Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
CHIAMPARINO DENUNCIA: “TAGLI METTONO A RISCHIO I FARMACI SALVAVITA”
È lo scontro tra regioni e governo a tenere banco nel primo giorni di audizioni al Senato sulla legge di stabilità .
A dare il la alla polemica questa mattina i tecnici di Camera e Senato, che hanno messo in guardia sui tagli da 17 miliardi chiesti per il triennio 2017-2019.
“Come rilevato dagli stessi tecnici del Senato i tagli 2017, 2018 e 2019 rischiano di determinare forti criticità per la sopravvivenza stessa del sistema regionale”, ha messo in guardia Serigio Chiamparino.
Una presa di posizione che ha subito provocato la reazione del premier Renzi, che ha convocato tutti i governatori di Regione: “Adesso con le Regioni ci divertiamo, ma sul serio”.
Nel pomeriggio è stato positivo il giudizio espresso da Confindustria.
Pur lodando nel suo complesso l’impianto della manovra, Giorgio Squinzi ha rimarcato come “I grandi assenti” siano “la ricerca e innovazione e il Mezzogiorno”. Un plauso poi all’iniziativa del governo di innalzare il tetto all’utilizzo del contante: “Non è una cosa condannabile, è un’apertura al mercato”, ha detto il leader degli industriali.
Dai sindacati invece è arrivata una raffica di critiche.
Per il segretario della Cgil Susanna Camusso “la legge di stabilità favorisce chi ha di più e crea difficoltà alle persone che hanno necessità “. l segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli si è invece scagliato contro le norme che prevedono tagli per patronati e Caf che – a giudizio del sindacalista sono “gravate da indizi incostituzionali”. “Ne chiediamo lo stralcio”, ha detto.
Nella legge di Stabilita’, ha invece rilevato il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy, ci sono “più ombre che luci, per quello che contiene e soprattutto per quello che non è previsto”, riferendosi alla riforma delle pensioni e alle risorse per il Sud.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
IL CASO ROMA-MARCHINI E LA POLITICA SENZA DESTRA E SINISTRA
Il sostegno del Pd e di buona parte di quello che fu il Pdl alla candidatura a sindaco di Alfio
Marchini dice qualcosa di Roma e qualcosa della politica: i partiti, e specialmente nella loro espressione romana, sono a un punto di discredito che gli tocca di associarsi per resistere all’antipolitica, o meglio all’antipartitismo del movimento cinque stelle.
Ma dice anche che siamo prossimi alla fine di quella strada lungo la quale i partiti si sono disgregati, con le loro strutture, le loro sistematiche dottrine, le loro contrapposizioni classiche.
Certo, sono decenni che ci si domanda se abbia ancora un senso parlare di destra e sinistra, ma intanto Sofia Ventura, politologa dell’università di Bologna, offre la sintesi perfetta: «Marchini andrebbe benissimo sia come candidato di destra sia come candidato di sinistra, e infatti diventa il candidato di entrambe».
Un altro titolato politologo dell’università bolognese (ma ha insegnato un po’ ovunque, compresa Harvard), e cioè Gianfranco Pasquino, crede dipenda innanzitutto dalle condizioni pietose dei partiti, «dissolti, spariti, i cui leader sono inquisiti o in dirittura d’arrivo per il carcere. E dunque si mettono alla ricerca di uomini della provvidenza, che siano ex commissari all’Expo, avvocati, magistrati, chirurghi, costruttori».
E però questo sembrerebbe giusto un aspetto.
Il presupposto è il tentativo di sopravvivenza di partiti in dominio negli ultimi due decenni, ma il risultato è che l’epilogo del bipolarismo è uno strano sincretismo senza stridore, se fa contenti lo si chiami «inciucio», ma l’impressione è che sia più naturale che subdolo.
«Marchini è il candidato del partito nella nazione», dice Sofia Ventura per andare sul concreto, e non per niente gli si oppongono i cinque stelle che sono antisistema, la Lega che trae la sua ragione sociale da questioni territoriali, e i piccoli eredi delle grandi ideologie novecentesche: Sel e F.lli d’Italia.
E’ da tanti anni che ci si interroga sull’estinzione o sulla profonda trasformazione della dialettica destra/sinistra, dice Pasquino, «ma proprio ora sto scrivendo un saggio su Norberto Bobbio (di cui è stato allievo, ndr), e rileggendolo mi sono rafforzato nell’idea che destra e sinistra esistano ancora. Gli elettori lo sanno e vanno alla ricerca di candidati e partiti di sinistra, se sono di sinistra, e all’opposto se sono di destra».
È grosso modo dello stesso parere Sofia Ventura, (quasi) tutti sanno che la destra e la sinistra del Novecento sono evaporate, «ma visioni diverse resistono: se mi lasciate schematizzare parecchio, ci sarà chi è più di orientamento liberale e crede nel merito, e chi pensa serva un serio ruolo dello Stato e preferisce il solidarismo».
Il problema è che due orientamenti simili producono sfumature piuttosto che differenze, la distinzione dei cinque stelle, nati sulla convinzione che il popolo, sfruttato e turlupinato da un’enorme cupola, debba ribellarsi e mettere al potere uno qualunque e senz’altro farà meglio, è una distinzione molto più evidente.
