Settembre 3rd, 2016 Riccardo Fucile
GRILLO INFURIATO RINUNCIA ALL’INCONTRO
Bombardato dalle telefonate, costretto a tornare dalle ferie, Beppe Grillo lunedì sarebbe dovuto venire a Roma. Poi ha cambiato idea. Presto, però, verrà .
I 5 Stelle hanno chiesto l’intervento del padre fondatore per invertire la rotta della macchina amministrativa che potrebbe schiantarsi trascinando nel baratro l’intero Movimento nazionale e le sue speranze di governo.
Raccontano di un comico genovese sbuffante, arrabbiato di fronte al riproporsi di un film già visto tre anni fa: scontrini, diarie, faide, veleni.
Paola Taverna e Carla Ruocco lo hanno sentito, e a lui hanno consegnato i loro sfoghi contro Virginia Raggi e il suo giro di fedelissimi chiusi nel fortino.
«Beppe dobbiamo fare qualcosa contro questi, ci portano alla rovina». Inizialmente la soluzione che il direttorio stava preparando con la comunicazione era «da ora in poi la sindaca fa le sue scelte e si prende le sue responsabilità ».
Per il resto sarebbe partito il martellamento sul «pressing delle lobby» che vogliono condizionare il Campidoglio. Ma non regge.
Nella concitazione emotiva per la prima volta si sarebbe parlato di togliere alla sindaca il simbolo del M5S. Roberta Lombardi ha ricordato quello che andava dicendo da tempo: «Abbiamo dei valori e un metodo. E lei non li rispetta».
Stesse affermazioni di un nutrito gruppo di consiglieri romani.
Grillo ha chiamato il sindaco e si è fatto dare la sua ricostruzione dei fatti, non nascondendole la delusione per quanto sta accadendo e per l’immagine di una città non amministrata, ostaggio di liti tribali.
Ma soprattutto perchè è ripiombato al centro delle cronache il nome di Raffaele Marra, il dirigente promosso a vicecapogabinetto e ancora al suo posto, nonostante lo stesso leader avesse chiesto due volte di mandarlo via.
Grillo non capisce le resistenze di Raggi, si chiede chi sia questo Marra. Stesse domande che si pone Luigi Di Maio, l’unico ad averci messo la faccia in difesa della sindaca. Ancora ieri sera la difendeva pubblicamente: «Stanno provando a farci cadere in tutti i modi: ma non ci riusciranno. Raggi ha tutta la nostra fiducia. Non arretreremo di un millimetro».
I vertici pentastellati stanno cominciando a farsi qualche calcolo.
Ieri, in un giro di telefonate, si è parlato di sondaggi: «Potremmo aver perso 5 punti percentuali» è stato ipotizzato in vari colloqui intercorsi tra la Casaleggio Associati e lo staff romano.
Quanto vale, invece, il sostegno incondizionato a Raggi? E’ chiaro che la sindaca si sta prendendo a gomitate il suo spazio di autonomia.
Tolti di mezzo Marcello Minenna e Carla Raineri, si è liberata dei due nomi più pesanti in Campidoglio, piazzati lì dal direttorio. Ma la lettura che danno i suoi avversari interni comincia a incubare altre ipotesi che dalla base dei militanti rimbalzano fino a Taverna e Ruocco.
«Virginia e Daniele (Frongia, il suo vice, ndr) sono al secondo mandato, non possono più essere rieletti. Ora è il momento di fare quello che vogliono».
Ma tutti nel M5S, dal direttorio in giù sanno che bisogna puntare a compromettere il meno possibile la corsa a Palazzo Chigi.
La scelta è complicatissima: far finta di nulla sperando che si torni alla normalità , o prenderne le distanze come avvenuto con Federico Pizzarotti?
In realtà quello che si pensava impossibile in soli due mesi si sta facendo largo nelle ire funeste di una parte del direttorio: degradare Raggi a sindaca senza patria, levandole l’utilizzo del simbolo. È l’extrema ratio, per ora, ma se ne parla soprattutto nelle chat degli attivisti più in vista di Roma, legati alla cordata del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e di Lombardi.
Toccherebbe a Grillo, in quanto garante, l’ultima decisione. Se Raggi insisterà a fare di testa sua, i vertici potrebbero lasciarla al suo destino, ratificando quel malumore che sta crescendo dietro la convinzione di chi pensa che «Virginia non si comporta più come una 5 Stelle».
A Cernobbio intanto, in un corridoio di villa d’Este, Renzi confidava ieri mattina un certo ottimismo: «Lasciamola lavorare. Tanto i risultati sono sotto gli occhi di tutti».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Settembre 3rd, 2016 Riccardo Fucile
IL FONDATORE BLOCCA UNA LETTERA DI SOSTEGNO ALLA RAGGI… MINENNA: “CON VIRGINIA GENTE SBAGLIATA, DEFICIT DI TRASPARENZA”… TAVERNA E RUOCCO CHIEDONO CHE LA RAGGI SIA PRIVATA DEL SIMBOLO
Non c’è più tempo per trattare. E Beppe Grillo è già stufo di Virginia Raggi: “Non posso fare sempre
la vostra balia. Adesso – le ha fatto sapere il Capo – ve la sbrigate da soli”.
