Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
ENNESIMA BRUTTA FIGURA, SBAGLIATI I CALCOLI: NON 630.585 MA SOLO 327.758
È sparito un esercito di 302.827 lavoratori a tempo indeterminato.
Che da gennaio a luglio significano 43.261 in meno al mese, circa 1.500 al giorno.
In realtà quell’esercito non c’è mai stato.
Il ministero del Lavoro, infatti, ha corretto i dati diffusi martedì 25 agosto sul numero dei contratti: nei primi 7 mesi del 2015 si sono registrati 327.758 contratti a tempo indeterminato in più e non 630.585 come erroneamente comunicato.
La cifra somma il saldo fra attivazioni e cessazioni (+117.498) e stabilizzazioni (210.260) come si legge nelle tabelle corrette oggi.
Cessati 1,3 milioni di contratti in più
Sono stati attivati nel complesso 5.150.539 contratti e non 4.954.024 come erroneamente comunicato.
Di contro, evidentemente, di notevole entità è la correzione effettuata sulle cessazioni di contratti: secondo le tabelle corrette, nei primi sette mesi del 2015 le cessazioni sono state 4.014.367 e non 2.622.171 come precedentemente annunciato, 1.392.196 in più.
Michelangelo Borrillo
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL UNA INCREDIBILE GARA DI SOLIDARIETA’
Un profugo siriano è stato rintracciato a Beirut grazie al passaparola degli utenti Twitter che si sono
mobilitati dopo aver visto una foto dell’uomo mentre vende penne Bic lungo la strada.
L’immagine è stata condivisa centinaia di volte anche su Facebook, provocando una intensa commozione soprattutto per il fatto che il profugo porta in braccio la figlioletta addormentata.
“Vorrei aiutarlo, chi sa come trovarlo?”, propone a un certo punto un commentatore. Sul profilo di Sakir Khader improvvisamente un utente, molto probabilmente libanese, dichiara di avere già visto l’uomo e indica la strada dove pensa di averlo incontrato con la figlia.
A quel punto nasce un account Twitter con il nome #BuyPens (compera le penne) per provare a rintracciare il protagonista della foto e aiutarlo.
In poche ore l’attivista di una ong di Beirut, “Lebanese for refugees”, annuncia di aver trovato il richiedente asilo.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
CHE RIDE: “PREFERISCO AVERE UN FIGLIO CHE CONTESTA PIUTTOSTO DI UNO CHE STA A CASA”
Gli scontri a L’Aquila tra manifestanti che contestano la presenza di Renzi e forze dell’ordine è in pieno corso.
In quegli stessi istanti, una delle più alte cariche della Regione Abruzzo, il vicepresidente Giovanni Lolli (Pd), ride di gusto: suo figlio Mattia è tra i contestatori del premier.
“Quel pezzo di merda di Zaffiri mi telefonava e mi faceva sentire mio figlio che arringava… Mattia che arringava il popolo”, ridacchia divertito al riparo dagli scontri in atto a poca distanza.
Nel video che riprende il siparietto, una voce femminile gli risponde: “Eh, ma è così che si fa”.
Mattia Lolli, che fa parte del Comitato 3e32, appare nelle immagini con il megafono in mano, in prima fila durante gli scontri con la polizia, al grido: “Renzi fuori dall’Abruzzo”.
Il giovane è uno dei due manifestanti feriti durante le cariche della polizia.
Un agente ha invece riportato la rottura del setto nasale. “Non sono preoccupato per mio figlio, lui ha le sue idee e io le mie, preferisco avere un figlio che contesta piuttosto che uno che sta a casa”, ha dichiarato poi il padre Giovanni ai microfoni dell’emittente locale AbruzzoWeb.
Giovanni Lolli è stato due volte deputato, prima per i Democratici di sinistra e poi per il Partito democratico.
