Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
“AL SUD LA LEGA NON ESISTE”: FORZA ITALIA NON MOLLA LA LEADERSHIP DI SILVIO… E AL NORD SALVINI RISCHIA DI PASSARE PER TRADITORE
È ovvio che dentro Forza Italia tutti si scaldino per dire che Berlusconi non è un Re senza corona.
Salvini a Bologna non avrebbe detronizzato il Cavaliere dal ruolo apicale nel centrodestra.
«Anche perchè Matteo è consapevole dei suoi limiti», spiega Gasparri.
E tra i suoi limiti c’è il fatto che la Lega non esiste al Sud: le liste «Noi con Salvini» alle regionali di maggio sono finite nella categoria non pervenute. Un flop.
Insomma, il Carroccio rimane la Lega Nord, al massimo si è allargata verso la Toscana e l’Emilia, ma dal Lazio alla Sicilia è un salto nel vuoto.
Può mai essere il leader di una coalizione nazionale e vincere?
Berlusconi gioca su questa debolezza e non ha alcuna intenzione di abdicare a favore di Salvini. E Salvini non ha i numeri per detronizzarlo.
Il leader della Lega è intenzionato a una mossa che potrebbe costargli cara: nel prossimo congresso cambierà lo Statuto della Lega, sparirà la Lega Nord a favore della Lega dei popoli.
Le liste di questa nuova Lega si presenteranno a Roma e Napoli.
Se arriveranno oltre il 10% Salvini si salva, se sarà un flop rischia la poltrona.
Anche perchè a quel punto il Nord potrebbe sentirsi tradito e lo zoccolo duro della Lega non gli perdonerebbe la rinuncia a rappresentare le istanze del settentrione per un velleitario tentativo di creare un partito nazionale.
(da “il Secolo XIX”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALLA SONDAGGISTA DEL CAV
Alessandra Ghisleri ride: “Arieccoci con questa storia dei moderati. Che termine repellente…”
L’infallibile sondaggista del Cavaliere è nel suo studio di Euromedia research. Mentre parla si sente il rumore delle dita che sbattono sulla tastiera del computer, da dove legge i dati. Tra questi, appena arrivati, i primi sondaggi sull’effetto della manifestazione di Bologna.
Quando vale la foto di Bologna “Be-Sa-Me” ovvero Berlusconi-Salvini-Meloni?
Se la chiama “Be-sa-me” dovrei rispondere per forza mucho… Ma, battute a parte, capiamo prima cosa significa quella foto. Significa voglia di ricominciare insieme, i tre partiti con i loro leader. È un segnale di unità e di un nuovo inizio.
Ha portato consenso?
Non per ora. Ha giovato, per esempio, alla fiducia personale nei confronti di Silvio Berlusconi che dal 24 per cento arriva al 26 per cento. Ma non è questo il punto. Il punto è che quella foto in quella piazza dice che c’è una opposizione al governo e una opposizione alternativa ai Cinque stelle. È come dire: ci siamo.
All’interno del ci siamo c’è Salvini incoronato come leader e Berlusconi fischiato.
Diciamo che la foto parla ma non ha l’audio… E sulle televisioni, che hanno l’audio, i fischi non si sono sentiti. Dunque, parla la foto.
Parliamo di numeri.
La manifestazione non ha prodotto una grande mobilitazione dei partiti verso la crescita, insomma ha dato un motivo in più per guardare in una direzione piuttosto che in un’altra. La foto dice: fidelizziamo quello che abbiamo e lavoriamo per crescere.
Quanto è “quello che abbiamo” ?
Tutta la coalizione di centrodestra insieme è intorno al 30 per cento. Mentre il Pd è tra il 31-33 e i Cinque stelle il 26 e il 29. È chiaro che l’unione del centrodestra è resa necessaria dalla legge elettorale e consente di contendere il ballottaggio a Grillo. Tenga poi presente che il primo partito resta sempre il partito dell’astensione, che è tra il 36 e il 40 e che nessuna offerta politica al momento intercetta.
Insomma, questo centrodestra se la può giocare.
Sennò al ballottaggio andrebbero Cinque stelle e Pd. Attenzione, aggiungo: Renzi è in campo come leader e come proposta, gli altri non hanno ancora indicato il “chi”, intesa come leadership e programma.
Ma la piazza parlava ai moderati?
Arieccoci con questa storia dei moderati. No, quella piazza non parlava ai moderati, parlava al centrodestra
Alt alt, la interrompo. Insomma, io imprenditore o professionista che ho votato Berlusconi per 20 anni, sopportandomi pure i suoi processi e i suoi eccessi, mentre la sinistra voleva la patrimoniale, ora voto Renzi che mi toglie l’articolo 18, l’Imu e alza il contante. Altro che quella piazza dai toni estremi.
