Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
BERLUSCONI PENSA AL MILAN E SNOBBA SALVINI… NESSUNO FA UN PASSO INDIETRO
«Non abbiamo mai parlato di un ticket Meloni sindaco con Marchini vicesindaco». Due giorni
dopo lo scenario che aveva disegnato la possibilità di un «piano-exit strategy» con Giorgia Meloni candidato sindaco unico del centrodestra, che prevedeva l’innesto di Guido Bertolaso come city manager con il colpo di scena di Alfio Marchini in veste di vicesindaco, arriva l’ennesimo dietrofront di Fratelli d’Italia.
Cambia anche l’atteggiamento della Lega che dopo aver per settimane definito Bertolaso inadeguato oggi dice che “andrebbe benissimo come city manager, non andava bene come candidato sindaco, ma lo reputiamo un esponente del fare, un uomo con delle caratteristiche molto utili per Roma in altre funzioni».
Altro che giravolte, qua si rischia una cervicale cronica.
Tra l’altro la Lega deve ancora decidere se presentare una propria lista e farsi contare o inserire esponenti salviniani all’interno della lista civica di appoggio alla Meloni.
Insomma i balletti nel centro-destra continuano, ogni candidato chiede un passo indietro dell’altro per il bene di tutti.
La leader di FdI conferma l’incontro tra Salvini e Berlusconi. “Vedremo, penso che ci incontreremo nei prossimi giorni. Ci faremo due chiacchiere”, ma fa intuire che la sua candidatura non è minimamente in discussione.
Anche Guido Bertolaso (Fi) va avanti come una ‘ruspa’, di certo non ha intenzione di ritirarsi: “Resto candidato anche senza Forza Italia”.
Parla Antonio Tajani, tra coloro che hanno in mano il dossier su Roma: “Non possiamo cancellare la nostra parola e l’impegno preso con Guido Bertolaso. Ci hanno chiesto il bagno di folla, i gazebo… Tocca ad altri fare un passo indietro”, dice il vicepresidente del Parlamento europeo in un’intervista al Corriere della Sera.
Intanto l’ex Cav sembra occuparsi più del Milan che della Capitale. Dopo il funerale di Cesare Maldini nella basilica milanese di Sant’Ambrogio, Berlusconi è tornato ad Arcore dove ha pranzato con l’amministratore delegato Adriano Galliani, “un vecchio amico” come lo ha definito lui, e con Arrigo Sacchi.
Per quanto riguarda invece gli appuntamenti sul fronte politico “l’agenda è bianca”, fa sapere il suo staff, nonostante Salvini abbia detto di essere “a disposizione” per un incontro con il leader di Forza Italia.
Se il nome resta quella della Meloni, fanno capire da Forza Italia, non ci sono margini di trattativa.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
PER COTA LA RICHIESTA E’ DI 2 ANNI E 4 MESI…. TUTTI I NOMI E LA PENA RICHIESTA
Venticinque condanne, da un minimo di 16 mesi a un massimo di 4 anni e 4 mesi. Sono le richieste di condanna dei pm Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi per i politici (e la segretaria) finiti a processo per La Rimborsopoli in Consiglio regionale.
La pena più alta richiesta è per Michele Giovine, la più bassa per Maurizio Lupi e per la figlia Sara, sott’accusa per truffa.
Per l’ex presidente della, giunta regionale Roberto Cota la richiesta è stata di 2 anni e 4 mesi. I pm hanno anche chiesto al tribunale di trasmettere alla procura gli arti per falsa testimonianza di 4 testimoni.
I politici erano finiti sott’inchiesta in seguito a un controllo avviato dalla Guardia di Finanza (coordinata dalla procura) nel settembre 2012. I militari avevano raccolto la documentazione messa a disposizione dai consiglieri: scatoloni pieni di scontrini, fatture, ricevute per ottenere i rimborsi previsti dalla legge per il funzionamento dei gruppi consiliari della Regione.
Le valutazioni hanno permesso di accertare che i soldi erano stati spesi in ristoranti e bar, ma anche in negozi di abbigliamento e gioiellerie.
Tutte spese che ben poco hanno a che fare con l’attività della Regione.