Pasquino è persuaso che il successo dei grillini, e la loro immediata riconoscibilità , dipendano proprio dall’incapacità di governare dei partiti classici, «ma anche dalla loro incapacità di produrre programmi seri distinguendosi uno dall’altro».
Sofia Ventura ci mette sopra il carico: «Non si vede in giro nessuno in grado di realizzare un’offerta partigiana». Poi chiamiamola destra e sinistra, o come si preferisce, ma è fisiologico che attorno a un problema si sviluppino almeno due soluzioni.
Non emerge niente di originale, o niente di netto, anche perchè le decisioni vere si prendono fuori dai confini nazionali, ma è soprattutto lì, conclude Sofia Ventura, «che cogliamo la drammatica crisi di leadership di cui è vittima tutta Europa, e non soltanto l’Italia. Non c’è un capo che abbia una visione del mondo e la proponga».
Le ideologie sono morte, e meno male.
Il guaio è che mancano le idee.
Mattia Feltri
(da “la Stampa”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
IL FONDO NAZIONALE NON E’ STATO RIFINANZIATO: ALTRO REGALO DEL GOVERNO “DI SINISTRA”
Non si può dire che funzionasse bene, visto che solo una piccola parte dei fondi stanziati sono arrivati ai Comuni.
Ma, invece di rivedere i criteri di ripartizione e di accesso, il governo Renzi ha deciso che il Fondo nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione va cancellato con un colpo di spugna: la legge di Stabilità non prevede rifinanziamenti, per cui l’anno prossimo le risorse messe sul piatto scenderanno dai 100 milioni del 2015 (rimpolpati con il Piano casa dell’ex ministro Maurizio Lupi) a zero euro.
Con il risultato che scompaiono anche i 25 milioni riservati alle famiglie disagiate sottoposte a procedure esecutive di sfratto per finita locazione
“Il governo condanna centinaia di migliaia di famiglie al baratro dello sfratto per morosità ”, sostiene Massimo Pasquini, segretario nazionale dell’Unione Inquilini. “Ora tutto è chiaro: viene eliminata la tracciabilità degli affitti, nessuna risorsa per l’aumento dell’offerta di alloggi a canone sociale, nessuna limitazione al libero mercato e ora scopriamo che al capitolo 1690 del Bilancio del Ministero delle infrastrutture sono state letteralmente azzerate le risorse destinate al fondo nazionale per i contributi affitto alle famiglie in disagio economico. Per il governo gli inquilini (3,2 milioni di famiglie) sono agnelli da sacrificare al mercato. Nel 2015 erano stati stanziati 100 milioni di euro (nel 1998 senza la crisi economica che mordeva erano 350 milioni di euro), ora con la legge di Stabilità per gli anni 2016-2017-2018 le risorse disponibili sono zero”.
I dati ufficiali del ministero delle Infrastrutture sui risultati ottenuti, va detto, sono molto deludenti: su una disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015 che, considerando anche i finanziamenti degli enti locali, arriva a oltre 324 milioni, al 30 giugno di quest’anno le risorse assegnate dalle Regioni ai Comuni sono state di appena 93,7 milioni, di cui solo 88 milioni effettivamente trasferite.
Sui 25 milioni riservati alle famiglie disagiate, poi, solo 3,5 sono arrivati agli enti locali.
Davvero poco a fronte dei quasi 80mila provvedimenti di sfratto del 2014, 69mila dei quali per morosità .
Non per niente il sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro ha ammesso che “il monitoraggio restituisce un dato di pressochè inutilizzo”. L’emergenza, insomma, rimane.
E azzerare tout court i fondi non risolve il problema.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO: “L’IMPORTANTE E’ CHE CI SIA UN NOME UNITARIO”
L’uno lavora a questo obiettivo da più di quattro anni. 
L’altra, invece, è una candidata “naturale” ma decisamente poco propensa.
L’uno Gianni Lettieri, l’altra Mara Carfagna. A Napoli il centrodestra è a caccia del nome giusto per conquistare palazzo San Giacomo, ma anche in questo caso — come a Roma e a Milano — l’obiettivo dell’unità dello schieramento fatica a essere raggiunto.
L’ago della bilancia è nelle mani di Silvio Berlusconi ma Forza Italia, tanto per cambiare, sul territorio è divisa.
Non è un mistero che al Cavaliere sarebbe piaciuto schierare la ex ministra delle Pari Opportunità . Che finora, però, ha sempre allontanato da sè l’amaro calice. Finora, appunto.
Visto che in un’intervista a Libero sembra aprire uno spiraglio. “Sono pronta a candidarmi, se me lo chiederanno, ma — dice – a condizione che sia una candidatura unificante, il centrodestra vince se si aggrega intorno a un nome”.
Una quasi-disponibilità , insomma, che, però, è subordinata a un “ma” grande come una casa. Perchè Mara Carfagna sa bene che il nome di Gianni Lettieri, imprenditore che già quattro anni fa sfidò De Magistris per il centrodestra, è in campo “a prescindere”.
E lei a fare la candidata alternativa non ci pensa nemmeno.
“Chi fa politica — spiega all’Huffington Post — sa bene che ci sono dei momenti in cui è difficile tirarsi indietro.