Certo, c’è anche questo. Mettiamola così: il partito democratico viene interpretato in maggioranza come un partito di centro, non di sinistra. E la sua base sociale ed elettorale si è allargata verso il ceto che votava Silvio Berlusconi. Ma non li ha presi tutti quelli che lei chiama moderati. Ha preso i grandi imprenditori, i professionisti, insomma i “moderati di potere” e anche una buona parte delle aziende anche sotto i quindici dipendenti che in questo ultimo periodo hanno avuto un po’ di ossigeno. Questi sono già confluiti su Renzi. Il problema di Renzi sono gli annunci e le promesse che non realizza, come il pagamento dei debita della Pa. Però ci sono anche i piccoli imprenditori, gli autonomi, le partita Iva. Questi sono nel limbo.
Si spieghi meglio.
Quelli che hanno in antipatia Renzi sono le categorie culturalmente più elevate e quegli “ultimi” che per la disperazione desiderano subito il cambiamento e dunque sono più critici. La piazza di domenica può parlare a loro. Ma, aggiungo: il Pd, avendo le leve del governo, ha gli strumenti per parlarci in modo diretto.
Con l’Imu ha parlato, eccome. Ghisleri, lei era col Cavaliere quando, nel 2006, si inventò l’abolizione della tassa sulla prima casa. Quanto vale l’Imu in termini elettorali?
Parecchi voti. Le do un dato. Nel 2006 a fine marzo Forza Italia è al 21,9. Una settimana dopo, nel corso del faccia a faccia con Prodi, Berlusconi propone l’abolizione dell’Ici e alle elezioni Forza Italia prende il 23,9 per cento, due punti in più che consentono alla coalizione quasi di vincere. In relazione ai votanti di allora due punti significa tra gli 800mila e il milione di voti. Il dato del 2013 è più complesso perchè si incrocia con la partecipazione alla trasmissione di Santoro. Comunque anche in quel caso la promessa di abolire la tassa sulla prima casa e di restituire ciò che era stato pagato con Monti fece effetto.
Quanto vale oggi il marchio Berlusconi?
Tra l’11 e il 13. In termini elettorali Forza Italia è Berlusconi. Senza, non esisterebbe.
Chi è il leader di questo centrodestra nato a Bologna?
Nella fotografia non c’era un leader, c’erano tre punti di riferimento. Leader e programma al momento non ci sono, saranno definiti, credo, nel corso del cammino.
Una domanda su Renzi. Lei per anni a proposito di Berlusconi teorizzava a ragione che amministrative e politiche sono due partite diverse. E cioè uno può perdere le amministrative ma poi vincere le politiche, come accadeva a Berlusconi. Vale anche per Renzi ?
Certo, vedo che si parla molto di che succede se perde le amministrative. Renzi ha la necessità di portare avanti un programma nazionale, basato sul cambio del sistema. È una sfida nazionale che regge anche se perde le città , quando i candidati non sono simboli del cambio di sistema che ha in mente. Non a caso Renzi vuole mettere uomini di sistema, da Sala per Milano ai prefetti a Roma. Propone cioè uomini di cambio di sistema, non di cambio di corrente di partito. È giusto quello che dice Renzi: il suo consenso si misura più sul referendum che sulle amministrative.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
IL SUPERMANAGER FARA’ LE PRIMARIE CON L’APPOGGIO ANCHE DELL’EX SINDACO
“Dico grazie a Beppe. Non posso dire altro per ovvi motivi…”.
Al Piccolo di Milano, dove parla dei progetti del governo sull’area Expo, Matteo Renzi non si sbilancia su Giuseppe Sala, il manager dell’esposizione universale che il premier ringrazia insieme a tutti coloro che hanno lavorato per l’evento milanese, da Letizia Moratti a Romano Prodi nessuno escluso per non fare gaffe.
Ma il non detto di oggi su Sala suona come l’investitura mancante alla candidatura del manager a sindaco della città meneghina.
Renzi non si cura dei mal di pancia di Sinistra Italiana che si sta mettendo fuori dall’alleanza di centrosinistra a Milano contestando la candidatura di Sala.
Perchè può contare sul patto con il sindaco uscente Giuliano Pisapia: Sala si candidi pure ma faccia le primarie del centrosinistra. Gli basta.
Quello di Pisapia è il timbro che gli serve per evitare che Sala venga descritto come il candidato che piace a Formigoni, Lupi, Comunione e liberazione e i poteri vicini all’ex sindaco berlusconiano Letizia Moratti.
Cosa peraltro vera, come dichiara lo stesso Formigoni oggi in un’intervista a La Stampa.
Ma Renzi vuole costruire intorno alla figura di Sala, manager che stima davvero, l’aurea del sindaco del ‘modello Milano’, il modello vincente di Expo, insomma il ‘suo modello’ senza bandiere ideologiche.
L’asso piglia tutto della nuova politica pragmatica, che pesca molto a centro e poi un po’ a destra e un po’ a sinistra. Per far questo, Sala deve avere anche la benedizione del primo cittadino uscente, che non a caso fin dall’inizio chiede le primarie, già convocate per il 7 febbraio.