Le richieste: Michele Dell’Utri (Moderati) 3 anni e 9 mesi, Maurizio Lupi (Verdi Verdi) e la figlia Sara, a processo solo per truffa, un anno e 4 mesi; Michele Giovine (Pensionati) 4 anni e 4 mesi; Michele Formagnana (Lega Nord) 2 anni e 4 mesi; Roberto De Magistris (Progett’Azione) 2 anni e 4 mesi; Massimo Giordano (Lega Nord) 2 anni e 9 mesi; Federico Gregorio (Lega Nord) 2 anni e 4 mesi; Riccardo Molinari (Lega Nord) 2 anni e 4 mesi; Paolo Tiramani (Lega Nord) 2 anni e 4 mesi; Roberto Cota (Lega Nord) 2 anni e 4 mesi; Alberto Goffi (Udc) 2 anni e 4 mesi; Giovanni Negro (Udc) 2 anni e 6 mesi; Alberto Cortopassi (Forza Italia) 2 anni e 4 mesi; Rosa Anna Costa (Forza Italia) 2 anni e 4 mesi; Girolamo La Rocca (Forza Italia) 2 anni e 4 mesi; Lorenzo Leardi (Forza Italia) 2 anni e 6 mesi; Angiolino Mastrullo (Forza Italia) 3 anni e 6 mesi; Roberto Tentoni (Progett’Azione) 2 anni e 9 mesi; Massimiliano Motta (Fratelli d’Italia) 3 anni e 2 mesi; Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia) 2 anni e 10 mesi; Daniele Cantore (Forza Italia) 2 anni e 8 mesi; Rosanna Valle (Progett’Azione) 3 anni e 2 mesi; Angelo Burzi (Progett’Azione) 3 anni e 2 mesi; Andrea Stara (Insieme per Bresso) 3 anni.
Claudio Laugeri
(da “La Stampa”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
DOMENICA MATTINA L’ULTIMO CEDIMENTO STRUTTURALE ALLA PIASTRA 20
Ancora un cedimento strutturale, ancora un balcone che crolla in una delle casette antisismiche
sostenibili ed ecocompatibili del Progetto C.a.s.e., a L’Aquila.
E questo a ridosso dal settimo anniversario del terremoto, che causò 309 morti e più di 1500 feriti.
È accaduto domenica mattina intorno alle 8 nel complesso di Cese di Preturo, già interessato da un altro crollo nel settembre 2014 che provocò il sequestro del condominio e dell’intera area e l’avvio di un’inchiesta della magistratura.
Un balcone in legno al terzo piano è imploso, precipitando al livello sottostante. Spaventato dal forte rumore, se n’è accorto e ha dato l’allarme un residente che passeggiava col cane.
Stavolta a cedere è stata la cosiddetta piastra 20, mentre 19 mesi fa l’incidente coinvolse la dirimpettaia numero 19.
E qualche mese prima si era sfiorato il dramma in un’altra casetta, a Bazzano: si staccarono cinque lastre di metallo pesanti trenta chili l’una, piombando in strada.
Il balcone franato e quello colpito domenica mattina sono stati trasferiti nell’autoparco del Comune dell’Aquila.
Un tassello in più nell’inchiesta in corso per il precedente crollo del 2014, per cui sono indagate 37 persone: la Procura potrebbe decidere a breve se chiedere il rinvio a giudizio.
Sono imprenditori, progettisti e collaudatori, tecnici e dirigenti comunali che hanno partecipato a vario titolo alla realizzazione del Progetto C.a.s.e cui vengono contestati i reati di frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata ai danni dello Stato, falso in atto pubblico.
L’indagine ha condotto al sequestro di circa ottocento balconi nelle frazioni aquilane di Sassa, Arischia, Cese di Preturo, Collebrincioni e Coppito.
Ultimamente è stato aperto un filone-bis relativo ai funzionari del Comune.
La domanda al centro dell’accertamento giudiziario è sempre la stessa: con che tipo di materiali e accorgimenti tecnici vennero effettivamente costruite quelle 185 “c.a.s.e.”, quei 4500 appartamenti delle new town assegnati in via temporanea a 15mila cittadini aquilani che avevano avuto la loro casa distrutta o inagibile?
