Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
DEBITI MILIARDARI DELLE AZIENDE SANITARIE: LA RICERCA DELLA BOCCONI
Viviamo mediamente di più (82,9 anni) ma l’8% di noi rinuncia alle cure perchè costano troppo. Spendiamo 33 miliardi di tasca nostra per la salute e dalla riabilitazione alle visite e gli accertamenti specialistici i costi “out of pocket” sono la maggioranza e solo le cure in ospedale sono quasi sempre gratis.
Abbiamo ridotto del 40% asl e ospedali-azienda e dal 1990 tagliato ben 130mila posti letto, ma curarsi fuori dall’ospedale è quasi impossibile da Roma in giù.
Da tre anni i bilanci e il conto economico sono addirittura in attivo, ma lo stato patrimoniale delle aziende sanitarie è un disastro con debiti miliardari nascosti a partire dalle regioni sotto piano di rientro che riguardano ormai quasi metà degli italiani.
E gli investimenti restano una chimera.
Parola della Bocconi: una cosa e il suo opposto, una specie di Giano bifronte, la sanità pubblica italiana.
Con la palla al piede di un Sud che arranca e i suoi pazienti che pagano un doppio svantaggio di cure che mancano e di costi in più. E questo, nonostante gli sforzi di questi anni, i tagli a colpi d’accetta che continuano a lasciarci un sistema che è una grande incompiuta.
Ecco il check più aggiornato della sanità pubblica italiana. Il quadro che esce dal «Rapporto Oasi 2015» curato dall’intero staff del Cergas Bocconi, che sarà presentato oggi a Milano, parla chiaro.
Tra ombre che si stagliano nette, ma anche segni eloquenti di miglioramento. Che però non bastano mai, anzi.
E un giudizio che emerge dal rapporto, di cui è responsabile scientifico il professor Francesco Longo: poichè il 35% del Fondo sanitario è esternalizzato con prestazioni acquistate dai privati, è più facile tagliare in sanità , colpendo proprio i trasferimenti alle “terze economie”, che toccare altrove nella spesa pubblica. Insomma, si colpiscono i privati e intanto si abbassa l’asticella delle prestazioni.
Col risultato, però, che tra un colpo d’accetta e l’altro di margini per altri interventi per risparmiare non ce ne sono più così tanti. Certo, c’è ancora da razionalizzare e da colpire tra sprechi e inefficenze. Ma fino a un certo punto.
Perchè i segnali di riduzione dei servizi e delle prestazioni sono appunto forti e pesanti.
Col management che intanto deve operare sul fronte e che non sempre ha armi e mezzi anche legislativi giusti per poter sempre incidere dove serve. Anche se poi, si fa rilevare, nell’opinione pubblica il «messaggio» della lotta alle inefficenze prevale «sul tema dell’equità ».
A conferma, scrivono gli autori del rapporto del Cergas Bocconi, «che le attuali policy stanno godendo di una narrativa politica favorevole ed efficace». Una «narrativa», appunto, non sempre la realtà dei fatti
Una realtà che racconta come la spesa sanitaria pubblica tra il 2009 e il 2014 ha registrato una crescita media annua dello 0,7%, ribaltando il +6% annuo del quinquennio precedente.
Frutto dei tagli e dei mancati aumenti dopo l’esplosione della grande crisi.
Da tre anni l’equilibrio di bilancio complessivo sta reggendo, c’è stata una «robusta» capacità di risposta alle misure messe in cantiere, con i manager diventati «esecutori materiali» sul campo delle manovre.
Mai però a costo zero per gli italiani. Soprattutto nelle regioni sotto tutela, che hanno potuto mostrare conti apparentemente in rosa grazie alle super addizionali e ai ticket. Mentre è cresciuta la spesa dei cittadini.
Con un livello di qualità e quantità dei servizi che non raramente «è stato intaccato».
E con risultati patrimoniali che segnano rosso profondo, sempre al Sud, sempre dove i conti non tornano. A dispetto dei trend di salute, di aspettativa di vita, di crescita del sistema.
Un ginepraio. Per uscire dal quale il Cergas Bocconi presenta una ricetta in dieci punti: tagliare i reparti che hanno poca attività , ridurre gli ospedali a partire dalla trasformazione di quelli piccoli, accorpare le aziende e ridisegnarne la geografia, dare una missione specifiche a quello con budget che supera 1 mld di euro, ridefinire accesso ed erogazione dei servizi in base alla “tipologia” dei pazienti.
Ma anche fare trasparenza nei criteri di accettazione dell’innovazione farmaceutica senza barriere regionali, spingere sull’Hta e sui sistemi informativi.
Poi due jolly non facili: integrare meglio col Ssn quei 33 miliardi l’anno di spesa privata e attuare un mix di politiche per il personale per affrontare la mancanza di medici e il loro invecchiamento o il burn out che esplode.
Magari, perchè no, di riflesso per dare più opportunità ai giovani.