Ex sottosegretario di Stato alle Politiche giovanili e alle attività sportive nel governo Prodi, attualmente è vicepresidente della giunta D’Alfonso e assessore alle Attività produttive e alle Politiche della ricostruzione.
I comitati antipetrolizzazione e gli studenti hanno forzato ieri i posti di blocco a pochi metri da palazzo Fibbioni, sede del Comune.
Vista la situazione, il premier ha cambiato programma e si è presentato direttamente nel laboratorio di Fisica nucleare del Gran Sasso
Melissa Di Sano
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL SINDACATO IN UNA ZONA DOVE NON VIGE PIU’ LA LEGGE DELLO STATO… SFRUTTANO E FANNO SPARIRE ANCHE I MORTI
Un immigrato sarebbe morto nelle campagne di Rignano Garganico (Foggia), “crollando all’interno di
uno dei 57 cassoni di pomodori che aveva raccolto”.
Lo denuncia all’ANSA il coordinatore del Dipartimento Immigrazione della Flai-Cgil Puglia, Yvan Sagnet, secondo il quale “il corpo dell’uomo potrebbe essere stato occultato dai caporali”.
La vittima sarebbe originaria del Mali e avrebbe “circa trent’anni”.
La sua morte, che sarebbe “avvenuta nei campi mentre raccoglieva pomodori”, risalirebbe a “due domeniche fa”, nello stesso periodo in cui è morta ad Andria Paola Clemente.
Il cadavere, spiega inoltre Sagnet, non si trova “negli obitori nè di San Giovanni Rotondo nè di Foggia. Quindi è molto probabile sia stato sepolto dai caporali nel ghetto oppure nascosto con qualche altro espediente”.
Il ghetto di Rignano Garganico si trova nelle campagne del foggiano e si tratta di una specie di villaggio creato dai migranti che vivono in capanne auto-costruite, realizzate con materiali di fortuna come lamiere e cartoni. Le condizioni igieniche sono spesso precarie.
“Ora – aggiunge Sagnet – stiamo cercando di conoscere il nome dei migrante che ha perso la vita anche per far far partire una denuncia di occultamento di cadavere”. Purtroppo, sottolinea, è “difficile avere informazioni poichè i caporali hanno spaventato a morte i lavoratori che, anche se parlano dell’episodio, hanno paura a dire il nome e il giorno preciso di quando è avvenuto il suo decesso”.
Anche i “responsabili del 118 – prosegue Sagnet – dicono di avere difficoltà a fare verifiche, e ci hanno chiesto una richiesta formale, da parte di un nostro legale, per far partire una ricerca ufficiale nei loro archivi”.
(da agenzie)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
RISPARMIATORI ALL’ASSALTO DEI BROKER… E LA BANCA CENTRALE SMENTISCE LA PROPAGANDA DI STATO
Colletto bianco e grisaglia addio. Sconsigliati anche tailleur e tacchi a spillo. A Shanghai e a Shenzhen ora è aperta la caccia a brokers, traders e funzionari di banca. Sparite, nel quartiere dei grattacieli eleganti di Pudong, auto sportive e borsette di lusso. Chiusi i ristoranti gourmet, spente le vetrine con gli orologi svizzeri.
Lavorare in Borsa, fino a due mesi fa, in Cina era il simbolo del successo e proiettava nella “dolce vita all’occidentale”.
Regola numero uno: esibire l’eccesso, mostrare a tutti di avercela fatta
Oggi il “compagno economista” recupera dall’armadio i vecchi jeans, sandali e t-shirt, va in ufficio in metrò ed entra dal retro, succhiando tagliolini liofilizzati assieme alle giovani migranti interne assunte per le pulizie.
L’alternativa è venire linciati dalla folla, o essere arrestati dalla polizia.
Nella capitale finanziaria gli investitori inferociti sfondano i portoni blindati che proteggevano i manager di quattro banche.
«Ridateci i nostri soldi — grida la folla — dove li avete nascosti?».
