltre a un milione di realtà produttive non iscritte; tenuto conto che nel 30% delle aziende controllate è presente il lavoro sommerso, la stima nazionale è di oltre 2 milioni di soggetti (2.100.000) che ogni anno svolgono un’attività completamente ignota alle autorità .
La stima dei 25 miliardi di mancato gettito per l’Erario, aggiungono i professionisti, deriva dai calcoli sulla media retributiva individuale per 241 giornate all’anno di servizio retribuite (su fonte Inps) che è pari a 86,80 euro, considerando l’assenza di oneri sociali (41 miliardi), di versamenti previdenziali (14,6 miliardi, prevedendo un’aliquota del 35%, conteggiata in media tra le classi di contribuzione), nonchè i mancati gettiti fiscale (9,3 miliardi, basandosi su un’aliquota media del 24,5%, al netto di detrazioni) e assicurativo all’Inail (1,2 miliardi).
I numeri dei consulenti del lavoro evidenziano per l’ennesima volta quanto sia fondamentale la lotta all’evasione fiscale come assoluta priorità del governo.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
“LA SCISSIONE E’ INEVITABILE, GIA’ VIVONO DA SEPARATI IN CASA”
“Il Pd non è mai nato, strozzato in culla dalle oligarchie ex Dc ed ex Pci, e da questo suicidio nasce l’affermazione politica di Matteo Renzi”.
Sulle pagine dell’Unità , Massimo Cacciari si conferma osservatore critico del Partito democratico e il suo giudizio è una sentenza: “La scissione è già nei fatti, solo nel modo più spurio e improduttivo. Vivono da separati in casa. Ma 40 anni fa c’è stato il referendum sul divorzio: nessuno è più obbligato a convivere se non ci sono più i presupposti”.
Nell’intervista al quotidiano del Pd, l’ex sindaco di Venezia non considera l’attuale scontro interno al partito come “la solita lotta tra correnti”, ma vede una situazione diversa: “C’è una leadership molto forte che fatica a creare intorno a sè un gruppo dirigente autorevole. Renzi ha autorevolezza, gli altri che lo circondano sono gregari. Dall’altra parte ci sono esponenti di una cultura che con questo capo non ha niente a che fare. La differenza è quasi antropologica”.
Anche per questo “non si può parlare di partito. C’è una contrapposizione tra il capo e il suo seguito da una parte, e una corrente che non ha nulla a che spartire con loro dall’altra”.
Secondo Cacciari sarebbe “utile che questo equivoco si sciogliesse presto”, perchè “danneggia sia il leader che la minoranza”.
Un’analisi molto dura del filosofo, il quale non esclude che “Renzi riesca con il tempo a costruire un vero partito con dirigenti all’altezza e un radicamento territoriale che oggi manca del tutto. Ma sarà il Partito di Renzi e non più il Pd”.
Anche perchè “il premier deve mettersi in testa che se vuole governare a lungo avrà bisogno di un partito vero e più strutturato di questo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
NELL’OSPEDALE DI GALATINA IN PUGLIA CENTINAIA DI INTERVENTI AVVENGONO COSI’
La lampada scialitica, utilizzata negli interventi chirurgici in quanto evita la formazione di ombre, è
fuori uso da circa quattro anni: per questa ragione i chirurghi di una delle tre sale operatorie dell’ospedale Santa Caterina Novella di Galatina (Lecce) sono costretti ad utilizzare la luce del telefono cellulare.
La notizia è riportata sul Corriere del Mezzogiorno che documenta quanto avviene con una foto pubblicata dal giornale e scattata durante un’operazione.
In quella sala in questi quattro anni sono stati compiuti centinaia di interventi.
Più volte i medici hanno segnalato la situazione alla direzione medica “ma la scialitica – si legge sul giornale – non è mai stata riparata nè sostituita”
Doveva essere una soluzione tampone. Questo si pensò subito dopo il guasto della lampada principale.
Anche perchè la scialitica portatile, a detta dei medici, non è l’ideale per affrontare soprattutto gli interventi più impegnativi, in quanto concepita per uso prettamente ambulatoriale.
Le foto scattate in sala operatoria durante un’operazione sono eloquenti.
La mano di un assistente dell’èquipe chirurgica sostiene un apparecchio telefonico portatile che proietta un fascio luminoso sul paziente.
Sul fatto che il telefonino venga utilizzato per illuminare la zona del corpo su cui si esegue l’intervento non ci sono dubbi, tant’è che sul display del cellulare è bene evidente il simbolo della torcia attivata.
La grande lampada fissata sopra il tavolo operatorio, invece, è spenta.