Roberto Turno
(da “La Stampa”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
PER ORA RESTANO I TRE NOMI, MA QUOTA 570 E’ LONTANA SENZA ACCORDI CON M5S
La sospirata elezione arrivi, o si andrà avanti con scrutini a oltranza. 
Dopo che mercoledì il Parlamento in seduta comune ha fallito anche il 28esimo tentativo di eleggere i giudici della Corte Costituzionale, ora «pretendiamo che il nostro Parlamento e la politica possano finalmente dare una risposta», dice il presidente del Senato, Pietro Grasso: «Abbiamo dato fino a martedì perchè maggioranza e opposizione possano trovare delle soluzioni», cioè fino al 1° dicembre, data in cui è fissata una nuova votazione; altrimenti, fa sapere il presidente, «si può ritenere che sia venuto il momento di scrutini a oltranza».
I giudici che mancano sono tre: mercoledì scorso, l’accordo tra Pd e Fi prevedeva di eleggere Augusto Barbera, Francesco Paolo Sisto e Giovanni Pitruzzella.
Nessuno ha raggiunto il quorum di 570 voti, nonostante sulla carta ci fosse un margine di un centinaio di voti in più.
Colpa di mal di pancia sparsi, leggono il risultato in Transatlantico, forse nei partiti della maggioranza sono segnali lanciati in vista di future nomine di governo, o forse hanno pesato le tensioni nel Pd provocate dalle discussioni sulle primarie per le amministrative (ieri i dem di Napoli hanno smentito l’ipotesi di un candidato Ncd alle primarie, dopo che l’ipotesi aveva causato polemiche).
Fatto sta che gli unici a gioire sono i grillini: «Il vincitore morale è il M5S», esultano i parlamentari sul blog di Grillo.
«Stiamo lavorando per riuscire a eleggerli martedì, siamo ottimisti», taglia corto il capogruppo dem Ettore Rosato.
La terna di candidati, garantiscono, rimarrà quella messa alla prova mercoledì.
Per riuscire a eleggerla, da qui al 1° dicembre si cercherà di recuperare almeno una parte dei malumori.
E anche di aggiungere all’accordo un’altra forza politica: spetta a Forza Italia tentare di coinvolgere la Lega, che l’altroieri ha votato scheda bianca perchè «abbiamo appreso i nomi dai giornali», come si sfoga un eletto del Carroccio, ma non pone veti su nessuno dei tre nomi.
Se arrivasse il loro ok, si tratterebbe di 28 voti. Ma se Barbera che ha ricevuto già 536 preferenze sembra a un passo dal traguardo, più difficile appare la partita per gli altri due candidati.
«L’eterno inciucio» denuncia il M5S, ora «se i partiti non vogliono continuare a fare pessime figure devono passare dal Movimento 5 Stelle, o meglio dal suo metodo», scrivono sul blog di Grillo.
Il deputato Toninelli insiste sul fatto che «se il Pd vuole votare i nomi migliori deve venire a bussare al M5S», ma prevede invece un «mercimonio di voti, un turbinio di incontri e telefonate con chissà quali promesse, pur di raccattare un voto in più». L’intenzione del Pd è proseguire sulla strada dell’accordo con Fi, ma se i tre dovessero venire bocciati nell’urna di nuovo, chissà .
Per il momento non sarà coinvolta nemmeno Sinistra italiana: dopo aver votato l’altroieri scheda bianca, martedì proporrà una sua rosa di nomi.
Tra loro ci sarà la costituzionalista Lorenza Carlassare, ma anche probabilmente Franco Modugno, il candidato proposto dal M5S.
Francesca Schianchi
(da “La Stampa”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
VISCO: “MANCA UNA POLITICA ATTIVA PER I DISOCCUPATI”
Debito, competitività e lavoro: per il terzo anno consecutivo l’Italia resta nel mirino della Commissione europea perchè i suoi squilibri macro sono «eccessivi». Bruxelles continuerà il monitoraggio dei «rischi» già identificati: il debito, appunto, tuttora «molto elevato », una produttività inadeguata, una competitività scarsa, e la disoccupazione sempre altissima.
Nel rapporto Ue sugli squilibri, appena pubblicato, l’Italia non è sola ma è insieme ad altri 17 paesi, che saranno tutti oggetto di una analisi approfondita. Tra questi c’è anche la Germania per via del suo surplus troppo elevato.
Alla Commissione manda un messaggio Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. Parlando a Bologna, ad un convegno Prometeia, sostiene che alla Ue manca «una visione politica», tanto più oggi, di fronte ai gravi rischi geopolitici che si profilano all’orizzonte: «E’ il problema di fondo».
Perciò, bisogna rendere «più completa» questa unione economica e monetaria.
Sul piano interno il governatore reclama «politiche attive» del lavoro.