Immagini censurate dei media di Stato, che tacciono pure come banche, finanziarie e palazzi dei mercati, compresi quelli di Hong Kong, siano ora difesi dell’esercito.
Per i cinesi accettare che in un giorno la “febbre gialla” dei listini bruci 5 mila miliardi di dollari, azzerando i guadagni da gennaio, è impossibile.
«La ricchezza — scrivono i piccoli risparmiatori sulla facciata del secondo istituto di credito di Pechino — non può sparire: trovatela e restituitela al popolo»
Alla tivù di Stato la propaganda esalta «la capacità di resistenza e il notevole potenziale del sistema economico cinese, che ci permette di mantenere uno sviluppo stabile e salutare».
Nello stesso tempo novanta milioni di neo-investitori capital-comunisti, ingrossati di 40 milioni in otto mesi, assistono in diretta smartphone all’evaporazione di guadagni e risparmi accumulati a colpi di debiti. Il partito-Stato rassicura, vieta di vendere per salvare almeno un centesimo del patrimonio perduto, e i compagni- giocatori cedono bottega, campagna e casa, impegnati per il miraggio di «diventare ricchi prima di diventare vecchi».
La risposta del Quotidiano del Popolo, organo del politburo, alla crisi del Duemila è da purghe anni Sessanta.
Annuncia la mobilitazione della polizia e del viceministro alla pubblica sicurezza Meng Qifeng, scatenati contro «banche ombra, funzionari sospetti e finanziamenti illeciti ».
Il bilancio, esulta la propaganda, è di «66 banche clandestine chiuse, 160 arresti e 67 miliardi di dollari sequestrati».
Per la prima volta però Pechino si scontra contro l’incensurabile, un sesto dell’umanità teme di poter perdere tutto, la leadership comunista vede lo spettro di un’inarrestabile “rivoluzione capitalista” e a Borse asiatiche chiuse, la banca centrale è costretta ad usare quella che un industriale del Guangdong definisce «l’ultima bomba atomica del soccorso di Stato».
La giornata, dopo il “Black Monday”, è stata di nuovo da panico.
Shanghai chiude perdendo un altro 7,63%, tocca quota 2964,97 punti, meno 16,12% in quarantotto ore: sono i peggiori quattro giorni da 18 anni, le perdite superano il 22%, oltre 2 mila i titoli che toccano il limite quotidiano del meno 10%.
Segue Shenzhen, che aggiunge il meno 7,09% al meno 7,10% d’inizio settimana. Limita i danni Hong Kong, rimbalzano invece gli altri mercati asiatici, con l’eccezione di Tokyo (meno 3,96%), spaventata dall’impennata dello yen.
Per i miliardari dell’Oriente, nuovi protagonisti della ricchezza globale, è uno spartiacque che prevede un irrecuperabile prima e un imparagonabile dopo.
Wang Jianlin, l’uomo più ricco della Cina, in poche ore vede sfumare 6,1 miliardi di dollari, primato mondiale, con il fondatore del gigante Wanda Group che si sveglia sotto i 30 miliardi di patrimonio.
Per operai e casalinghe, contagiati e sterminati da quello che adesso la tivù di Stato definisce «virus del mercato», è l’unica consolazione: anche i nuovi “imperatori d’oro”, prima invidiati e ora odiati, in tre mesi hanno perso un quinto della ricchezza, 97 miliardi da venerdì, 14 solo ieri, un sesto dell’intero capitale.
Per i padroni-ombra del comunismo di mercato è troppo, la voragine non drena più solo la panna montata della speculazione, intacca patrimoni economici e stabilità politica, fino a costringere la Banca del Popolo a ricorrere, controvoglia, all’«arma atomica »: il taglio dei tassi e quello delle riserve obbligatorie bancarie. Il governatore Zhou Xiaochuan, dato come ostile al presidente riformista Xi Jinping, abbassa (quarta volta in un anno) di mezzo punto i tassi, portando da oggi quelli sui prestiti al 4,6% e quelli sui depositi all’1,75%.