Per questo nel 2010, con spirito di servizio, accettai di candidarmi come capolista alle Regionali. Conosco le regole della politica ma credo anche che, in vista delle amministrative, il centrodestra debba presentarsi unito e a Napoli c’è già in campo Lettieri. Il suo impegno va sostenuto e incoraggiato”.
A suo favore, l’imprenditore ha i quattro anni e passa trascorsi a guidare l’opposizione in consiglio comunale e il fatto di aver costruito nel frattempo un movimento civico che gli consente di proporsi come candidato “oltre” i partiti. Contro, c’è però la sconfitta incassata nel precedente turno.
Non tutta Forza Italia è con lui.
Un paio di settimane fa il coordinatore azzurro della Campania, Domenico De Siano, lo ha portato da Berlusconi per ottenerne la benedizione. L’idea sarebbe quella di ripetere il “modello Brugnaro” di Venezia, anche se in questo caso non si può certo parlare di novità : già cinque anni fa Lettieri era appoggiato dall’allora Pdl e accanto a lui, a chiudere la campagna elettorale, c’era proprio il Cavaliere.
Pare che l’ex premier abbia sostanzialmente dato il suo placet.
Ma per considerare chiusa la faccenda è decisamente troppo presto, nè si può essere sicuri che Berlusconi non cambi idea.
Bisogna capire quanto (e soprattutto se) avrà un peso Francesca Pascale. Fino a un anno fa il suo nome era addirittura circolato come quello di potenziale candidata: una suggestione che trova sempre meno appiglio nella realtà .
La sua influenza sul numero uno azzurro è decisamente in calo e così, verosimilmente, la sua influenza politica.
Che, peraltro, si muove soprattutto attraverso l’asse con Armando Cesaro, figlio di Luigi (meglio noto come Giggino a ‘purpetta), già presidente della provincia di Napoli e uomo di Cosentino.
Accanto all’imprenditore napoletano si sono già schierati l’ex governatore della Campania, Stefano Caldoro, e Gianfranco Rotondi.
La sua candidatura non piace invece ad Amedeo Laboccetta, altro ex cosentiniano, che di certo qualche voto sul territorio ce l’ha.
Inoltre, tra le fila di Forza Italia, c’è qualcun altro che ambisce alla candidatura, come l’europarlamentare Fulvio Martusciello.
Ma c’è un problema anche tra gli alleati.
Fratelli d’Italia, che a Napoli si attesterebbe intorno al 4% di consensi, sarebbe divisa al suo interno con il coordinatore, Marcello Taglialatela, che non sembra intenzionato ad appoggiare l’ipotesi Lettieri.
Problemi anche in casa Ncd: i vertici nazionali, tra cui Maurizio Lupi, avrebbero fatto sapere di essere pronti a convergere sull’imprenditore ma il coordinatore del partito in Campania, Gioacchino Alfano, guarda più al centrosinistra.
Infine c’è la Lega che punta a presentare una sua lista a Napoli ma non ha una consistenza tale da condizionare la scelta del candidato.
Sebbene dal senatore Raffaele Volpi, vicepresidente nazionale di Noi con Salvini, sia già arrivata una sonora bocciatura. “Ha già perso cinque anni fa, figuriamoci”, sentenzia.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“QUI SI VIVE SOLO DI MARADONA, E’ ORA DI PENSARE AL FUTURO”
All’inizio lo chiamavano tutti regbill. Poi, con il passare del tempo, le cose sono cambiate.
I ragazzi si sono avvicinati allo sport, hanno messo da parte il calcio, Maradona, i problemi del quartiere.
A Scampia è nata una squadra di rugby che da 2 anni lotta sui campi di mezza Campania. Nonostante tutto. I protagonisti di questo “miracolo sportivo” sono i giocatori dello Scampia Rugby, giovani della zona, delle associazioni, che hanno fatto rete, si autofinanziano, spendono parte del loro tempo per alimentare la società e per fare gruppo.
L’idea è nata da Salvio Esposito, psicologo dello sport, che da anni cerca di portare avanti progetti simili.
Dopo il “Nisida Rugby Footbal Club”, in cui Esposito ha coinvolto i ragazzi detenuti nel carcere minorile di Nisida, è la volta del rugby portato a Scampia.
“Tutto parte dalla necessità di rendere effettive le potenzialità di crescita psicologica di questi ragazzi — spiega a ilfattoquotidiano.it Esposito -. Nel corso dell’anno abbiamo coinvolto più di 80 bambini. E non è ancora finita”.
La palla ovale ha fatto breccia tra le famiglie del rione, lottando anche contro i pregiudizi. “Qui si vive solo di Maradona. Dobbiamo affrancarci da questo mito e ricominciare a vivere pensando al nostro presente, al futuro” prosegue Luigi Piscopo, presidente tuttofare.
La prima squadra, lo Scampia Rugby, è formata da quasi 50 persone, dai 17 ai 40 anni. Il clima è affiatato, il gruppo è unito.
I giocatori si allenano una volta a settimana nel campo comunale di Scampia.
“Ma spesso c’è da fare la fila dietro gli allenamenti delle squadre di calcio — aggiunge stizzito Luigi —. Il più delle volte siamo costretti a chiedere di allenarci nel campo di un oratorio della zona”.