Dunque Sala deve fare le primarie, anche lui non è uomo da gazebo e infatti inizialmente aveva del tutto escluso l’idea.
Sono queste le condizioni di Renzi. E per correre a Milano Sala ha bisogno della ‘copertura’ di un premier forte come Renzi, che pure non è mai stato un fan delle primarie per le prossime amministrative, a Milano come altrove.
Ora invece il segretario del Pd è il primo sostenitore di questo schema: se saltasse, Pisapia si sfilerebbe.
Per la verità , nella cerchia del premier indicano anche uno schema alternativo alle primarie: vale a dire un ticket tra Sala e una personalità vicina all’attuale sindaco, la vice sindaco Francesca Balzani o l’assessore Cristina Tajani.
Voci che le dirette interessate smentiscono seccamente: si lavora sullo schema delle primarie, punto.
E allora tutti mobilitati. In Transatlantico raccontano che per Sala alle primarie sono mobilitati fin da ora le aree di centrodestra più vicine al manager Expo, da Cielle in giù.
Il tutto per evitare il rischio più temuto da Sala, cioè non vincere bene contro l’avversario di sinistra, l’assessore Pierfrancesco Majorino, l’unico rimasto in gara dopo il ritiro del Dem Emanuele Fiano.
Majorino oggi attacca, prendendo ad esempio un articolo uscito sull’edizione milanese del Corriere della Sera, non smentito da Sala.
“Oggi sul Corriere — dice Majorino – Sala detta le sue condizioni. Rottura con la sinistra (“Non sono Pisapia”) e liste civiche moderate. Il tutto, negli articoli, con tanto di commenti positivi di Formigoni e chiacchierata con Lupi. Io penso il contrario. A Milano deve proseguire l’alleanza di centrosinistra. E Formigoni non va imbarcato. Vale per oggi e vale per domani”.
A Roma, intanto, Sinistra italiana, il nuovo gruppo nato da Sel ed ex Pd, usa lo stesso esempio di Majorino per concludere che con Sala non si va da nessuna parte, anche se il manager accetta di l’investitura delle primarie: “E’ in discontinuità con Pisapia e lo ammette anche lui, non lo diciamo solo noi”, spiegano a taccuini chiusi.
Fosse per loro, lo strappo potrebbe dirsi consumato: non solo con Sala e Renzi, ma, a questo punto, anche con Pisapia e i suoi.
“Sono altro da noi”, sussurrano prendendo le distanze. Oggi ne hanno parlato in una riunione con gli inviati milanesi, che ufficialmente si è conclusa con un rinvio. Della serie: aspettiamo di vedere se Sala davvero si candida alle primarie.
Le firme per correre andranno raccolte dal 7 dicembre al 7 gennaio. C’è tempo.
La tentazione di rompere c’è tutta. Ma ufficialmente Fassina fa sforzo di cautela perchè il passaggio è di quelli che pesano: meglio andarci coi piedi di piombo. “Su questa questione la competenza è del territorio — dice Fassina – ma la mia opinione è che una candidatura Sala non consentirebbe di portare avanti la pluralità culturale e di interessi rappresentata da Pisapia”.
Oggi intanto al Piccolo di Milano il premier ha evitato colloqui a tu per tu con Pisapia e con lo stesso Sala.
Troppi riflettori accesi, troppa attesa delle mosse del presidente del Consiglio, che ha trovato conveniente non aggiungere pesi da novanta sull’intera faccenda, ben consapevole dello spiccato senso di autonomia degli ambienti che contano a Milano. Le investiture dall’alto qui non piacciono e Renzi se ne guarda bene.
Per cui Renzi vola alto, cita Paolo Grassi e Giorgio Strehler per sottolineare il “rapporto fertile a Milano tra cultura e identità ”, Expo come “simbolo di chi non si rassegna”.
Esatto, è proprio la sua mission per le amministrative: giocare tutte le carte su Milano, città dove il suo Pd può vincere, mentre a Roma e Napoli non si mette per niente bene e Torino e Bologna sembrano ‘condannate’ al ballottaggio con il M5s o la destra. Perdere anche Milano sarebbe un dramma.
Testa china e al lavoro, quindi, senza perdere nessuna occasione.
Come il pranzo oggi da Cracco con il ceo di Apple, Tim Cook, venuto nel capoluogo lombardo per l’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi.
Con lui Renzi si è anche un po’ distratto dalle beghe della politica quotidiana parlando amabilmente di vini italiani.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
LA DELEGA A MAGLIE LARGHE, I TAGLI ALLA GUARDIA DI FINANZA, IL POS DIMENTICATO E IL TETTO DEI CONTANTI
L’evasione è anche una questione ambientale. C’era il clima berlusconiano, con l’allora presidente
del Consiglio che si diceva “moralmente autorizzato a evadere”.
Al polo opposto, l’ex ras di Equitalia e Agenzia delle Entrate Attilio Befera, secondo il quale era “necessario incutere agli evasori un sano timore”.