Giù di mezzo punto dal 6 settembre anche le riserve obbligatorie di banche e finanziarie.
L’ennesimo sostegno di Stato vale 23,4 miliardi di dollari, più altri 17 (totale oltre 40 miliardi) destinati al credito, intervento più pesante dal gennaio 2014.
Centinaia di milioni di cinesi, assieme al resto del mondo, si chiedono se i successori di Deng Xiaoping stiano «cavalcando la crisi», oppure se ne siano travolti, se «il nuovo Mao stia in sella o tra le zampe del cavallo».
L’Occidente scopre di essere orfano del suo motore della crescita, ma milioni di cinesi si vedono rubare il sogno di archiviare per sempre fame, sacrifici e ciotola di riso.
A scuotere il Paese è anche l’inedita smentita della propaganda di partito da parte della banca centrale, come se due Cine si stiano silenziosamente confrontando, drammaticamente spaccate tra nostalgici comunisti e riformisti ancora innamorati del capitalismo.
Per i primi i «fondamentali sono solidi e la crescita stabile, al più 7%».
La banca centrale invece ammette che «permangono pressioni al ribasso», che «la volatilità dei mercati richiede maggiore flessibilità degli strumenti di politica monetaria » e che «c’è stata una carenza di liquidità ».
Mai l’istituto monetario del potere centrale si era permesso di riconoscere la realtà e di criticare l’immobilismo dei leader politici, accreditando le voci sui dati ufficiali manipolati. Il fantasma di uno storico tonfo cinese, capace di allontanare la ripresa globale, impedisce in queste ore a Shanghai, a Shenzhen e a Hong Kong di rimbalzare come le Borse occidentali e del Pacifico.
Una gigantesca bolla di Stato gonfiata da milioni di micro-debiti privati fuori controllo, unita al fallimento fuori tempo massimo del modello made in China, rivela il potenziale per distruggere non solo il sostegno pubblico, ma anche l’illusione di rientro dell’irriducibile investitore privato.
Tra i grattacieli-icona del trentennio d’oro gli ex rivoluzionari maoisti vanno così a caccia del trader alla Gordon Gekko, ma nel mirino cominciano a inquadrare proprio quello «Stato che li ha gettati in pasto al mercato» per sostituire l’ideologia con il profitto.
Il Quotidiano del Popolo insinua il sospetto che «la crisi perfetta sia orchestrata dall’esterno per fermare l’ascesa della Cina e quella del suo leader».
Insomma, il dito è puntato contro un Occidente «politicamente interessato a ridimensionare l’influenza di Pechino».
Si riaffaccia la teoria dei soldi quale arma alternativa nelle guerre, l’Asia sino-centrica teme di perdere la sua occasione secolare e i cinesi, persi gli investimenti, intravedono non un’accelerazione delle promesse «nuove riforme di mercato», ma una «stretta del vecchio Stato di polizia».
E’ la domanda, e dunque la scelta essenziale che la rivolta anti-mercato dei cinesi delusi dal mercato pone al partito a Pechino, alle Borse a Shanghai e a Hong Kong, ai governi in Europa e negli Usa: oggi conviene più la Cina imprevedibile di Xi Jinping o quella nostalgica dei suoi oppositori? Tirano più la crescita i traders o gli operai? Colletti bianchi e tacchi spillo questa sera a Pudong finiscono in cantina: ma le tute blu che assediano i «palazzi del grande furto dello Stato piegato al mercato» sanno bene che questo crack consegna proprio loro, per sempre, in un museo.