L’idea è quella di coinvolgere più squadre: da una parte i giocatori dai 17 anni in su; dall’altra i ragazzini più piccoli che si avvicinano per la prima volta a questo sport. “Vogliamo formare gruppi ben selezionati per dare loro l’opportunità di crescere serenamente all’interno della squadra”, continua Luigi.
Lo scorso campionato la squadra si è piazzata al 4° posto nella serie C2 nazionale. E alcuni dei ragazzi che vengono da queste parti sono davvero talentuosi.
Come Mauro Cuccurese, seconda linea, che nel 2010 ha esordito con la nazionale italiana under 17: “Quella partita è stato un sogno — ricorda —. Per me, venire da un quartiere che era considerato la fogna di Napoli è stato uno stimolo enorme”. “Forte abbastanza per realizzare l’impossibile” è il motto che guida i giocatori. E qualcuno, tra un placcaggio e l’altro, se l’è tatuato anche sul polpaccio.
I soldi, però, sono un problema: per il momento la squadra si tiene in vita grazie ad una rete di associazioni, a partire da Resistenza Anticamorra.
Ma non si può andare avanti così per sempre. “La Federazione non ha voluto metterci la faccia – continua il presidente -. Facciamo i salti mortali pur di portare avanti le cose”. I bambini, ad esempio, sono costretti a giocare in un campo da calcio, senza i pali e i segni regolamentari del rugby.
Ma Scampia non è tutto. Il progetto vuole ampliarsi anche verso altri quartieri vicini, incluse le collaborazioni con le scuole.
“L’obiettivo è quello di creare una squadra juniores che possa competere a livello di eccellenza, e dare la possibilità a questi ragazzi di giocare anche al di fuori del contesto di Scampia — spiega ancora il dottor Esposito —. I giovani in qualche modo devono uscire dai confini del loro quartiere, con tutte le ricadute positive che questo comporta”.
I ragazzi, comunque, non si danno per vinti.
Dopo la pausa estiva sono ripresi con gran vigore gli allenamenti. E nel quartiere si respira aria di novità . In tanti, infatti, si sono presentati alle selezioni per unirsi al gruppo.
“Questa squadra è la mia seconda famiglia” — racconta Gaetano Russiello, capitano dello Scampia Rugby, che vive da 20 anni il mondo della palla ovale. “Essere capitano per me significa dare l’esempio ad ogni partita. Questo gruppo mi ha cambiato la vita”.
La prima partita di campionato si è giocata a fine ottobre. Ma in tanti già scalpitano. Il rugby, da queste parti, non è solo svago: è anche un’opportunità per cambiare vita.
Raffaele Nappi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
TASI, CANONE, CONTANTE E SANITA’ AL CENTRO DELLE PERPLESSITA’
Su Tasi, canone Rai e risorse per la sanità pubblica si concentrano i dubbi dei tecnici di
Camera e Senato sulla manovra.
Perplessità che vanno dall’impatto sulle casse dei Comuni dell’abolizione della tassa sulla prima casa all’effettivo incasso dell’imposizione del canone in bolletta, fino alle difficoltà per il funzionamento del sistema sanitario.
TASI.
I tecnici parlamentari esprimono dubbi sulle modalità di compensazione ai Comuni del mancato gettito per la cancellazione della Tasi sulla prima casa e dell’Imu sui terreni agricoli.
Nel consueto dossier sulla manovra, gli esperti del Parlamento segnalano che “l’aumento della dotazione del fondo di solidarietà comunale in sostituzione del gettito Tasi per gli immobili adibiti ad abitazione principale e, con riferimento alla sola Imu per i terreni agricoli, può determinare un irrigidimento dei bilanci comunali in quanto si limita la possibilità di manovra dei Comuni a valere sulle proprie entrate a scapito della voce maggiormente rigida e fissa del fondo in esame”.
CONTANTE.
Difficile stimare gli effetti sui saldi di finanza pubblica dell’aumento del tetto all’uso del contante da 1.000 a 3.000 euro.
Sull’innalzamento del tetto al contante si sono reiterati troppi interventi nel breve periodo e spesso hanno assunto “direzioni contrapposte”.
Per i tecnici del servizio bilancio “visto il reiterarsi degli interventi in materia nel breve periodo ed il loro procedere in direzioni talvolta contrapposte, in assenza di valutazioni specifiche nella relazione tecnica in merito all’impatto finanziario della misura – si legge – non appare allo stato possibile formulare valutazioni precise e fondate su analisi univoche ed incontrovertibili in merito alle conseguenze della misura in esame sui saldi di finanza pubblica”.
CANONE.
Sulla misura che prevede il pagamento del Canone Rai in bolletta elettrica, i tecnici di Camera e Senato chiedono dati aggiornati sia sulla platea dei contribuenti sia sul numero di evasori.
“Considerato che la norma è volta ad estendere la platea dei contribuenti rispetto a quelli che, attualmente, pagano il canone Rai – si legge – sarebbe interessante, al fine di fornire elementi informativi nell’ambito dell’esame parlamentare della misura proposta, poter disporre di dati aggiornati in tema di evasione-inadempimento e morosità con riferimento sia al pagamento del canone Rai sia a quello delle utenze elettriche”.