In mezzo c’è Matteo Renzi: dichiarazioni dalla parte del rigore ma provvedimenti che allargano le maglie dei controlli. Descritti come “segnale fiducia”.
Tetto sfondato
Il punto più discusso è l’innalzamento al tetto dei contanti. Un ritocco sostanzioso, da mille a tremila euro, proprio mentre la Francia (citata da Renzi come esempio virtuoso) va nella direzione opposta.
Nell’arco di un anno, il premier e Pier Carlo Padoan hanno cambiato direzione. Il ministro dell’Economia diceva che l’abbassamento del tetto era “motivato dall’esigenza di far emergere l’economia sommersa e aumentare la tracciabilità delle movimentazioni per contrastare il riciclaggio di capitali di provenienza illecita, l’elusione e l’evasione fiscale”. Adesso rivendica “il diritto di cambiare idea”.
Avanti tutta, nonostante i malumori interni al Pd e gli appelli.
A farsi sentire è stata anche Libera.
L’associazione antimafia guidata da Don Ciotti ha lanciato una petizione su Change.org nella quale chiede a Renzi di “non farlo” perchè “l’uso del contante è un regalo agli evasori”. L’impatto di questa misura non può essere definito con certezza. Ma, scrive Libera, il problema è un altro: passa “l’idea che un po’ di ‘nero’ sia tollerabile se si tratta di far girare i consumi”.
I tagli alla Gdf
Il tetto ai contanti non è l’unico segnale presente nella legge di Stabilità . In una tabella allegata si annida un taglio al fondo creato dal governo Letta per sostenere l’ammodernamento dei mezzi della Guardia di finanza: 50 milioni di euro per il 2016. La legge di Stabilità 2016 toglie al fondo 15 milioni per il prossimo anno.
Un taglio del 30% per una voce di spesa creata anche “ai fini del perseguimento degli obiettivi di contrasto dell’evasione fiscale, delle frodi fiscali” per rafforzare “il controllo economico del territorio”
Anche l’Agenzia delle entrate ha dovuto fare i conti con l’austerità .
Il numero dei controlli operati nel 2014 è diminuito del 9,2% rispetto al 2013.
“Il risultato conseguito — si legge nella nota di accertamento del Def è strettamente connesso agli obiettivi numerici di budget fissati su livelli compatibili con il massimo sforzo delle risorse disponibili”.
Come a dire: l’Agenzia fa quello che può anche se ha sempre meno soldi a disposizione.
Nonostante le risorse in calo, l’attività di recupero dell’evasione ha toccato i 14,2 miliardi (+8,4% rispetto al 2013), in linea con un trend decennale (fatta eccezione per il 2012).
Nei primi 9 mesi del 2015, però, non si assiste allo stesso progresso: il gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo è stabile (+0,1%, +8 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
No Pos
Il 30 giugno 2014 è entrato in vigore per commercianti e professionisti l’obbligo di avere un Pos. Un provvedimento voluto per incentivare i pagamenti elettronici. La norma però nasce monca. Perchè è un obbligo senza sanzioni nè premi. I professionisti protestano per i costi di installazione (stimati tra i 25 e i 180 euro) e le commissioni che garantirebbero incassi alle banche.
Le soluzioni proposte sarebbero due: la prima, avanzata da consulenti del lavoro e avvocati, prevederebbe l’azzeramento dei costi d’installazione. L’idea pare concordare con i tweet di Renzi. Ma non se ne farà nulla.
La seconda soluzione è invece un disegno di legge presentato il 22 gennaio 2015 dal senatore Piero Aiello (Ncd). Il ddl prevedeva prima incentivi fiscali per chi decidesse di installare il Pos e (in un secondo momento) sanzioni, dai 500 euro fino alla chiusura dell’attività . Nuove proteste degli ordini professionali e ddl bocciato per mancanza di coperture. Da allora niente di nuovo.
Le maglie della delega fiscale
Quest’estate il Consiglio dei ministri ha approvato i decreti attuativi della delega fiscale. Il quadro della legge prevede una semplificazione normativa, con la possibilità di rateizzare le tasse in caso di “temporanea difficoltà ” e diminuire i contenziosi.
I singoli provvedimenti alzano l’asticella. L’omesso versamento Iva è punibile con un’evasione superiore ai 250mila euro (cinque volte il limite precedente). Sotto questa cifra, solo sanzioni amministrative. Una norma che potrebbe far saltare più di 9 mila processi.
È stata triplicata (da 50mila a 150 mila euro) la soglia di non punibilità per la dichiarazione infedele. Il carcere scatterà a quota tre milioni, contro i due milioni precedenti.
La frode fiscale è punibile con il carcere a partire da 1,5 milioni di euro (e non più 1 milione).
Punibilità esclusa anche se i costi portati in deduzione sono falsi ma contenuti (cioè se genera uno scarto del 10% rispetto al dovuto) e indicati nel bilancio. Renzi parla di “Fisco amico”. Forse un po’ troppo.