Giampaolo Visetti
(da “La Repubblica”)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
NEL FOGGIANO AGRICOLTORE SPARA DAL BALCONE AI LADRI E COLPISCE ALLA SCHIENA UN 67ENNE CON PICCOLI PRECEDENTI… COME NEL CASO DELL’IMPRENDITORE DI BERGAMO, MA LUI AVEVA UCCISO UN ALBANESE E NON MERITA QUINDI DI SCONTARE LA PENA
Avrebbe udito dei rumori provenire dal suo fondo agricolo, avrebbe imbracciato un fucile e avrebbe
sparato alcuni colpi di arma da fuoco, al buio, a scopo intimidatorio. Uno di questi, però, ha raggiunto il presunto ladro, uccidendolo sul colpo.
E’ quanto accaduto poco dopo l’una della scorsa notte, in un fondo agricolo in località “Case Rotte” in agro di Troia, lungo la strada provinciale 125, che collega la città del Rosone a Faeto, sui Monti Dauni.
A sparare, Michele Marchese, 52enne di Castelluccio Valmaggiore, denunciato per omicidio colposo.
La vittima, invece, è Antonio Diciomma, 67enne di Cerignola, con piccoli precedenti per reati contro il patrimonio, raggiunto da una fucilata alla schiena.
Non era solo Diciomma: insieme a lui – sostengono i militari – vi erano almeno altre tre persone, fuggite nei campi dell’azienda avicola a circa 15 km da Troia, nel Foggiano.
Marchese non si sarebbe accorto dell’accaduto e, subito dopo il fatto, ha allertato i carabinieri per il tentato furto subìto. Una volta giunti sul posto, però, i militari hanno scoperto il cadavere di Diciomma, che calzava guanti e passamontagna.
Secondo quanto ricostruito, l’uomo ha esploso alcuni colpi di fucile sporgendosi dal balcone della sua camera, posta al primo piano del podere: il suo obiettivo era spaventare ed allontanare i ladri, che più volte, nel corso del tempo, avevano fatto visita nella sua azienda dove alleva polli per conto di una nota azienda italiana. Sull’accaduto sono in corso ulteriori accertamenti dei carabinieri, incaricati delle indagini del caso.
Non si esclude che i ladri volessero asportare il gasolio contenuto in una cisterna.
(da agenzie)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
LA CANCELLIERA VA AL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI HEIDENAU: “TOLLERANZA ZERO CON I RAZZISTI”… QUESTA E’ LA DESTRA CIVILE
Angela Merkel ha fatto visita al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Heidenau, cittadina della Germania orientale vicino al confine con la Repubblica Ceca dove lo scorso weekend gruppi di estrema destra e neonazisti hanno protestato con violenza contro la presenza di 560 profughi, scontrandosi con la polizia e ferendo 30 agenti.
“Bisogna dirlo con chiarezza: nessuna tolleranza nei confronti di coloro che mettono in questione la dignità delle persone con vergognosi e vili attacchi, nessuna tolleranza per coloro che non sono pronti ad aiutare quando c’è bisogno di aiuto”, ha ribadito Merkel, accolta da fischi dei contestatori neonazisti, esacerbati ora dal fatto che Berlino ha deciso di sospendere la normativa di Dublino aprendo sostanzialmente la porta a tutti i profughi siriani che vorranno chiedere asilo in Germania.
Merkel ha espresso particolare durezza contro gli autori degli atti xenofobi, sempre più numerosi, e ha ricordato che i tedeschi devono essere “forti per affrontare il compito di accogliere i rifugiati”: “una sfida gigantesca”, ammette la leader tedesca.
Gli attivisti di destra di Heidenau hanno gridato “traditrice!” al passaggio della Merkel e hanno scandito lo slogan “Siamo noi la feccia!”: il termine “feccia” era stato utilizzato lunedì da Sigmar Gabriel, esponente socialista e vice-cancelliere, che aveva portato la solidarietà del governo ai profughi minacciati a Heidenau.
In quella occasione Gabriel si era riferito ai contestatori dicendo: “Sono feccia da rinchiudere”.