Speriamo che coi tagli annunciati da Renzi restino almeno i quattrini per l’anestesia.
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA MATERIA E’ REGOLATA DALLA CONVENZIONE DI GINEVRA DEL 1951, FIRMATA DA 147 PAESI
Migranti o profughi? Con migliaia di persone alla deriva nel canale di Sicilia o ammassate alla frontiera con la Macedonia la rete tv Al Jazeera ha abbandonato l’uso della parola “migrante” per riferirsi a quanti rischiano la vita per raggiungere l’Europa. La decisione è stata presa, “per ragioni di accuratezza”, dal direttore delle news Salah Negm. La rete di Doha, quindi, utilizzerà preferibilmente il termine “refugee” (profugo) “ove appropriato”.
La spiegazione è sul sito online dell’emittente: “La parola ‘migrante’ è diventata un ombrello molto poco accurato per definire le complessità di questa storia”, un termine “peggiorativo” che “allontana e priva della sua umanità ” la persona a cui è affibbiato “trasformando in numeri un individuo come te e come me, pieno di pensieri, di storie e di speranze”.
Non è una distinzione da poco.
A differenza del rifugiato, un migrante non è un perseguitato nel proprio paese e può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.
La condizione del profugo è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi, che apre la strada al riconoscimento dell’asilo: parla di fuga dal proprio Paese “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità , appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche”.
Affidandosi a dati delle Nazioni Unite, secondo cui la stragrande maggioranza di chi rischia la vita in mare lo fa per scappare da una guerra, Al Jazeera afferma che nel Mediterraneo “non esiste una crisi dei ‘migranti’; esiste invece un gran numero di profughi in fuga da inimmaginabili miserie e pericoli e un numero inferiore di gente che cerca di sfuggire a quel tipo di povertà che spinge alcuni alla disperazione”.
La stragrande maggioranza, ricorda la rete, fugge dalla Siria, dove tra 220 e 300 mila persone sono rimaste uccise in una escalation di violenza.
Molti altri vengono da Afghanistan, Iraq, Libia, Eritrea e Somalia, “luoghi da cui usualmente viene concesso asilo”.
Migrante – continua la rete qatariota – è “una parola che toglie la voce a gente che soffre. Sostituirla con profugo è un un tentativo – un piccolo tentativo – per restituirgliela”.
(da “Huffigntonpost”)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
FUNERALI CASAMONICA: “L’OSSERVATORE ROMANO” RIBADISCE LA CONDANNA ALLA MAFIA
“Da una parte la preghiera per i defunti, dall’altra lo spettacolo mediatico, l’ostentazione di potere, la
strumentalizzazione chiassosa e volgare di un gesto di elementare pieta’ umana e cristiana come il funerale che, già di per sè, richiederebbe almeno compostezza, riserbo, dignità e, soprattutto, silenzio. Tutto quello che, invece, il 20 agosto a Roma è mancato alle esequie del “patriarca” di una famiglia, i Casamonica, tristemente famosa, almeno nella capitale d’Italia, per la voracità dei suoi tentacoli nella gestione di affari malavitosi e criminali”.
È quanto scrive l’edizione di oggi dell’Osservatore romano che interviene sulle esequie di Vittorio Casamonica con un articolo a pagina 7 intitolato “Lo scandalo di un funerale”.
Si legge: “Mentre da parte di alcuni esponenti delle istituzioni civili stanno emergendo le prime ammissioni di responsabilità e di gravi mancanze, l’episodio ultimo di una serie negativa che da mesi grava sulla città e sulla sua immagine ha nuovamente catapultato Roma sui media internazionali e ha permesso di avallare i peggiori stereotipi che la rappresentano. Facendo anche intendere, più o meno velatamente, l’esistenza, se non di una connivenza, quanto meno di una qualche acquiescenza da parte della comunità cattolica”.
“Nulla invece di più lontano” scrive ancora il quotidiano d’Oltretevere riportando, fra le altre, le parole di Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare del settore Est, nel quale è compresa la parrocchia di San Giovanni Bosco dove sono state celebrate le esequie. Mentre l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, il lazzarista Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di canonizzazione del beato Pino Puglisi, vittima della mafia, ricorda all’Osservatore Romano che “dinanzi al mistero della morte, la Chiesa non assume alcun atteggiamento di giudizio, ma affida nella preghiera la storia e la vita di ogni defunto alla misericordia di Dio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
MARINO E GABRIELLI NO: IN ARRIVO LA RELAZIONE DEL PREFETTO
Tutti sapevano che il 20 agosto si sarebbero celebrati i funerali di Vittorio Casamonica.