Alla luce dei fatti di una cronaca che per miracolo non è diventata nera, appare sempre più difficile scacciare i sospetti sulle casette-simbolo della “ricostruzione in tempi record” berlusconiana.
“Veri e propri quartieri con case circondate dal verde, dotate di tutti i servizi, progettate con i più avanzati criteri di sostenibilità e realizzate in legno lamellare, calcestruzzo precompresso, laterizi o metallo isolato termicamente” c’è scritto a tutt’oggi sul sito della Protezione Civile.
Costate un miliardo (più del loro valore di mercato), complete di arredi e “di durevole utilizzo”, la prima consegna risale al 29 settembre del 2009: ci pensò l’ex Cavaliere in persona, a favor di telecamere nel giorno del suo compleanno.
Dal 31 marzo 2010 la loro gestione è passata al Comune dell’Aquila, che ha poi ricevuto migliaia di richieste di manutenzione ordinaria e straordinaria, soprattutto per problemi di infiltrazione d’acqua.
Intanto la popolazione del progetto C.a.s.e. ha cominciato a scendere, visto che molti sono rientrati nelle loro abitazioni ristrutturate.
Resta però l’incognita di cosa farne in futuro di queste casette travagliate, si sospetta malcostruite e onerose da mantenere.
Residenze per studenti o sistemazioni turistiche come propone il Comune dell’Aquila; un Campus universitario come ipotizzato dai vertici della Regione; o demolirle tout-court?
Maurizio Di Fazio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
SU TEMPA ROSSA GETTA ACQUA SUL FUOCO: “SUL PETROLIO NE’ SEGRETI NE’ BLITZ”
Il sorriso è quasi una maschera, indossata per tutta l’intervista a Porta a Porta.
Le parole usate come un estintore, per spegnere l’incendio o almeno provarsi.
Anzi il doppio incendio nel quale Maria Elena Boschi si trova in mezzo.
Da un lato il conflitto di interessi di Federica Guidi, emerso dall’inchiesta Tempa Rossa, che ha portato alle dimissioni del ministro e alla convocazione della Boschi da parte dei pm, come “persona informata dei fatti”.
Dall’altro il suo, ovvero di Maria Elena, inteso come caso Etruria: “Immagino — dice – che la posizione processuale di mio padre come degli altri colleghi che hanno amministrato Banca Etruria possa avere evoluzioni, lo do quasi per scontato. Ma questo non riguarda la mia attività ”.
Tradotto, in modo grezzo: non mi dimetto se sarà rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta o se gli sarà contestata l’azione di responsabilità .
Solita Terza Camera, insolito Bruno Vespa, nei panni dell’intervistatore unico.
Battute dei cronisti, che assistono alla registrazione: “Il Vespometro dice che qualcosa scricchiola, l’intervista non è affatto compiacente”.
La Boschi, forse per la prima volta da quando è — assieme a Renzi — il simbolo del governo, evita il linguaggio dell’asfaltatrice.
Innanzitutto con l’Anm e i giudici: “Quando ho letto sui giornali, sono stata io a chiamare i magistrati e ho chiesto di essere ascoltata il prima possibile. Io sono a disposizione e ieri è stato il primo giorno utile. Se per caso dovessero avere bisogno di altre informazioni da chiedermi sanno dove trovarmi”.
Soprattutto la ministra sgombra il campo dal pensiero che questo governo condivida la tesi berlusconiana della giustizia a orologeria: “Alcuni — spiega – cercano di leggere una connessione tra l’inchiesta Tempa Rossa e il referendum del 17 aprile sulle trivelle. Ma non credo sia corretto vedere dietrologia e complotti. Credo solo che la magistratura sia arrivata ora a conclusione di un lavoro”.
Toni lontani anni luce dalla retorica dei gufi, anche nei confronti della minoranza. Vespa lancia il video in cui Cuperlo dà a Renzi dell’arrogante.