«Ancorchè difficili da disegnare e mettere in atto», hanno un ruolo importante per riqualificare e ricollocare una forza lavoro «spiazzata dai cambiamenti globali». Manca anche «un sostegno al reddito» per i bisognosi con «un debole legame con il mondo del lavoro ».
Nella sua lettura, prevedere il futuro economico nazionale è «impossibile», ma è fondamentale un «cambio di prospettiva » nell’individuare le priorità nei prossimi mesi. Cruciali, in effetti, visto che a febbraio Bruxelles pubblicherà delle «pagelle» più approfondite per l’Italia, come per gli altri 18 paesi. E’ un modo per monitorare i progressi fatti.
Già lo scorso febbraio la Commissione aveva concluso che da noi ci sono «squilibri macro eccessivi che richiedono una risoluta azione politica e un monitoraggio specifico sui rischi di un debito pubblico molto elevato e di una debolezza della competitività », si legge nel testo del rapporto.
«Nella classifica aggiornata sono diversi gli indicatori che oltrepassano le soglie di riferimento, in particolare perdita di quote di export, debito, disoccupazione e aumento di quella giovanile ».
Più nello specifico: il calo della produttività e la bassa inflazione, «trattengono la riconquista della competitività »; il debito «è salito nel 2014, guidato da crescita e inflazione basse, e deficit».
Inoltre, «la debolezza economica si riflette anche nel declino del rapporto investimenti- Pil».
Creano problemi i crediti deteriorati delle banche.
E sul versante del lavoro, la disoccupazione ha avuto il suo picco nel 2014, ma resta elevata assieme a quella giovanile e quella di lungo termine. Anche gli indicatori sociali e sulla povertà sono stabili, ma «a livelli preoccupanti».
Elena Polidori
(da “La Repubblica”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
NUOVO CASO PRIMARIE… LA BOSCHI E LOTTI LE DUE AREE DI ATTRAZIONE
Renzi si è convinto che al Nazareno servono rinforzi e lavora a un rimpasto in segreteria, di
pari passo con il rimpasto di governo.
Guerini e Serracchiani resteranno ai loro posti, perchè il leader – in barba alla battuta perfida di Bassolino, «due vicesegretari non fanno un segretario» – ha ancora fiducia nei suoi numeri due. Ma a dicembre la squadra del leader sarà rivoluzionata
L’imminenza del valzer di seggiole spiega l’agitazione dei dem anche nelle file della maggioranza, un tempo compatte come falangi.
Il caos scoppiato a Napoli sulla partecipazione di Ncd alle primarie di coalizione (poi frenata) e la fumata nera sulla Consulta, mercoledì in aula alla Camera, hanno inacidito gli umori.
La minoranza ha letto nelle mosse di Renzi la prova generale del partito della nazione. Ma la novità politica è l’inquietudine dei renziani.
Ieri Marina Sereni, area Franceschini, ha fatto il giro del Transatlantico per giurare ai colleghi che la sua intervista a Repubblica «non era autorizzata», ma le parole della vicepresidente della Camera aleggiano a Montecitorio: «Il vero problema di Renzi è il Pd. Un partito immobile. Diviso ancora in correnti…».
Le correnti, appunto. Renzi le ha bandite, ma il congresso si avvicina e i parlamentari, in ansia per la ricandidatura, si guardano attorno.
C’è chi cerca casa, chi cerca proseliti e chi si mette in proprio. Stoppata la corrente dei cattolici diversamente renziani, Matteo Richetti si sta ritagliando un ruolo da leader dei nostalgici della prima Leopolda: «La rottamazione è fallita».
Il gelo tra Renzi e Delrio non fa più notizia, ma a molti non è sfuggito l’intervento del ministro al seminario di Cuperlo sul Papa.
Riecheggiando Bersani, Delrio avrebbe osservato come «Francesco riesce a mettersi in sintonia con la gente, mentre il Pd non lo sa più fare».
La corrente di Franceschini e Fassino è sciolta, eppure il profilo Twitter di Areadem è vivo e vegeto: 10.900 cinguettii.
Ed è di ieri la notizia che la Boschi ha convinto tre socialisti (Di Lello, Di Gioia e Lauricella) a entrare in maggioranza. «Se siamo boschiani? Beh, la battuta l’abbiamo fatta – ammette Marco Di Lello –. C’è un pezzo di Pd che fa più riferimento alla Boschi e uno che fa più riferimento a Lotti».
Boschiani e lottiani, ecco le nuove aree di attrazione.
E i sospetti, a sinistra, si addensano anche sul capogruppo Rosato: «Parla da capocorrente».
La moratoria delle polemiche tiene, ma la tensione resta alta.
«Basta con il doppiopesismo e le primarie taroccate – avverte la vicepresidente, Sandra Zampa –. Al Pd serve un bagno di umiltà ».
Ileana Argentin mette il dito nella piaga del doppio incarico: «Renzi è un ottimo premier e un pessimo segretario». Ed Enzo Lattuca: «Serve qualcuno che si occupi a tempo pieno del Pd».