In primis, i rappresentanti delle forze dell’ordine.
Le autorità erano a conoscenza e non sono intervenute. Gli accertamenti sono stati conclusi e c’è attesa ora per la relazione che il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, produrrà e consegnerà al Ministero dell’Interno dopo aver chiesto chiarimento a questura, carabinieri, polizia municipale e Campidoglio.
Fonti interne alla prefettura non assicurano che il rapporto giunga oggi o domani al Viminale ma rivelano che Gabrielli ha già ricevuto tutte le relazioni dettagliate da parte degli uffici delle varie forze dell’ordine.
“Nè sul tavolo del questore nè sul mio è arrivata nessuna segnalazione in tempo utile. E qui sta il problema. In una società perennemente connessa non c’è stata la necessaria tempestività di informazione” aveva detto il prefetto Gabrielli in un’intervista a Famiglia Cristiana.
Emergono però testimonianze e prove del fatto che l’informazione stava circolando.
“Il giorno della morte di Vittorio Casamonica ho presentato istanza alla Corte d’Appello affinchè il figlio Antonio, attualmente agli arresti domiciliari, potesse partecipare al funerale e le forze dell’ordine hanno effettuato un sopralluogo nella casa in cui Antonio vive con i figli. Impossibile, dunque, sostenere che non fossero a conoscenza del funerale” afferma l’avvocato Mario Giraldi, difensore del figlio di Vittorio Casamonica, per il quale ha chiesto ed ottenuto dalla Corte d’Appello presieduta dal giudice Giorgio Maria Rossi, l’autorizzazione a partecipare alle esequie del padre, deceduto all’età di 65 anni.
“Casamonica – ha spiegato il legale – era un lupo solitario e non si può definirlo un Boss o il più grande commerciante di eroina di Roma, come è stato fatto. Ha subito più di 15 processi ma sempre per reati contro il patrimonio, mai per atti di violenza o per droga. E se c’era una persona contraria al commercio o all’uso della droga era proprio Vittorio Casamonica”.
La Corte d’Appello ha “regolarmente autorizzato Antonio Casamonica a partecipare ai funerali del padre – ha affermato il legale – senza sapere in quali termini si sarebbe svolta la cerimonia “, ha poi concluso l’avvocato Giraldi, che ha prodotto il documento oggi pubblicato dal Corriere della Sera
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 22nd, 2015 Riccardo Fucile
NON C’E’ WEEKEND IN CUI IL MINISTRO NON SIA CHIAMATO IN SICILIA DA “IMPEGNI ISTITUZIONALI” A NOSTRE SPESE
Angelino Alfano fa una vitaccia. Lavoro, lavoro, sempre lavoro. Specialmente in Sicilia, specialmente
nei weekend.
Il lettore potrebbe obiettare: è la sua regione, ha casa ad Agrigento, magari torna a riposarsi dalle pesanti responsabilità settimanali di ministro dell’Interno.
E invece no: lavora, è fatto certo.
Se non lavorasse, infatti, se non avesse inderogabili impegni istituzionali regolarmente certificati, non avrebbe potuto volare con “l’aereo blu” da Roma a Catania e da Catania a Roma tutti i weekend da fine giugno a oggi, com’è facile constatare dall’elenco che l’Ufficio voli di Palazzo Chigi pubblica (per legge) online.
Testimoni degni di fede sostengono che poi — espletate presto o tardi le sue delicate funzioni di capo del Viminale— Alfano passi in barca gran parte del weekend, ma secondo noi sta ancora lavorando: pattuglia le coste sicule, ad esempio quella della riserva naturale di Punta Bianca, per evitare che militanti dell’Isis, travisati da richiedenti asilo o clandestini,penetrino nel suolo patrio.
La Sicilia ha bisogno di lui, soprattutto d’estate
Certo Alfano non si occupa di Sicilia solo d’estate.
Un sindacato di polizia, il Coisp, segnalò la sua presenza in regione con apposito comunicato già il 27 febbraio, un venerdì: “Alfano crede fermamente nella spending review e nell’inasprimento dei tagli alla Polizia. La spending review, però, non trova riscontro nelle sue trasferte istituzionali: oggi, alle 14:00 circa, è atterrato a Fontanarossa (Catania) con volo di Stato proveniente da Roma”.
A marzo, però, dall’elenco di Palazzo Chigi non risultano trasferte di Stato catanesi del nostro.
Ad aprile una sola: atterraggio giovedì 2 a Catania, ripartenza alla volta di Roma lunedì 6. È il fine settimana di Pasqua e il povero ministro, oltre a dover lavorare in Sicilia, non può nemmeno riposarsi nel dì di festa che segue la Resurrezione, d’ora in poi detto “lunedì dell’Angelino”.