Inoltre, proseguono, “poichè si prefigurano maggiori entrate – ancorchè prudenzialmente non contabilizzate, pur in presenza di un importo unitario del canone più contenuto (100 euro a fronte dei 113,5 euro dovuti per il 2015), è ragionevole ipotizzare che l’individuazione del nuovo importo del canone sia stato effettuato tenendo conto, oltre che della sua adeguatezza rispetto alle esigenze di copertura di oneri alle quali la risorsa è destinata a legislazione vigente, delle risultanze di una analisi in merito all’entità della riduzione dell’evasione attesa in conseguenza dell’implementazione delle nuove modalità di pagamento del canone previste dalla disposizione in esame”.
PART TIME
I tecnici di camera e senato stimano in 30 mila lavoratori la platea dei possibili beneficiari del part time per gli over 63 introdotto in manovra se si prende a riferimento una “retribuzione lorda ai fini previdenziali di 24.000 euro e di un part-time al 50%”.
In questo caso, si legge, “il beneficio potrebbe riguardare circa 30.000 Lavoratori, nell’anno di massima esposizione finanziaria e con utilizzo per l’intero anno della misura”.
REGIONI.
“Sarebbe utile una valutazione del Governo in merito alla effettiva praticabilità ” dei tagli alle Regioni cui vengono chiesti “nel triennio 2017-2019 complessivamente nuovi risparmi per oltre 17 miliardi”.
Lo scrivono i tecnici di Camera e Senato sottolineando i margini “ristretti” visto che non vanno inclusi le risorse della sanità .
SANITà€.
“L’ulteriore decremento” nel 2016 dei fondi per la sanità , già ridotti quest’anno rispetto a quanto previsto in origine, “potrebbe creare tensioni lungo tale linea di finanziamento”.
Lo osservano i tecnici di Camera e Senato, sottolineando però che “la centralizzazione degli acquisti” dovrebbe “facilitare il conseguimento di risparmi”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA CRONACA DELLA DRAMMATICA RIUNIONE DEGLI ELETTI PD CON ORFINI
Ignazio Marino ci ha ripensato. Ha ritirato le dimissioni e resiste. Il Partito democratico è sull’orlo della crisi di nervi. Vuole chiudere l’esperienza del sindaco Marziano e il presidente Matteo Orfini ha convocato i consiglieri comunali dem negli uffici della direzione.
Sta cercando di convicerli a dimettersi in massa per far decadere il primo cittadino.
Ma non tutti sono d’accordo. Qualcuno resiste. Con la città in fibrillazione e le telecamere dei giornalisti ammassate all’ingresso.
Che cosa è successo esattamente in quelle ore? Come si è arrivati alla decisione finale di mettere le firme nell’atto notarile che ha mandato a casa Marino?
Ilfattoquotidiano.it è in grado di offrire la cronaca in diretta di quei momenti drammatici grazie a uno dei consiglieri comunali romani. Ecco il suo diario.
Giovedì, ore 13.
Tutti a Sant’Andrea delle Fratte, sede della direzione del Partito democratico, convocati dal Commissario del Pd Roma, Matteo Orfini. Tutti puntuali. Fotografati sull’uscio e attesi a fine riunione da un pletora di giornalisti, per la prima volta interessati ai nostri volti e alle nostre opinioni. Entriamo in silenzio. Non rilasciamo interviste. Non siamo abituati.
Anzi, qualcuno sì, ma la maggioranza continua a pensare che settori della stampa ci hanno massacrato sin dal nostro primo giorno di insediamento.
Anche un pranzo in campagna a casa del consigliere Marco Palumbo è stato fatto passare per una riunione complottarda tra pochi eletti del gruppo. A che serve parlarci ora?
Grande sgomento e delusione da parte dei più giovani: Marino è ancora dimissionario.
Ritirerà le dimissioni? Preferirà non farlo? Nessuno è in grado di capire. Ognuno dice la sua, qualcuno con più convinzione. Ci si confronta animatamente sul terrazzo al terzo piano: qualcuno fuma l’ennesima sigaretta, qualcuno parla già del dopo sentendosi comunque tradito da dimissioni ancora considerate inspiegabili.
“Perchè si è dimesso?”.
Diciannove consiglieri: età diverse, professioni diverse, percorsi diversi. Uomini e donne che comunque in questa avventura del dopo Alemanno hanno messo testa, cuore e competenze.
Tanti gli illusi, soprattutto i più giovani. Ancora animati da quella voglia di cambiare il mondo: una profonda tenerezza, una profonda ingenuità . Si attende Matteo Orfini per capire l’esito della cena la sera prima a casa di Marco Causi. Siamo stati convocati per questo.
Cosa si saranno detti? Cosa avrà deciso Ignazio Marino? Lo avranno convinto alla resa delle armi o avranno inasprito il conflitto? Oppure si è trovato un accordo e si torna su nuovi presupposti a governare?
Sarà rimasto dell’idea di dimettersi o avrà in mente qualcosa? Ore di domande. Di dubbi. Di fastidio, se vogliamo.
Matteo Orfini arriva in ritardo. Qualcuno si è portato un panino, qualcun altro uno yogurt e qualcun altro sgranocchia gallette di mais per snervarsi da ore di incertezza insopportabile.