Al rientro in studio, il ministro, sempre sorridendo, risponde così: “Non me lo aspettavo da Cuperlo perchè solitamente ha altri toni. Ma nel nostro partito non ce le mandiamo a dire… Molti altri partiti non hanno questo tipo di confronto, noi discutiamo. In questo caso penso che Cuperlo un po’ abbia sbagliato”. Addirittura si spinge a dire che un’eventuale no della minoranza al referendum sulle riforme non metterebbe a rischio l’unità del partito: “Ma no… Non cacciamo nessuno”.
Il combinato disposto Tempa Rossa-Etruria ha cambiato il clima.
Per la prima volta è tangibile la preoccupazione. Renzi non andrà a Matera. La Boschi, il cui nome veniva dato dai giornali siciliani come guest star della Leopolda sicula nel prossimo week end, non andrà a Palermo.
Nel Palazzo si rincorrono voci di paura delle contestazioni. Lo spartito pensato a palazzo Chigi per far fronte all’emergenza comunicativa pare aver influenzato poco i giornali.
La Boschi lo ha ripetuto a Porta a Porta, con meno enfasi del premier: il governo che sbocca le opere ferme da vent’anni, il paese bloccato finalmente in moto.
“Nessun interesse nascosto” scandisce nel difendere quello che è ormai viene chiamato l’emendamento Guidi: “Il punto vero è se il governo aveva o meno un interesse generale a fare quella norma, a sbloccare investimenti per fare assunzioni nel sud. Abbiamo riavviato le opere pubbliche e anche private ferme da anni, non perchè ci sia un interesse di chissà che tipo, ma per creare posti di lavoro. Per fortuna il nostro governo in questi due anni di opere ne ha sbloccate tante, a cominciare da Expo”.
Chi ha parlato col ministro racconta che, per quanto riguarda il suo ruolo, sia stato chiarito tutto sia dai magistrati che di fronte all’opinione pubblica.
E che non teme un avviso di garanzia. Forse anche per questo già si prepara alla prossima scossa: “Io immagino che la posizione processuale di mio padre avrà un’evoluzione: immagino ci sarà un’azione di responsabilità , lo do per scontato. Io credo di dover rispondere del mio operato, del mio lavoro in Parlamento. Al momento credo di aver dimostrato di aver fatto del mio meglio, soprattutto con grande onestà ”. Dei vari fuochi, l’Etruria è — almeno per la ministra — il più difficile da spegnere.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
“UNA VERA LOTTA’ ALLA POVERTA’ NON LA FA PIU’ NESSUNO”
“Renzi è un uomo che divide, che lacera. Sembra essere più interessato a combattere il suo
mondo che non i suoi avversari e questo per un leader della sinistra è un peccato capitale perchè poi alle elezioni si perde, mica si vince”, così Massimo D’Alema ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7.
A proposito del Caso Guidi, per D’Alema “la vicenda non è chiusa, c’è un’indagine in corso da parte della magistratura, la quale deve appurare se si configuri un reato di scambio di influenze. L’indagine seguirà il suo corso, e mi auspico che avvenga velocemente. Ho stima della Guidi, non ho alcun astio nei suoi riguardi”.
E ancora: “Per sbloccare le opere, bisogna cambiare le procedure. Finora si è usata una procedura ad hoc per sbloccare un’opera specifica: non c’è nulla di nuovo ed è un sistema che ha prodotto dei guasti”.
Secondo l’ex premier, in ogni caso l’inchiesta sul petrolio “lascia un segno nel governo”.
“Il Ministro per i rapporti con il Parlamento non ha funzioni deliberative, è il Premier che decide. La vicenda però lascia un segno nel Governo”, ha spiegato D’Alema.
“Il Premier è intemperante, ed è pure simpatico ad alcuni per la sua intemperanza, ma il momento in cui ti mettono sotto inchiesta il ministro è quello meno adatto per dire quello che ha detto Renzi sulla magistratura”.
Quanto al referendum sulle trivelle, D’Alema spiega di essere per il No, ma critica la scelta del Pd di fare campagna per l’astensione.
“Non sono affatto contrario affinchè questi impianti possano continuare fino a che ci sono risorse da sfruttare, ma il Governo avrebbe dovuto prendere provvedimenti per evitare i rischi di disastri ambientali per tranquillizzare gli elettori che andranno a votare sì. È indecente che il maggiore partito italiano inviti a non andare a votare, avrebbe dovuto avere il coraggio di dire di votare No”.