Il Fisco amico
“Il contrasto all’evasione fiscale è una priorità del Governo”, ha scritto il Mef in una nota di fine ottobre. Passando poi in rassegna le misure approvate. Oltre agli accordi multilaterali sottoscritti a livello internazionale, il ministero cita la voluntary disclosure. Termine inglese che sta per sanatoria: i contribuenti italiani che detengono capitali all’estero non dichiarati regolarizzano la propria posizione pagando le imposte evase.
C’è poi la reverse charge, che sposta il pagamento dell’Iva da chi acquista a chi vende. Per il Mef, la misura ha consentito di recuperare un miliardo. Per la Commissione europea “non c’è evidenza sufficiente che contribuisca a contrastare le frodi”.
La dichiarazione dei redditi online precompilata è al suo primo giro ed è presto per valutarne gli effetti.
I Caf hanno protestato per il sovraccarico di responsabilità previsto dalla legge. E gli errori non sono infrequenti. Intanto l’Agenzia delle entrate ha inviato le prime 220 mila cartelle per segnalare le incongrueze dei 730.
E poi c’è l’obbligo di fatturazione elettronica. Una luce sulle forniture dello Stato ma un’arma spuntata contro l’evasione: riguarda solo la pubblica amministrazione.
Sarà estesa ai privati solo nel 2017, ma “in via opzionale”. Nessun obbligo: questione di fiducia.
Paolo Fiore
(da “L’Espresso”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
MASTURSI E’ STATO INDAGATO, PERQUISITI I SUOI UFFICI E SEQUESTRATO IL CELLULARE
Lui, Vincenzo De Luca, ostenta la consueta sicurezza: “Ho visto le prime pagine dei giornali. Devo dire che ho invidiato Mastursi che ha avuto una pubblicità neanche fosse Winston Churchill e Camillo Benso conte di Cavour. E che diamine! Noi siamo tranquilli e adesso è il momento di occuparci della vita dei cittadini”.
I fedelissimi di Vincenzo De Luca invece sono tesi.
Attaccato al telefono Massimiliano Manfredi consuma le suole sul marmo del Transatlantico: “Qua è un mistero, non si capisce su che cosa è indagato e se è indagato”. Pochi metri più in la Tino Iannuzzi sussurra a un collega: “Se la cosa è in mano al magistrato che ha scoperchiato Roma…”.
Il riferimento è al fascicolo aperto dalla procura di Roma, dove compare il nome di Nello Mastursi, l’ombra di Vincenzo De Luca.
E al fatto che Mastursi si è dimesso da capo della segreteria di De Luca proprio il giorno in cui è trapelata la notizia che il suo nome è in un fascicolo giudiziario a Roma: “Nello non è uno qualunque. Nello è Vicienzo”.
Perchè Vicienzo gli ha sempre affidato i dossier più importanti e i rapporti più delicati.
Il telefonino di Nello era praticamente di De Luca, da lì partivano telefonate ed sms per nome e per conto, perchè Vicienzo non sa cosa sia un i-phone.
Ora però quel telefono è stato sequestrato dagli inquirenti assieme a carte trovate nell’ufficio e nella casa di Mastursi.
E la grande paura nel Palazzo ruota tutta attorno a una domanda.
“Perchè il fascicolo è stato aperto a Roma?”. Nicola Landolfi, il segretario del Pd di Salerno, in mattinata piomba in regione. È terreo: “Nun me fate parlà ” dice ai consiglieri del Pd.
Perchè la questione è seria. Si rincorrono voci, congetture, ipotesi più o meno fondate o informate, sul “perchè Roma”.
La prima è che l’indagine incrocia quella di Mafia Capitale: “Potrebbe aver avuto rapporti — è la domanda che circola – con aziende che c’entrano in qualche modo con l’inchiesta che ha travolto Roma. È uomo che ha gestito mille campagne elettorali, può accadere che magari inconsapevolmente ha avuto rapporti con l’imprenditoria grigia”.
La seconda per cui se ne occupa Roma è che “ci sia di mezzo un magistrato”: in che modo ci può entrare un magistrato? Qualche magistrato ha ricevuto pressioni?
Domande. L’unica certezza è che persone vicinissime a Mastursi giurano sulla sua estraneità “a qualunque fatto illecito possa venirgli anche solo lontanamente attribuito, perchè lui è uno che la politica la fa da sempre per strada e con la gente che conosce”. La procura di Roma non smentisce e mantiene il riserbo più stretto sul tipo di indagine.
Il che conferma la delicatezza della questione e alimenta mistero e tensione nell’inner circle di De Luca.
La sola eventualità che il capo di De Luca sia indagato già lascia intravedere i segni della tempesta in Campania che parte dalla Regione fino a travolgere il Pd nel pieno della campagna per il comune di Napoli e non solo.
Entro fine mese i vertici del Pd daranno il via libera alle primarie. E questo è l’unico punto fermo. Al momento.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
IPOTESI DI REATO: FRODE IN COMMERCIO… PRODOTTI TAROCCATI, NON EXTRAVERGINE MA SEMPLICE OLIO DI OLIVA
Olio venduto come «extravergine» che in realtà non lo era.