A Roma è il panico, per il flop del tesseramento e per i movimenti a sinistra.
Oggi Fassina lancia la sua candidatura e domani sarà alla convention di Rutelli, il cui attivismo sta dando parecchia noia al Nazareno.
«Renzi fa la Leopolda? E io faccio la Francesca» ha scherzato l’ex sindaco con gli amici, convinti che stia preparando una lista in appoggio a Marchini.
A Milano si aspetta che Sala sciolga la riserva. A Napoli si cerca un quarantenne capace di stoppare Bassolino e si mette nel conto anche la sconfitta.
Nella riunione al Nazareno con i segretari locali, Roma e Milano si sono espresse contro il rinvio delle primarie. «Ma no, è tutto tranquillo» assicura Guerini e lascia intendere che il nodo del doppio incarico si scioglierà solo al congresso: «Scindere il partito dal governo è sbagliato. Abbiamo costruito il Pd per cogliere la sfida del governo, sarebbe un errore riportare indietro le lancette».
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
LA VISITA ALLA BIDONVILLE DOVE VIVONO DUE MILIONI DI PERSONE
Nel terzo giorno della sua visita in Africa, papa Francesco ha incontrato migliaia di giovani che lo hanno accolto come una rock star nello stadio di Nairobi dopo una tappa alla baraccopoli di Kangemi, una delle più povere della capitale.
Qui, in mezzo a centinaia di persone che hanno festeggiato il suo arrivo cantando inni africani e il “Salve Regina” in latino, il pontefice è arrivato nella papamobile accompagnato dai cardinali Parolin e Turkson per dirigersi alla parrocchia di San Giuseppe, dove ha percorso lo stesso viottolo di fango e polvere che viene utilizzato normalmente dai fedeli.
Bergoglio, in mezzo alle baracche sconnesse ma ridipinte con colori pastello, ha dichiarato di sentirsi “a casa”, ma ha accusato “le minoranze che concentrano potere e ricchezza” di costringere “la crescente maggioranza” a “rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate e scartate”.
Poi ha lodato la “saggezza e la cultura dei quartieri popolari” che si oppone ai disvalori della società consumistica.
Non è un caso che il pontefice abbia voluto mescolarsi alla periferia di Nairobi dove vivono in condizioni disperate due milioni di persone, divisi in enormi quartieri abbandonati come Kibera, lo slum più esteso dell’Africa con un milione di abitanti e un reddito giornaliero di 60 centesimi di dollaro.
Agli abitanti della bindonville papa Francesco ha riconosciuto che non si può ignorare “la terribile ingiustizia della emarginazione urbana” che comporta affitti abusivi, mancanza di acqua, accaparramento di terre, violenze e gang criminali.
Per questo ha invitato i vescovi a supportare la battaglia per una condizione più dignitosa degli slum: “Faccio appello a tutti i cristiani, in particolare ai pastori a rinnovare lo slancio missionario, prendere iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte, a custodire i frutti del loro lavoro collettivo e celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria”.
Ai giovani che hanno partecipato all’incontro nello stadio Kasarani, invece, il papa ha parlato della corruzione come “cammino di morte” che esiste ovunque “anche in Vaticano”: “Non prendeteci gusto. Non accettate guesto zucchero che si chiama corruzione”. “La corruzione ci sottrae l’allegria, le persone corrotte non vivono la pace”.
Un altro pericolo, ha proseguito il pontefice, è l’estremismo religioso dei ragazzi che entrano nei gruppi armati per compiere atti criminali: “Per evitare che un giovane sia reclutato – ha aggiunto – servono educazione e lavoro perchè se non ha lavoro e non ha educazione che futuro può aspettarsi?” ha detto papa Bergoglio, secondo il quale la tentazione dei radicalismi e dei fondamentalismi è in qualche modo collegata anche ad un “sistema internazionale ingiusto che mette al centro dell’economia non la persona ma il dio denaro”.
Infine un invito ai giovani di sconfiggere “il tribalismo” che mette a repentaglio la pace in Africa.
Dopo un incontro con i vescovi del Kenya si svolgerà il congedo all’aeroporto internazionale “Jomo Kenyatta” dal quale Bergoglio partirà per la seconda tappa, l’Uganda, dove in serata visiterà Munyonyo, uno dei luoghi simbolo dei martiri ugandesi. Domenica toccherà alla Repubblica Centrafricana dove aprirà la Porta Santa, a Bangui.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
I COSTRUTTORI NON CREDONO CHE SI FARA’ MAI E CHIEDONO LA PENALE
E’ costituzionale la legge che tre anni fa impose lo stop alla costruzione del Ponte sullo
Stretto di Messina?
Ruota intorno a questo interrogativo il gigantesco braccio di ferro legale cominciato in sordina e lontano dai riflettori davanti ai giudici del tribunale civile di Roma dove si è tenuta la prima udienza del processo di primo grado.