Sono quasi venti giorni che si vive sul filo del “non sappiamo” e la città continua ad avere i suoi problemi. Quelli di sempre, inaspriti da cinque anni di amministrazione Alemanno.
Quelli per cui si era chiesta la fiducia agli elettori e per cui si lavorava a fatica: poco ascolto, poco dialogo con la Giunta, poca condivisione. Tutti i consiglieri sono stati per 28 mesi sui territori a prendere insulti da cittadini insoddisfatti. Tutti ad attendere una “fase 2″ mai partita. Tutti ancora frastornati da Mafia capitale e da due ondate di arresti che hanno messo a nudo anche i limiti del Pd di Roma. I consiglieri più anziani abbracciano i più giovani: pagheranno il prezzo più alto in un età che non era giusto e loro lo sanno bene.
Inizia la riunione.
Matteo Orfini ci racconta di una cena “non cena”. In realtà non si è mangiato niente. Si è piuttosto cercato un dialogo dopo giorni di silenzio tra il Pd Roma e il Sindaco. Tra il suo partito e il primo cittadino.
Orfini ci comunica che si è tornati a casa con gli stessi dubbi di prima: nessuno era in grado di dire cosa avrebbe deciso Ignazio Marino e noi eravamo stati convocati per capire come ci saremmo confrontati con lui nelle diverse ipotesi possibili: conferma delle dimissioni o ritiro delle stesse.
Qualche sognatore, giovane e alla prima esperienza, ha anche chiesto ingenuamente se non esistevano proprio più le condizioni per andare avanti. Se veramente era finita. Di nuovo ho pensato “che tenerezza, che ingenuità ”. Quanta responsabilità da parte di noi più diciamo più atrezzati per l’impegno che abbiamo visto profuso in Aula da questa nuova classe dirigente mentre magari eravamo noi a distrarli parlando della Roma o della Lazio.
Alle 16, la presidente dell’Aula Valeria Baglio viene raggiunta da una telefonata. E’ il Sindaco. Vuole vedere i consiglieri del suo Partito l’indomani, di pomeriggio.
Tra i consiglieri tutti respiriamo ottimismo. Da subito. Si dice sì all’incontro. “Si può ripartire forse”, è il pensiero della più ingenua di tutte.
Di quella che non voleva neanche le dimissioni di Marino e che credeva veramente possibile un altro mondo. Più lucido il ragionamento degli altri: rimaniamo a Sant’Andrea delle Fratte e riuniamoci per capire come affrontiamo insieme al Sindaco questa fase, cerchiamo di capire cosa vuole fare e usciamo da questo impasse insieme.
“Andiamo in Aula”, è il ragionamento della maggioranza: ognuno di noi ha qualcosa da dire al Sindaco e alla città . I più anziani hanno poca voglia: è finita, pensano. E sanno che forse è vero dal giorno in cui il Sindaco ha scelto di dare le dimissioni. L’esperienza insegna che le dimissioni non si danno. E se si danno, non si ritirano. La politica non è un gioco sulle spalle dei cittadini e l’Aula sarebbe stato l’ennesimo fianco prestato alle opposizioni.
Si resta ancora un’ora a discutere sul da farsi. Sono le 17.
Cala la sera: l’ora legale imbrunisce prima l’orizzonte. La calma e la sera aiutano tutti a ragionare. A proporre. A farsi carico di una situazione decisamente nuova: le dimissioni di un sindaco e i venti giorni che scadono lunedì. Peraltro 2 novembre. Giorno dei morti.
La discussione si anima. Si decide di andare in Aula. Si decide di ascoltare il Sindaco e fare poi in secondo momento nuove valutazioni. Ottimismo e freddezza. Siamo d’accordo.
Come un fulmine a ciel sereno, arriva però un comunicato stampa: il Sindaco ha ritirato le dimissioni.
Il gruppo consiliare del Pd ha un’esplosione di rabbia. “Ci prende in giro”, “perchè lo ha fatto?”,”e l’incontro di domani?”, “come andiamo adesso in Aula?”, “io non voto la sfiducia con Alemanno e con la destra che ha distrutto Roma”, “è una farsa”, “i cittadini non meritano questo”: le frasi più ricorrenti.
Si torna a discutere.
Si chiede la presenza di Matteo Orfini. Il dibattito va avanti fino alle 23: la decisione, pur con sensibilità e opinioni diverse, è a maggioranza. Non si va in Aula e ci si dimette. Adesso. Stasera.
Con quell’opposizione che non ha nulla a che fare con Alemanno e la destra che ha distrutto la città .
Alla parola dimissioni, i più giovani esplodono tra urla e pianti. La minoranza tenta l’ultimo colpo di coda: “In Italia non si dimette nessuno, perchè noi?”.
Perchè l’alternativa è la sfiducia in Aula con Alemanno. Perchè siete classe dirigente, mi verrebbe da dirgli. Perchè l’alternativa è uscire dal Pd, penso ancora.
E perchè il commissario Orfini sta dicendo: “O si accetta la linea del partito o si sta fuori. Si stanno dimettendo anche gli assessori”.