Si trattava di semplice olio d’oliva, meno pregiato e soprattutto meno costoso.
Lo ha scoperto la procura di Torino dopo aver fatto analizzare dei campioni di bottiglie prelevate nei supermercati dai carabinieri del Nas dal laboratorio dell’Agenzie delle dogane e dei monopoli.
L’indagine è partita dopo la segnalazione di una testata giornalistica specializzata.
Il pm Raffaele Guariniello ha iscritto sul registro degli indagati per frode in commercio i responsabili legali di sette aziende produttrici di olio: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia.
E’ stato informato dell’indagine anche il ministero delle Politiche agricole.
Le analisi disposte dalla procura di Torino sono state eseguite dopo la segnalazione pervenuta lo scorso giugno dal mensile dei consumatori «Il Test» (dotato anche di un portale online) che aveva fatto analizzare 20 bottiglie di olio extravergine tra le più diffuse nei supermercati italiani: 9 oli su 20 erano stati bocciati all’esame organolettico eseguito dal Laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
A Guariniello era quindi pervenuto un esposto per ogni etichetta.
(da “La Stampa”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
LUCIA BERGONZONI COSTRETTA AD AMMETTERE: “FREQUENTATO PER ANNI IL LINK”…LA VICINA DI CASA: “VIAVAI NOTTURNI, MUSICA A TUTTO VOLUME, DEIEZIONI CANINE: HO DOVUTO CAMBIARE CASA”.. E SUI SOCIAL ALLUSIONI ALLA “SINDACHESSA DELLA FATTANZA”
Di rosso ora le sono rimasti solo i capelli.
E tuttavia Lucia Borgonzoni, candidata sindaco della Lega a Bologna, le tanto odiate “zecche rosse” dei centri sociali pare averle frequentate a lungo negli anni giovanili. In occasione della manifestazione del Carroccio, un vecchio conoscente dei tempi del Link (uno dei principali centri sociali bolognesi, ndr), Mauro, ha postato su Facebook una vecchia foto del 2000, scattata in un “casale occupato”: birra, un vecchio stereo portatile, cd sparsi dappertutto.
Nel post, Mauro ironizza sulla nuova Borgonzoni e lancia l’hashtag #sindachessadellafattanza, termine che a Bologna ricorda certe notti passate in compagnia della marijuana.
La candidata, intervistata da Repubblica Bologna, conferma di essere stata per anni barista al Link, ma precisa che già allora “lo sapevano tutti che ero leghista”.
“Quel ragazzo non me lo ricordo, e neppure il casale occupato”, racconta.
“Non rinnego quel periodo, ma un tempo le persone che giravano dentro i centri sociali erano diverse. Nessuno mi ha mai proposto di andare a spaccare le vetrine, in quegli anni non mettevano Bologna sottosopra”.
A domanda, risponde che “nessuno allora mi ha mai invitato a una manifestazione, e io ci sarei pure andata…”.
Oggi tutto è cambiato per la giovane consigliera comunale, con in tasca una laurea all’Accademia di Belle Arti e un presente da pittrice e interior designer per locali pubblici. “Se diventassi sindaco i centri sociali li chiuderei, almeno come sono ora”. Poi ci ripensa. “Magari scopro che si fanno anche delle cose culturali dentro e allora non li chiudo. Ma ci credo poco”.
Un passato ingombrante, però, per la candidata di un partito che a quel mondo ha dichiarato guerra. E in effetti in città l’argomento è sulla bocca di tutti.
Sui social network spuntano anche racconti di vicini di casa del tempo, nel centro storico. “Averla come vicina nella mansarda sopra il mio appartamento è stato indimenticabile”, racconta una signora.
“Musica a tutto volume e viavai notturni da chiamare i Vigili per il rumore, cani che lasciavano le loro deiezioni sul mio/nostro pianerottolo e che nessuno puliva…la signora inavvicinabile fino alla tarda mattinata, perchè sai sta dormendo…ho cambiato casa”.
Non è proprio un profilo “legge e ordine”, quello che sta venendo fuori.
E del resto, anche Salvini da ragazzo ha frequentato le serate al Leoncavallo.
E una decina d’anni fa si mostrava assai meno rigido su certi temi: “Il dubbio sul fatto che basti la pura repressione delle droghe ce l’ ho, forse bisogna intervenire anche sul mercato”.
Insomma, la Borgonzoni sembra in buona compagnia, condividendo certi trascorsi con il Capo. E tuttavia, dopo la piazza con Berlusconi, la sua candidatura a sindaco sembra perdere quota.
Dopo un summit sulla spiaggia di Milano Marittima, Salvini a fine luglio l’aveva lanciata nell’agone con un tweet e alcuni selfie con lui a torso nudo.