Con ogni probabilità la Corte costituzionale sarà chiamata a esprimersi sulla legittimità del decreto voluto dal governo di Mario Monti, poi convertito in legge il 17 dicembre 2012: un provvedimento molto complesso, lungo un paio di pagine, composto da 10 commi.
In tribunale da una parte c’è il contraente generale Eurolink, cioè Impregilo, il grande gruppo di costruzioni a cui era stata affidata l’opera, entrato nel frattempo nell’orbita dell’impresa Salini.
Accanto la Parsons, società leader mondiale per i ponti sospesi, che si era aggiudicata l’appalto per la progettazione e il controllo delle varie fasi di realizzazione della grande infrastruttura.
Entrambe, Eurolink e Parsons, evidentemente non danno molto peso all’improvviso rilancio di Matteo Renzi che ha riportato il Ponte alla ribalta e si sentono danneggiate dalla legge Monti.
Per questo proseguono nell’azione legale chiedendo un risarcimento stratosferico: 790 milioni di euro in totale, 700 Eurolink, 90 Parsons.
La richiesta è rivolta alla società pubblica Stretto di Messina, alla presidenza del Consiglio e al ministero delle Infrastrutture.
La società dello Stretto è partecipata per oltre l’81 per cento dall’Anas e per il 13 per cento da Rfi (Rete ferroviaria italiana) ed è stata messa in liquidazione nella primavera di due anni fa e affidata al commissario Vincenzo Fortunato, influentissimo capo di Gabinetto con diversi ministri, da Antonio Di Pietro a Giulio Tremonti.
Legge Monti alla mano, a sua volta anche la società Stretto di Messina si sente danneggiata e contesta a Eurolink e Parsons “l’inadempimento del contratto in relazione a parte delle prestazioni e dei servizi resi”.
Alle due imprese la Stretto di Messina è disposta a riconoscere solo 10,4 milioni in totale, così ripartiti: 8 milioni e mezzo a Eurolink, 1,9 milioni a Parsons come “indennizzo per la perdita del contratto pari al 10 per cento delle prestazioni effettuate”.
In sostanza c’è la bella distanza di 780 milioni di euro tra le pretese di Eurolink e Parsons e ciò che la Stretto di Messina è disposta a pagare.
Il contenzioso ruota intorno all’articolo 34 decies (Disposizione in materia di collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente) del decreto legge 179 del 2012 convertito nella legge numero 212.
In quel provvedimento si stabiliva che le parti, cioè la Società Stretto di Messina, Eurolink e Parson avrebbero sottoscritto entro 2 mesi un atto aggiuntivo al contratto originario stipulato sei anni prima. Eurolink e Parsons si rifiutarono di firmare ponendo le premesse per la liquidazione della Società del Ponte e avviando il contenzioso legale ora arrivato in tribunale.
Al punto 4 l’articolo 34 decies stabiliva che “tutti gli effetti dei contratti stipulati dalla società Stretto di Messina SpA con il contraente generale e gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell’opera sono sospesi e per il periodo di sospensione non potranno essere avanzate dai contraenti pretese risarcitorie o di altra natura a nessun titolo“.
Eurolink e Parsons ritengono illegittimo quel provvedimento; al contrario il commissario liquidatore del Ponte sullo Stretto lo ritiene assolutamente legittimo e lo difende. Nel frattempo l’avventura del Ponte continua a pesare sui contribuenti italiani, anche se molto meno rispetto a prima della liquidazione.
La società Stretto di Messina, per esempio, paga ancora 12mila euro al mese a Grandi Stazioni, azienda posseduta al 60 per cento dalle Ferrovie e per il resto da Caltagirone, Pirelli e Benetton, per l’affitto degli uffici nel palazzone di Termini in via Marsala a Roma.
Daniele Martini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
“LE RICEVUTE? LE FAREMO SAPERE”
Chiedetegli tutto, ma non di mostrarvi gli scontrini che si sono fatti rimborsare dopo le loro trasferte.
Sarà che hanno paura di fare la fine di Ignazio Marino, inciampato su qualche rimborso di troppo dopo avere pubblicato le sue ricevute.
Sarà che di essere del tutto trasparenti i sindaci d’Italia non ne vogliono proprio sapere. In ogni caso una cosa è certa: dopo oltre un mese che ilfattoquotidiano.it ha contattato uffici stampa e portavoce di alcuni di loro per avere tutti i particolari delle spese delle missioni effettuate nel 2014 e nel 2015, le risposte arrivate non sono state per nulla complete.
Il comune di Venezia è stato l’unico a inviare alcune ricevute.
Da Milano e Verona è arrivato solo qualche dettaglio in più, ma non un vero e proprio elenco delle trasferte, rispetto al dato di spesa totale disponibile nella sezione “Amministrazione trasparente” dei rispettivi siti istituzionali.