Il Sindaco non ha saputo interpretare la voglia di cambiamento del dopo Alemanno, non ha fermato gli appalti diretti, ha tradito il programma sui temi cari alla Sinistra: il sociale e la cultura. E ancora, volevo dirgli, il Pd lo ha aiutato chiedendovi lealtà al Partito e chiedendovi di tacere sui tagli, gestendo al vostro posto l’ira per Mafia Capitale, valutando ogni mossa da fare al vostro posto.
La delicatezza del momento storico che vi è toccato vivere, cari giovani consiglieri, non si augura a nessuno: siete stati sfortunati. E dovete anche essere coraggiosi: firmare le dimissioni dopo aver donato gli anni migliori della vostra vita al Partito e al territorio.
Marchini è fuori Roma.
Non si riesce a farlo arrivare per presentare le 25 firme contestuali che servono per far cadere Marino. Matteo Orfini rassicura sul consigliere di centro Democratico e sulla consigliera della Lista Civica. Arriviamo a 21.
Gli altri 4 sono i due della lista Marchini e i due di Fitto. “Non voteremo nulla con Alemanno e le sue destre”, chiarisce.
L’appuntamento è a domani mattina alle 11 a via del Tritone, presso la sede dei gruppi consiliari. Usciamo quasi tutti dalla porta laterale: affrontare i giornalisti tra le lacrime anche, no. Cos’altro dobbiamo chiedere ai nostri consiglieri?
Venerdi, ore 11.
Non avrei mai voluto vederli così. A via del Tritone si arriva con le prime pagine dei giornali che confermano l’avviso di garanzia al sindaco.Un’altra bugia, l’ennesima: è indagato da mercoledi, lui lo sapeva ma non ce lo ha detto. I meno convinti non hanno mai accennato a quel sorriso che invece in Aula ha sempre dato tanta forza a tutti noi. I più convinti, per decoro e rispetto, hanno evitato starnazzi e grida di giubilo. Arriva il notaio Togna. Sono le ore 13.
Deve formulare il testo e raccogliere i documenti di identità . Prende tutto con il suo assistente. Torna a studio e ci da appuntamento in Campidoglio per le 17. Rimaniamo così. In attesa.
Alla spicciolata si va in Campidoglio. Orgoglio e tristezza. Amarezza e rassegnazione. Ci si sdraia sul divano nell’ufficio della Presidente dell’Aula. Qualcuno piange. Qualcuno no. Qualcuno spera che al notaio prenda un colpo. Qualcuno insiste che non si fa così e che è stato gestito tutto male. Qualcuno già saluta e ringrazia Alfio Marchini. “Quanto siamo diversi”, penso.
Eccolo invece il notaio. Ha gli atti pronti. Ci chiama in ordine alfabetico. Firmiamo tutti.
Per senso di responsabilità verso un Partito che ci ha permesso la nostra candidatura, per senso di responsabilità verso una città che chiedeva risposte ed è stata insultata e derisa, per quel Giubileo che speriamo restituisca misericordia a tutti noi. Ignazio incluso.
Così chiuso nel suo cerchio magico, così ostinatamente chiuso verso il suo gruppo di consiglieri, così sfacciatamente contro il suo governo e il suo Partito.
L’uomo solo al comando è stato lui e ci auguriamo che nè Orfini nè Renzi seguano questo esempio.
La vicenda è iniziata male, è stata gestita peggio, è finita facendo pagare ai più giovani il prezzo più alto! Ecco, questo non me lo perdonerò mai!
Primo Di Nicola
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
GLI OTTO NOMI IN CORSA PER LA CANDIDATURA A SINDACO
Un avvocato, un designer, una disoccupata, un architetto, un pensionato, un consulente
informatico, un dipendente della Pubblica amministrazione, un programmatore.
Sono questi gli otto candidati sindaco del Movimento 5 Stelle a Milano che domenica 8 novembre gli iscritti potranno votare alle urne (vere e non in rete, anche se su computer allestiti sul posto) per arrivare a una scelta finale condivisa.
Nella lista nessuna sorpresa: per i vip o gli intellettuali della società civile bisognerà aspettare ancora.
I nomi infatti, proposti dai Meetup delle singole zone in cui è divisa la città , sono quelli di attivisti storici che a Milano militano nel Movimento dagli inizi: facce conosciute tra incontri e banchetti, ma che per il momento dicono poco a chi non è dell’ambiente.
In serata gli 8 si presenteranno per la prima prova: la graticola.
In una sala comunale saranno sottoposti alle domande incrociate degli attivisti e dovranno motivare la loro decisione di candidarsi per la poltrona di sindaco.
In regia i parlamentari lombardi (da Manlio Di Stefano a Vito Crimi) e naturalmente il consigliere comunale Mattia Calise, cinque anni fa considerato il ragazzo prodigio nel Movimento, ma che per il momento ha deciso di ritirarsi dalla corsa.
Gianluca Corrado, Livio Lo Verso, Antonio Laterza e Fulvio Martinoia sono le facce che partono in vantaggio.
Corrado è di Lipari (Isole Eolie), ma “milanese di adozione”. 39 anni, è avvocato e attivista dal 2012 ed è conosciuto per il sostegno che ha dato ai gruppi locali dal punto di vista legale.
Il suo è il nome che piace nei corridoi della Casaleggio associati.