Considera la prima cittadina in mano al “raggio magico”. La osserva sconcertato mentre rompe con i big del direttorio nazionale.
Si infuria perchè favorisce l’ascesa di Salvatore Romeo e Raffaele Marra, i signori assoluti del Comune che hanno soffiato sul fuoco dello scontro.
Una guerra di potere ormai chiara a tutti, tra le stanze di Palazzo Senatorio. Anche a Marcello Minenna, entrato in rotta di collisione con la prima cittadina: “La verità – si sfoga il super assessore con gli amici, a poche ore dalle dimissioni – è che non c’erano più le condizioni per il rispetto delle regole. C’è stato un problema di trasparenza, Virginia deve spiegare ai cittadini. In questi mesi ho respinto compromessi al ribasso. Virginia si è circondata di persone sbagliate, che peraltro non hanno nulla a che fare con lo spirito dei cinquestelle”.
Scorre veleno nella giunta, insomma. E il Campidoglio, destinato a diventare la vetrina del Movimento, si trasforma in una giungla.
Nel risiko a cinquestelle Virginia Raggi è circondata, quasi protetta dai centurioni del Comune.
Le offre una sponda decisiva anche Luigi Di Maio. Il reggente, pragmatico come sempre, considera decisiva la sfida capitolina e lotta per non far naufragare l’amministrazione grillina. Ieri, non a caso, è stato il primo a sponsorizzare una lettera del direttorio, poi rimessa nel cassetto da Grillo e dalle divisioni interne al vertice. Nella missiva si concedeva “piena autonomia” alla sindaca. Oneri e onori, ma senza strappi.
In piena sintonia con la dottrina Di Maio, che recita: “Arriverà il momento in cui ognuno si assumerà le proprie responsabilità “. L’iniziativa, come detto, è naufragata. E a farla affondare è stato proprio Grillo.
Il comico genovese non ha più voglia di blindare pubblicamente Raggi. Non intende spendersi con nuovi atti formali. E così, quando gli propongono una missione a Roma per lunedì, prima accetta e poi cambia idea. Non ci mette la firma, figuriamoci la faccia.
Per non parlare del resto del direttorio. Alessandro Di Battista si è come inabissato, impegnato com’è nel suo tour di successo in giro per la Penisola. Carla Ruocco, in sintonia con Roberto Fico, è furiosa. Paola Taverna pure. Roberta Lombardi lo è da prima del trionfo elettorale.
Le prime due hanno addirittura suggerito a Grillo di privare Raggi del simbolo.
Su tutto, pesa naturalmente l’ira del Capo. Se c’è una cosa che lo infastidisce, è aver previsto tutto senza riuscire a frenare l’ingranaggio.
Solo poche settimane fa era stato proprio il Fondatore a suggerire a Raggi di sbarazzarsi di Marra. Il vicecapo di gabinetto, invece, è rimasto in sella e ha pure tramato con Daniele Frongia per garantire la scalata di Romeo.
Di fatto, la scintilla che ha scatenato la battaglia. I tre del “raggio magico”, da quel momento, hanno alzato ulteriormente il tiro contro Raineri, difesa invece da Minenna. “Irregolare non è la sua nomina – confida il super assessore lamentando un “deficit di trasparenza” – ma la delibera che è servita a nominare Romeo”. Di certo, con il blitz d’agosto l’uomo forte della sindaca compie un balzo importante. Triplo, come l’incremento dello stipendio: da 40 mila a 139 mila euro.
È l’attimo in cui la situazione sfugge di mano. E poco importa se anche Raineri mette in guardia la sindaca dal pericolo che in quella nomina rischiano di esserci profili penali, che basta un attimo per finire indagati per abuso d’ufficio.
I due gruppi ormai si contendono ogni centimetro. Dallo staff del sindaco partono sms di fuoco contro il super assessore: “Pensa di fare il sindaco, vuole comandare da solo”. Nel mirino del “raggio magico” entra anche il capo del personale del Campidoglio, confermato ai tempi del prefetto Tronca.
E nella faida tra correnti rischia di finire stritolato pure l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, che in privato si lamenta: “Per ben tre volte ho fatto asse con Minenna, ma siamo stati sconfitti”. I due si stimano parecchio, in effetti: “È il migliore che siede in giunta – confida il responsabile al Bilancio – Abbiamo anche avuto il tempo di fare qualcosa di bello insieme. Mi dispiace perchè sulle Olimpiadi aveva detto cose di buonsenso”.
E il direttorio nazionale? Si schiera con i tecnici della giunta. Ruocco si confronta quotidianamente con Minenna
Taverna lo considera un pilastro dell’amministrazione. A nessuno di loro piace Marra, nè aiuta il fatto che il vice capo di gabinetto – raccontano – sia stato così vicino a Gianni Alemanno da rispondere a volte addirittura al telefono per lui.
L’ultima parola, allora, spetta a Minenna: “Non sono ammesse deroghe ai valori di legalità , trasparenza, disciplina ed onore. Come diceva Casaleggio, è difficile vincere contro chi non si arrende mai”.
(da “La Repubblica”)
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