Da Firenze, altro Comune che mette online solo il dato aggregato, la risposta non è andata al di là del più tipico “le faremo sapere”.
Eppure questa è una modalità di pubblicazione ritenuta “non corretta” da Ernesto Belisario, avvocato specializzato in diritto amministrativo e coautore di Legal Lex, un manuale su come accedere alle informazioni della pubblica amministrazione. “Sebbene non esistano linee guida a riguardo — spiega — il decreto legislativo 33 del 2013 oltre a stabilire l’obbligo della pubblicazione delle spese di viaggio, è anche chiaro nel definire la ratio della norma, che è quella di consentire un controllo generalizzato sull’utilizzo delle risorse pubbliche e sul perseguimento delle finalità istituzionali. Controllo che il dato aggregato dei costi sostenuti in un anno, senza il dettaglio di ogni singolo viaggio, non consente di eseguire”.
Un elenco di trasferte piuttosto preciso, che non era disponibile sul sito del comune, è arrivato da Palermo.
Ma le ricevute rimangono un tabù, come del resto ovunque.
Anche a Livorno: nonostante qui sia disponibile online un resoconto dettagliato delle spese di viaggio del sindaco, alla richiesta di vedere gli scontrini gli uffici comunali si sono trincerati dietro la mancata presentazione da parte de ilfatto.it di una richiesta ufficiale di accesso agli atti. Eppure una richiesta attraverso semplice email può bastare: “Se l’amministrazione decide di garantire un livello di trasparenza superiore a quello minimo assicurato dalla norma — spiega Belisario — per il cittadino o il giornalista non sarà necessario ricorrere a un’istanza di accesso agli atti”.
Ma vediamo quali informazioni in più è stato possibile recuperare — o non recuperare — da ogni Comune rispetto a quanto già pubblicato online.
Firenze
Gli uffici di Dario Nardella non si sono degnati di dare alcun dettaglio in più rispetto al totale delle spese di viaggio già pubblicato sul sito per ogni anno. Inutile chiedere dove è stato il sindaco con i 4.609 euro spesi nel 2014, o chiedere di vedere le ricevute. Del resto, se il successore di Matteo Renzi- fresco di archiviazione del fascicolo aperto dalla Corte dei conti che non ha ravvisato elementi sufficienti per procedere – diventasse più loquace, metterebbe comunque in imbarazzo l’attuale presidente del Consiglio, al centro di una battaglia politica per accedere al dettaglio delle sue spese a Palazzo Vecchio.
Verona
Lo staff di Flavio Tosi ha rivelato qualcosa in più rispetto ai dati di spesa aggregati presenti online: 4.964 euro nel 2013 e 3.993 euro nel 2014. Non molto, però. Ora sappiamo che si è arrivati a tali somme dopo 24 missioni, di cui 21 effettuate a Roma, con 7.996 euro spesi per i trasporti, 589 per i pernottamenti e nulla per i pasti. E’ già qualcosa, ma anche in questo caso le spese non sono state motivate nel dettaglio. E in più tra i nuovi dati e quelli pubblicati sul sito ballano 372 euro.
Milano
Dagli uffici di Giuliano Pisapia fanno sapere che la spesa di 18.867 euro riportata sul sito del comune per le missioni del 2014 riguarda 12 viaggi a Roma per incontri con rappresentanti delle istituzioni (Quirinale e governo), incontri Anci, di cui Pisapia è vicepresidente nazionale, e con Papa Francesco. “Quando gli incontri erano fissati di mattina presto, la spesa comprende il pernottamento. Se in altri orari ci sono solo spese di viaggio e di trasporto per Roma. Non c’è nessun pranzo o cena con persone esterne all’amministrazione”. Altre trasferte istituzionali, sempre comprese nei 18.867 euro totali, sono state fatte a Napoli, Cagliari, Pescara, Brescia e, per quanto riguarda le missioni all’estero, a Bruxelles, Johannesburg, Emirati Arabi, New York e Mosca: “Tutte missioni di cui si può trovare traccia nei comunicati stampa dell’amministrazione che ne spiegano la natura istituzionale”. Da Palazzo Marino aggiungono poi che tali spese “sono già state verificate dal collegio dei revisori, un organismo esterno all’amministrazione, che non ha rilevato alcuna anomalia e non ha fatto nessun appunto”.
Palermo
Più dettagliata la risposta che arriva dal comune guidato da Leoluca Orlando: un file Excel con indicate le 27 trasferte effettuate dal sindaco nel 2014 per una spesa totale di 13.547 euro e le 14 sinora compiute nel 2015 (9.108 euro). Tra queste spiccano una missione ad Amsterdam a settembre dell’anno scorso per partecipare al ‘global parliament of major’ (1.083 euro), una a Parigi a gennaio 2015 per incontrare le autorità locali e partecipare a una conferenza al liceo internazionale della città (1.133 euro), una a Bonn lo scorso giugno per la proclamazione Unesco del Circuito arabo normanno (1.506 euro). Mancano ancora i dettagli di spesa di ogni singolo viaggio e la copie delle ricevute, ma è un passo avanti rispetto alla modalità oscura con cui le missioni sono rendicontate online, dove l’elenco anzichè riportare date e destinazione del viaggio, indica l’ufficio competente alla liquidazione delle spese e il numero e la data del provvedimento.