Lo Verso (48 anni) invece si presenta con il biglietto da visita della delibera popolare (di cui è stato il primo firmatario) per l’introduzione del referendum propositivo a Milano.
Una battaglia vinta a fine 2014 e che gli ha fatto acquisire una forte credibilità all’interno del Movimento. E’ dipendente della Pubblica amministrazione, attivista dal 2010 e laureato in Scienze politiche.
Nel gruppo dei favoriti c’è poi Martinoia. 34 anni, diploma in telecomunicazioni e sistemista informatico, è stato candidato (ma non eletto) alle elezioni politiche del 2013.
E’ stato molto attivo nella campagne elettorale per le Regionali in Liguria: sempre a fianco di Alice Salvatore, era nello staff ufficiale per il voto di maggio scorso.
Nel gruppo di quelli che sperano nell’investitura c’è anche Laterza: 47 anni, consulente informatico e una laurea in ingegneria, è un altro dei nomi che in tanti si aspettavano. Forse tra i volti più comunicativi, anche se in generale nessuno brilla su quel fronte.
In corsa c’è una sola donna: Patrizia Bedori. 52 anni, un diploma in comunicazioni visive e attualmente disoccupata, è portavoce del consiglio di zona 3 a Milano.
Attivista dal 2009, è l’unica chance per i 5 Stelle di candidare un volto femminile (aspetto che non dispiace nemmeno a Gianroberto Casaleggio), ma di sicuro non parte tra i favoriti. Condizione simile per Matteo Cattaneo, architetto di 53 anni. Attivista della zona 7, in questi anni, dice, ha concentrato il suo impegno “in particolare su problematiche urbanistiche e ambientali”.
Chiudono la lista Francesco Forcolini (70 anni) e Walter Monici (66 anni).
Sono i meno giovani del gruppo e per una buona parte degli attivisti questo viene visto come un elemento a favore.
Dopo l’esperienza del giovanissimo Calise, in tanti pensano che non sarebbe male giocare la carta dell’esperto. Forcolini (“Francesco detto Franz”) è pensionato, ha un diploma di maturità scientifica ed è attivo nei Meetup milanesi dal 2012.
Il suo più diretto avversario è il designer Monici che, laureato in architettura, rivendica il suo impegno nei gruppi locali da 3 anni per la “mobilità sostenibile”.
I 5 Stelle partono così per primi per la corsa alle Comunali 2016.
Mentre a destra si cerca il nome che possa mettere d’accordo Lega e Forza Italia e a sinistra si tenta di arginare l’effetto delusione per il passo indietro del sindaco Pisapia, i grillini nel giro di 7 giorni avranno il volto su cui puntare il tutto e per tutto.
Ancora una volta però, non c’è il nome noto che possa trascinare il Movimento a una vittoria concreta.
Tra le città al voto Milano resta la più difficile e l’obiettivo per il momento è reggere il colpo, o almeno quello di dare la rincorsa per quello che è l’unico pensiero fisso di Grillo e Casaleggio: le prossime elezioni politiche.
Martina Castigliani
(da “La Repubblica”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA SPERANZA CHE IL NOME SIA CONDIVISO… PRESSING SU FIANO
L’accelerata potrebbe avvenire già nella prima metà di questa settimana.
Incontri e telefonate per iniziare a delineare un quadro nitido delle candidature e per capire come gestire il capitolo delle scelte.
Con un primo obiettivo: ridurre la rosa dei nomi in campo.
Per questo il Pd romano sta lavorando in questi giorni con uno dei possibili candidati, il deputato Emanuele Fiano: a lui verrebbe chiesto un impegno sul fronte nazionale, che di fatto vorrebbe dire l’uscita di scena dalle primarie previste a febbraio.
E questo, inevitabilmente, servirebbe al Pd per mettere in campo il progetto che è sempre più chiaro: quello di una candidatura ‘civica’ di Giuseppe Sala.
Chiusa Expo, infatti, nel centrosinistra c’è la sensazione che il tempo dei rinvii sia finito, per tutti. Sala – pur restando in carica fino al 31 dicembre come commissario – ha ‘chiuso’ la pratica Expo.
E, quindi, diventa a tutti gli effetti un possibile candidato.
Lui, ormai, non si nasconde più e, pur assicurando di non essere vicino a una decisione, è chiaro nel suo messaggio: “Posso solo dire, come si è ampiamente capito, che io ci penso, ma non tutto dipende da me, non è solamente un problema di una mia decisione, bisogna verificare anche che ci siano le condizioni, dobbiamo far maturare un altro po’ le cose”.
Insomma: Sala ha messo sul piatto una disponibilità di massima, ma aspetta una mossa decisiva dei dem
Che il commissario non abbia grande voglia di fare le primarie è ormai chiaro, ma non è detto che il Pd voglia e riesca a ‘smontare’ il meccanismo sostenuto invece dal sindaco Giuliano Pisapia, da Sel e da altri pezzi della coalizione, compresa quella parte di Pd che sostiene già Pierfrancesco Majorino.
Ma, ragionano nel partito, “bisogna capire se si riescono a creare le condizioni per una candidatura condivisa”, con l’alternativa di primarie “che non si trasformino in un rodeo”.
(da “La Repubblica”)
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