Ora la necessità di un accordo con Forza Italia rischia di far saltare i candidati di bandiera di entrambi i partiti, il forzista Galeazzo Bignami e appunto la Borgonzoni. “Presumo che lei resti la nostra candidata”, sfuma il leader della Lega Emilia Fabio Rainieri, “andiamo avanti finchè quelli di Forza Italia non dimostrano di avere di meglio, ma mi sembra difficile”.
“Bisogna sedersi attorno a un tavolo e cercare una sintesi che non riguarda solo Bologna, finora ad allora è tutto sospeso”, aggiunge Anna Maria Bernini di Forza Italia.
L’ipotesi è che sotto le due torri salti fuori un nome civico, un candidato simile al veneziano Brugnaro.
Salvini, con prudenza, dal palco di piazza Maggiore ha evitato di lanciare la candidatura della Borgonzoni. Lei si è limitata a presentare al microfono i rappresentanti della società civile che hanno parlato dal palco.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
CONTRATTO DA 140.000 EURO ALL’EX SEGRETARIA DI EMILIO FEDE, 34.000 EURO AL LEGHISTA ALESSIO PIANA… BENEFICIATA ANCHE LA DOCENTE DI SINISTRA AMICA DI ILARIA CAVO
La storica segretaria di Emilio Fede, la professoressa amica degli intellettuali dell’estrema sinistra,
il bagnino dell’assessore, il gestore di sale scommesse, il capogruppo leghista in consiglio comunale.
Fedele alla sua promessa di prendere decisioni in tempi brevi, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti in sei mesi di governo ha stipulato 21 consulenze nei confronti di altrettanti collaboratori esterni.
Alcune sorprendenti: per gli importi in ballo ma anche perle tipologie dei prescelti.
Presenta entrambe le caratteristiche il primo contratto in assoluto, stipulato il 26 giugno, 15 giorni dopo l’insediamento della giunta di centro destra.
Parliamo di Roberta Rosa Ferraro, milanese, storica segretaria dello storico direttore del Tg4 Emilio Fede. La Ferraro compare nel libro di memorie del giornalista e lo definisce l’unico direttore in grado di «bucare il video».
Quando Giovanni Toti ha preso il posto di Fede non si è offeso e, anzi, ancora non aveva traslocato a Genova, che già riservava alla signora Roberta un “contrattone”: 140 mila euro all’anno.
Non male per chi dovrà «svolgere attività coordinata e continuativa concernente attività di supporto e raccordo alla Segreteria Politica del Presidente per gli aspetti connessi all’incarico di Responsabile ufficio di Segreteria con particolare riferimento all’agenda e agli impegni del Presidente».
In sintesi: fare la segretaria.
Chissà come la prenderà un altro consulente, l’avvocato Pietro Paolo Giampellegrini, che per appena 10 mila euro in più deve però occuparsi di consulenza giuridica e rapporti istituzionali.
A proposito di sorprese, sarà dura per Alessio Piana, battagliero capogruppo in consiglio comunale per la Lega Nord, scoprire che oltrechè a lui (34mila euro annui che gli elargisce il suo compagno di partito Stefano Mai, assessore all’agricoltura) la giunta Toti ha fatto un contratto da consulente pure a Margherita Rubino (12 mila euro all’anno) professore associato alla facoltà di Lettere.
Nel 2010 Piana tuonava contro l’allora sindaco Marta Vincenzi che aveva affidato incarichi per l’organizzazione di eventi alla Rubino in sostituzione di Nando Dalla Chiesa. Piana, in un’interrogazione, si lamentava delle scelte della Rubino, che aveva appaltato spettacoli a gente come Moni Ovadia, Dario Fo, Don Gallo, Paolo Rossi, tipi che a Salvini e Berlusconi fanno venire l’orticaria.
Così Piana chiedeva «per quale motivo sia stata scelta la prof Rubino».
Ora potrà riproporre il quesito all’assessore alla cultura Ilaria Cavo, che della Rubino è amicissima dai tempi in cui formavano un trio affiatato assieme a Marylin Fusco ex astro nascente della politica con l’Idv, poi abbattuto dalle inchieste giudiziarie.
Dai problemi penali è invece uscito in maniera totalmente cristallina un altro consulente, scelto dall’assessore Giampedrone.
Si tratta del sarzanese Davide Marselli (11.550 per fare l’addetto alla segreteria politica dell’assessore alle infrastrutture), allenatore di calcio e titolare dello stabilimento balneare San Marco frequentato dall’ex sindaco di Ameglia e dallo stesso Toti.
Nel 2009 Marselli venne arrestato a Bolzano in un’indagine per sfruttamento della prostituzione. Ne uscì però con un’archiviazione chiesta dallo stesso pm.
A un altro sarzanese, Corrado Fenocchio, anche lui titolare di bagni marini andò peggio e patteggiò 3 anni.
Da segnalare infine i duemila euro mensili (più 5mila annuali di rimborso spese) assegnati ad un collaboratore che segna una sorta di ponte con il precedente presidente di centro destra, Sandro Biasotti.