Torino
Il grado di trasparenza di Piero Fassino è migliore di molti suoi colleghi, visto che sul sito del comune è disponibile un file Excel con le date di ogni viaggio, con tanto di destinazione e costo totale della trasferta. Ma anche qui la richiesta di andare più nel dettaglio delle spese di ogni missione e di avere le ricevute si è fermata davanti a un “le faremo sapere”.
Parma
Gli uffici di Federico Pizzarotti rispondono: “Non si possono mettere al lavoro delle risorse per cercare degli scontrini e darli a voi”. Chissà dove sono finiti, e chissà perchè le note spese non sono state raccolte in modo ordinato in una cartelletta facile da recuperare. Resta allora quanto c’è già sul sito: il costo di ogni viaggio del sindaco è riportato, ma su dove sia stato e perchè ci sia andato, il punto di domanda resta. A meno che non si segua il consiglio che suggeriscono dal comune: “Quando il sindaco va in missione fa dei bei comunicati stampa e dice dove va”, spiegano. Bene, che i cittadini incrocino i dati, sempre che abbiano ricevuto i comunicati.
Livorno
Da un capoluogo a guida Cinque stelle all’altro, Filippo Nogarin pubblica rendiconti mensili in cui le spese di ogni singolo viaggio sono indicate nei minimi particolari, sino ai 90 centesimi per il caffè. Trasparenza ai più alti livelli, tanto da l’aver fatto nascere di recente un botta e risposta con un neo consigliere ex grillino, Marco Villano, su una trasferta ad Arezzo dove era in programma anche un Meetup del M5S. Se però si chiedono gli scontrini, anche a Livorno non c’è niente da fare: gli uffici si schermano dietro la necessità di ricevere un’istanza ufficiale di accesso agli atti. E se si vuole sapere quale norma impedisca loro di inviare i documenti a fronte di una semplice email, la risposta è una sola: il silenzio.
Napoli
Vogliono che venga presentata una richiesta di accesso agli atti anche gli uffici di Luigi De Magistris: “Gli atti in possesso di questa amministrazione sono ostensibili secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di accesso”, scrive in burocratese il gabinetto del sindaco. Ilfattoquotidiano.it ha poi ricevuto un link in cui le trasferte sono aggiornate all’ultimo atto di liquidazione, con la spesa fornita per ogni singolo viaggio. Ma il problema resta quello del file che si trovava online anche prima: il motivo della trasferta è quasi sempre un generico “impegni istituzionali”.
Venezia
Le uniche due ricevute che è stato possibile vedere sono arrivate dalla Laguna per il neo sindaco Luigi Brugnaro: un’andata e ritorno per Roma in treno da 226 euro e una con Alitalia da 505,29 euro, entrambe di ottobre. Per il resto, spiega un comunicato stampa, il sindaco “ha formalmente rinunciato all’indennità di funzione, chiedendo di destinare queste risorse alla costituzione di un fondo di solidarietà ” e ha sottolineato come, a parte i due viaggi a Roma, “tutte le spese sostenute come sindaco della città (ristoranti, trasporti, parcheggi, pernottamenti) siano stati pagati in prima persona e non fatti pesare sull’amministrazione comunale”. Va peggio se si cerca di sapere qualcosa dei 19.841 euro spesi nel 2014 dall’ex sindaco Giorgio Orsoni. Vogliamo più dettagli? “Dovete contattare l’interessato e chiedergli di darci il permesso di fornirveli”, rispondono dall’amministrazione.
La prossima mossa
Chiedendoli con le buone, di dettagli sui viaggi ne sono arrivati pochi. Non resta allora che presentare in ognuno dei comuni un’istanza ufficiale di accesso agli atti. I sindaci avranno così 30 giorni per dare una risposta. E vediamo che scusa si inventeranno questa volta pur di limitare la trasparenza dovuta a chi li ha votati.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
COME E’ DIVENTATO DOMINUS DEL SUO PAESE UN SOGGETTO DEL GENERE
Le porte del Comune di Borgosesia si aprono e i passi sono subito ovattati da un enorme
tappeto in cui il sindaco Gianluca Buonanno veste i panni di Superman (qui è GB), l’eroe invincibile che protegge il gonfalone e i cittadini.
Nella Valsesia che sfoggia il suo Sacro Monte patrimonio dell’Unesco e resta un po’ un mondo a sè, il culto della personalità dell’europarlamentare leghista che in Parlamento sventola forconi e triglie, sta uscendo dai confini del suo piccolo, ma inossidabile regno.