Da D’Alema anche critiche al Jobs Act, all’assenza di discussione nel Pd e al candidato dem per la Capitale.
“Si comincia a vedere il lato oscuro del Jobs act, e cioè che fino ad ora c’è stato il denaro pubblico a finanziare l’occupazione. Come sono finiti gli incentivi, c’è stato un calo di 94 mila unità e oltretutto le aziende sono libere di licenziare come vogliono”, ha detto D’Alema alle telecamere di Lilli Gruber.
“Nella Direzione del PD non c’è più una discussione vera. Mi fanno simpatia i compagni che discutono e dibattono ma io non ho più l’età per fare questi gesti muscolari”.
Sulle elezioni a Roma: “Giachetti? Normalmente sono disciplinato e voto per i candidati del mio partito ma in questo caso mi prenderò un ulteriore momento di riflessione, perchè non vedo un leader della caratura adatta ai problemi della città “.
Infine, un affondo ai 5 Stelle e un parallelismo con il passato.
“I 5 Stelle non si occupano dei poveri. Dove amministrano, non hanno dimostrato grandi capacità . I poveri oggi tendono ad essere fuori dalla società : sono fuori dai sindacati, sono esclusi dalla politica e non vanno più a votare. Un vera lotta alla povertà non la fa più nessuno. Durante il Governo dell’Ulivo, prendemmo misure contro la povertà “.
Poi il momento amarcord. “Io non ho mai avuto con Prodi le espressioni che Renzi ebbe con Letta. Anzi, mi adoperai perchè Prodi ottenesse l’incarico di Presidente della Comunità europea. E proposi a Veltroni la segreteria del partito: il rispetto delle persone viene prima del dibattito politico. E Renzi oltretutto ha un tono sprezzante”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
LA SQUADRA MOBILE DI PALERMO: “AGGRESSIONE SENZA MOTIVO A UN 21ENNE OSPITE DI UN CENTRO DI ACCOGLIENZA DA PARTE DI UN PREGIUDICATO”… IL LEGHISTA VOZZA INCOLPA GLI STRANIERI SENZA ASPETTARE CHE SI FACESSE LUCE SUL CASO E POI SI RIFIUTA DI CHIEDERE SCUSA
Un diverbio degenerato fino a quando non è spuntata una pistola e sull’asfalto è rimasto Yusupha Susso, ventenne originario del Gambia.
È quello che è successo a Palermo, nel tardo pomeriggio di sabato 2 aprile.
Sono da poco passate le 19 quando si diffonde la notizia di uno scontro a colpi di arma da fuoco in via Fiume, a due passi dalla stazione centrale: tra i coinvolti anche tre ragazzi del Gambia, uno dei quali finito in coma, dopo essere stato colpito da un proiettile alla testa.
Tanto è bastato per suscitare l’immediato commento di Francesco Vozza, leader cittadino del Movimento Noi con Salvini, ovvero la costola siciliana della Lega Nord. “La Palermo eccitante e sicura di Orlando (Leoluca, sindaco del capoluogo siciliano ndr): dei migranti se le danno di santa ragione e parte pure un colpo di pistola. Un giovane è in fin di vita”, scrive il politico sul suo profilo Facebook, postando anche un’inspiegabile foto di una rissa tra profughi sull’isola di Kos, in Grecia.
Peccato che a “darsele di santa ragione” a Palermo non siano nè profughi e nemmeno i migranti, dato che i tre ragazzi del Gambia coinvolti loro malgrado nella rissa sono evidenti parti lese dello scontro a colpi di pistola.
A scatenare il Far West per le vie del centro storico palermitano è stata, invece, una gang d’italianissimi malavitosi.
I tre gambiani, arrivati a Palermo nel 2013 e ospiti di un centro di accoglienza, stavano passeggiando per le vie intorno a Ballarò, quartiere storico al centro della città , quando Susso è stato urtato da due giovani palermitani in sella ad uno scooter. La colpa del giovane africano?