Si tratta infatti del contratto stipulato con Emanuele Guy, addetto alla segreteria di Toti con funzioni di autista. Guy è stato a lungo dipendente del gruppo Biasotti dopo essere stato direttore di alberghi e prima di diventare responsabile del centro Porsche di Genova. Dal 2010 è titolare di una tabaccheria a Novi Ligure.
Che ospita all’interno un centro scommesse. Anche questo fa curriculum.
Michela Bompani e Marco Preve
(da “La Repubblica”)
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Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
IL CASALE RISTRUTTURATO CON FONDI REGIONALI: “CHIESTI COME IMPRESA”… MA L’AUDIO LA INCHIODA: “NO,. COME PERSONA FISICA”
L’accesso al bando regionale sul turismo, con il quale ha ottenuto il finanziamento per ristrutturare il casale settecentesco di famiglia, è stato ottenuto “come impresa personale e non come persona fisica”, dice al quotidiano Il Centro l’assessore comunale di Pescara Paola Marchegiani.
“Ancora una volta — assicura il suo avvocato Carla Tiboni — s’è preferito barattare la verità con la notizia, offendendo e infangando la mia assistita”.
Su Il Messaggero l’accusa diventa persino peggiore: l’avvocato Tiboni sostiene che Il Fatto Quotidiano (e chi vi scrive) ha pubblicato una notizia “falsa e tendenziosa”. Segue richiesta di rettifica di ben due pagine con allegata smentita
Peccato che Il Fatto Quotidiano sia in possesso della registrazione della telefonata che pubblichiamo.
All’assessore abbiamo rivolto una domanda precisa: “Ha inoltrato la pratica come impresa?”.
Il punto, infatti, è che il bando è riservato alle imprese e non alle persone fisiche.
La risposta dell’assessore è stata: “No”.
Ha addirittura aggiunto di non aver neanche previsto una destinazione d’uso per il casale che sta ristrutturando con i futuri soldi pubblici.
Increduli, abbiamo posto la domanda una seconda volta: “Non ha registrato un’impresa individuale?”.
Stessa risposta: “No”.
A quel punto le abbiamo dato un’ulteriore possibilità : “Ha presentato la domanda come ditta individuale?”.
Il risultato non cambia: “No”, risponde l’assessore.
Non resta che una possibilità : “Ha presentato la domanda come persona fisica?”.
Ed ecco la risposta: “Sì, almeno credo…”
Tra smentire e mentire la differenza è abissale. C’è qualcosa di peggiore di un conflitto di interessi.
Di peggio, soprattutto per un politico che ha un ruolo di governo, c’è il mentire ai propri cittadini.
La questione riguarda il casale di campagna che l’assessore Marchegiani intende ristrutturare con un finanziamento pubblico stanziato, dalla Regione Abruzzo, per favorire le imprese dedite al turismo.
Il Fatto Quotidiano, spulciando le graduatorie pubblicate dal sito Abruzzo Independent, ha verificato che l’assessore, per ristrutturare il casale di famiglia, dopo aver presentato la sua domanda, se l’è vista accettare, esattamente per l’importo richiesto: ben 150mila euro.
L’interrogativo più che legittimo: è politicamente opportuno che Marchegiani (Pd) che è stata assessore al Comune di Pescara, quando l’attuale presidente della Regione Luciano d’Alfonso ne era sindaco, ottenga questo finanziamento, dalla Regione, oggi guidata dallo stesso D’Alfonso?
Ancora di più se consideriamo che Marchegiani è talmente legata a D’Alfonso che, quando il presidente fu arrestato, per fatti giudiziari che l’hanno poi visto completamente scagionato, decise di fare un fioretto: non indossare più scarpe chiuse per tre anni, anche sotto la neve, come lei stessa dichiara in un’intervista, perchè sentiva l’esigenza di “soffrire” per sentisi vicina all’attuale governatore abruzzese.
Fin qui, interrogativi politici, per rispondere ai quali abbiamo rivolto delle domande all’assessore Marchegiani.
Il concetto di “opportunità politica” è opinabile e la signora ritiene di aver agito correttamente. Il Fatto Quotidiano ha riportato la sua versione. E l’ha riportata integralmente, come dimostra la registrazione che chiunque può ascoltare per farsi un’idea.
Sull’esistenza del conflitto di interessi pure si può discutere. Ma su una menzogna, se esistono le prove, c’è poco da discutere e opinare: o l’assessore Marchegiani dice il vero, oppure mente. E il Fatto Quotidiano è in grado di dimostrare che mente, anche attraverso il suo avvocato, quando decide di dare la sua versione dei fatti a Il Centro e Il Messaggero.
I casi quindi sono due: l’assessore ha detto il falso a noi, oppure a Il Centro e Il Messaggero.
Il risultato non cambia: accusando noi di mentire, attraverso il suo legale, l’assessore mente anche ai cronisti del Centro e del Messaggero e, di conseguenza, a tutti i cittadini abruzzesi.
Antonio Massari
(da “il Fatto Quotidiano”)
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