A maggio, poi, la situazione in Sicilia deve essersi fatta più difficile.
Sicuramente l’emergenza sbarchi, forse i problemi al Cara di Mineo: Alfano, infatti, arriva a Catania domenica 3 e riparte da Palermo lunedì 4; torna a Palermo venerdì 9 e riparte da Catania lunedì 11; fa una capatina da e per Palermo venerdì 22 e sabato 23 e pure il weekend successivo (ripartenza da Catania).
A giugno la situazione in Sicilia si tranquillizza fino al primo fine settimana d’estate, in cui compare un volo “Alfano” da Catania a Roma (lunedì 22 giugno).
Da allora, tutti i weekend, compresi quelli di luglio, Angelino Alfano vola a Catania o Palermo il venerdì e da lì riparte il lunedì successivo (tranne domenica 12, durante la quale, tapino, è dovuto tornare a Roma).
Se ad agosto la situazione si sia calmata o meno, non si sa: ad oggi su governo.it   è disponibile l’elenco dei voli solo fino al 31 luglio.
Va detto che il ministro dell’Interno ha una idea vasta dell’impegno istituzionale.
A giugno, per dire, la mattina di sabato 6 per la precisione, Alfano s’è recato a Stoccarda per un trilaterale coi ministri tedesco e francese su immigrazione e lotta al terrorismo. Finito quello, però, il nostro s’è fatto gli oltre 500 chilometri tra Stoccarda e Berlino (la distanza da Roma, per dire, è 800 km) col volo di Stato e la sera ha potuto così accomodarsi in una poltrona vip dell’Olympiastadion per godersi la finale di Champions League tra Barcellona e Juventus (squadra di cui è “tifoso sfegatato”, dice Matteo Renzi). Qualche maligno, per finire, notò pure che a maggio — prima delle Amministrative — gli impegni istituzionali di Alfano lo costringevano a volare, oltre che in Sicilia, proprio dove si votava (Puglia, Veneto, Toscana, Liguria, Campania).
Un caso, sicuramente. Angelino lavora sempre, è fatto certissimo
C’è chi dice che la preferenza di Sergio Mattarella per i voli di linea o il Frecciarossa sia un’ostentazione di pauperismo.
Altri sostengono che il costo dei voli non sia così alto, visto che l’equipaggio lo paghiamo comunque.
Obiezioni legittime, per carità : sicuramente non andremo in rovina per i weekend estivi in cui Alfano va a lavorare in Sicilia.
Qui infatti, oltre a compatire il povero ministro dell’Interno, costretto ogni fine settimana d’estate ad avere qualche importante riunione in Sicilia, ci limitiamo a ricordare due cose: l’incredibile aumento (quasi il 20%) delle ore volate dagli “aerei blu” nel 2014 rispetto al 2013 e cosa dicono le regole al riguardo.
La direttiva che norma la materia in dettaglio è del 23 settembre 2011, firmata dal premier Silvio Berlusconi.
L’ex Cavaliere, intanto, ha pensato di tutelarsi escludendo dall’obbligo di trasparenza le prime 5 cariche dello Stato: presidente della Repubblica, del Senato, della Camera, della Consulta e, ovviamente, del Consiglio.
I ministri, però, non sono così fortunati: per ottenere il volo di Stato, dice l’articolo 2, “debbono, congiuntamente, sussistere: a) comprovate, imprevedibili e urgenti esigenze di trasferimento connesse all’efficace esercizio delle funzioni istituzionali e l’impossibilità di provvedere ai trasferimenti con volo di linea; b) l’accertata indisponibilità di altre modalità di trasporto compatibili con lo svolgimento di dette funzioni”.
Insomma, solo per lavoro e solo se proprio non c’è un volo di linea o un treno.
Di più: una circolare del 10 maggio 2013 (governo Letta) chiede che gli impegni istituzionali dei ministri e l’impossibilità di svolgerli senza “volo blu” venga messa per iscritto in una “sintetica ma dettagliata relazione”.
Certo, potrebbero esserci motivi di sicurezza (articolo 3), che vanno però formalizzati dagli “organi preposti alla sicurezza nazionale”, vale a dire il sottosegretario con la delega ai servizi segreti, e “trattati con modalità adeguate alla classifica di sicurezza loro apposta”.
Cioè secretati e dunque con ogni probabilità esclusi dalla lista pubblicata online.
Per questo diciamo che Angelino Alfano fa una vitaccia: lavora tuttivitaccia: lavora tutti i fine settimana.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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