Aver chiesto ai due motociclisti di fare più attenzione. Da lì sarebbe nato un diverbio, degenerato poi in rissa con altri giovani della zona arrivati a dare manforte ai due motociclisti.
Tra questi anche il ventottenne pregiudicato Emanuele Rubino, ripreso dalle telecamere di sorveglianza della zona mentre compare estraendo una pistola: spara mirando alla testa di Susso e poi si dilegua a bordo di una motocicletta.
“Non c’è nessun movente di tipo razziale dietro l’aggressione ma solo la volontà da parte di un soggetto di imporre il suo dominio sul territorio”, ha spiegato Rodolfo Ruperti, il capo della squadra mobile che in meno di 24 ore ha risolto il caso, fermando Rubino, accusato di tentato omicidio.
“Più che di un tentato omicidio — prosegue Ruperti — si può parlare di un omicidio mancato. L’unica colpa della vittima è di aver reagito, al contrario degli altri due sue connazionali, a un’aggressione scattata senza alcun motivo”.
Intanto, però, si continuano a moltiplicare i commenti sul profilo di Vozza: c’è chi auspica “i forni” per i poveri ragazzi del Gambia, chi spera che si “ammazzino tra loro”, ma anche chi chiede le scuse del leghista palermitano.
Che, però, non accenna ad alcun passo indietro, neanche quando la vicenda è stata definitivamente chiarita.
Prima modifica il suo post (che ora parla di rissa tra migranti “a cui partecipano anche dei palermitani”), poi si rifiuta di chiedere scusa.
Nel frattempo Yusupha Susso, di professione interprete in prefettura e studente all’istituto alberghiero, è ricoverato in coma farmacologico all’ospedale civico di Palermo: è vivo per miracolo dato che il proiettile esploso dalla pistola di Rubino gli ha attraversato il cranio da una parte all’altra.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
BUFALA.NET RIVELA IL BIDONE E I FILO-PUTINISTI SI TAGLIANO LE VENE… POSSONO SEMPRE CONSOLARSI CON I 2 MILIARDI DI DOLLARI CHE PUTIN HA IMBOSCATO A PANAMA, RUBATI AL POPOLO RUSSO
Ha fatto il giro del web e dei quotidiani le ultime frasi che il il cosiddetto eroe russo di Palmira,
Alexander Prokhorenko, avrebbe pronunciato prima di farsi bombardare dal fuoco amico pur di non essere catturato dai miliziani dell’ISIS.
Ma la presunta notizia, che i media riferiscono provenga dal Ministero della Difesa russo, non ha in realtà nessun fondamento, e quel ministero non l’ha mai diramata. L’articolo originale, apparso sul sito russo Topru.org, se tradotto cita addirittura una fonte francese e la ricostruzione sposta la cronologia un giorno indietro, al sito reseauinternation.net, che a sua volta l’aveva ripresa da un altro sito francese di tre giorni prima.
E da qui si arriva addirittura ad un sito islandese che cita un commento in inglese di un presunto parente della persona che ha scritto il post.
Ma non è finita visto che il commento porta dritto ad un altro sito in lingua inglese, Worldinwar.eu, che fa riferimento ad un altro commento Facebook di un utente bangladese.
La nota dell’utente Farewell Slavianka (Angkoso Nugroho) è la “fonte” più “vecchia” presente online. Davvero impressionante che un utente Facebook del Bangladesh sia arrivato a diffondere una trascrizione ben prima delle agenzie russe (addirittura prima della governativa Sputniknews.com).
Qui finisce la ricostruzione, tutt’altro che attendibile, delle frasi pronunciate dal molto presunto eroe di Palmira.
I came-ratti filosovietici che delirano per l’ex agente comunista del Kgb Vladimiro è meglio che si trovino un altro “capo carismatico”: possibilmente uno che non abbia imboscato 2 miliardi di dollari a Panama, rubati al popolo russo.
(da “Bufala.net”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
TANGENTI NEI LAVORI PUBBLICI, NEL MIRINO LE GARE PER LA SUPERSTRADA SASSARI-OLBIA
Un anno dopo la prima, arriva la seconda ondata di arresti nell’inchiesta della procura di
Oristano su un sospetto giro di appalti irregolari in Sardegna.
