“SONO PROFUGHI, NON MIGRANTI”: AL JAZEERA DICE BASTA A CHI CERCA DI NASCONDERE IL DRAMMA UMANITARIO
LA MATERIA E’ REGOLATA DALLA CONVENZIONE DI GINEVRA DEL 1951, FIRMATA DA 147 PAESI
Migranti o profughi? Con migliaia di persone alla deriva nel canale di Sicilia o ammassate alla frontiera con la Macedonia la rete tv Al Jazeera ha abbandonato l’uso della parola “migrante” per riferirsi a quanti rischiano la vita per raggiungere l’Europa. La decisione è stata presa, “per ragioni di accuratezza”, dal direttore delle news Salah Negm. La rete di Doha, quindi, utilizzerà preferibilmente il termine “refugee” (profugo) “ove appropriato”.
La spiegazione è sul sito online dell’emittente: “La parola ‘migrante’ è diventata un ombrello molto poco accurato per definire le complessità di questa storia”, un termine “peggiorativo” che “allontana e priva della sua umanità ” la persona a cui è affibbiato “trasformando in numeri un individuo come te e come me, pieno di pensieri, di storie e di speranze”.
Non è una distinzione da poco.
A differenza del rifugiato, un migrante non è un perseguitato nel proprio paese e può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.
La condizione del profugo è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi, che apre la strada al riconoscimento dell’asilo: parla di fuga dal proprio Paese “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità , appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche”.
Affidandosi a dati delle Nazioni Unite, secondo cui la stragrande maggioranza di chi rischia la vita in mare lo fa per scappare da una guerra, Al Jazeera afferma che nel Mediterraneo “non esiste una crisi dei ‘migranti’; esiste invece un gran numero di profughi in fuga da inimmaginabili miserie e pericoli e un numero inferiore di gente che cerca di sfuggire a quel tipo di povertà che spinge alcuni alla disperazione”.
La stragrande maggioranza, ricorda la rete, fugge dalla Siria, dove tra 220 e 300 mila persone sono rimaste uccise in una escalation di violenza.
Molti altri vengono da Afghanistan, Iraq, Libia, Eritrea e Somalia, “luoghi da cui usualmente viene concesso asilo”.
Migrante – continua la rete qatariota – è “una parola che toglie la voce a gente che soffre. Sostituirla con profugo è un un tentativo – un piccolo tentativo – per restituirgliela”.
(da “Huffigntonpost”)
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