Fino a scuotere dal torpore i valsesiani piuttosto assuefatti alle sue follie e a far nascere un movimento di protesta guidato soprattutto da giovani trasversali ad affiliazioni partitiche.
L’onorevole amante delle provocazioni in Parlamento va in televisione ad annunciare contributi per chi acquista una pistola. Ma a casa vuole essere il sindaco inappuntabile che pulisce le strade e garantisce la sicurezza, che regala voucher per la spesa e fa sconti sulla tassa rifiuti a chi alleva galline ovaiole.
Un sindaco a due facce. Il gioco però non regge più e anche Matteo Salvini, come racconta un autorevole rappresentante del Carroccio piemontese, non ama molto il super erore della Valsesia.
In valle da due settimane è nato un blog (R-Esistendo Valsesia) che annuncia di fare informazione “vera”. Si è aperta un pagina Facebook, si fanno riunioni un po’ carbonare dalle quali escono documenti in cui si denunciano anche intimidazioni e partono appelli perchè qualcuno, da qualche parte, metta fine ad un dominio che in valle dura ormai da più di vent’anni: «Siamo indignati e schifati. Ci siamo stufati della politica razzista, xenofoba e omofoba portata avanti dal nostro sindaco, del suo modo di progredire nel mondo politico a suon di offese ed esibizioni ridicole. Ma non è tutto qui. Alcune azioni non sono molto chiare dal punto di vista della legalità , a cominciare dal patrocinio comunale ».
Fra le immagini più violente quella di un uomo di colore che si copre gli occhi con la mano. A Borgosesia lo hanno subito riconosciuto perchè si metteva sempre davanti al supermercato Unes all’ingresso della città . Ad agosto Buonanno ha postato la sua foto su Facebook, con tanto di nome, cognome e “cartello di riconoscimento” in fotomontaggio.
Sul blog e sulla pagina Facebook del neo-movimento di protesta compaiono anche i
volantini in stile “Sgombero cantine” distribuiti a migliaia in città e pagati con i soldi del Comune.
«Informazione», dice il sindaco. «Solo propaganda con cui si conquista il consenso», replicano gli oppositori. Sono quelli i “pizzini” del sindaco a cittadini e oppositori: di lì lancia i suoi attacchi.
L’ingresso del Comune ne è tappezzato: attacca il governo sulla Tasi, accusa la giunta Chiamparino di voler la morte dei cittadini con le scelte sulla sanità , promette colazioni gratis ai cittadini nel giorno del compleanno.
I vigili di cartone con la sua faccia che ha importato da Varallo li ha voluti video- sorvegliare con le telecamere per scoprire i vandali che li danneggiavano.
Le foto di chi ha fatto danni sono finite addiritura su un giornale locale in una pagina acquistata da Buonanno.
«Peccato che non esistano delibere con le quali si decide di piazzare i vigili fantasma. Quindi chi proteggiamo? Un oggetto di proprietà privata del sindaco?», si chiede Gino Corradini, il consigliere comunale che ha denunciato il Comune per aver passato una delibera che istitutisce navette gratuite per tutti «ma non per i dipendenti dell’ospedale”.
Buonanno alza le spalle. Tenta di buttarla sul ridere. «I vigili di cartone li ho pagati di tasca mia». In soli sei mesi del 2014 ha speso 60mila euro di pubblicità .
Nel suo ufficio, dove ci sono un quadro di Putin e una statua in gesso della Madonna, racconta: «Mio nonno era nipote di Petrolini».
Parole e gesti non sono però quelli del supererore buono, ma quelli assai più violenti, almeno nel linguaggio, di chi attacca i parroci della valle defininendoli “preti politici”. «Non sanno che poi qui mi vengono a raccontare quello che dicono – dice – Don Ezio Caretti, nel 2014 ha fatto campagna per la mia avversaria».
A Varallo, il paese vicino dove Buonanno è stato sindaco per dieci anni prima di esportare il suo sistema a Borgosesia e far eleggere un suo uomo, Eraldo Botta, sono comparsi volantini minacciosi diretti al parroco, don Roberto Collarini: «Se il parroco-politico vuole così tanti clandestini, li ospiti nelle sue proprietà , oppure presso le abitazioni della sua combriccola. Capito???».
Sulla porta dell’ufficio è in bella mostrala foto di Superman con Papa Francesco. Resta poco da dire e don Collarini infatti preferisce non commentare: «Parlo di tutto ma non di quella persona ».
E i giovani dissenzienti della Valsesia scrivono: «È fuori da ogni dubbio che la politica di Gianluca Buonanno prosperi grazie a buchi normativi e a continui raggiri delle norme. È invece personale, ma condivisa da molti, la constatazione che chi si schiera apertamente contro il sindaco è soggetto a intimidazioni».
Sara Strippoli
(da “La Repubblica”)
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