Il gesto della Merkel si accompagna a un altro gesto altamente simbolico: sempre nella mattinata di mercoledì, in concomitanza con la visita della Cancelliera ad Heidenau, il presidente della repubblica tedesca Joachim Gauck ha stretto la mano di numerosi richiedenti asilo ospitati in una struttura di accoglienza a Berlino.
“Esiste un lato oscuro della Germania”, ha detto Gauck riferendosi agli attacchi xenofobi – circa 200 dall’inizio dell’anno – che si stanno moltiplicando nei confronti dei centri che aiutano i profughi.
Il presidente tedesco ha però voluto elogiare la “Germania luminosa” dei volontari che offrono quotidianamente il proprio lavoro e il proprio tempo per affrontare l’ondata migratoria più consistente degli ultimi decenni: il governo di Berlino stima che entro la fine dell’anno saranno accolte 800mila persone.
Tuttavia sembra esistere una perfetta sintonia tra la mossa di apertura di Angela Merkel e il sentimento del popolo tedesco: sondaggi citati dalla Bbc mostrano che il 93% degli abitanti della Germania è d’accordo sull’accoglienza dei profughi, il 60% pensa che ci siano i mezzi sufficienti per ospitarli, mentre il 67% è “molto preoccupato” per gli attacchi xenofobi.
Gli ultimi risalgono alla notte tra martedì e mercoledì: il primo a Lipsia, dove una molotov è stata scagliata contro un edificio destinato a dare un tetto a 56 richiedenti asilo, il secondo è accaduto a Parchim, dove due ubriachi sono entrati con un coltello in una struttura di accoglienza.
Ad Amburgo, invece, i residenti di un quartiere hanno organizzato una festa di piazza per dare il benvenuto a 1200 rifugiati
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
L’ASSESSORE: “SALVINI? A RACCOGLIERE DATTERI”
Acquaformosa è un paese “deleghistizzato”. 
Lo dice il cartello stradale all’inizio della cittadina, in provincia di Cosenza, diventata modello per i suoi progetti di accoglienza dei migranti.
“Attraverso questi progetti — spiega l’assessore comunale Giovanni Mannoccio, ex sindaco di Acquaformosa — cerchiamo di fare cultura dell’accoglienza. Abbiamo ripopolato il centro storico con i migranti. Negli ultimi anni sono passate da qui circa 600 persone. Alcune di queste si sono insediate e oggi una sessantina sono residenti in città ”.
Tre famiglie vivono nel vecchio asilo comunale che era stato vandalizzato e l’amministrazione ha trasformato in appartamenti per ospitare i rifugiati.
“Questo è il modello sociale e non il modello ‘mafia capitale’ che concentra i migranti in un unico stabile”.
Salvini? “Attacca i migranti per ragioni elettorali. Mente quando dice che ricevono 35 euro al giorno. Nel mio paese lavorano 30 ragazzi tra mediatori culturali e linguistici e operatori sanitari”.
Nell’ambito del “Festival delle migrazioni”, il Comune ha realizzato e distribuito magliette con la scritta “Salvini è un tamarro”.
Il leader del Carroccio ha minacciato querela. “Come si fa a querelare una persona — conclude Mannoccio — perchè manda un messaggio? Dovrebbero farlo anche tutte le persone che non condividono le sue idee e dove lui si presenta con il nome della loro città . Salvini”
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 26th, 2015 Riccardo Fucile
CI SI INVENTA UNA RICERCA, UN POOL DI STUDIOSI E GLI SI ATTRIBUISCE QUALCOSA DI GRANDIOSAMENTE INSENSATO E L GIOCO E’ FATTO
Solenne promessa: non parlerò del meeting di Rimini, di Cl, degli applausi a Renzi. Cioè, volendolo fare basterebbe fotocopiare gli articoli degli ultimi anni, forse degli ultimi secoli, visto che l’attività prevalente nel noto festival di misticismo&affari è battere le mani.