Ad aprile dell’anno scorso finirono in carcere 21 persone tra amministratori locali e professionisti.
Questa mattina i militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Oristano e della compagnia carabinieri di Tonara, hanno eseguito altri 17 arresti, di cui 3 in custodia cautelare in carcere, 13 arresti domiciliari e un obbligo di dimora.
I tre accompagnati in carcere sono il vicepresidente del consiglio regionale Antonello Peru e l’ex consigliere regionale Angelo Stochino, entrambi di Forza Italia e già indagati nella prima tranche dell’inchiesta; e l’ingegnere Salvatore Paolo Pinna, originario di Desulo, rappresentante della società Essepi engineering srl di Nuoro.
Pinna, 62 anni, già arrestato ad aprile dello scorso anno, è considerato una delle menti del sistema di affari e tangenti al centro dell’inchiesta.
Pinna era stato rimesso in libertà dopo un periodo di detenzione e ora è stato raggiunto dal nuovo provvedimento di custodia cautelare.
Secondo l’accusa, Pinna avrebbe svolto l’attività di intermediazione tra politici e funzionari pubblici, ricorrendo alle tangenti mascherate da consulenze, incarichi professionali (anche per interposta persona), contributi elettorali.
In cambio, l’ingegnere avrebbe ottenuto la gestione in prima persona di una cospicua fetta di finanziamenti pubblici erogati sia dalla Regione Sardegna che dallo Stato. In sostanza alle imprese veniva richiesto il pagamento di tangenti per ottenere lavori e parte di questi proventi veniva girato a politici e funzionari pubblici compiacenti.
Gli altri provvedimenti restrittivi riguardano funzionari Anas, imprenditori e professionisti.
L’inchiesta, battezzata “Sindacopoli” dai media isolani, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 95 persone.
Le indagini si sono concentrate in particolare su politici e funzionari di enti pubblici che, secondo le accuse, intrattenendo rapporti palesemente illeciti con imprenditori e professionisti avevano ideato ed attuato un consolidato sistema di controllo illecito degli appalti, anche corrompendo pubblici funzionari.
Secondo gli investigatori, l’effettiva gestione degli appalti pubblici era rimessa interamente alle scelte di un intermediario-faccendiere, che, grazie alla corruzione dei pubblici ufficiali, sarebbe stato così in grado di controllare e indirizzare una buona parte del ciclo economico legato agli appalti pubblici della Regione Sardegna.
Per gli inquirenti, questo sistema avrebbe permesso di pilotare gli appalti pubblici dei lotti 3 e 8 della Sassari-Olbia, aggiudicati rispettivamente per un importo di 70.775.409 euro edi 57.366.243 di euro; condizionare le gare per l’assegnazione dei servizi tecnici di progettazione di due porticcioli turistici in Ogliastra (Tertenia e Tortolì, quantificabili rispettivamente in circa 16 milioni di euro e 11 milioni di euro), nonchè’ assegnare numerosissimi appalti minori per incarichi di progettazione di opere pubbliche e/o consulenze di varia natura.
Le indagini avrebbero individuato un sistema di pagamento delle tangenti, avvenuto sia in territorio nazionale che all’estero nascosto dietro operazioni apparentemente lecite: le provviste di denaro costituite per distribuire tangenti a politici e a funzionari corrotti, secondo l’accusa, originavano dall’emissione di fatture false emesse dal faccendiere nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti, o a imprese collegate, con motivazioni varie come lavori e consulenze in territorio nazionale ed estero.
La ricostruzione degli investigatori sarebbe stata confermata dalla confessione resa dai rappresentanti legali delle imprese aggiudicatarie di appalti inerenti i lavori del tracciato Sassari-Olbia, i quali, in presenza dei loro difensori, hanno raccontato di avere pagato la somma di 300.000 euro cadauno come prezzo per assicurarsi l’aggiudicazione dell’appalto.
In particolare, per quanto riguarda un lotto della Sassari-Olbia, gli investigatori avrebbero trovato un elenco dei destinatari delle somme ricavate dalle tangenti pagate dagli appaltatori romani, nel quale figurano quali destinatari la sorella e la fidanzata di due politici regionali.