Lì sono stati applauditi e salutati come salvatori della patria, tutti, ma proprio tutti: Berlusconi e Monti, Formigoni e Renzi, il commissario Basettoni, Odoacre re degli eruli (V secolo d.C), protomartiri, alpinisti, guidatori di carrozze, economisti, gente che fa il cubo di Rubik in sei secondi.
Si presentasse Tom Cruise vestito da alpino: applausi. Comparisse Balotelli: ovazione.
Dunque niente, farò obiezione di coscienza, almeno fino a quando (speriamo mai, eh!) non verrà ospitato al meeting qualche Califfo dello Stato Islamico: battimani sfrenato, perchè dopotutto anche lui è molto religioso.
E va bene: è il segnale che a quelli lì, tanto devoti, il mondo va bene così com’è, basta che uno comandi qualcosa, dall’economia planetaria alla municipalizzata, e loro sono contenti, e lo appoggiano convinti
Ma quest’anno il Meeting di Rimini ha presentato — subito nascosto e scopato sotto il tappeto — anche un siparietto satirico di discreto impatto.
Protagonista e capocomico, il predicatore domenicano Giorgio Carbone, quello che ha citato una ricerca danese secondo cui le coppie omosessuali hanno più problemi cardiovascolari rispetto alle coppie etero. Molto divertente.
Va detto che nel timore — anzi nella certezza — che il pubblico ciellino applaudisse anche lui, l’organizzazione è corsa ai ripari e gli ha vietato ulteriori spettacoli. Peccato.
Dunque lasciatemi protestare vibratamente contro questa censura: non si interrompe un’emozione! In altre affollate riunioni di devotissimi, chissà , padre Carbone avrebbe forse illustrato uno studio dell’università di Tubinga (i gay non vincono al lotto) o un dotto trattato di qualche ateneo del Wisconsin (i rapporti prematrimoniali sono dannosi per il menisco).
Insomma, a Rimini resta la noia degli applausi scontati e viene vietato il garrulo buonumore del teatro dell’assurdo, e questo è male.
Si aggiunga una notazione, per così dire, di natura mediatica: non ci aspettavamo da religiosi così studiosi e colti il ricorso al noto trucchetto della “ricerca”.
Ma sì, quella cosa che serve a fare titoli ad effetto e a guadagnare clic nelle colonnine a destra dei giornali online.
Il trucco è semplice: si cita una ricerca, un’università a caso, un pool di studiosi, un nome roboante, e gli si attribuisce qualcosa di grandiosamente insensato.
Chi mangia funghi è portato per la matematica. Gli zoppi ce l’hanno grosso. Le bionde tradiscono più spesso. Eccetera eccetera.
Il resto è affidato alla morbosità (o al dadaismo) del lettore, che clicca e ride.
E’ un trucco recentemente tracimato nei talk show e nel dibattito politico: chi è a corto di argomenti butta lì i risultati di una fantomatica ricerca, tipo: secondo prestigiosi ricercatori di Uppsala bisogna tagliare la sanità .
Argomento inattaccabile, soprattutto per il fatto che tutto resta in superficie, e qualcuno che si va a leggere la fantomatica ricerca non c’è mai (che due palle! Ammesso che esista, sarà in inglese, lunga, coi grafici… mah, facciamo a fidarci che si fa prima).
Stupisce dunque che religiosi tanto rigorosi e studiosi (hanno persino una casa editrice) si pieghino a certi trucchetti così banali, ma spiace comunque per la censura a padre Carbone e ai suoi fratelli. Male, molto male.
Sarebbe stato meglio un bel dibattito pubblico, magari dal titolo “Dice una ricerca paraguaiana che siano tutti molto stupidi e in malafede”.
Ospiti illustri, disquisizioni, ispirati interventi, qualche preghiera.
Ah, e poi — dimenticavo — applauso finale con standing ovation.
Alessandro Robecchi blog
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