Questa interposizione fittizia avrebbe permesso agli associati di dissimulare le tangenti sotto incarichi professionali apparentemente leciti, permettendo nel contempo ai politici coinvolti di ricevere una retribuzione illecita di 150.000 euro ciascuno.
Nel rapporto degli investigatori è scritto che era prevista una ulteriore tangente di 800 mila euro per i politici-funzionari pubblici corrotti, mascherata con un contratto fittizio per prestazioni professionali di vario genere da rendere nell’abito dell’appalto stesso; contratto utile a conferire apparenza lecita alle successive dazioni a beneficio dei prestanome e dei destinatari effetti delle somme.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 5th, 2016 Riccardo Fucile
SECONDO “LE MONDE” IL PATRIMONIO DELLA FAMIGLIA NELLA SOCIETA’ OFFSHORE BALERTON LTD, CREATA AI CARAIBI NEL 2000… NELLA LISTA ANCHE STRETTI COLLABORATORI DI MARINE NEL FRONT NATIONAL
Gli oltre 11 milioni di documenti riservati denominati “Panama Papers“, pubblicati in contemporanea dai media di mezzo mondo, in Italia dall’Espresso, sta scuotendo i palazzi del potere da un angolo all’altro del globo.
Si tratta di file provenienti dagli archivi della studio legale Mossack Fonseca, con sede a Panama, che dettagliano le attività di creazione di oltre 200mila società offshore in paradisi fiscali di centinaia di personaggi famosi.
La lista delle personalità coinvolte include anche la famiglia Le Pen.
Non solo Marine, attuale leader del Front National, ma anche il padre Jean-Marie è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario.
Secondo Le Monde, una parte della ricchezza nota come “il tesoro” del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000.
Banconote, lingotti, monete d’oro, ci sarebbe di tutto nel “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen. Stretti collaboratori di Marine Le Pen, il “cerchio magico” della presidente del partito della destra transalpina, sono accusati di aver messo in piedi “un sistema offshore sofisticato” nell’ambito di Panama Papers.
Il quotidiano francese ricorda che la giustizia di Parigi è alla ricerca dal 2015 del presunto “tesoro” del fondatore del Front National, costituito da “una società nascosta alle Isole vergini britanniche, un conto segreto a Guernesey e 2,2 milioni di euro in biglietti bancari, lingotti e monete d’oro”
Proteste in Islanda contro il primo ministro Gunnlaugsson
Migliaia di cittadini in piazza per chiedere dimissioni del premier. Più di 26mila persone (quasi l’8% della popolazione residente) hanno firmato una petizione online in cui chiedono le dimissioni del primo ministro del Paese, Sigmundur Gunnlaugsson, dopo che alcuni dettagli sugli affari finanziari della sua famiglia sono stati rivelati nei ‘Panama Papers’.
Il premier dell’isola nell’Atlantico, intervistato dalla tv svedese, sbotta: “Domande sul fisco? Sono fuori luogo” . Da parte sua, Gunnlaugsson, accusato di nascondere milioni di dollari di investimenti nelle banche del Paese dietro una società offshore, ha affermato che non sono state violate regole e nè lui nè sua moglie hanno beneficiato finanziariamente. Il premier ha aggiunto che non ha intenzione di dimettersi.
Media cinesi oscurano notizie su politici coinvolti
Mentre in tutto il mondo vengono pubblicati i nominativi delle persone coinvolte, in Cina i media locali oscurano le notizie che riguardano i dirigenti politici inseriti nei Panama Papers. Pechino limita la diffusione delle notizie sui i documenti trapelati dallo studio legale centroamericano e rivelati dai media internazionali a proposito di 214mila società offshore.
Tra queste ultime, riferiscono i documenti, alcune sono legate alle famiglie del presidente cinese Xi Jinping e ad altri attuali e passati alti esponenti del Partito comunista cinese.
Digitando la parola ‘Panama” sui motori di ricerca cinesi si trovano storie sui media sull’argomento, ma molti link sono stati disabilitati oppure si aprono soltanto su articoli che riguardano personaggi sportivi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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